Duetto d'Adonide e Biancospino - Atto 4: Finale

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    La sua coscienza vagava tra una realtà e l'altra. Il suo corpo cadeva lentamente, come assecondando non la morsa della gravità ma un'altra, più nobile volontà. Il rosso dei suoi occhi era slavato ed essi riuscivano a distinguere soltanto oscurità attorno a loro. In quella veglia stanca, coi pensieri spinti fuori dal corpo con una sensazione di estraneità che non aveva mai provato prima, Shinan strinse i pugni al petto, come in preghiera, e le palpebre si mossero lente ma inesorabili. Chiuse gli occhi e il volto di una persona a lei cara apparve oltre la nebbia che la ottenebrava; udì parole che già conosceva, parole a cui aggrapparsi, una luce che la guidava in quell'abisso di tenebre.
    -Io sarò sempre qui.-
    Lei lo creda veramente, sapeva che Renn era là fuori, da qualche parte, ad aspettarla. Non poteva più perdere se stessa, non poteva dimenticare la ragione per cui si era spinta laggiù, ciò che stava cercando.
    La sua testa, pesante più che mai, si piegò verso il basso. Una scintilla di vita pulsò come un cuore nei suoi occhi ed essi si animarono di nuovo: essi colsero una luce distante, intrappolata in quel mare di tenebre. La sua discesa rallentò, la stella distante si fece sempre più grande e i colori si separarono in un articolato mandala. Luccichii d'arcobaleno riscaldarono il suo corpo freddo come un cadavere e Shinan ritrovò se stessa. Rilassò e strinse di nuovo le dita, boccheggiò nel tentativo di emettere anche solo un suono e rompere il silenzio mistico. Una luce tiepida si accese come una lanterna sopra di lei, le particelle di polvere danzarono lentamente nel loro argento, spiando con discrezione la loro ospite. Una torre senza fine si stagliò sotto di lei, enormi vetrate componevano la sua struttura e trovavano radici nel nulla sottostante. Ogni singolo frammento di quell'infinito e bellissimo mosaico pareva vivere della propria luce, animato da un fuoco che nessuno poteva osservare.
    Con delicatezza, una forza gentile come una debole brezza spinse la bambina per le spalle in una posizione desta. Con le braccia sollevate come per timore di sprofondare, il capo chino e le punte dei piedi in avanti, Shinan fu adagiata sulla piattaforma. I suoi stivali sfiorarono appena la vetrata, tinta d'oro di un fruttifero campo di grano: al lieve contatto, come in uno specchio d'acqua, il suo tocco lasciò dietro di sé deboli onde concentriche, i suoi piedi ticchettarono con un eco infinito sul pavimento ed il motivo, vibrando, mutò di fronte a lei. Un'erica esplose al centro dello spiazzo e subito, seguendo l'onda, mille fiori viola riempirono la sua vista, brillanti e dettagliati. Al centro di quel morbido letto apparve lei, la figlia della solitudine. Shinan si sedette sulle ginocchia e allungò le dita verso quella se stessa raffigurata ai suoi piedi. Accarezzò la pelle pallida, sfiorò le palpebre chiuse ed i capelli brillanti come il sole, studiò ogni suo dettaglio: era come dormiente, ma un leggero sorriso addolciva le sue labbra. La ragazza lesse una gioia splendente celata in quei lineamenti e per un istante ne rimase stordita: “Non sembra proprio una rappresentazione fedele di quello che ho dentro.”.
    Quella Shinan teneva mani aperte e braccia spalancate, come per accogliere al suo petto un vecchio amico, le gambe nascoste dalla lunga gonna erano dritte e vicine, le punte degli stivali rivolte all'esterno. Attorno a lei, spargendosi a raggiera dal suo petto come leggere bolle di sapone vi erano dei cerchi più piccoli, finestrelle dalle quali affioravano i visi di tante persone che la Nesciens conosceva fin troppo bene: da un lato i suoi vecchi compagni, dall'altro i nuovi. Renn, Xisil, Chen, Alicia, riconosceva tutte le persone che ospitava dentro di sé, gli amici che le erano sempre affianco, in ogni momento. I raggi di luce che, brillando d'arancio, si estendevano dal centro del suo petto accarezzavano tutti loro; e in un cielo celeste, in alto lungo il bordo della vetrata, le sorridevano tutti gli altri, coloro che pensavano alla ragazza, distanti nel corpo eppure vicini al suo cuore, ognuno nel suo modo personale. Ingwe, Vanessa, Evelyne, Noel, non mancava nessuno, tutti vegliavano su di lei, tutti beati del suo sorriso. Accarezzando il vetro freddo, anche la vera Shinan non seppe resistere e sulle sue labbra sbocciò un tenero sorriso.
