Day 1 - Nescio Nomen - Part 1

Autoconclusiva Rating Gialla

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. -Artemisia-
        +1   -1
     
    .

    User deleted






    Più il tempo passava, più percepiva i suoi occhi farsi deboli e stanchi come sopraffatti da troppi stimoli incessanti, il colore del cielo, la luce di quel globo lontano all’orizzonte che d’istinto chiamò sole, il suo riverbero sulle onde, le fronde che danzavano al vento, la spuma del mare che scompariva nella sabbia… occhi che non aveva mai usato prima di allora, occhi neri e intensi che chiedevano soltanto di potersi abituare al mondo un poco alla volta, nascondendosi sotto quel guscio morbido che adombra lo sguardo, sigillando uno dei sensi che faceva da canale incontrollato alla sua mente stanca e sovraccarica. Desiderava soltanto dormire, desiderava soltanto fare ritorno a quelle onde buie e silenziose, a quell’utero materno che l’aveva rigettata, costringendola a lottare per vivere.

    Osservava i pesci nuotare sfiorando i suoi piedi e pensava, è da lì che vengo , eppure più li guardava, più capiva di non essere una di loro: muoveva le dita dei piedi sotto il pelo dell’acqua, la candida pelle così spoglia e vulnerabile, senza squame cangianti a proteggerla, senza pinne che le dessero agio nel nuoto. Un guizzo quasi impercettibile, e un pesce argenteo che brillava placido accanto alla sua caviglia scomparve alla sua vista dopo averla appena sfiorata. “Pesce”, così chiamò la creatura affusolata che fluttuava nell’oceano, senza nemmeno rifletterci, senza che vi fosse bisogno di interrogarsi sul perché dell’esistenza di una creatura di tale sembianza. “Pesce”, trovò d’istinto nei recessi della sua anima, come un ricordo seppellito da tempo in attesa di essere recuperato, e così sentì che quella parola rappresentava l’essenza stessa di quella presenza. Si guardò attorno con fare ansioso, cercò e ricercò tentando di dispiegare con lo sguardo le increspature del mare desiderosa di guardarvi al di sotto con più facilità ma di quel “pesce” non vi era più alcuna traccia. Mosse qualche passo finché sentiva il contatto del fondale morbido sotto le piante dei piedi, finché l’acqua non arrivò a lambirle le spalle, lasciò che il moto delle onde cullassero il suo corpo, accarezzando, abbracciando la pelle spoglia. Sentiva nella resistenza che l’acqua opponeva all’incedere lento della sua fisicità le fattezze della propria forma, che osservava da sopra la superficie con occhi curiosi e smarriti: oltre il riflesso del suo viso asciutto, degli occhi scuri e dei capelli argentei, due forme tonde, piccole e piene, si spingevano in avanti uscendo dal suo petto come le piccole dune di sabbia ammonticchiata con perizia. Cinse nei palmi delle mani quelle due forme identiche di poco più piccole, strinse appena le dita contro la pelle, saggiando delicata le punte con i polpastrelli, e sentì un fremito impercettibile farsi strada nel suo ventre. Ritrasse rapida le mani, turbata, domandandosi cosa fosse appena successo, e perché sentisse le guance ardere come fossero in fiamme. La sua coscienza le diceva che quanto stava facendo era sbagliato, ma quel suo corpo sembrava mandarle messaggi contrastanti, provò imbarazzo, e desiderio al tempo stesso di provare un’emozione simile almeno una volta ancora. Lasciò correre le dita tremanti lungo i contorni di quelle sfere rosee, domandandosi perché il suo fisico avesse un aspetto così curioso.



    Una strana pulsione guida le mie mani, un desiderio che non riesco a trattenere, inarco la schiena e i due rigonfiamenti del mio petto emergono dall'acqua per metà. Mi sforzo di comprendere cosa mi attragga di quelle due forme gemelle che fisso a capo chino, spingendo il petto in fuori quanto più mi riesce. Non riesco a trattenere la mia curiosità: le tocco. Sfioro l'apice con la punta delle dita e subito avverto sotto i polpastrelli qualcosa cambiare, come se qualcosa stesse prendendo vita. Il mio corpo reagisce al mio tocco e mi parla di qualcosa che non comprendo appieno, qualcosa di bello e misteriosamente piacevole, mi dice di continuare e lasciar fluire quel desiderio dentro di me, nato da qualche parte al di sotto del mio ombelico. Sento caldo sul mio viso e per un istante qualcosa nella mia testa mi dice che ciò che provo è sbagliato, che forse dovrei smetterla, controllare i desideri del mio organismo. Allontano le mie mani per qualche istante, ma non resisto alla tentazione di provare di nuovo quell'emozione, e di nuovo accarezzo con le dita i contorni di quelle forme, descrivo cerchi con i polpastrelli, delicatamente. Provo piacere, non riesco a negarlo a me stessa, e continuo a muovere le mie dita, rapita da quell'istante. "Inopportuno", penso senza rendermene conto, come suggeritomi da una voce nella mia testa, mia ma che al tempo stesso mi strattona lontano da quello che l'essere fisico che stringo nelle mie mani vuole che io faccio. Sono una sola persona e due al tempo stesso. Dilaniata fra quello che provo a chiamare "piacere" e "vergogna", sento che lentamente mi sto avvicinando al significato di un'altra parola, "pudore", e la distinzione fra morale e immorale prende forma nella mia coscienza come un'ombra vaga e appena distinta. Ancora non comprendo appieno cosa sia l'una, cosa l'altra, e ancora stringo quei due corpi, il mio corpo fra le mani. Come faccio ad essere me stessa se nemmeno conosco chi sono?

