Aisir

Autoconclusiva

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    Your smile, fragments and gentle voice have disappeared to the moon

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    Aisir


    Lo sguardo perso nel cielo plumbeo fuori dalla finestra, sorseggiò lentamente il tè caldo. Un braccio stretto all'altezza dello stomaco, si appoggiò allo schienale della sedia, posando la tazza sulla scrivania in legno.
    La mente persa nei suoi pensieri, persa nella decisione che aveva davanti, seguì con l'unghia del pollice il motivo floreale che decorava la ceramica.
    Aveva continuato a parlare con Aqua, a discutere durante quei giorni. La maggior parte del tempo che si erano visti, in realtà, si erano solo allenati: lei gli aveva spiegato come sfruttare al meglio i propri poteri, come plasmare e manipolare nella maniera più efficiente possibile la Luce che era in grado di controllare. Assieme avevano esplorato i poteri di Aubade, scoprendo le capacità che, quando era evocato, gli conferiva. Avevano discusso di com'era essere Custodi, approfondendo l'argomento. Mordendosi l'interno della guancia, posò la mano. Col passare delle ore e dei giorni si era sempre più convinto che quella decisione, che il suo voler accettare ciò che il Keyblade comportava, il volersi unire, almeno per un po' di tempo, al Comitato, era la scelta giusta. Solo che c'era qualcosa. C'era un fastidio, un'apprensione leggera che premeva sullo stomaco. Con un sospiro abbassò il capo, gli occhi chiusi.
    Quell'indecisione era solo seccante. E non importava quante volte se lo ripetesse, quante volte si dicesse che aveva fatto una scelta, che non sarebbe scappato da quelle responsabilità, il dubbio persisteva.
    Due colpi leggeri echeggiarono per la stanza, riscuotendolo. Sbattendo leggermente le palpebre, Ingwe si voltò verso la porta, chiedendosi di chi si trattasse.
    «Avanti.»
    Con un cigolio, l'anta si aprì verso l'interno, rivelando Vanessa.
    «Ciao, Ingwe.» Timidamente, la ragazza entrò nella stanza, gli occhi bassi, fermi sul marmo.
    «Ehi.» Salutò, accompagnando la voce con un gesto della mano.
    Sembrava… strana. Un cipiglio preoccupato sul volto, osservò meglio la figura dell'altra, concentrato sulle spalle strette e il capo chino. Era palesemente a disagio, palesemente innervosita da qualcosa.
    «Hum, serve qualcosa?» Domandò, cercando di districare l'enigma che aveva davanti. Non capiva: erano stati assieme solo la sera prima, eppure Vanessa non sembrava essere in alcun modo turbata, allora. Era stato bravo, pensò: aveva nascosto per bene i dubbi che aveva ed era riuscito a farla tranquillizzare per quanto riguardava la situazione di Shinan una volta usciti dal Castello, nonostante il fatto che, se doveva essere onesto, nemmeno lui era estremamente tranquillo al riguardo.
    «Volevo parlare, se non sei impegnato...»
    Perplesso, inarcò un sopracciglio. Mai, da quando si erano incontrati si era comportata in maniera così… schiva. Era sempre energica, piena di emozioni, fossero queste positive o negative, sempre esuberante.
    «Si, certo.» Lentamente, le mani appoggiate sulla scrivania, si alzò in piedi, scostando la sedia, fermandosi l'istante dopo. «Preferisci restare qui o uscire…?» Chiese, ponderando come reagire in base alla risposta della giovane, pensando a cosa aspettarsi. «Qui, se a te va bene.» Assottigliando le labbra, annuì. Era una cosa privata, dunque. «Certo.» Con un gesto del braccio, indicò la sedia libera vicino alla sua, risiedendosi l'istante dopo. Tentennando appena un secondo, Vanessa si accomodò. Le palpebre socchiuse la osservava, concentrato sulle scie di luce che le danzavano attorno, cercando di carpire il problema che la stava evidentemente turbando analizzando il movimento di quei piccoli sciami. Scuotendo appena la testa lasciò quasi immediatamente perdere quel futile tentativo, tornando a puntare i propri occhi nelle iridi violette dell'altra.
    «Come va?» Chiese, cercando di iniziare la conversazione.
    «Bene, tutto bene.» Un sorriso timido fece capolino sul volto di Vanessa, mentre questa ricambiava lo sguardo.
    Sembrava sincera. Perplesso si chiese ancora una volta perché apparisse così diversa dal solito.