    Si concesse un sospiro prima di rimettersi in piedi. Osservò il mondo attorno a lei con espressione seria: annusò l'aria, assottigliò gli occhi per scrutare oltre le nebbie scure dell'orizzonte. Non era mai stata in quel luogo prima, ma percepiva comunque qualcosa di famigliare, come se l'avesse già conosciuto in passato. La luce che la bagnava dall'alto, frutto di una stella che non riusciva a scorgere, era fredda e asettica, eppure Shinan non sentiva freddo: il cuore batteva caldo nel suo petto, animato da una nostalgia che ella faticava a spiegarsi.
    “È del tutto diverso, però...” ponderò la ragazza, portando un braccio al petto e l'altra mano a massaggiarsi il mento. “Più ci penso e più mi ricorda il mondo di Evelyne.”
    Non c'era la Voce, non c'era il miraggio di un mondo che non era mai riuscita a dimenticare, ma soprattutto non c'era la Principessa; nonostante tutto, Shinan ricordava a stento di respirare, sopraffatta dalla misticità e sacralità di quel santuario, capaci di farla sentire di nuovo piccola piccola come al suo primo “sogno”.
    Camminò a passi lenti e incerti, lo sguardo fisso a terra come se temesse di vedere il pavimento crollare in qualsiasi momento. Si avvicinò al bordo della piattaforma, spiò oltre di essa: un baratro infinito, la torre di vetro si tuffava nelle tenebre fino a che, metri e metri al di sotto, la luce non veniva inghiottita dalle spire scure, perdendosi in esse. La giovane rabbrividì e subito si ritrasse, preferendo allontanarsi dall'incubo di quel baratro: non sapeva cos'avrebbe dovuto fare in quel luogo e come avrebbe scoperto il suo Keyblade, ma sapeva per certo che quella non sarebbe stata la strada giusta.
    Composta con schiena dritta e dita intrecciate di fronte vita, Shinan si portò verso il centro della vetrata. La Voce, un nuovo Giudice, forse qualcuno di nuovo, la ragazza non sapeva cosa si sarebbe trovata davanti, ma si sentiva pronta ad accogliere qualsiasi incontro: Renn la stava aspettando, là fuori, se stringeva le dita riusciva a sentire la mano dell'amica chiusa nella sua, il calore riusciva a raggiungerla e animare il suo fuoco.
    “Aspetta solo un altro po', Renn.” la pregò, annuendo con gli occhi chiusi e le mani strette a pugno. “Tornerò presto con ciò che sto cercando.”



     
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    Duetto d'Adonide e Biancospino
    Atto Finale
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    Lì con lei, sempre con lei, eternamente con lei. Anche lì, mentre scendeva, mentre Shinan osservava, si stupiva, sorrideva, si preoccupava di ciò che la circondava, di ciò che avrebbe dovuto fare. Lì con lei, mentre realizzava quanto la solitudine fosse ormai qualcosa di relativo, di intrinseco in lei, certo, ciò che l’aveva generata, ovvio, ma non più una costante così forte. Guardando quel rosone, guardando quel mosaico, quella torre, quel vuoto, anche lui sapeva e sentiva quello che realizzava e sentiva la bambina: le sue mani strette a quelle di tante altre persone simboleggiavano amicizia, conoscenza, fiducia. La sua immagine serena chiariva la pace, la gioia; il suo sorriso calmo e pieno, nell’essere accennato, salutava un domani, un dopo. Shinan, su quel rosone, accoglieva il cambiamento, realizzava la verità.
    Un brillio, il silenzioso luccichio di qualcosa che si mostra, si crea, si manifesta: con un fruscio delicato, i fiori sul rosone, incastonati e colorati nel vetro, si illuminarono di flebili e carezzevole luci. Petali bianchi, arancioni, lillà, azzurri, rossi e gialli attraversarono la lastra, abbandonandola e lasciandosi alle spalle solo tanti piccoli centri concentrici, come in uno specchio d’acqua. Un vento impercettibili li mosse, li compattò in un turbinio, vicino a Shinan e allo stesso tempo lontano. La accarezzarono, le soffici labbra delle corolle dei fiori soffiarono un bacio tiepido sulle sue guance prima di spiraleggiare via e raggrumarsi nella sagoma di una persona.
