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  1. AzraelParanoia
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    Oriental Week-End





    Ora, chiunque potrebbe perfettamente chiedersi il perché dovrei essere nel bel mezzo delle Terre dei Dragoni, senza una ragione o un obiettivo. In realtà ero lì per una questione ben più importante. In preparazione alle future missioni che avrei preso, dato che il lavoro di mercenario funziona così, ed in un luogo insensato come Crepuscopoli non erano richiesti scienziati del mio calibro, avevo deciso di tornare nel luogo visitato precedentemente durante lo sfortunato incontro con Bai Guo, mosso da un desiderio tanto insaziabile quanto semplice.
    Accavallai le gambe, osservando truce il tavolo di castagno e passando un dito su di esso, incuriosito dalla sua superficie levigata. Dove lasciai scivolare la falange, rimase una scia brillante, come se l'avessi lucidato personalmente, che sparì dopo un paio di secondi. Poi arrivò. Aggrottai le sopracciglia nell'osservare la donna esile ed elegante che si presentò di fianco a me. Lei fece altrettanto, fissandomi senza timore nel mio sguardo costante, privo del meccanismo del battere gli occhi. L'aria era pesante e palpabile, come se una guerra fosse sul punto di scoppiare da un momento all'altro. Tutte le luci delle finestre si alterarono e si piegarono, mutando in un innaturale "riflettore" che puntò sul mio tavolo.
    Poi, con un solo, fluido movimento, la donna mise mano ad una grossa ciotola sigillata, che mi passò senza dire una parola, annuendo nel silenzio assordante che si era generato all'interno della stanza.
    Presi la ciotola con entrambe le mani senza dire una parola, togliendo il rivestimento di carta con la massima cautela, rivelandone il contenuto, che fu nientemeno che..

    -La ringrazio per il servizio. Ha un'aria deliziosa.-, feci prendendo un boccone di pollo al limone.
    Beh. Lo sanno tutti che è il mio piatto preferito, no? Non è certamente una novità. Ero lì semplicemente per assaggiare un po' dei cibi locali, che apprezzo un sacco. Così aspri, eppure così dolci, ricchi di sapore... come un'epica battaglia che si svolge sulle mie papille gustative! Era questo il cibo che volevo mangiare! E niente di diverso!
    Una volta rilassatomi, l'ambiente stesso parve mutare. La luce tornò a rifrangersi nelle direzioni in cui avrebbe dovuto, i colori divennero meno vividi, e generalmente l'area circostante parve di nuovo normale, escludendo l'area attorno al mio tavolo, che continuava a rilucere e brillare come se gli stessi detriti sparsi nell'aria fossero diventati polvere di diamante. Preso un altro boccone di pollo affogato in quella salsa citrina, guardai alla mia destra, notando un bicchiere decorato ed una bottiglia alta e rossastra. Ah, sì, avevo ordinato anche quello, pensai afferrandola e raccogliendo con l'altra mano il biglietto con su scritte le specifiche su quel liquore. Apparentemente si chiamava "maotai", ed era un alcolico di saggina prodotto in un ambiente fertile, caratterizzato da una terra rossiccia e miracolosa. Quello, a tutti gli effetti, era il preferito dell'Imperatore. Beh, avevo speso bene allora, pensai versandomene un bicchiere. Magari il mio nuovo corpo non poteva "ubriacarsi", vero, però ciò non toglieva che potevo sentire il sapore forte di ciò che bevevo. Certi liquori pregiati, poi, non vanno certo bevuti con l'obiettivo di inebriarsi, poco ma sicuro.

    Battei le dita l'una sull'altra, pensieroso. Ero venuto lì anche per trovare un po' di distrazione dagli ultimi eventi. Di recente avevo visto persone e non-persone di tutti i tipi, venendo a pensare a quanti Completi, Heartless e Nessuno fossero sparsi per il mondi. Eppure, in quanto a Nesciens... conoscevo solo me stesso. Eravamo davvero tanto rari? È difficile incontrarne altri? O è una questione più complessa?
    Avevo bisogno di conoscere un'altra persona con la mia medesima origine. Se non per avere un briciolo di conforto, per discutere della nostra esistenza, delle direzioni che possiamo prendere, delle scelte che possiamo fare e dei modi con cui possiamo alterare i mondi con le nostre capacità innate. A tutti gli effetti, se tutti i Nesciens si unissero, incontrandosi in un punto solo, creerebbero un caos non indifferente.
    E non potevo negare che sarebbe stato estremamente divertente da vedere.
    Mi stiracchiai leggermente, prendendo un altro bocconcino di carne e guardando fuori dalla finestra del ristorante. I mondi, là fuori, erano davvero enormi. Ed io avevo un bel po' di tempo per vederli tutti. Ma cosa pensavano gli altri? In fondo, io sono costruito da certi sentimenti. Se avessi incontrato un Nesciens del, che so, "desiderio di distruzione", dubito ci sarei andato molto d'accordo. A meno che non avesse avuto qualcosa per redimerlo, come dei buoni gusti musicali o qualcosa del genere.

    Sarebbe stato davvero terribile se non avessi mai incontrato nessun altro Nesciens. Mi riempiva di un sentimento di solitudine agghiacciante, che non ero abituato a sentire. In effetti, non era da me fare riflessioni simili. Normalmente avrei semplicemente trincato completamente la bottiglia senza pensarci due volte. Ed invece ero lì a riflettere sull'infinità del nostro universo e sulla difficoltà di trovare altre creature nate dall'emozione pura e da un guscio d'oscurità e da quelle stramberie metafisiche di cui la gente adora parlare.
    Notai con la coda dell'occhio come sul mio tavolo fosse comparso un piccolo biscotto avvolto nella carta. Afferrai il suo guscio, sfilandolo e spezzandone a metà il contenuto, dalla cui frattura fuoriuscì una pergamena in miniatura che agguantai e lessi.

    "Oggi, passa un po' di tempo con la tua famiglia."
    -...Mi prendete per il culo?-
     
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  2. misterious detective
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    Le porte del palazzo si chiusero alle spalle della piccola Nesciens. Di fronte alla vista della cittadina che, per la prima volta, vedeva più viva che mai, Shinan rimase immobile per lunghi secondi. Sospirò sollevata, chinò il capo e chiuse gli occhi, portando una mano al petto: attraverso l'abito scuro, attraverso la pelle riusciva a percepire un nuovo calore, una fiamma tranquilla che batteva orgogliosa dentro di lei, all'unisono con le altre fiaccole che l'avevano abbracciata. Una alla volta, l'Erica donò un sorriso ad ognuna delle luci che risplendevano dentro di lei, irradiandola di un potere e di una sicurezza che non aveva mai posseduto: salutò Renn, salutò Xisil, salutò i quattro spiriti che le erano stati accanto in ogni giorno della sua solitudine. La forza e l'affetto che aveva preso in eredità erano i regali più preziosi che avrebbe mai potuto desiderare e, ormai lo percepiva chiaramente, il loro potere si stava concretizzando dentro di lei. Se un giorno sarebbe stata in grado di realizzare i suoi sogni, lo avrebbe dovuto tutto a loro, e per la prima volta in vita sua riusciva a credere concretamente in quell'utopico futuro.
    Accarezzata dai petali di ciliegio, la bambina mosse il suo primo passo e subito la vita della città rinata la assorbì con il suo aggraziato calore. Stringendosi timida tra le spalle, la bambina avanzò tra la gente che si muoveva con ordine attorno a lei: le donne si muovevano con pesanti ceste di ortaggi che piegavano le loro schiene, soldati annoiati pattugliavano le strade, accarezzando le else delle armi che non sembravano estrarre da molto tempo. La gente parlava felice, si muoveva con sicurezza per le strade familiari e, in qualche modo, la gioia quotidiana che permeava quel paese la sentiva riflettersi dentro di lei. Scuotendo la testa, tentò di scacciare i pensieri che ai suoi occhi apparivano troppo superbi, ma al pensiero che la pace di cui ora godevano fosse stata possibile in parte grazie a lei alimentava il fuoco che le dava la forza e la fermezza di perseguire su quella strada. Strinse i pugni, inspirò a pieni polmoni l'aria che profumava di primavera. “Manca poco ormai.” si disse; si rivolse verso l'alto, tra i tetti delle case in legno e le fronde degli alberi più alti, affrontò con ardore il sole del mezzogiorno. “E presto potrò costruire il futuro con le mie stesse mani!”