    «Sicura?» Ancora dubbioso, insistette, premendo per ottenere una risposta più dettagliata. «Sì, sì. Va tutto bene, Ingwe.» Più convinta di prima, la ragazzina replicò, concludendo la frase con un sorriso sincero, un sorriso che arrivava fino agli occhi. Soddisfatto, tranquillizzato da quella reazione, Ingwe ricambiò. «Bene.» Con sollievo, si concesse un sospiro, restando comunque ancora perplesso da quell'insieme di reazioni differenti. «Quindi», continuò, «di cosa volevi parlarmi?» Tentando di essere rassicurante, di non farla sentire sotto pressione, tentando di imitare i comportamenti che Aqua aveva adottato nei suoi confronti quando si erano incontrati, la incitò a discutere di ciò per cui si trovava lì. «Ecco…» Iniziò lei, concludendo la frase con una nota d'incertezza, come se stesse ponendo una domanda. «Sì?» Annuendo, incoraggiandola ancora, la esortò a continuare. Voleva farla sentire al sicuro, farle sentire che di lui si poteva fidare, che poteva parlare di qualunque cosa con lui: non l'avrebbe giudicata, non l'avrebbe presa in giro. Al massimo, l'avrebbe sgridata, ma sperava che la giovane sapesse che poteva parlare liberamente, di fronte a lui. Cercando di essere paziente, aspettò il frammento successivo della frase.
    «Volevo parlarti. Parlarti del fatto che...» Lentamente annuì, incoraggiandola di nuovo, trattenendo il leggero nervosismo che quei tentennamenti causavano. Gli occhi sgranati, pieni di determinazione, Vanessa lo osservò con forza, i pugni stretti. «Voglio partire.»
    Lapidaria, seria, la ragazzina concluse la frase. Sorpreso, Ingwe si appoggiò allo schienale della sedia, intrecciando le dita della destra con quelle della sinistra. «Ok, e?» Ci doveva essere altro, no? Non poteva essere venuta lì da lui tremolante come un anatroccolo sperduto solo per comunicargli che sarebbe partita. Doveva dirgli qualcos'altro, no?
    Confusa, Vanessa fece dardeggiare lo sguardo lungo la stanza, allarmata. «Basta.» La voce uscì sottile, ma sorpresa, come se non si aspettasse la sua reazione. Perplesso, Ingwe si chinò in avanti, portando il proprio volto alla stessa altezza di quello dell'altra, lo stupore sui lineamenti. «Tutto qui?»
    «Io- Voglio viaggiare per i mondi, aiutare le persone in difficoltà, aiutare le persone che non possono combattere da soli e che non hanno nessuno che li protegga come a Radiant Garden…» Non importava cosa: sembrava che a ogni sua parola la confusione dell'altra non facesse altro che crescere, spalancando sempre di più le palpebre. «Sì, ecco e… non sei contrario che vada da sola? Ti va bene?»
    Di nuovo si appoggiò allo schienale della sedia.
    Poteva capire il ragionamento della ragazza. Era sempre stato molto protettivo nei confronti suoi e di Shinan, troppo, considerando quanto fossero più mature di lui, sotto diversi aspetti. Solo perché era il più anziano dei tre si era sempre sentito in dovere di agire come Merenwen aveva fatto con lui, di tenerle al sicuro, di evitare che si ferissero correndo incontro a pericoli che credeva non riuscivano a comprendere. Solo recentemente aveva iniziato a capire quanto fosse stato cieco.
    Soffiando dalle narici, unì gli indici e li portò a toccare la punta del naso. Un po' si sentiva ancora così, lo ammetteva, ma ammetteva anche di aver realizzato che doveva mutare quel lato del suo carattere, che doveva imparare ad abbandonare i suoi pregiudizi e lasciare che la ragione, che i fatti parlassero.
    « Ingwe?»
    Con un sussulto, il ragazzo tornò alla realtà, mettendo nuovamente a fuoco il volto preoccupato di fronte a lui.
    «Scusa.» Con un cenno del capo e un sorriso, sottolineò la parola. «Mi ero un attimo perso nei miei pensieri. Comunque,» proseguì, mutando il tono gentile in uno più serio e duro, più adulto. «non posso di sicuro dire di non essere sorpreso, ma... non sono contrario alla cosa. Sono abbastanza sicuro che tu ci abbia pensato sopra per un bel po' e che, beh, tu sia abbastanza capace di cavartela da sola, là fuori.» Più che abbastanza sicuro. Di nuovo immerso nei suoi pensieri, tornò a seguire col pollice il contorno dei petali blu disegnati sulla tazza. Vanessa era forte, sia sotto il punto di vista fisico che quello mentale. Era sopravvissuta a Will, era sopravvissuta all'attacco dell'anziano. Sapeva che era inutile negare di essere preoccupato, negare di come l'ansia gli stava stringendo fastidiosamente l'esofago, ma era anche vero che quella che provava adesso, l'emozione che vibrava nel suo petto, non era una reazione esagerata, non era qualcosa che ignorava la ragione, che ignorava ciò che la logica, comunque, gli suggeriva. «L'unica cosa, magari, è che gradirei aspettassi un po' di tempo, giusto qualche giorno per ristabilirti completamente, ecco...» Sorridendo da amico, adesso, non da fratello maggiore, non da figura di riferimento, concluse la sua frase, osservando la giovane in volto.