    Quell'ombra oscura vaga per la spiaggia camminando dritto sulle sue gambe come un essere umano. "Umano", è questa la parola giusta, si tratta di questo? Lo siamo, io e lui, due esseri umani? Sento il suo sguardo sulla mia pelle, occhi senza volto dietro un elmo di ferro, nero e corrotto dal tempo. Mi fissa, riesco a vedere una sagoma pallida e sinuosa riflettersi nel suo sguardo, il mio corpo nudo attraverso i suoi occhi, e attorno soltanto le tenebre, fredde, vuote, a enfatizzare la fragilità di quel corpo. Avverto la lussuria pulsare nelle sue vene come fossero le mie, sento che lui comprende esattamente quale sia in significato di questo desiderio. Lo fisso inerme, incapace di reagire, incapace di nascondermi dal suo sguardo avido che sembra sappia cosa guardare, quasi conoscesse il mio corpo a memoria e ancora lo desiderasse come fosse la prima volta. Indugia languido per un tempo che parte infinito, poi distoglie lo sguardo. Attorno a me vedo di nuovo la luce, la spiaggia e il mare in ogni dove.

    Chi è costui, e cosa ha a che fare con me? Perché nessuno a parte me sembra vederlo? Piccoli esseri corrono sulla sabbia passandogli accanto come se la sua presenza non li turbasse affatto, mentre io ne sono atterrita. Osservano me di contro, nascondendosi dietro gli alberi, vedo i loro capelli arruffati fare capolino e ritrarsi all'improvviso. Il loro aspetto ha molto in comune con il mio, i loro occhi curiosi, i loro volti, numerosi elementi che posso scorgere delle loro fattezze fisiche le ritrovo in quel mio corpo un poco più grande, un poco più sinuoso. Non hanno squame, non hanno pinne, camminano sulla terra proprio come me. Forse apparteniamo alla stessa specie, ma ancora nei loro sguardi attoniti, curiosi, spaventati, percepisco la diversità. Perché mi fissano così? Cosa vi è di così sbagliato in questo corpo?




    In fondo le dolci curve del suo corpo, delicate, appena delineate, non la rendevano così dissimile da quei piccoli esseri giunti a rubare una fugace occhiata di quella donna giunta inspiegabilmente dal mare. Nessuno conosceva il suo nome, nessuno l’aveva mai vista prima di allora. Il suo torso rigato da rivoli d’acqua salmastra emergeva dalle onde come una visione mistica, sovrannaturale, inconcepibile. I seni maturi, tondi ma appena sporgenti dal suo petto, parevano evocare nelle loro menti ricordi ancestrali. Ella notò i loro sguardi curiosi e inconfutabili, guardò prima i piccoli umani, poi abbassò lo sguardo confuso sull’oggetto della loro attenzione, ripeté quel gesto ancora una volta, sbattendo le palpebre confusa, un braccio abbandonato lungo i fianchi, una mano sospesa fra i due seni, esitante. Li guardò ancora, e di colpo arrossì, i suoi lunghi capelli, sciolti a circondare il viso, le spalle, i fianchi, i glutei, appiccicati al suo corpo dall’acqua salmastra, sfumarono dalla radice di un rosa tenue, facendosi più scuri in prossimità delle punte. Le loro bocche si spalancarono in un’espressione di stupore, ed ella si trovò a sorridere dolcemente di cotante attenzioni. Fece un passo verso di loro, lasciando che il mare corresse rumoreggiando in mezzo alle sue gambe: i ciuffi di capelli e i piccoli occhi sparsi qua e là fra i cespugli scomparvero in un battito di ciglia, mentre il rumore del sottobosco smosso dalla fretta si fece distante in una manciata di secondi.