    Un sussulto scosse la bambina ed il sorriso che illuminava il suo volto si sciolse in un'espressione di stupore: un ruggito vibrò dentro di lei, Shinan rivolse lo sguardo verso il suo corpo e rimase immobile qualche secondo. Batté le palpebre perplessa, titubante portò la mano a massaggiare lo stomaco e, come rispondendo al gesto, un secondo brontolio la chiamò insistente: la piccola ridacchiò, battendo con soddisfazione il suo stomaco con il palmo. “Fosse questo il vuoto a tormentarmi, forse essere un Nesciens non sarebbe così difficile.”
    Ancor più rilassata di prima, divertita e concentrata su quella reazione così umana del suo corpo, la giovane portò l'indice alle labbra e pensosa scandagliò tutta l'area attorno, agitando la sua testa a destra e a sinistra in un danzare scompigliato di ciocche dorate. Trottò per la strada principale incespicando appena sul sentiero ghiaioso e tra i gomiti della gente. Una luce rossastra baluginò ai confini del suo campo visivo: rapita, la Nesciens si voltò di scatto, prese fiato e trasalì, le mani paralizzate a mezz'aria nell'incredulità. Si strinse la punta del naso ed i suoi occhi di rubino brillarono pregni di nuova vitalità. Un profumo dolce e nostalgico pizzicò le corde della sua memoria e per un istante un nodo le strinse la gola: si sciolse subito in un siero dolce e la sua bocca si fece impastata di saliva, mentre i ricordi sbiaditi recuperavano il loro colore ed un largo sorriso, tinto appena di malinconia, addobbava il suo volto come fosse un gran giorno di festa.
    Le lanterne rosse, il profumo indistinguibile, il brusio felice di una clientela soddisfatta. Era tutto come lo ricordava, se chiudeva gli occhi poteva rivivere il sogno dei suoi primi mesi di vita, della sua vita al fianco dei suoi benefattori: era la stessa cucina che loro amavano, il cibo del loro mondo, quello che dava loro coraggio e la convinzione che sì, dovevano continuare con coraggio lungo la loro strada, anche solo per poter ritrovare il piccolo piacere di mangiare ciò che più amavano alla vista dei panorami a loro familiari. Era la cucina che le avevano insegnato ad amare, quella che era diventata anche uno dei suoi piccoli piaceri, una gioia fugace, ma più preziosa di ogni altra. Indugiò sul posto umettandosi le labbra. Mosse un passo timido, alzò il braccio davanti a sé, lenta ed incerta. Si fermò per un istante sul gradino, sfiorò il cardine di legno e scostò la porta di carta. Varcò la soglia e si immerse nei vapori e nei profumi di quel piccolo mondo a sé stante, desiderosa solo di concedersi un momento che fosse soltanto per se stessa.

    -Salve, posso esservi utile?- la chiamò una voce acuta e gentile. Shinan si voltò, una mano premuta vicino al petto con l'indice alzato.
    Fece per parlare, ma si fermò incantata per un istante a fissare il piccolo spettacolo che la accolse: accanto a lei, una cameriera del locale, stringendo a sé il vassoio, le sorrideva attendendo paziente una risposta. L'abito che indossava le calzava dolce fin quasi alle caviglie, tinto in un rosso brillante decorato da motivi floreali; attraverso il lungo spacco sulla gamba si intravedeva appena la pelle d'avorio. Stessi abiti, stessa portanza, la bambina provò un sussulto al petto a quella vista: assomigliava così tanto a Sanzha, assomigliava così tanto alla gente dei racconti che tanto amava della terra natale dei suoi amici.
    -Siete venuta qui per mangiare?- la incalzò quella dopo essersi distanziata di un passo, forse credendo che la sua vicinanza stesse mettendo la Nesciens in soggezione.
    -S...Sì...- balbettò quella, tinta di un grazioso rosso in viso. Inspirò tra le labbra semiaperte e le mordicchiò appena ad occhi chiusi. Sospirò e, tornando a guardare la cameriera, rispose con un cenno un po' più convinto. -Vorrei pranzare, sono da sola.-
    La donna rispose con un sorriso e, ben dritta sulle gambe, si inchinò fino a piegarsi più bassa di lei, tanto che, per un istante, tutto ciò che Shinan poté vedere di lei furono le crocchie scure dei capelli. La bambina aggrottò la fronte, cercando di ignorare il lieve disagio che le suscitava tanta immeritata riverenza, ma forzò un sorriso educato e attese in silenzio finché l'impiegata non si fu rialzata e, sempre con espressione gioviale, la guidò attraverso i tavoli. Ammirando l'aria esotica del locale, la bambina si guardò tutt'attorno: con stupore innocente osservava la gente, i piatti, l'ambiente. Tutto era così familiare ed estraneo al tempo stesso da confonderla: solo in quell'istante realizzò quanto fosse trascorso dall'ultima volta che si era concessa un simile svago. Senza qualcuno ad accompagnarla, senza più la sua preferita compagnia, non aveva mai trovato abbastanza stimolo da svagarsi e ricompensarsi con divertimenti di quel genere.
    “Non che la cosa mi stupisca...” ammise a se stessa, soffocando una risata e rivolgendo a terra lo sguardo, mentre avanzava verso il piccolo tavolo a cui la cameriera la stava dirigendo. “Questa malinconia mi fa pensare sempre troppo al passato, e pensare al passato... non è piacevole...”
    Un sospiro affranto sfuggì alle sue labbra rosee, mentre le sue braccia crollavano lungo i fianchi, trascinando verso il basso la schiena della bambina.
    -Ecco qui!- esultò la donna, invitandola con un gesto della mano al piccolo tavolo rotondo di fronte a loro. Shinan si fermò in piedi sul posto, inspirò a pieni polmoni e schiaffeggiò debolmente le sue guance. Strinse le palpebre, riaprì gli occhi e soffiò fuori l'aria, scacciando tutta la negatività: voleva restare aggrappata alla meraviglia e alla gioia che aveva scoperto quando aveva varcato quella soglia, voleva allontanare da sé la tristezza anche solo per un fugace momento. Riempì il suo spirito di coraggio e di buoni propositi... e anche di qualcos'altro.
    L'Erica ebbe un sussulto. Portò la destra al petto e, cancellando lo spazio attorno a sé, rivolse il suo sguardo verso ciò che provava: si sentiva felice, sì, proprio come voleva essere, ma le sembrava fosse tutto in qualche modo artificioso, come se non provenisse da lei. I suoi sentimenti erano chiari, quanto nasceva dalle sue emozioni lo riconosceva ed accettava, ma c'era di più, in qualche modo ne era sicura. Era un nuovo vuoto, un nuovo spazio dentro di lei, una fame diversa dall'unica che conosceva, un desiderio morboso che non capiva a cosa fosse indirizzato, ma che ruggiva comunque in lei e desiderava. Quella sensazione primordiale, imprescindibile dalla sua volontà, la Nesciens non riusciva a comprenderla del tutto, ma la sua natura era fin troppo familiare.
    Agitata, completamente incredula, Shinan prese a respirare affannata mentre muoveva tutto il corpo assieme a sé per guardarsi attorno. Spiò gli inservienti, spiò gli avventori, cercò febbrilmente una qualsiasi traccia che confermasse le sue supposizioni. Così lampante ed esagerato, al punto da sembrare irreale, la bambina si massaggiò gli occhi coi pugni ma, quando li riaprì, nulla di fronte a lei era cambiato: c'era un tavolo, poco più lontano verso il centro della stanza, che pareva brillare di una luce diversa da quella del ristorante, come se fosse esso stesso ad irradiarla. La polvere rifletteva quel bagliore come schegge di diamanti, seduto a quella tavola imbandita vi era una sola persona, i cui vividi colori la colpivano con ancora più forza ed invadenza della luce attorno a lui: i suoi lunghi capelli rosa acceso cingevano lo schienale della sedia su cui lui stava stravaccato, rilassato e come ignaro dello “sfarzo” che la sua sola immagine evocava: vestiva in modo appariscente, molto più di lei, con pantaloni attillati a cingergli le gambe muscolose e... qualcosa che Shinan non avrebbe saputo descrivere a coprirgli appena come una ragnatela scura il torace quasi del tutto nudo. Metri interi li separavano, eppure la bambina si sentiva in estrema soggezione di quella figura che non riusciva bene a spiegarsi. Non aveva certezze alcune, solo domande, ed una su tutte assillava la sua mente, un dubbio che le sembrava impossibile eppure chiaro come il sole allo stesso tempo. Deglutì, la titubanza e l'incertezza sparirono in un baleno, lasciando in lei una traccia dello stesso stupore provato allo scoprire quelle strane sensazioni dentro di lei. Mosse un passo in avanti, poi un altro, poi prese a camminare a passo rapido, con la bocca semiaperta e le braccia appena allungate verso di lui, come a volerlo stringere, ma spaventate all'idea di farlo. In pochi secondi, gli fu alle spalle, a poco più di un metro da lui, immobile e con espressione confusa, incapace di capire cosa fosse successo o come fosse finita lì.
    Umettò le sue labbra, provò a prendere fiato e ad emettere qualche suono, ma le servirono più tentativi per trovare la voce dentro di sé. -Scu...- alzò una mano verso di lui, ma la strinse subito pentita, ritraendosi appena. Gonfiò il petto e tentò ancora.
    -Scusi!- gridò quasi, trasalendo all'udire le sue stesse parole. -Lei è per caso, ecco... come me?-