    Lì con lei, sempre con lei, eternamente con lei.

    Tepore aprì gli occhi, calmo e distaccato, allo stesso tempo amichevole e regale. Le vesti fini, sospese dalla brezza che aveva spostato i petali, scivolarono delicatamente sulla sua pelle e sul suo corpo. Mise a fuoco ciò che lo circondava; lo scintillare morbido dei fiori dentro il rosone si spense e solo Shinan rimase avvolta da un lume soffuso. Ammiccò ad un impercettibile inchino.
    «Il giardino è sbocciato,» disse solo, con un sorriso fine ed enigmatico. Dopo tanto buio, la luce. Dopo tanto freddo, il calore. Plasmato da quel calore, da quei tiepidi soffi di affetto, Tepore si sentiva caldo, pieno, pronto a sfiorare le mani della bambina. Pronto lui, pronta lei. La determinazione e quel “tornerò” non detto ad alta voce, ma sussurrato in una flebile promessa, erano tanto della Nesciens quanto suoi. Lo sentiva nella voce dubbiosa e confusa di Xisil, in quella ferma e squillante di Renn, nel distaccato e ormai lontano tentativo di proteggerla di Ingwe, nel sorriso di Alicia e in tutti quei piccoli tesori che aveva raccolto dalle persone che aveva incontrato. Lo sentiva nelle luci, nei piccoli frammenti di cuore che Shinan aveva rubato e accolto nel suo petto per creare lui, Tepore.
    «Non è bello?» chiese ancora, i piedi allineati e le braccia morbidamente abbandonate contro la veste.
    «Moltissimo,» rispose la bambina, con una piega morbida a piegarle dolcemente le labbra all’insù. «È qualcosa che da sola non sarei mai riuscita a fare.»
    Tepore colse una punta di rammarico, immediatamente coperta da una successiva e più forte, seppur sottile e armoniosa, soddisfazione.
    «L’hai coltivato tu, senza saperlo,» spiegò, dopo qualche istante, spostando gli occhi dalla Nesciens al rosone colorato e splendente. Anche se, forse, un piccolo sospetto -di star creando qualcosa dentro di sé, dopo quella sensazione di pienezza, soddisfazione e pace- era già sorto. Le dita della bambina sfiorarono le immagini sul rosone. «I semi li hanno messi i tuoi amici e le persone a cui tieni.»
    Sfiorò con i polpastrelli soffici i volti di Cihuai, Tinji, Yaluo e Sanzha. Gli occhi di Tepore seguirono le sue dita e il suo corpo fu percorso da un piacevole brivido, quando Shinan alzò lo sguardo verso il suo, un’espressione dubbiosa in viso.
    «Sì, anche loro,» concluse.
    Shinan parve soppesare le informazioni per qualche istante. Annuì appena, poi i rubini scarlatti che illuminavano il suo viso colsero qualcosa, un pensiero.
    «Tu… sei il mio cuore?»
    La maschera di Tepore non si incrinò, non vacillò, la sua espressione rimase stabile e piegata in quel sorriso ambiguo e controverso, che non diceva né sì, né no; non esprimeva né gioia, né rammarico, ma semplice presenza e partecipazione. Sentimenti effimeri, divisi tra gli altri due volti, fecero tremare appena il viso sorridente alla sua destra.
    «Sono un cuore,» ammise, senza sbilanciarsi. Batté le palpebre in concomitanza ad un lungo respiro che allungò appena la sua figura: «Sono le luci che hai raccolto dai tuoi amici e compagni. Sarò la tua luce.»
    Inclinò appena il volto in avanti, in un secondo, questa volta più marcato, ma comunque breve, inchino. I ciuffi indaco si mossero in avanti, coprirono i suoi occhi socchiusi. Sotto quel velo colorato, osservò il viso di Shinan. La vide cresciuta; non fuori, ma dentro.
    «Sono il cuore del tuo Keyblade.»