    Quel piccolo anfratto lungo la costa garantiva calma e solitudine a sufficienza per pensare, per raccogliere le idee, mettere insieme gli ultimi ricordi che riusciva a trovare. Distesa sul bagnasciuga sotto i raggi del sole, i capelli umidi e pallidi si irradiavano come la fronda di un albero dalla sua testa, le ciocche riempiendosi di sabbia e piccoli frammenti di conchiglie. La pelle di tutto il corpo tirava e pizzicava per via della salsedine. Distese le braccia sopra la testa, stiracchiò la schiena e gli arti come una bambina assonnata, incurante della sua nuda femminilità, inconsapevole di tutto ciò che quella forma umana corporea portava con sé. Le dita della mano scivolavano pigre fra i seni distesi e l’ombelico, sfiorando lo sterno e il ventre ripetutamente e via via con sempre crescente distrazione, l’altra mano giaceva abbandonata all’altezza del volto.



    Comincio ad abituarmi agli spasmi superficiali e involontari della mia pelle quando la solletico con la punta delle dita. Mi diverte, mi fa persino sorridere di tanto in tanto. Mi domando da dove vengano il riso, il rossore delle gote, i tremore alle gambe, persino il bruciore al di sotto del mio ombelico. Come posso comprendere come controllare qualcosa di cui non conosco l’origine? Distrattamente la mia mano scivola oltre l’ombelico, me ne accorgo soltanto quando ormai sta sfiorando l’incavo fra le mie gambe. Le ginocchia si piegano per un riflesso istintivo, contraggo le dita dei piedi e le distendo, mentre l’altro braccio si avvolge attorno al mio torso, stringendomi il fianco opposto. Come può un solo individuo generare tutte queste diverse sensazioni, e quante altre ancora devo aspettarmi di conoscere? Sento freddo lungo la schiena, rotolo sul fianco e lascio che il sole mi asciughi da entrambi i lati. Trovo d’impiccio le escrescenze del mio petto, schiacciate fra il mio peso e la sabbia sottostante, faccio leva sui gomiti e mi sollevo, aggiusto la posizione del busto, mi adagio di nuovo sulla sabbia. Avverto un certo fastidio, quasi un lieve dolore, mi sollevo ancora. Combatto con la forma bizzarra del mio corpo per diversi minuti, prima di abituarmici. Poso il mento sul dorso delle mani giunte, osservo da quell’angolazione, gli occhi a pochi centimetri dal terreno, l’immensità del mare ridotto ad una linea sottile all’orizzonte, la sua vastità, la sua profondità, i suoi misteri, si annullano semplicemente cambiando la prospettiva da cui l’osservo.

    Per quanto io ci provi non riesco a ricordare come sono arrivata sin qui. Oltre questa spiaggia, il mare e quell'uomo che si manifesta solo per i miei occhi tutte le volte che mi immergo nel profondo dei miei pensieri, non riesco a ricordare nulla, come se nulla fosse mai esistito prima. Mi gira la testa, si fa pesante e vuota al tempo stesso. Mi sento così sola. Lui mi fissa come se conoscesse i segreti più reconditi del mio essere, e tace. La sua presenza mi terrorizza, come un oscuro pensiero di cui non riesco a liberarmi. Lasciami in pace bastardo, e il mio viso si bagna, non vedo più nulla, solo macchie sbiadite di colore. Mi promette risposte, oh, mi promette il potere, il piacere, me li mostra, il mio corpo freme, quasi posso sfiorare ogni cosa con il solo pensiero. Mi sento amata. I colori svaniscono nel buio e di colpo non mi sento più sola. Si sovrappone al mio corpo e al mio pensiero e avverto la consistenza della mia pelle come fosse la sua, i miei seni come non fossero i miei, stringo i miei fianchi e premo con forza su quel corpo esile, tremante, bisognoso di un contatto. Mi insinuo nei meandri di quell'essere piccolo e insignificante, che si ritrae e cerca invano di sfuggire, penetro sempre più a fondo nell’oscurità. Di colpo, il vuoto si dispiega di fronte a me, mi sento schiacciare da emozioni che non ho mai provato in tutta la mia vita. C'è caos e silenzio. Così vuota, così sola, come se mancasse qualcosa. Una voce echeggia lontana, ansima, geme, urla, la sento chiamare... Hrist... Hrist...


    ... Chi è Hrist?