     
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  3. AzraelParanoia
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    Rendezvous with a Rabbit





    Ticchettai sul tavolo ritmicamente, iniziando a tentare, in maniera assai distratta, a tenere il ritmo di un motivetto che si era infiltrato nella mia mente. Quando, dopo un minuto circa, iniziò a farsi troppo elaborato, realizzai di essermi alienato eccessivamente, dato che il suono di pietra che cozza su legno stava echeggiando roboante per tutto il locale, cosa che mi fece immediatamente fermare, nascondendo il braccio in maniera estremamente poco convincente.
    Continuai a mangiare in maniera altrettanto distaccata, prendendo un sorso di liquore ed un boccone di carne senza assaporarli. Qualcosa era entrato nella mia mente, aveva ficcato i suoi tentacoli al suo interno, ed aveva iniziato a produrre una sensazione che non era mia, non la sentivo davvero mia. La solitudine percepita precedentemente era improvvisamente peggiorata, senza che ci fosse una ragione particolare, poiché invero, era una giornata in cui mi ritrovavo ad essere particolarmente più pensieroso del normale, ma nonostante ciò, non avevo portato i miei pensieri al concetto della solitudine.
    "Ora", pensai, "Non sono uno psicologo, un telepate e neppure una persona particolarmente empatica, ma so di per certo che non dovrei sentirmi così".
    Forse era successo qualcosa di particolare che ho ignorato, tenendo al mio interno e lasciando che il mio inconscio venisse contaminato da tale informazione? Forse era un affioramento dei ricordi del boss? No, improbabile, poiché avrei percepito un comportamento particolare nel buon vecchio KC, che invece se ne stava tranquillo, emulando i miei stessi sentimenti.
    Alzai lo sguardo, dando un'occhiata al resto del locale, che pareva essersi leggermente oscurato, anche se, probabilmente, quella sensazione non era che una mera proiezione dei miei pensieri improvvisamente tanto malinconici sull'ambiente circostante. Roteando gli occhi, seccato, mi concentrai di nuovo sul piatto, prendendo un altro paio di bocconi di pollo, schiacciandoli aggressivamente con le bacchette di legno per renderli ulteriormente imbevuti di crema al limone. Avevo seriamente bisogno di buttare giù qualcosa di aspro.
    Sbuffai annoiato, cercando di allontanare i pensieri e concentrandomi su qualcos'altro. Ad esempio al mio piano di lavorare a migliorare i mondi in maniera conveniente, retributiva ed organizzata. Un progetto per un gruppo di mercenari, certo, non poteva esistere niente di diverso. In un mondo dove gli uomini giusti potevano mostrare la loro forza e la "giustizia nei loro cuori" semplicemente invocando un'arma magica dalla bizzarra forma di un passepartout brillante, non potevo certo ottenere la fedeltà di coloro dotati di rettitudine nel loro cuore. Però potevo ottenere soldati, gente disposta a combattere per una ragione ed un salario. Non avrei certo creato un esercito, ma potevo fare qualcosa. Sentivo di dover fare qualcosa, era insito nel mio essere.

    In fondo, avevo imparato ad amare i mondi che compongono il nostro universo. Desideravo proteggerli, evitare che venissero divorati, inermi, da quelle creature, quei parassiti conosciuti come Heartless. Disgustose gelatine che entravano nei corpi, possedendoli, divorandone lo spirito ed utilizzandolo in metodi a me purtroppo sconosciuti. Non avevo il potere di distruggerli tutti con un solo fendente, e neanche un'arma incantata con cui compierlo. Dovevo affidarmi a metodi diversi, vero, ma le difficoltà non mi avrebbero fermato neanche per un istante. Avevo deciso. Tenendo il capo basso e caricando in avanti, avrei dato la mia parte per salvare i mondi. Non avrei certo avuto con me paladini e giustizieri, anzi, molto più probabilmente avrei raccattato la peggiore feccia di tutto l'universo, ma al diavolo! L'importante sono i risultati, no? C'erano dei sorrisi che andavano protetti, e sia maledetto ogni singolo cristallo che compone il mio corpo se non avessi almeno tentato di proteggerli!
    -Scusi!-, strillò una voce acuta ed infantile alla mia sinistra, cogliendomi di sorpresa. Assunsi in maniera improvvisa una posizione più composta, piegandomi in avanti, chiudendo le gambe e reggendomi al tavolo, occhi verdi dritti sull'obiettivo, cercando di capire chi mi avesse chiamato, e per quale ragione.
    Ciò che vidi, beh, era una bimba. Una ragazzetta esile e piccina, che raggiungeva una certa altezza solo grazie al suo eccentrico vestiario. Sotto a quel volto innocente, contornato da due lunghe, lunghissime trecce, tenute in posizione da fiocchi neri estremamente eleganti. Anche i suoi abiti, poi, la facevano sembrare una nobile, o una principessa, o una cosplayer. Insomma, quello stile gotico-vittoriano le dava l'aspetto di una bambola. Un lungo abito nero e rosso, addobbato da seta morbida e lattiginosa a fare contrasto, una gonna gonfia e vaporosa, al punto che per un attimo mi domandai se indossasse un busto o meno, e sotto, due lunghe calze nere terminanti un paio di scarpe alte. Molto, molto alte. Probabilmente, se fossero state della mia taglia e le avessi indossate io, avrei sbattuto la testa sul soffitto.
    I suoi occhi, poi, erano vermigli, cosa che mi avrebbe stupito, non avessi avuto una coinquilina con un simile cromatismo delle iridi. Ma cosa voleva quella bizzarra ragazzina dal nobile portamento, da un uomo affascinante come me?