    Si raddrizzò e annuì verso di lei, come per rafforzare un concetto inespresso. Shinan era sorpresa. Sorpresa e fiera.
    «Vuol dire… che ce l’ho fatta. Ce l’ho davvero fatta,» mormorò, in una posa calda, la mano contro al petto e gli occhi bassi. “Realizzazione” che tutto stesse andando per il verso giusto. Tuttavia, c’era una cosa che Renn non le aveva detto, forse per ignoranza, forse per preservarla. C’era lui, ora, a guidarla, forte di quel calore, di quel tepore generato da tutti loro.
    «Sei alla fine, ormai,» confermò, annuendo appena. «Tra te e il tuo Keyblade ci sono solo io.»
    Un momento di imbarazzo, di perplessità, mentre processava quelle parole e il loro significato.
    «Cosa…?»
    Mosse il capo, confusa; si guardò intorno, studio la torre, la luce, l’oscurità. Guardò il rosone e poi voltò gli occhi verso di lui. Tepore sostenne l’occhiata e accolse l’interrogativo ancora prima che fosse espresso.
    «Devo… essere di nuovo messa alla prova?»
    Un sorrisetto, questa volta più calcato, quasi divertito, si materializzò sul suo volto. Si inclinarono solo le labbra, gli occhi non sorrisero e non seguirono il movimento. Dopo Evelyne, dopo gli eventi di Radiant Garden, dopo il Castello dell’Oblio, dopo quella velocissima corsa verso un cambiamento, sì: c’era ancora una prova da superare.
    «Per l’ultima volta,» confermò.
    La vide abbassare prima il capo e poi lo sguardo; stringere i pugni e raccogliere una convinzione.
    «Sono pronta. Se questo è ciò che mi chiedi, lo farò,» asserì, quella tiepida determinazione che l’aveva accompagnata scendendo si accese e si allargò nuovamente.
    Shinan cercò il suo sguardo e Tepore non distolse il suo quando gli occhi si incontrarono. Il silenzio sussurrò nuovi dubbi, nuove incertezze e una strana tensione.
    «Però… perché?» mormorò. «Tu fai parte di me, giusto? Io non voglio, non ho motivo per combatterti.»
    Fece un passo verso di lui, poi un altro. Tepore non si mosse, non rabbrividì, non reagì.
    «Io vorrei conoscerti,» ammise, propositiva.
    Un nuovo sorriso paziente comparve sul suo viso principale, sull’unico viso dei tre che non si faceva carico di nessuna emozione specifica.
    «Possiamo conoscerci,» concesse; «Puoi chiedermi qualunque cosa,» aggiunse ancora.
    Fece una pausa, guardò Shinan e con la destra poi indicò il rosone, la torre nel nulla e lo spazio vuoto: «Ma se vuoi andartene da qui, l’unico modo per farlo è affrontarmi e metterti alla prova ancora una volta.»


     
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  3. misterious detective
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    Shinan non sapeva che cosa stesse aspettando. Fin dal primo momento, si era affidata soltanto al suo istinto, così immersa nell'inseguire un miraggio che le sue mani avevano stretto per un solo istante.
    Sembrava tutto folle, illogico persino per una come lei. Eppure, come ebbe chiuso gli occhi e portato la sinistra al petto, la giovane sentì un pulsare debole ma incessante e subito ricordò: era stato il suo cuore a guidarla lungo ogni suo passo, quel cuore che le avevano donato Renn e tutte le altre persone importanti per lei. Shinan possedeva una bussola infallibile, ed essa le diceva che quanto cercava era ormai vicino; la ragazza non lo dubitò nemmeno per un istante.
    Il fascio di luce che la baciava baluginò, come ad unirsi al ritmo del suo cuore, le tenebre si arretrarono con riverenza ed il mondo attorno a lei prese vita. L'Erica indurì appena il suo sguardo, ma il suo spirito restò tranquillo, il battito regolare. Un vento sconosciuto abbracciò i suoi abiti, li invitò in una dolce danza. I fiori di cristallo presero forma e colore, i petali si fecero soffici e vivi, coraggiosi spiccarono il volo in un turbine purpureo. Decorati dalla luce, gli steli brillarono come frammenti di arcobaleno, i loro riflessi erano fiamme che rispecchiavano l'ardore dentro al petto della ragazza ed ella riusciva a riconoscere ciò in essi. Nella danza incantata, Shinan vide volti del presente, volti del passato, vide ciò che aveva di importante e ciò che aveva perso tempo addietro. Quei fantasmi la accarezzarono, posarono le loro labbra sulle sue guance, mentre brividi nostalgici la facevano fremere. Infine, lo spettacolo raggiunse il suo culmine: i fiori d'erica si radunarono in una singola, turbinante entità.