    Dunque, mi permetto di aggiungere una postilla per chiarire alcuni passaggi del post. Hrist è una donna venuta al mondo all'improvviso e che si trova a fare i conti con l'ambiente e con se stessa per la prima volta in assoluta, potendo solamente fare appello a delle nozioni sul mondo che risiedono nel profondo del suo essere come il bagaglio di una vita precedente e che pian piano porta alla luce con le esperienze del quotidiano. L'ultima fase in prima persona evidenzia invece come al contatto con l'oscurità che risiede naturalmente in lei la sua mente compie un balzo in avanti, raggiungendo un livello di consapevolezza maggiore di sé e delle emozioni che la coinvolgono. Molte frasi delle riflessioni in prima persona, come mi è stato fatto notare, non suonano molto naturali o simili a quello che dovrebbe essere un "dialogo con se stessa", e anche questo è in parte voluto: dopotutto, Hrist fino ad ora - e ancora per poco - non ha ancora sperimentato le sue capacità di parlare e dialogare, di conseguenza persino il suo pensiero procede su un binario differente da quello dialogico. Il resto lo lascio al vostro fervido intuito.
    Siate buoni con me, sono i primi innocenti esperimenti di rating gialla.





    Edited by Xisil - 13/3/2017, 22:46
     
    Top
    .
  2.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Now drink.

    Group
    C.S.C.
    Posts
    20,608
    Reputation
    +83

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE
    -Hrist
    Be', devo dire che leggendola è una scena insolita da leggere da te. Forse perché sono troppo abituato a leggere di Xisil, che ha un carattere diverso, però diciamo che non è la leggera carica sessuale del tutto ad avermi fatto alzare un sopracciglio. Andiamo in dettaglio:

    Scrittura: Al solito, non sono un genio della grammatica, ma ho notato alcuni alti e bassi rispetto al tuo solito stile. Perché per quanto ci sia ancora una certa naturalezza nelle descrizioni e nel tuo modo di scrivere, che fa scorrere bene il testo, ci sono diversi punti in cui qualcosa... decade. Nel primo paragrafo c'è una frase che è praticamente tutta virgole, e che avrei visto bene divisa in due o tre frasi diverse per dare un ritmo migliore alla lettura, ma il vero problema arriva dopo. Quando passi alle parti in prima persona, infatti, l'immersione che hai cercato di creare all'inizio viene completamente sfasciata dal fatto che Hrist comincia a narrare le cose in prima persona, e ne parlerò di più anche nel prossimo campo di valutazione, perché così facendo hai minato anche la caratterizzazione. Molte delle analisi e dei pensieri che fai in quei paragrafi, purtroppo, sembrano più qualcosa che forzi Hrist a pensare, una linea di pensiero che da quel che ho letto nella parte in terza persona non le sarebbe neanche venuta in mente. Più che un semplice cambio di prospettiva, mi è sembrato di leggere i punti di vista di due personaggi completamente diversi. Ho sinceramente tirato un sospiro di sollievo quando hai ripreso a scrivere in terza persona, però anche lì è durato un paragrafo prima che il resto dell'autoconclusiva tornasse allo stesso stile narrativo. Non è stato spiacevole da leggere, ma non era all'altezza del tuo solito stile. E prima che tutto questo suoni più duro del dovuto, ho letto i tuoi appunti: avevo intuito a grandi linee qual era la tua intenzione, però non penso che sia questo il modo con cui descrivere questa differenza che volevi marcare. Puoi mettere in risalto dei pensieri che sembrano arrivare da un altro "lato" del carattere di un personaggio anche senza un cambiamento così drastico.
    Valutazione: 7.2

    Interpretazione: Ricordi quando ho detto che la caratterizzazione ha sofferto per quel cambio di prospettiva? Nei punti in cui era scritta in terza persona, posso dire che cominciavo a farmi già un'idea abbastanza buona di Hrist: una persona ingenua, innocente, con alcuni sprazzi di umanità più "matura" che non comprende perché è appena nata. È un archetipo che ho già visto in giro, e poteva anche essere interessante come caratterizzazione, ma... quando passi alla narrazione in prima persona, non è solo il testo a cambiare, è anche il modo in cui esponi Hrist a fare un giro di 180 gradi. L'apparente innocenza sembra diventare ignoranza, specie nelle parti più "sessuali" delle descrizioni, e non sembra affatto il tipo di persona che cerchi di dipingere nelle descrizioni in terza persona. Forse è perché sei più abituata a scrivere con quel tipo di prospettiva, però non penso di poterti dare la solita valutazione per quello che ho letto.
    Valutazione: 7.1

    Voto Finale: 7.1 (7.15)
    AP: 7 + 2 = 9
    Munny: 355

    A me vanno 4 AP e 200 Munny, se hai qualcosa da ridire sulla valutazione sai dove linciarmi trovarmi.
     
    Top
    .
1 replies since 13/3/2017, 21:30   112 views
  Share  
.