    -Lei è per caso, ecco... come me?-


    Trasalii, piegandomi nella direzione della bimba e tentando di dire qualcosa. La bocca era impastata, non sapevo veramente come esprimermi. Avevo davanti un altro Nesciens? Come potevo esserne sicuro?
    Poi realizzai. Quella "solitudine" che avevo percepito... beh, invocata proprio da una fanciulla vestita da gothic lolita, era davvero ironica. Comunque sì, avevo sicuramente davanti una delle mie tante "sorelle", nata dalla stessa grossa bolla d'oscurità, o qualunque cosa essa fosse. Mi ritrassi nuovamente, continuando a fissarla e mutando l'espressione perplessa in un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Non potevo sbagliarmi, come lei non si era sbagliata su di me. Evidentemente, quello stupido biscotto della fortuna era riuscito ad azzeccare, per qualche particolare casualità, poiché stavo davvero passando del tempo con "la famiglia". Che lo scrittore di tali misteriosi foglietti fosse una qualche sorta di veggente? Delle leggende che conosco riguardanti la Terra dei Dragoni, avevo sentito più di un racconto riguardante divinatori ed oracoli, quindi non mi sarei stupito particolarmente se uno di essi si fosse rivelato reale.
    -Credo proprio che tu abbia fatto centro, ragazzina. Siediti pure.-, le dico indicando lo spazio sulla panca di fianco al mio, -Certo che è proprio "una cosa di famiglia", l'essere bizzarri, eh? Senza offesa, ovviamente. È un vestito molto elegante.-, faccio ridendo rumorosamente, incurante degli altri clienti del ristorante. Al diavolo il loro stupore, era davvero una ragione per cui festeggiare, quindi che guardassero pure! Probabilmente avrebbero visto la cosa più interessante della giornata.
    Ebbene sì, ero "come lei". E finalmente potevo fare un po' di luce su ciò che "essere Nesciens" significasse. Anche se quella fanciulla non avesse saputo niente, avere un contatto con un altro di noi significava parecchio. Non eravamo certo tanti.
    -Il mio nome è Azrael.-, faccio prima di alzarmi, in maniera tale da farle spazio per sedersi, ed allo stesso tempo avvicinarmi per stringerle la mano, occasione che avrei usato per piegarmi in avanti, sussurrandole nell'orecchio -E sono il Nesciens dell'Ambizione. Incantato.-
    Mi ritrassi, piegandomi di fianco in maniera tale che potesse passare e sedersi. Aveva già mangiato? Sembrava davvero esile, probabilmente doveva mangiare di più, le avrei comprato qualcosa di sostanzioso e possibilmente grigliato. E magari l'avrei tenuta lontana da quel liquore, dato che sarei stato arrestato, se avessi dato da bere a quella che a tutti gli effetti pareva una ragazzina. Personalmente, sapevo di avere all'incirca la sua stessa età, forse ero anche più giovane, chissà.
    Ero davvero felice di quell'incontro. Per quanto fosse qualcosa di estremamente lontano dal concetto di "famiglia" di cui si potevano vantare gli umani normali, ai miei occhi era la cosa più vicina ad un parente che potessi mai immaginare. Qualcuno con cui condividevo "il sangue", se così si poteva dire. Sarà stato stupido, e senza dubbio irrazionale, ma non potevo fare a meno di sorridere come un idiota a quella ragazzina dall'aria tanto fragile.
    Non mi sarei fatto ingannare, però, da quell'aspetto. Se davvero aveva la mia stessa origine, sicuramente era capace di combattere. Ma erano tutte cose ancora da scoprire, non potevo pretendere di sapere tutto su di lei senza neanche fare qualche domanda. In fondo, avevo tutto un pranzo davanti, e non v'è occasione migliore di una mastodontica mole di vivande per fraternizzare con qualcuno.
    -Se non hai mangiato, ordina pure quel che vuoi. Offro io, non badare a spese.-
    FORSE io sono lievemente rapido a fraternizzare, vero, ma non possiamo certo essere tutti uguali! Altrimenti come potrei distinguermi dagli altri?
     