    Oltre il velo floreale, due occhi la osservavano imperscrutabili, il loro colore cangiante, un attimo prima celeste e poi smeraldino. I petali lo strinsero come un vestito, si infiammarono di luce e divennero carne, vesti e metallo.
    Shinan seppe solo osservare confusa, immobile dove si trovava. Un giovane misterioso librava a gambe incrociate di fronte a lei, due antiche spade dalla lama scura strette nelle mani. La Nesciens studiò colpita la finezza di quei cimeli, soffermò il suo sguardo sulle sue dita sottili, candide come perla, risalì le sue braccia sottili fino alle spalle. Allora si accorse che quanto aveva di fronte non era umano.
    Sei braccia che, almeno pareva, facevano conto a tre menti: un viso adirato che grida verso il cielo ed un volto bonario, rivolto placido verso l'orizzonte, germogliavano dallo stesso collo, dandole le spalle. Erano immobili come maschere, solo il loro respiro ritmico mostrava la vita che vi era in loro.
    Confusa, allora, la ragazza incontrò di nuovo quegli occhi fissi su di lei, quelli del terzo volto, e per un istante tutte le sue domande scomparirono: con labbra appena inclinate verso l'alto ed iridi pure, che parevano riflettere lo spirito dell'osservatrice, il terzo viso si mostrava a lei in tutta la sua ambiguità. Maschio o femmina, sorridente o apatico, Shinan non riusciva a leggerlo, non trovava nulla da leggere. Un istante di silenzio, il tempo di un respiro, e la figura chinò appena il capo, con un lieve tintinnio dei fermagli dorati nei suoi capelli turchesi.
    -Il giardino è sbocciato.- annunciò con con voce moderata e tono caldo, un'ombra gioiosa a dare significato alle sue parole. Shinan non aveva bisogno d'altro.
    La ragazza rispose con il suo sorriso, un sorriso di gratitudine, sereno, felice. Era lì, era dove desiderava essere, era di fronte al frutto di tutti i suoi sforzi. Guardava quello spirito, quel miraggio più vero che mai, e nella sua retina si imprimeva la luce di altre persone, il colore di altri fiori. Nella penombra di quel mondo onirico, gli occhi della giovane avevano smesso di vedere ed era il suo cuore a mostrarle la verità. Ciò che lo sconosciuto le mostrava si trovava al di là del rosone su cui si ergevano, al di là della Nesciens e al di là del suo spettro.
    -Non è bello?- le domandò, muovendo soltanto le labbra.
    Shinan inspirò, percepì l'odore dei fiori, accarezzarla da chissà quale mondo lontano. -Moltissimo.- ammise, spalancando se stessa a quella sensazione; un nuovo sorriso comparve sulle sue labbra prima che ella potesse accorgersene. -È qualcosa che da sola non sarei mai riuscita a fare.-
    Abbassò il capo, rivolse lo sguardo alle sue mani, strinse quei pugni capaci di creare e, lentamente, incontrò di nuovo quella misteriosa entità. “Grazie, grazie a tutti voi.” mormorò il suo cuore, senza il bisogno di pensare ad un solo nome.
    -L'hai coltivato tu, senza saperlo.- rivelò lo spirito. Il suo sguardo vagò lungo il rosone, lungo la corona di fiori che adornava il loro santuario.
    Shinan si chinò, sfiorò con le punte delle dita il gelido vetro. Stava guardando solo un'immagine scolpita in un mosaico di specchi, l'unica cosa reale era il debole riflesso del suo volto; eppure, incontrando gli steli dei fiori, la ragazza percepì qualcosa. Vedeva, sentiva un prato più grande, più variopinto, una serra solo per lei dove non sarebbe stata mai sola.