    «Uh? Sì, sì, va bene...» Di nuovo il tentennamento, di nuovo l'esitazione nella voce, nei gesti. C'era altro, qualcosa che ancora non gli aveva detto, qualcosa che stava tentando di far uscire. Un morso al labbro inferiore, le unghie che grattavano contro le pellicine delle dita, tirando la pelle. Paziente, attese, sorseggiando il tè oramai tiepido.
    «Ingwe?» Nascondendo un sorriso compiaciuto, appoggiò di nuovo la tazza sulla scrivania.
    «Hm?»
    Altra esitazione, altro tentennamento. «Vorresti venire con me?»
    Per un istante il mondo si fermò. Lui? Loro due assieme, in un viaggio per i mondi? Questa volta fu Ingwe a tentennare. Navigare libero nell'universo, accompagnato da un'amica, non vincolato a un comitato, non vincolato ai doveri che altrimenti avrebbe dovuto affrontare. In silenzio trattenne il fiato.
    Un'avventura. Un'avventura non strettamente connessa a quella guerra, un qualcosa non connesso a quel conflitto eterno che andava avanti. Poteva immaginare come sarebbe stato, non era difficile: liberi di viaggiare, eroi, avventurieri, guerrieri, legati solo a loro due, legati solo alla prossima stella segnata nelle mappe.
    Lo sguardo si perse fuori dalla finestra, mentre sognava una vita simile, una vita con meno responsabilità, una vita più libera, più priva di paura e conflitti, libera dall'ombra che il Keyblade stava gettando sulla vita che avrebbe avuto da lì in avanti.
    Timido, un sorriso triste fece capolino sulle sue labbra, mentre abbassava lo sguardo.
    «Mi dispiace, ma… no.» No. La parola quasi si incastrò in gola, mentre il suo cuore urlava rabbioso, maledicendo la sua mente, maledicendo il suo senso di responsabilità, maledicendo tutto quanto. No, non poteva: sarebbe stato come fuggire di nuovo, sarebbe stato prendere la strada più facile. Aveva deciso. Aveva deciso che non avrebbe rifiutato nessuna delle responsabilità che il Keyblade portava con sé, che non avrebbe rifiutato ciò per cui era stato scelto. E lui non era stato scelto per fuggire da quella guerra, per scappare in un angolo remoto dell'universo e fare del bene solo lì. Era stato scelto per la prima linea, era stato scelto per combattere al fronte.
    «È solo che… ho i miei progetti. Non posso accompagnarti, Vanessa, anche se vorrei, credimi.» Sorrise, triste, posando una mano sul dorso di quella della ragazza. «Ho un…» Esitò, cercando la parola giusta, cercando una parola diversa da quella che gli veniva in mente. Con uno sbuffo stanco, si arrese. «compito, un dovere, che mi è stato affidato da portare a termine.» Un ruolo da svolgere. Un ruolo che gli era stato affidato senza che lui lo avesse chiesto, un ruolo che, però, doveva, voleva accettare. Il tempo di piangersi addosso era finito. Il tempo di scappare era finito. Ora doveva andare avanti, doveva affrontare le sue responsabilità, non chiudere gli occhi e coprirsi le orecchie. Rammaricato, strinse la destra, la presenza invisibile di Aubade che premeva contro la carne. Era lì, era al fulcro di quel combattimento che il suo potere era necessario, che le doti del suo Keyblade dovevano essere messe all'opera. Il suo posto era lì. Vanessa, invece, poteva andarsene, poteva agire ai confini dell'universo, in quei luoghi dove la guerra non era niente se non un'ombra lontana, quei luoghi che solo occasionalmente venivano toccati dagli Heartless, quei luoghi che non avevano un comitato a proteggerli, ma che avevano bisogno di qualcuno.
    Vanessa annuì, nascondendo velocemente il dolore che era comparso sul volto, mascherandolo con un sorriso.
    Non poteva, semplicemente non poteva. Se fossero andati in un mondo ancora intoccato dagli Heartless, un mondo che l'Oscurità non aveva ancora toccato, il suo arrivo, l'arrivo di un Custode non avrebbe fatto altro che attirarli, che richiamare le forze del buio. Aqua glielo aveva detto, era stata fin troppo chiara. Aveva troppe responsabilità, troppi doveri per permettersi di fare qualcosa di simile.
    «Mi dispiace.» Sussurrò con dolore sincero. La giovane scosse la testa, un sorriso sereno sul volto.
    «No, va bene, davvero.» Con uno scricchiolio del legno della sedia, Vanessa si alzò in piedi, avvicinandosi a lui. L'abbraccio fu caldo, dolce. Il profumo di fresco dei capelli della ragazza riempiva le narici di Ingwe e il suo respiro umido solleticava l'incavo tra collo e spalla del Custode.
    «Ti voglio bene, Ingwe.» Sospirando, il Keyblader sorrise, ricambiando la stretta, chiudendo gli occhi per un istante, riportando alla mente tutte le memorie che avevano condiviso, riportando alla mente quel ballo nei cieli di Radiant Garden. «Anch'io, Vanessa. Anch'io.»