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  4. misterious detective
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    Shinan non impiegò che un solo istante per notare come l'espressione tranquilla e compiaciuta dell'uomo si trasformò in una di stupore e meraviglia: la bambina condivideva quei sentimenti, si era imposta un certo contegno di fronte a quello che era uno sconosciuto, ma il suo cuore palpitava a un'idea che, sebbene ormai chiara nella sua mente, dentro di lei non riusciva a credere plausibile. Forse aveva trovato un altro Nesciens, forse era di fronte ad una persona come lei. Percepiva alla perfezione il tremore che scuoteva le sue gambe. Il suo fiato era irregolare ed ansioso e nella sua testa rimbombavano due voci chiare e contrastanti: la curiosità la seduceva, più guardava lo strano figuro di fronte a lei e più le domande crescevano dentro di lei, affacciandosi alle sue labbra appena dischiuse. Allo stesso tempo, tuttavia, non si sentiva capace di pronunciare nemmeno una parola, poiché la paura di scoprire qualcosa di orribile su di sé frenava meschina il suo entusiasmo. Il suo passato, la sua natura, il motivo per cui era nata, in fondo, non erano così importanti: aveva trovato degli amici, aveva trovato le sue ragioni per cui vivere. Era orgogliosa di sé, così come sentiva, nel nucleo di quella piccola luce che aveva dentro di sé, che anche gli altri lo erano allo stesso modo, e poco importava che ella non fosse che un Nesciens, generato dalla più profonda oscurità. Renn glielo aveva insegnato, dopotutto, e dopo di lei Xisil e Chen lo avevano confermato: prima di ogni altra cosa, lei era Shinan e quella era l'unica realtà che aveva importanza. Per quell'unico motivo, quando udì la voce dell'uomo risponderle con aria divertita ed interessata, la bambina alzò subito lo sguardo verso di lui, ridestata dai suoi angoscianti pensieri.
    -Credo proprio che tu abbia fatto centro, ragazzina.- le rispose ridacchiando e, incrociando le gambe con fare rilassato, le indicò con un gesto della mano aperta il posto di fronte a lui del tavolo. La bambina prese fiato e si pettinò i capelli all'indietro, cercando qualche prezioso attimo per prepararsi a qualsiasi frutto quell'inaspettato incontro avrebbe potuto portare loro. Con il braccio rigido come un pezzo di ferro, finì quasi per artigliare il bordo del tavolo, mentre tentava di sedersi, ma riuscì a sistemarsi composta di fronte a lui. Deglutì, adagiò le mani una sull'altra e forzò un sorriso che tentava di essere il più naturale possibile sul suo volto teso.
    -Certo che è proprio “una cosa di famiglia” l'essere bizzarri, eh?- esordì l'uomo, allargando le braccia completamente a suo agio e condendo il tutto con una sonora risata. -Senza offesa, ovviamente: è un vestito molto elegante.-
    Shinan lo osservò confusa, batté le palpebre più volte con la bocca semiaperta, insicura su quale fosse la risposta migliore da dare a quel complimento, se tale era. -Grazie...- balbettò allora, nel modo più neutro possibile, arricciandosi una ciocca di capelli attorno all'indice. -Anche tu sei molto... particolare?- tentò stringendo appena gli occhi e trattenendo il respiro in attesa di una risposta: l'uomo rise di nuovo, annuendo alle sue parole. Tanta naturalezza riuscì a portare un sottile sorriso persino sulle labbra della bambina. In realtà, non era certa di comprendere appieno cosa intendesse il suo simile con “bizzarri”: studiò per qualche istante i suoi abiti, tirò i lembi della gonna. Era stata Sanzha, tanto tempo prima, a suggerirle quello stile, a farle scoprire quanto si sentisse a suo agio tra quei veli vaporosi e complessi che la rendevano un po' meno invisibile ed un po' più grande. Non aveva mai pensato di poter apparire “strana” agli occhi di qualcuno, tanto più a quelli del suo interlocutore. “Non deve essere una cosa molto negativa...” comprese però, passando di nuovo lo sguardo sul petto nudo e sui colori sgargianti che quello sfoggiava con orgoglio.
    -Il mio nome è Azrael.- la precedette ancora lui, alzandosi e muovendo qualche passo attorno al tavolo per avvicinarsi e porgerle la mano: Shinan si soffermò su quelle dita grosse, su quelle braccia muscolose che avrebbero potuto stritolarla senza problemi. Inspirò tra una fessura nelle labbra e, soppesando lentamente i suoi gesti, allungò il braccio e ricambiò la stretta. Ebbe appena il tempo di sussultare ed Azrael le fu affianco, chinato verso di lei. Soffiò al suo orecchio, le parlò con voce maliziosa ed orgogliosa in uno. -E sono il Nesciens dell'Ambizione. Incantato.-
    Di nuovo, il cuore che le batteva nel petto saltò un battito e le sue dita si irrigidirono: la mano dell'uomo si allontanò e la sua restò sospesa a mezz'aria per un istante di confusione. Era già certa di chi avesse di fronte, sapeva che Azrael avrebbe solamente potuto confermare quanto aveva compreso fin dal primo momento, ma quando sentì quelle parole provenire dalle sue stesse labbra, quando l'uomo confessò di essere davvero come lei, la tensione della bambina lasciò il suo corpo come uno spirito maligno, si sollevò verso l'alto e scomparve, permettendole finalmente di adagiarsi rilassata contro lo schienale della sedia. -Io... mi chiamo Shinan, il piacere è mio.- ricambiò con un sorriso sincero. Si inchinò appena abbassando il capo, respirò e si rialzò. -E io sono, ecco...- si accarezzò il braccio sinistro e mordicchiò timida le labbra. -beh... la solitudine.- ammise avvampando: comprendeva da sola come i suoi pensieri fossero sciocchi ed infantili, ma si sentiva un po' in imbarazzo ad ammettere quell'orribile, triste emozione che si annidava al centro del suo corpo ad un suo fratello nato da un impulso tanto potente e nobile.
    Azrael tuttavia non parve far caso a quella sua titubanza: alzando timida lo sguardo, lo vide attento alle sue parole, con le braccia incrociate ed il capo sporto verso di lei, un enorme sorriso che mostrava i denti bianchissimi e le palpebre che battevano veloci, quasi affascinate da lei. Era strano, stranissimo, ma quelle attenzioni non la mettevano a disagio, non del tutto almeno: si chiese se non fosse merito delle emozioni altrui che fluivano in lei, ma sommersa da tutte quelle attenzioni si sentiva quasi a suo agio. L'attenzione e la meraviglia dell'uomo parlavano a lei più di quanto qualsiasi sua frase avrebbe mai potuto: la piccola Erica non era un mostro, non aveva nulla di cui vergognarsi. Era speciale, esattamente come lui, non c'era alcuna differenza e, proprio per questo, il suo simile era così felice di poter ascoltare ogni sua parola e studiare ogni suo gesto.
    Ridacchiò felice, si sistemò i capelli dietro alle orecchie e tutto il ristorante parve illuminarsi di una nuova luce, più chiara e serena. Strisciando a terra la sedia, si fece un po' più avanti, riempì i polmoni d'aria e appoggiò le mani al tavolo, più pronta che mai.
    -Se non hai mangiato, ordina pure quel che vuoi. Offro io, non badare a spese.-
    -Oh!- esclamò sobbalzando sul suo posto. Portò gli occhi sul proprio stomaco: educatamente rimase in silenzio, ma rivolgendo ad esso la sua attenzione realizzò solo in quell'istante come, al solo nominare del cibo, avesse cominciato a contorcersi impaziente; il suo palato si stava già facendo impastato. -Ma tu... non hai già finito?- domandò aggrottando appena la fronte e grattandosi la guancia con l'indice. Passò un rapido sguardo sui piatti già vuoti, mentre sentiva la fame farsi ancora più molesta e la fermezza nel non mostrarsi scortese vacillare.
    Azrael batté una mano sul tavolo, il tremore per poco non la fece scattare in piedi dallo spavento. -Ma figurati!- esclamò quello, tutt'altro che infastidito. -Anzi, sai che ti dico, ordino il bis per me, che tanto non sono mai sazio!-
    Il viso di Shinan si illuminò. Rapida, con la bocca ancora aperta, agguantò il menù che era rimasto appoggiato sul bordo del tavolo e lo spalancò di fronte a sé. Sfogliò la prima pagina, scorse lungo tutti i nomi e le lunghe parole di fronte a lei, il suo sorriso si oscurò sempre più fino a spegnersi del tutto. Si fermò con espressione seria, mordicchiò il labbro superiore e accompagnò la lettura con il dito: era molto difficile, non avrebbe saputo cos'altro pensare.
    -Ehm...- tossicchiò e si schiarì la voce, si umettò le labbra e, timidamente, alzò appena una mano per attirare l'attenzione dell'altro. -Posso chiederti, ecco...- deglutì, indugiò tremante per un istante, con lo sguardo basso sul menù. Strinse gli occhi, rovesciò la carta e la mostrò all'uomo, indicando una riga precisa. -Come... come si legge quello?-
    Fece per porgere la lista all'uomo, si mosse incerta con lo sguardo timido fisso su di lui, mentre il rossore aveva già conquistato le sue gote. Per un istante, la mano si strinse attorno al bordo della copertina rigida, deboli ripensamenti su quella richiesta così infantile, ma poté solamente cedere ed abbassare lo sguardo: tormentandosi le dita, attese grattandosi una guancia e lanciando solo fugaci occhiate al suo compagno di tavola, che fece scorrere gli occhi veloci lungo la riga che gli aveva indicato, così veloci da farla sentire ancor più delusa di sé.
    -Xiao... longbao. Dovrebbe essere della pasta ripiena, no?- fece lui dopo pochi istanti, annuendo appena con una mano al mento. -Credo di non averli ancora assaggiati.-
    Shinan batté le ciglia più volte, le sue preoccupazioni spazzate per un momento da un'improvvisa ondata di ammirazione. Ripeté quella strana parola nella sua mente più e più volte, anche senza dirla ad alta voce le pareva così difficile da pronunciare, non riusciva nemmeno a vedersi vittoriosa a leggerla. Chinò appena il capo e mormorò un ringraziamento, si lasciò cullare dal silenzio per qualche attimo, finché non giunse la cameriera a servirli.
    -Io vorrei degli Xia... Xiaolongbao e...- si fermò, gettò di nuovo la testa sul menù, strinse gli occhi cercando di decifrarne i caratteri. -Ho... Hong She... Sha...-
    -Un Hong Shao Rou, certo.- concluse la giovane, sorridendo accomodante, mentre agitava una mano come a dire che non era nulla di grave. -E da bere?-
    -Per me solo acqua, grazie.-
    La donna attese che anche Azrael ordinasse qualcos'altro, se lo desiderava, e si congedò di nuovo, invitandoli ad attendere. Di nuovo i due si trovarono avvolti nel chiassoso silenzio del locale: si spiavano a vicenda, in parte in attesa del cibo e in parte, almeno per Shinan, resa muta dallo stretto cappio che le serrava la gola. Lui sembrava quasi divertito dalla situazione, invece, come se l'insicurezza della bambina fosse a sua volta una nuova esperienza, un qualcosa che valeva la pena studiare; la piccola non si sentiva disturbata da quei modi, ella stessa si sentiva ancora frastornata, quasi incredula per quell'incontro fortuito, ma c'era altro a pesare sul suo animo.
    Aveva la bocca impastata, il cuore batteva forte; teneva le mani nascoste sotto al tavolo, gli occhi dardeggiavano in ogni direzione. Alla fine strinse i pugni, cominciò a parlare con un filo di voce, ma si costrinse a schiarirsi la gola e riprovare con più forza. -Quindi, Azrael...- balbettò, mordicchiandosi il labbro superiore. -Ecco, tu... cosa sai di noi?-
    Alzò appena gli occhi, celata da un velo di capelli: l'uomo titubò per un istante, lo vide tamburellare le dita e distogliere lo sguardo, come colto in flagrante. Solo allora si rivolse di nuovo a lei con un sorrido che mostrava solo una punta di imbarazzo: si allungò sul tavolo appoggiandovi i gomiti prima di parlare. -Onestamente, non molto.- ammise con una leggera alzata di spalle. Shinan annuì chiudendo gli occhi, né sorpresa né delusa dalla risposta.
    -Non ho mai conosciuto altri Nesciens.- continuò quello, con un ampio gesto della mano libera. -E so solo che siamo creature nate dalle emozioni di una particolare entità, di cui però non so granché. Sfortunatamente, non ho molte informazioni se non ciò che sanno i pochi che ci conoscono.-
    L'Erica inspirò a fondo; chiuse gli occhi, si appoggiò allo schienale della sedia e, permesso alle sue spalle di cedere, sospirò sollevata. -Allora siamo davvero uguali...- mormorò, ridacchiando tra sé e sé. Era al punto di partenza, era all'oscuro di ciò che si celava dietro la sua nascita esattamente come lo era stata prima di incontrare Azrael. C'era una nota di rossore sulle sue gote, una debole vergogna rivolta ai sentimenti che provava dentro di sé, ma nascose il colore accarezzandosi con le mani e, con gli occhi vacui rivolti al soffitto, si ripeté più e più volte che andava bene anche così. In fondo, Shinan aveva una sua vita, dei suoi obiettivi, dei sogni che nulla avrebbe potuto rimpiazzare, non aveva bisogno di conoscerne la ragione. Aveva intravisto la felicità tante volte, l'aveva sentita ad un passo da lei ogni volta che era accanto a qualcuno che per lei importava davvero e quella era la verità più importante. Eppure, anche se era certa di quei suoi sentimenti, per quanto sentire il peso della conoscenza si fosse alleggerito, permettendole di nuovo di respirare, il retrogusto amaro che aveva portato con sé ancora aleggiava in fondo alla sua bocca: pur non desiderandolo, si sentiva non solo in diritto, ma persino in dovere di sapere.
    -Beh, sì.- rispose l'altro Nesciens, aiutandola a riemergere dall'abisso dei suoi pensieri: ridestatasi, Shinan lo vide sorridente e gioviale, mentre puntando il pollice verso di sé aggiungeva: -A tutti gli effetti è un po' come essere fratelli!-
    La piccola aprì la bocca per rispondere, ma rimase immobile con le labbra aperte a fissarlo: vide il suo volto distendersi in una risata compiaciuta, una risata che addolcì anche i suoi lineamenti: Shinan cominciò a ridere, si portò le mani al petto per sorreggersi e ridacchiò allegra, a suo agio, appena consapevole del nuovo calore che le abbracciava il cuore.
    Dopo qualche secondo, si ricompose. Trascinò in avanti la sedia, appoggiò composta le mani alla tavola, intrecciando le dita, e gioviale sorrise ad Azrael: di colpo le sembrava molto meno anomalo di quanto le era apparso fino a pochi istanti prima. -È la prima volta che visiti questo mondo?- gli domandò con semplicità, cercando una conversazione pur non sapendo dove sarebbe andata a parare.
    -Come turista sì.- spiegò lui, con voce appena borbottante. -L'ultima volta che ci sono passato è stato per dare una mano ad un paio di monaci con dei banditi. La situazione è un po' sfuggita di mano, ma... uh, ce la siamo cavata.-
    Subito la Nesciens portò una mano alla bocca per controllare la sorpresa. Si soffermò con il palmo sollevato per un istante, mentre aggrottava la fronte studiando il suo simile: con il fisico scolpito che aveva, dopotutto, non poteva veramente dichiararsi sorpresa. -Sei un mercenario?- domandò interessata, allungandosi appena sulla tavola.
    Quello annuì e scrollò le spalle, ribattendo con estrema naturalezza: -Beh, sì. È un'ottima carriera per viaggiare.- spiegò agitando l'indice.
    -Allora siamo ancora più simili di quanto non credessi.- commentò l'Erica, indicando se stessa con gli occhi chiusi ed una punta di orgoglio. -Svolgiamo lo stesso lavoro.-
    Prima che il Nesciens potesse risponderle, una famigliare voce femminile cinguettò accanto a loro: in un istante, alle parole educate si unì un profumo invitante che alimentò come carbone il gorgoglio che già scuoteva la sua pancia.
    -Ecco le vostre ordinazioni.- fece la cameriera, porgendo loro alcuni nuovi piatti. Shinan giunse le mani di fronte a sé, ammirò a bocca aperta le leccornie che le erano state porte. Batté più volte le palpebre, come a masticarle con gli occhi, solo dopo un po' si ricordò del compagno che aveva di fronte e, alzando timidamente lo sguardo, forzò un sorriso timido e, con voce tremante annunciò: -Beh, buon appetito...-