    -I semi li hanno messi i tuoi amici e le persone a cui tieni.-
    La Nesciens annuì debolmente, un sorriso abbozzato sulle labbra. Le sue dita si mossero lentamente, insicure, i suoi occhi ebbero un fremito risalendo alla sua prima famiglia, al suo più grande rimpianto. Ricambiavano il suo sguardo, i loro volti incisi nel vetro, nel suo cuore, con ogni dettaglio, anche quelli che la giovane aveva ormai dimenticato. E rialzandosi, trovando di nuovo gli zaffiri dello spirito rivolti verso di lei, Shinan seppe di aver ragione.
    -Tu... sei il mio cuore?- domandò in un sussurro che, disperato, cercava risposta.
    I lineamenti dell'altro non mutarono: la sua fronte giovane non mostrò alcuna ruga, le sue pupille non si mossero, fisse su di lei, su qualcosa che si trovava al suo interno. Un lieve fremito animò uno dei suoi volti, un movimento effimero quanto il fruscio dei capelli mossi appena dal fantasma di una corrente.
    -Sono un cuore.- puntualizzò. Shinan contorse le labbra, incerta su cosa pensasse egli del suo errore. -Sono le luci che hai raccolto dai tuoi amici e compagni. Sarò la tua luce.-
    Ancora, allargando appena le braccia, si prostrò in avanti e chinò il capo, quanto bastava a gettare un'ombra placida sui suoi occhi. L'Erica portò un piede dietro all'altro, prima di fermare il suo passo ed accettare quel gesto così fuori luogo, così immeritato. Tuttavia, non smise mai di guardarlo, la sua mente riempita dall'immagine di quell'essere e da qualcosa che solo in quel momento riuscì ad intravedere.
    -Sono il cuore...-
    -...Del mio Keyblade.- concluse assieme a lui, muovendo in silenzio le labbra. Lo spirito parlò con chiarezza, però, certo delle sue parole.
    Shinan deglutì. Allargò le braccia, come in cerca di equilibrio, inspirò a bocca aperta e abbassò il suo sguardo, lentamente, fino a posarlo su se stessa. -Vuol dire... che ce l'ho fatta.- balbettò con voce contenuta, ma sempre più tremante. -Ce l'ho davvero fatta...-
    La mano destra risalì al petto, premette contro il suo cuore, contro la luce che aveva preso forma di fronte a lei. Un nodo si strinse alla sua gola, mettendo tutto il suo essere in quell'atto la ragazza deglutì in fondo allo stomaco la commozione: strinse gli occhi come un gattino più volte, incrinò le labbra in un sorriso, prese un grande respiro, ricordandosi che era ancora presto, era solo l'inizio. Lo sapeva, ma non poteva soffocare la sua eccitazione. “Perché ora, io...”
    -Tra te e il tuo Keyblade ci sono solo io.-
    -Cosa...?- Con un click, uno schiocco di dita, la bambina fu ridestata dalle sue fantasie, strattonata con forza e spinta di nuovo alla realtà. Vi era il silenzio, attorno a lei, ed un freddo sottile. Un'ombra affranta calò come un sudario sul suo volto sorridente, i suoi occhi pendolarono a sinistra e a destra, scandagliando ancora una volta l'infinito attorno a lei e l'arena sotto ai suoi piedi. Nulla, solo lei ed il Cuore. Allora cercò lo sguardo dello spirito, vide una lapidaria, appena compassionevole fermezza. Per la prima volta, riusciva ad essere più espressivo di qualsiasi parola.
    -Devo... essere di nuovo messa alla prova?- domandò, distogliendo gli occhi dalla risposta che già conosceva.
    -Per l'ultima volta.-
    Shinan ridacchiò mesta. “No, non sarà l'ultima volta. Non esiste una ultima.”
    Eppure, la ragazza lo aveva saputo fin dal primo momento, che il suo era un sentiero che non avrebbe mai conosciuto la pace. E aveva anche deciso che sarebbe stata forte abbastanza. -Sono pronta. Se questo è ciò che mi chiedi, lo farò.- annunciò con voce greve. Ancora si incontrarono, Shinan si perse nella sua figura, nelle mille domande che il Cuore non era stato capace di rispondere veramente. -Però... perché?- chiese infine, dando voce alle parole del suo cuore. Portò una mano al petto, scosse la testa disprezzando le idee che aveva maturato in testa, idee che sapeva si sarebbero realizzate. -Tu fai parte di me, giusto? Io non voglio, non ho motivo di combatterti.-
    Era il suo dovere, era pronta ad accettarlo, sapeva di non avere altra soluzione; tuttavia mosse un passo avanti e poi un altro ancora, convinta che, prima della battaglia, ci fosse un'altra ragione, persino più importante, per cui era stata portata in quel mondo. -Io vorrei conoscerti.-
    L'essere aveva detto di essere il cuore del suo Keyblade, di essere la luce dentro di lei. Doveva esserle vicino da molto, molto tempo, doveva conoscerla quanto lei conosceva se stessa: quando lo vide rompere la sua misteriosa impassibilità per sorridere con sincero apprezzamento, Shinan non si stupì. Forse era prevedibile da parte sua, ma quelli erano i suoi veri sentimenti.