    Ok, piccola nota: si tratta di un'autoconclusiva fatta per "chiudere" il ciclo con Vanessa e dare l'ultima spinta ad Ingwe e, beh, anche per far un attimo uscire di scena questo PG rimasto senza proprietario che trovavo un attimo difficile da gestire autoconclusivamente
    Oltre a ciò ho tentato di usare un approccio diverso con Ingwe, di far sì che tentasse di sembrare più maturo, che tentasse di essere... una guida, una figura incoraggiante.
    Detto ciò, invoco clemenza e spero vada tutto bene
    EDIT (16/11/16): Corretti alcuni errori grammaticali.



    Edited by pagos - 16/11/2016, 19:06
     
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    ~Bridges Burned

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    Valutazione: ~Aisir


    Oh boy, da dove partire? Sinceramente quest’autoconclusiva mi ha deluso. C’erano così tante cose che avresti potuto fare, così tanti modi in cui avresti potuto svilupparla, che liquidare Vanessa con un lavoro “non riuscito” rispetto al solito è demoralizzante. Sorvolerò su cose che non sono piaciute a me, come persona, e mi soffermerò solo su cose che non piacciono oggettivamente a chi legge (credo di poter astrarre e fare delle distinzioni, lol). Alcune cose sono proprie del tuo stile e non sono sicuramente la persona che te le farà cambiare: il tuo stile è personale e sta cercando di tirarsi fuori dal suo buchino e aprirsi alla luce del sole. Tuttavia, in questo testo ci sono cose che non ti ho mai visto fare prima: se hai voluto sperimentare qualcosa, arrivo subito a correggere i tuoi esperimenti. Parto subito dicendoti che non sono un’entità superiore di chissà quale importanza e non credo di esserlo, ma da lettrice, visto che comunque normalmente scrivi ad un certo livello, questo testo ha in buona parte toppato la tua linearità di scrittura.
    Proviamo a separare i campi, intanto a livello grammaticale e “stilistico”, poi passerò alle osservazioni più pertinenti allo svolgimento e alla riuscita del brano.

    Per prima cosa, i congiuntivi. Improvvisamente i congiuntivi spariscono e riappaiono quando gli fa comodo. Che succede? Visto che, perlopiù, scompaiono nelle frasi lunghe, cerca di accorciarle, di togliere dettagli superficiali e inutili alla narrazione per concentrarti su frasi più dirette. Le frasi lunghe hanno senso quando vuoi condividere qualcosa di complicato, quando vuoi trasmettere qualcosa in particolare, quando sono adatte al personaggio/alla situazione. Se una frase lunga ti mette in difficoltà, tagliala, spezzala, la punteggiatura esiste per questo, costruzioni grammaticali particolari esistono per questo.