     
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  5. AzraelParanoia
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    Destination Unknown


    -Terra dei Dragoni-

    Battei con regolarità le dita sul tavolo, sorridendo con quanta più allegria potessi mettere nell'atto. Quell'evento non poteva che definirsi la più fortunata delle coincidenze. Trovare dal nulla un'altra Nesciens, semplicemente durante una "pausa" dal solito vagabondaggio, mi stupì oltre ogni dire. E mi divertì, nel confermare come verità quel che conoscevo della nostra "progenie". Individui come noi sono perfettamente riconoscibili anche nella più fitta delle folle, se non per l'aspetto, per le sensazioni palpabili che si possono percepire in nostra presenza. Così aliene, eppure così misteriosamente familiari. A giudicare dalla risposta di quella ragazzina così simile ad una bambola, non doveva aver pensato a qualcosa di tanto differente, notai divertito.
    Un pensiero mi passò per la mente mentre osservavo quel corpicino così esile. Probabilmente quella Nesciens aveva la mia età, se non di più. A conti fatti, calcolai silenziosamente, sarebbe stato impossibile trovare uno di noi più vecchio di un anno, raggiungendo al massimo qualche mese in più. Vagai con le supposizioni, chiedendomi se tutti i Nesciens si fossero già generati, e se qualcosa di bizzarro sarebbe successo se si fossero incontrati tutti in un posto solo. L'idea, però, per una ragione o per l'altra, mi spaventava e disgustava. In fondo, mi puzzava assai di un qualche bislacco rituale che ci avrebbe di nuovo ridotti ad un singolo essere, e personalmente apprezzo la mia individualità. Ma in fondo non erano che pensieri superficiali scatenati dall'agitazione che imperversava nella mia mente, la quale non riusciva a limitare in nessun modo l'emozione del momento.
    Portai la mano al mento, muovendo le dita attorno alla mascella ed ascoltando la presentazione della Nesciens senza spirare aria, quasi paralizzato. Era proprio vero, e mi stupii della gioia derivante da quest'affermazione. In fondo v'era già conferma del suo essere come me, eppure sentire quel nome, e l'emozione che si portava dentro dalla nascita mi riempì il cuore di febbricitante allegria quanto di una malinconia non indifferente. Il mio sentimento, l'Ambizione, non è certamente perfetto. Spesso mi porta ad essere ottuso, testardo e generalmente intrattabile, ma quella bambina, quella... Shinan, era nata dalla Solitudine. Da quell'angosciante sensazione d'essere soli al mondo, anche dentro alla più fitta delle folle. Quanti altri di noi saranno nati legati ad Odio, Sofferenza o Disperazione? In confronto ai Nesciens fortunati, legati ad emozioni positive, avranno avuto vite difficili. Io, come tanti altri, probabilmente ricado in quell'insieme considerabile "Neutrale".
    Le sorrisi, cercando di immaginare quale breve vita ella avesse vissuto. Io ero stato fortunato, capace di procurarmi una base solida da cui partire, e l'ambizione necessaria per iniziare a viaggiare per i mondi alla ricerca del necessario per andare avanti e scoprire qualcosa di più su di me, sul passato di chi mi ha donato corpo e ricordi, sulla ragione della mia esistenza. Eh, ancora nessuna risposta per la terza, ma non è qualcosa che cerco con vivo interesse, in fondo posso perfettamente farne a meno.
    -Solitudine, eh? Ad ognuno il suo, immagino. Spero, perlomeno, che quest'emozione non sia una costante troppo aspra nella tua vita...-, dico con un velo poco discreto di preoccupazione. Non sono certamente frasi da pronunciare a colei che a tutti gli effetti dovrebbe essere una totale sconosciuta, ma non potevo che sentire apprensione nei suoi confronti. Che fosse per quel corpo tanto infantile o per il fatto che condividessimo la stessa origine, saperla in una vita di costante solitudine mi avrebbe rattristato oltremodo.
    Portai le spalle all'indietro, stiracchiando il collo prima di appoggiarmi allo schienale con quanta più delicatezza possibile. Il mio corpo non era certamente leggero, e dovevo personalmente limitarlo cambiandone la composizione nei materiali più leggeri possibile, appunto per evitare di rompere ogni sedia su cui decidessi di sedermi, distruggere ogni ascensore, o far perdere il controllo ad ogni veicolo su cui mi trovassi.