    -Possiamo conoscerci.- le promise lui. -Puoi chiedermi qualunque cosa. Ma se vuoi andartene da qui, l'unico modo per farlo è affrontarmi e metterti alla prova ancora una volta.-
    Shinan sospirò e chinò il capo. Restò immobile, occhi socchiusi, per qualche attimo, boccheggiò appena, umettandosi le labbra, mentre mille domande, mille vie diverse si presentavano di fronte a lei. Uno dei suoi pensieri volò a Renn, il ricordo che la sua amica era ancora là fuori che la aspettava, fiduciosa nelle sue possibilità. Sarebbe stato tutto più lungo del previsto, ma di certo la custode avrebbe capito.
    La ragazza prese fiato, strinse i pugni e mosse un altro passo in avanti, senza provare alcuna vergogna nel dover alzare il mento per incontrare lo sguardo dello spirito. -Ecco, io...- balbettò, rendendosi conto lei stessa di quanto quell'incertezza non calzasse affatto la determinazione con cui si era mossa; le cose che aveva da dire, però, erano veramente troppe e ancora non aveva deciso da cosa cominciare.
    -Vorrei sapere...- un colpo di palpebre realizzatorio, Shinan annuì a se stessa. -Tu... hai un nome?-
    L'essere rilassò le spalle e socchiuse gli occhi, abbassando ogni difesa e, con essa, parte della regalità che si era imposto. Era misterioso e potente, eppure in qualche modo la ragazza lo percepiva già più vicino a lei, come se lui avesse compreso le sue intenzioni.
    -Tepore Primaverile.- le rispose.
    Tra di loro calò il silenzio. La Nesciens ripeté in sé quelle parole, scrutando ancora una volta la luce che era il nucleo dell'entità. Era un nome innaturale, pensò, più un titolo adatto ad un'arma. Eppure, qualcosa in esso risonava con lei, una brezza calda abbracciava il suo cuore al suo solo pensiero. Le piaceva, avrebbe potuto ripeterlo ancora e ancora.
    Il capo della ragazza si mosse appena, un annuire sovrappensiero che terminò quando il mondo circostante tornò a prendere forma attorno a lei e la realtà, con un sussurro discreto, la richiamò a sé. Tepore era ancora lì, sospeso di fronte a lei, in ambigua attesa della sua prossima domanda.
    Shinan non dovette pensare che un solo momento.
    Prima pensosi, i suoi occhi furono oscurati da un'ombra preoccupata, mentre una seconda, ben più greve, pesava sulle sue labbra. -È da tanto che vivi...- titubò, cercando le parole migliori, le dita afferrarono agitate l'aria alla ricerca del linguaggio migliore. -...che sei dentro di me?-
    I secondi si accumularono pesanti su di lei, assieme al dubbio di aver posto la domanda sbagliata.
    -Sono con te da sempre, Shinan.- concluse, concedendosi poi un respiro come per lasciare che la ragazza potesse assorbire l'informazione. -Ma esisto formalmente, come Cuore, come entità, solo da quando tu hai deciso di prenderti cura di te stessa. Solo da quando hai deciso di coltivare il tuo giardino.-
    Subito, un'onda di malinconia si infranse sul suo cuore al pensiero di ciò che aveva sempre posseduto, ma ignorato così a lungo. Continuando ad ascoltare, però, fu lo stupore a vincerla, l'incredulità nello scoprire che tutto ciò che aveva compiuto, ogni passo che aveva intrapreso seguendo il cuore, era stato nella giusta direzione. Era stata guidata, fin dal primo istante, da mani che nemmeno aveva realizzato stessero stringendo le sue, le mani dei suoi più importanti amici.