    A proposito di costruzioni grammaticali, Pagos, le frasi nominali ricorrono un po’ troppo nel tuo testo (con frasi nominali mi riferisco a quelle frasi senza verbo/con verbo sottinteso; per esempio quella con cui hai aperto il testo) e, in una piccola ma non insignificante percentuale, ricorrono nei momenti sbagliati. Sarai d’accordo con me che aprire con una frase nominale non sia stata una scelta molto felice: rileggila e prova dirmi che non ti sembra messa a caso. Usa un “con”, per aprire. Le frasi nominali sono utili per non spezzare la continuità, per rendere fluido il testo senza appesantirlo di “che”, “era/aveva”, ma in una frase iniziale non c’è un continuum da mantenere. Usa un “con”, per l’amor del cielo. O mettila dopo!

    Sorseggiò lentamente il tè caldo, lo sguardo perso fuori dalla finestra.
    Oppure, senza usare una nominale:
    Sorseggiò lentamente il tè caldo, lo sguardo vagava perso sul cielo plumbeo.
    Non è meglio, you dork?

    E sempre a proposito di costruzioni particolari, smettila di usare inglesismi. Passano inosservati, perché siamo abituati a sentirli, ma alcuni sono sgrammaticati: NON IMPORTAVA COSA. Eh? Un professore di italiano darebbe fuoco al compito se scrivessi una cosa del genere in un tema. Nella stessa frase, sempre per il discorso dei periodi lunghi che, a quanto pare, non sei riuscito a gestire, c’è addirittura un errore di concordanza con il soggetto (non logico): “sembrava che a ogni sua parola la confusione dell'altra non facesse altro che crescere, spalancando sempre di più le palpebre”.
    La confusione spalanca le palpebre, nice.

    Passiamo oltre e concentriamoci più su una forma di narrazione. È un errore comune, che fanno in tantissimi, che spezza enormemente ritmo e continuità, che rende la lettura zoppicante e difficoltosa: il soggetto. Mi spiego meglio: stiamo parlando di Vanessa e di Ingwe, di lei e di lui. A meno che non suoni particolarmente bene nel testo, all’interno di una narrazione, serve poco altro e, sicuramente, non in quantità enormi. Scrivere “la ragazza”, “la compagna”, “la guerriera” per evitare di scrivere “Vanessa” e una botta nei denti di chiunque legga. Scrivi “Vanessa”, per l’amor di Dio; scrivi “lei”. Non ti sto dicendo di abolire i sinonimi per indicare le altre persone in un testo, ti sto dicendo di parsimoniare. I nomi propri passano in sordina, nel testo, scompaiono (logico, non se scrivi tre volte Vanessa nella stessa frase): diventano parte della narrativa.

    Cambiamo un po’ tema e passiamo a come è stata gestita la quest.
    Partiamo con i dialoghi, che sono la cosa che più mi preoccupa. Sono irreali, a volte surreali, non plausibili. E nell’essere così poco plausibili vanno a distorcere anche la caratterizzazione, quella di Ingwe in primis. Hai voluto dare un approccio più adulto a Ingwe, mi sta bene. Cioè, mi sarebbe andato bene SE avessi visto un Ingwe adulto. Io qui non ho visto un Ingwe responsabile, adulto o maturo, quanto un Ingwe che improvvisamente è un re, un signore, un padre a cui bisogna chiedere il permesso e che risponde, appunto, nei toni di un padre austero. E, scusa, ma dopo tutte le cose che ho letto di Ingwe, quest con Aqua compresa, non può essere che nel giro di nulla Ingwe è diventato un capo di stato a cui “mio signore, le chiedo umilmente il permesso di uscire di casa”. Altra nota alla causa, Vanessa non è Vanessa: purtroppo si vede che non l’ha ruolata la proprietaria. Di Vanessa abbiamo poco, vero, però Vanessa è esplosiva, è sprezzante, è diretta, non vedo perché dovrebbe usare un tono formale con Ingwe. Ok, non è lei, non si sta comportando in modo normale ma questo è totalmente un altro personaggio. Possiamo dare la colpa al coma solo fino ad un certo punto. In character gli avrebbe chiesto un parere, non il permesso, “sei d’accordo? Dici che dovrei farlo?” e non “oh sommo essere che siede sopra di me e tutto vede e tutto sa, potrebbe essermi concesso di”. Questo è quello che si percepisce.
    Dall’altro lato, Ingwe, che è un papa del milleseicento, o un nobile padre, un conte e whatnot. “Vanessa, non devi chiedermi il permesso, certo che puoi farlo” e non “non sono contrario alla cosa”. Trovami una persona che nella vita reale, parlando con uno della sua età, con un pari, direbbe una frase simile in un contesto informale?