    Offrii dunque da mangiare a Shinan, poiché in fondo avevo fatto un detour nella Terra dei Dragoni proprio con l'obiettivo di spendere, avendo recentemente ritirato la paga, e non potevo non offrire da mangiare ad un'altra Nesciens appena incontrata. Fu un po' titubante ad accettare, arrossendo e facendomi notare come avessi già mangiato, ma a sentire il suo stomaco brontolare silenziosamente, si giunse all'unanimità alla conclusione che sarebbe stato meglio accettare. In fondo, un bis non mi sarebbe dispiaciuto.
    La gioia della ragazzina fu come una lampadina difettosa. Si accese in un istante repentino, per poi iniziare a sfumare nuovamente in un'espressione incerta. Mi porse il suo menù silenziosamente, chiedendomi di leggere una riga precisa, nello specifico, quella della pasta ripiena. Portai la mancina al mento, massaggiandolo prima di rispondere a Shinan, leggendo degli "xiaolongbao" come richiesto. Forse non aveva notato la traduzione sulla destra? Oppure che non sapesse leggere? In fondo, io non ho mai dovuto imparare per via dei ricordi del boss, ma un qualsiasi altro Nesciens sarebbe potuto nascere privo di esperienze di nessuna sorta, una tabula rasa pronta ad essere riempita. Dal suo agire insicuro, supposi che avesse iniziato ad imparare a leggere solo recentemente.
    Continuai a fissarla con muto interesse, lasciandomi interrompere solo dalla voce della cameriera, che mi chiamò per chiedermi che cosa desiderassi ordinare, facendomi sobbalzare sulla sedia, imbarazzato dalla mia distrazione. Tossicchiai due volte prima di rispondere: -Uh, quello che ha preso lei, ed inoltre...-, presi un po' di tempo, riflettendo sulla spesa che sarebbe risultata. -Ma sì, un'altra bottiglia di maotai.-, dissi infine, ignorando le mute maledizioni inviatemi dal portafogli.

    Continuammo ad osservarci curiosi per un po' di tempo, entrambi probabilmente indecisi sul da farsi, o meglio, da dirsi. Troppe domande, troppe questioni irrisolte sul fattore Nesciens. Sul cosa siamo, sulla nostra ragion d'essere, sui nostri altri fratelli e su migliaia di altre domande che avrei potuto gettargli addosso. Forse ne sapeva più di me, essendo piuttosto difficile avere meno informazioni delle mie. Le mie riflessioni mi fecero fare la figura del daino davanti agli abbaglianti nel momento in cui Shinan mi chiese proprio cosa sapessi dei Nesciens.
    Feci dardeggiare lo sguardo da una parte all'altra della stanza, deglutendo e gesticolando per rispondere semplicemente con un "non molto", alzando infine le spalle, nuovamente in possesso dell'autocontrollo. Una volta ripreso, ampliai la risposta dicendo a tutti gli effetti ciò che sapevo, ovvero la nostra origine da parte di una qualche entità oscura che ha sparso le sue emozioni in giro per i mondi, facendogli prendere vita.
    Fui colto contemporaneamente da una lieve delusione e da un peso scaricato dallo stomaco al sapere che non fossi completamente ignorante rispetto a Shinan, che fece notare quanto in effetti fossimo identici.
    Già, identici... come fratelli, no? Sembrava una cosa infantile, pensai malinconico, ma il desiderio di una famiglia a cui affidarmi aveva già precedentemente toccato il mio cuore, appesantendolo. La consapevolezza di essere solo ed unico in un universo di "diversi" non era certamente rincuorante, si poteva dire che a tutti gli effetti avevo passato la mia vita provando il sentimento dalla quale Shinan è nata...
    Ma non ero solo. V'erano altre persone nella mia vita, una ragione per continuarla, e dei sogni da realizzare. Che fossero egoisti o altruisti era una questione da sorvolare. Sorrisi dunque gioviale alla Nesciens, indicandomi con il pollice e declamando senza remore ciò che avevo pensato con semplicità.
    -In fondo è come essere fratelli!-
    Non potendo trattenermi, essendo una situazione tanto bislacca quanto capace di scaldarmi il cuore, scoppiai in una risata compiaciuta ed allegra, alla quale anche mia "sorella" decise di partecipare, ridendo altrettanto gioiosa. Avvenne tutto in maniera così improvvisa da lasciarmi in uno stato di stupore, una volta ricompostomi. I miei rapporti con gli altri Nesciens sarebbero tutti stati così? In un certo senso, una mastodontica quantità di fratelli attendeva di essere incrociata in giro per i mondi? Sarebbe stato bello pensarla così, eppure qualcosa mi diceva che molti Nesciens non sarebbero stati felici di vedere altri appartenenti alla loro "stirpe".
    Continuai a chiacchierare con Shinan, passando per l'argomento del lavoro, il quale, sorprendentemente, era l'ennesimo fattore che ci accomunava, poiché entrambi eravamo mercenari. Squadrai il corpo della ragazzina, sorridendo e pensando con sicurezza che si trattasse di una qualche sorta di incantatrice. Che tutti i Nesciens fossero naturalmente portati a combattere? Non potevo certo trarre una conclusione simile, conoscendone soltanto due, eppure non potei che pensarci. Dovevo decisamente incontrarne altri e svelare il mistero dietro alla nostra origine.
    Rimasi in silenziosa riflessione sino all'interruzione della cameriera, la quale portò al tavolo le ordinazioni richieste, facendomi adocchiare nuovamente la bottiglia scarlatta. Sorrisi alla donna e ringraziai con un cenno, continuando a rimuginare sulla vita bizzarra che m'era capitata.
    -Già, buon appetito.-, dissi distrattamente a Shinan, ancora immerso nei miei pensieri. Scossi il capo, alzandolo nuovamente davanti a Shinan prima di afferrare la forchetta per portarla alla pasta ripiena.
    -Mi sono distratto un attimo. M'è venuto da chiedermi se tutti i Nesciens fossero portati, sai, al combattere. In fondo, non mi pare di aver mai incontrato un Nessuno o un Heartless che non fossero minimamente capaci di difendersi. Ci sono un sacco di domande alle quali non abbiamo risposta, e probabilmente solo incontrare altri Nesciens ci potrebbe illuminare. Siamo proprio dei tipi misteriosi, eh?-, dissi con spensieratezza. In fondo, non erano dubbi per i quali mi sarei dovuto scervellare eccessivamente. Non potevo trovare immediatamente quelle risposte, dunque tanto vale prenderla con calma.
    -Oh beh. Sarò giovane come lo sarai anche tu, ma se ho imparato qualcosa in questo poco tempo, è che il modo con il quale veniamo al mondo non è così importante come molti vorrebbero farci credere. La nostra esistenza è qualcosa che andrebbe utilizzata al massimo, seguendo i nostri desideri e quelli di coloro ai quali teniamo. Per quanto la nostra origine possa essere oscura come molti affermano... beh, non è decisamente un fattore importante. Io sono molto di più che la progenie di una qualche bolla d'oscurità.-, dissi poi con un po' più di serietà. Erano pensieri tenuti dentro, impossibili da spiegare a qualcun altro, ma Shinan... beh, Shinan era come me. Forse avrebbe capito.
    -Oh. Forse ho parlato troppo. Dovremmo concentrarci sul cibo, no?-, dissi poi abbozzando un sorriso. Quello era un giorno felice, e rovinarlo con simili considerazioni sembrava quasi un'eresia. Sarebbe stato più accorto limitarmi a mangiare ed apprezzare il momento.