    Sorrise lievemente, un pensiero viaggiò verso Renn, a come avrebbe reagito alla notizia. Separatasi da esso, tuttavia, la lieve pressione attorno al petto si palesò di nuovo, il respiro della giovane si fece affannato, mentre le labbra indugiavano su sillabe mute.
    -Dimmi...- balbettò. -Tu... non ti senti mai solo, intrappolato qui?-
    Di nuovo, Tepore prese tempo, e mentre le sue palpebre calavano pensose sui suoi zaffiri, Shinan avrebbe potuto contare mille battiti nel suo petto. -Io sono nato da te, per te. Tu incarni la Solitudine.-
    La ragazza chinò il capo, le sue spalle crollarono assieme alle braccia, abbandonate lungo i fianchi. La risposta che temeva, la consapevolezza di aver condannato qualcuno al suo stesso inferno, un inferno freddo, ma non abbastanza, un inferno di insoddisfazione incolmabile, un infinito e lento macerare.
    Ma Tepore non le permise di andare oltre, la sua voce calma la scosse di nuovo delicata: -Sono con te, non sono da solo.-
    Shinan rialzò lo sguardo, con le labbra appena dischiuse in un respiro speranzoso, trovò di nuovo l'entità: vide un sorriso, flebile e transitorio, ma rivolto a lei, un tesoro di avere cura. Con voce paziente e modi incitanti, le rivolse la stessa domanda: -Tu ti senti sola?-
    La ragazza aprì le labbra, ma non disse nulla. Batté le palpebre una, due volte, chinò il capo, rifletté sulla domanda. La mano destra raggiunse le labbra, ma esse non celavano alcuna parola da tirar fuori. Assorta nei suoi pensieri, realizzò solo in ritardo che il tempo passava tutt'attorno e allora ridacchiò di se stessa, percependo l'ironia della situazione.
    La Nesciens della solitudine non si era mai posta quella semplice, banale domanda prima di allora. Aveva dato per scontato la risposta, aveva sempre convissuto con il dolore che era il fulcro della sua esistenza senza mai metterlo in discussione, senza mai chiedersi quale ruolo avesse nella sua vita; quando si faceva più forte era un vecchio amico che non se ne era mai andato, quando il suo cuore trovava sollievo Shinan non trovava il tempo di accorgersi della sua assenza.
    Si sentiva sola? La risposta sarebbe dovuta essere ovvia, lei stessa non si spiegava come mai la voce ancora non le uscisse dalla gola. Le sembrava impossibile esistere senza quel vuoto dentro di lei ed esso aveva dato il via al suo cammino. “Eppure...”
    -Io... io lo sento sempre, quel vuoto dentro di me, quella sensazione tanto triste da far rabbrividire.- confessò e, per un istante, il sopito che covava in lei parve espandersi e svuotarle l'intero corpo. -Però...- l'Erica portò la mano tremante al petto, batté con forza sul proprio cuore. -C'è anche qualcos'altro dentro di me, adesso. La tua luce. Con quella, con loro, riesco a essere felice, sempre.-
    Un istante di silenzio, la ragazza prese fiato. Le sue gote si tinsero di porpora,la sinistra corse alle guance e con il dorso delle dita provò a nascondere ed alleviare il calore che le era avvampato in volto. -E poi...- ammise, borbottando contenta. -Ci sarebbe così tanta gente che si preoccuperebbe, se mi vedesse ancora triste.-
    Tepore si ammorbidì in un sorriso che incrinò la sua maschera di impassibilità e qualcosa, dentro di lui, brillò più forte che mai. -Posso dirti che alcune di queste persone farebbero di tutto, per vederti felice.-
    La stessa serenità illuminò il viso della ragazza a quelle parole. -Lo so. E io farei di tutto per loro.-
    Ripensò a tutti i compagni là fuori, a Renn, ed il suo cuore rispose battendo più forte.
    In silenzio, Tepore lasciò che Shinan indugiasse sui suoi sentimenti, ma infine il suo viso torno di pietra, immobile in un'espressione solo fugacemente tenera. -Hai altre cose da chiedermi.-
    La giovane si accarezzò con deboli colpetti le guance, inarcò le sopracciglia e tornò a fissare seria il suo compagno. -Solo una.- sentenziò. Prese fiato, contò fino a tre. -Possiamo essere amici?-



     
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