     
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  6. misterious detective
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    Gli occhi della ragazza si persero sul piatto di fronte a lei ed il cibo quasi scomparve per un lungo e pensoso istante. Le sue dita si mossero rilassate, inseguendo quei movimenti che aveva imparato tanto tempo prima; spezzò il raviolo di carne in due premendo appena con le bacchette, fece roteare il boccone sulla ceramica un paio di volte, prima di allungarsi ad assaggiarlo. Quasi scottava, Shinan dovette sopportare nascondendo la bocca dietro la mano. Come diede il primo morso, tuttavia, si rese conto di quanto fosse buono: le sue gote arrossirono appena, mentre le labbra si inarcavano all'insù, e la mano sfiorò appena la guancia, prima di adagiarsi di nuovo al bordo del tavolo. Separò di nuovo le bacchette ed afferrò un secondo pezzo, vi soffiò più volte prima di adagiarlo tra le sue labbra, e mentre mangiava più sicura i suoi occhi librarono su Azrael. Curiosa e discreta, studiò in silenzio la sua figura, quel tripudio di rosa e di rosso che si muoveva placido di fronte a lei, padrone di ogni minimo movimento, ben più fiero della sua immagine di quanto la Nesciens non fosse mai stata. Fu in quel momento che l'uomo sollevò gli occhi dal piatto e si ricordò di lei. Ghignò allegro, come se un pensiero buffo avesse appena dirottato la sua mente, Shinan si risistemò sulla sedia, attraversata da uno strano fremito.
    Azrael si scusò per il momento di distrazione e, con naturalezza come se stesse parlando tra sé e sé, la tempestò di parole, di domande incuriosite. Pose tra di loro dei dubbi sulla natura dei Nesciens, sulle loro capacità, sui misteri che circondavano la loro esistenza. -Oh beh.- concluse. -Sarò giovane come lo sarai anche tu, ma se ho imparato qualcosa in questo poco tempo, è che il modo con il quale veniamo al mondo non è così importante come molti vorrebbero farci credere.-
    La ragazza strinse le bacchette, le scambiò tra le sue dita mentre ragionava su quelle parole e su tutto quello che le avevano detto Renn e Chen, prima di Azrael. -La nostra esistenza è qualcosa che andrebbe utilizzata al massimo, seguendo i nostri desideri e quelli di coloro ai quali teniamo. Per quanto la nostra origine possa essere oscura come molti affermano... beh, non è decisamente un fattore importante. Io sono molto di più che la progenie di una qualche bolla d'oscurità!-
    Shinan ascoltò in silenzio, lo osservò incapace di fermare il continuo ripetersi di quelle parole nella sua mente. “Come fratelli, eh?” ricordò ancora una volta e strinse gli occhi, cercando di andare oltre quell'aspetto turbolente, verso il caos di sentimenti che lo aveva generato, la sua ambizione. L'uomo si accorse delle sue attenzioni e le sorrise appena, senza disturbarla, Shinan lo imitò di rimando. Forse era davvero come diceva lui, pensò la ragazza, non c'era altra spiegazione che avesse senso ai suoi occhi: ogni secondo che passava, qualcosa dentro di lei diventava più chiaro, come se avesse conosciuto quell'uomo da tanto, tanto tempo. Si sentiva simile a lui, si sentiva compresa, unita all'uomo da una fratellanza che, forse, derivava veramente dal sangue. “O, ancora meglio, dall'Oscurità che condividiamo.” si corresse con un sorriso appena tinto di amarezza. Quale che fosse la risposta, rimaneva certezza che tra di loro ci fosse una connessione intangibile ma comunque significativa: uno stesso credo su cui entrambi erano pronti a basare, a loro modo, la propria esistenza.
    -Oh. Forse ho parlato troppo. Dovremmo concentrarci sul cibo, no?-
    Shinan si sentì colta alla sprovvista da quell'improvviso cambio di tono: alzò lo sguardo, che era caduto verso il suo piatto di carne, e sbatté più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco e dare un significato all'espressione e alle parole dell'uomo. -No! No... figurati.- bofonchiò imbarazzata, convinta di averlo offeso con il suo silenzio. Quell'argomento, quei pensieri che percepiva come suoi, era felice di parlarne, solo non sapeva come. -Hai ragione, anche io penso la stessa cosa.-
    Appoggiò con delicatezza le bacchette al piatto, prese il fazzoletto e si pulì la bocca, prima di parlare, con le dita della mano sinistra che accarezzavano la tovaglia disegnandovi piccoli cerchi. -Io...- cominciò, partendo da un sussurro; dardeggiò con i rubini verso Azrael, poi verso se stessa, e si convinse che poteva riuscirci. -Io non avevo mai pensato alla possibilità di incontrare un altro come me; anzi, avrei voluto dimenticare cosa sono... un miraggio nato dall'Oscurità.-
    La Nesciens deglutì e sospirò, quasi sorpresa di essere riuscita a pronunciare quelle parole con tanta facilità, concedendosi soltanto un breve respiro a metà della frase. Più decisa di prima, afferrò di nuovo le bacchette nella destra e intrappolò un altro cubetto di hong shao rou.
    Per un istante si gustò la saporita ricompensa, ma gonfiando il petto ad occhi socchiusi tornò seria e, con la voce tenue di chi parla per se stesso, riaffermò se stessa: -Ho incontrato delle persone, degli umani, che mi hanno fatto sentire parte di loro.- rivelò portando una mano al petto. -Che mi hanno amata semplicemente per la me stessa che sono. Prima di essere una Nesciens, io sono Shinan e sono loro amica. E questo è più importante di ogni altra cosa.-
    Si fermò soddisfatta, gettò fuori l'aria che le restava e, con la mano che non le era mai parsa così pesante, cercò il bicchiere d'acqua, lo portò alle labbra e ne bevve un sorso. La frescura alleviò appena il rossore delle sue gote. -Forse non è quello che speravi di sentire da un'altra Nesciens, però...- borbottò con rammarico, nascondendosi dietro il pezzo di vetro. -Mi dispiace essere di così poco aiuto.-
    L’uomo sorrise discreto al suo imbarazzo e Shinan lo fissò con curiosità mentre quello, con un debole colpo di pedi, si spingeva contro lo schienale e dondolava sulle due gambe posteriori della sedia, stretto tra le sue spalle. -Miraggio, eh?- ponderò Azrael, accompagnando il dondolare con la testa, all’apparenza dimentico delle altre parole e delle preoccupazioni della ragazza. -Il riflesso di qualcos’altro. Heh. Ci pensi? Un giorno qualcuno potrebbe arrivare qui, davanti a me, e pretendere di conoscermi sulla base di qualcos’altro. Di qualcosa che non sono io.-
    Shinan titubò su quelle parole, premendo con le bacchette contro la ceramica del piatto. Non le era mai capitato di sentire su di sé sguardi di quel tipo, aspettative dettate dalla sua natura di Nesciens; l’unica ad averle imposto un destino, ad aver svalutato ciò che era, era stata le stessa.
    -Non importa, se non sai dire molto.- concluse lui, scuotendo la testa ed il suo bicchiere si riempì ancora d’alcool. Shinan lo imitò, allungandosi verso la bottiglia d’acqua. -A questo punto penso che nessun Nesciens sappia più degli altri, se non qualche caso particolare che ha assistito a qualcosa di eccezionale, che ha passato tutta la vita a cercare una risposta.- inspirò, l’aria che emise scandì lo scorrere di brevi, pensosi secondi. -In fondo, mi pare quasi saggio rigettare una simile ricerca come ho fatto io. Il mondo ha molto da offrire, e sprecare il proprio tempo dietro a qualcosa di tanto superfluo, quando invece puoi dedicarlo a te stesso o a qualcuno che ami non è decisamente una scelta considerabile “intelligente”, no?-
    Azrael scolò il suo bicchiere in un solo sorso, mostrando il sorriso sornione di chi è felice di sentirsi saggio. Per un solo istante, indugiò con gli occhi su quel bicchiere vuoto, con tante domande in testa.
    -E poi l’universo è grande!- esplose l’uomo con entusiasmo rinnovato. -Ci sarà occasione di trovare questa risposta. Magari anche senza volerlo, ci potremo inciampare sopra come degli imbranati, magari scoprendo che questo “segreto” è qualcosa di ovvio, o noioso. E rideremo pensando a questa conversazione, nella quale l’origine dei Nesciens sembra qualcosa di più grande delle nostre vite.- poggiò il bicchiere e la fissò negli occhi: le sue iridi viola ardevano nella luce del mezzogiorno come non aveva ma visto accadere prima. Il cuore della bambina si incendiò, travolta da una sensazione che non conosceva, una determinazione che la faceva sentire sopra a qualunque altra cosa, dove le nuvole non osavano spingersi.
    -Non lo è.- concluse infine, giudice di ciò che la loro storia significava davvero.
    Shinan appoggiò le mani alla tovaglia, calò le palpebre ed espirò, abbozzando un sorriso. Quell’ardore, quel coraggio le sussurrava parole stringendole la mano, le assicurava che Azrael aveva ragione. Le loro decisioni, le loro aspirazioni, erano esse a determinare il significato della loro vita, erano le loro scelte. L’Erica non si vergognava del suo passato, di ciò per cui aveva vissuto, ma alla fine aveva imparato che nessuno desiderava che lei esistesse solo per il prossimo, se non lei stessa.
    -È strano...- borbottò ridacchiando; si grattò la guancia e umettò le labbra, mentre covava dentro di sé quei pensieri. -Non ho mai sentito nessuno parlare con tanta… non so, forza, decisione… eppure mi sembra tutto così familiare.-
    Erano le conclusioni a cui era giunta tramite le sue personali perdite, le sue esperienze. Era il fondamento stesso della sua nuova vita, il pilastro su cui basava l’esistenza. E, in fondo, invidiava un po’ Azrael, che aveva sentito propria quella verità fin dal primo giorno della sua vita.


     
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