    Dettaglio visivo e comprensivo per i dialoghi: separali. L’occhio vuole la sua parte, il cervello deve riuscire a districarsi in un testo: il testo è scritto, nella lettura la vista è fondamentale e muro di testo e dialogo incorporato nel muro di testo non vanno d’accordo. Puoi separare un dialogo, certo, ma quando il dialogo è continuativo.
    Ti faccio un esempio.

    CITAZIONE
    Soddisfatto, tranquillizzato da quella reazione, Ingwe ricambiò. «Bene.» Con sollievo, si concesse un sospiro, restando comunque ancora perplesso da quell'insieme di reazioni differenti. «Quindi», continuò, «di cosa volevi parlarmi?» Tentando di essere rassicurante, di non farla sentire sotto pressione, tentando di imitare i comportamenti che Aqua aveva adottato nei suoi confronti quando si erano incontrati, la incitò a discutere di ciò per cui si trovava lì. «Ecco…» Iniziò lei, concludendo la frase con una nota d'incertezza, come se stesse ponendo una domanda. «Sì?» Annuendo, incoraggiandola ancora, la esortò a continuare.

    Una persona che legge questa cosa si perde. Vai a capo.

    «Quindi,» continuò, «di cosa volevi parlarmi?»
    Tentando di essere rassicurante, di non farla sentire sotto pressione, di imitare Acqua (snellisci sto testo, non serve), la incitò a discutere di ciò per cui si trovava lì.

    Stando in sordina il fatto che una frase simile non fa altro che sottolineare un concetto già chiaro, cioè che Ingwe esorta Vanessa, vai a capo, soprattutto con il testo di vanessa.
    «Ecco…» iniziò lei.
    «Sì…?» annuì, incoraggiandola, incitandola a continuare.


    Prova a dirmi che non è meglio così! Il testo è snello, il significato è diretto, la posizione è semplice e immediata.

    Ci sono, infine, alcune frasi che sembrano partorite da un utente che non scrive da anni, che sono fuori contesto, che sembrano scritte come un testo scientifico: causava, esofago, ignorare la ragione. Da quando Ingwe è diventato così freddo? È più freddo da completo che da Nessuno, Pagos. Questa cosa non va. Questo “causare” può dirlo Maxwell (anche lì con le dovute limitazioni del caso), che è un robottone, che una cosa ha una conseguenza diretta perché scientifica, matematica, malgrado non lo voglia. Questa cosa può dirla un Nessuno, che analizza scientificamente qualcosa che non si spiega, che deve essere vista analiticamente. Non può dirla un completo come Ingwe. Ora, non ti sto dicendo di usare il verbo “causare”, ti sto dicendo di non usarlo a sproposito.

    Non ti voglio bastonare, credimi. Sai che sono il tipo di persona che si sente una gran merda ad abbassare i voti e a criticare, soprattutto in sede di valutazione. In questo caso, non è diverso: ho ritenuto opportuno farti una valutazione esaustiva su cosa secondo me non vada, su cosa sia stato inefficace in questo testo. Non sei tu, non è il tuo scrivere. Se volevi rendere Ingwe maturo, non ci sei riuscito.
    Logico, la tua scrittura normalmente si attesta alta; questo testo ha tutte pecche che, generalmente, il tuo scrivere non ha, oppure non così marcate. In alcuni casi sono rimasta basita: cos’è cambiato? Un paio di volte sono tornata indietro dicendomi “non può aver scritto questa cosa così”. Ti ho espresso il mio parere, ma è un parere che altre due persone condividono. Ho addirittura pensato di essere io ad avere le traveggole.
    Ti consiglio di prendere questa valutazione e rileggere il testo. Vedi se ho detto cose campate in aria, cerca di capire le correzioni, così da non fare gli stessi errori in futuro.
    Non è complessivamente un brutto testo. È un testo molto al di sotto dei tuoi standard. Ti darò comunque un voto medio, facendo finta che questa sia stata una svista, meno grave del voto che “suona” leggendo le critiche sopra. Se proprio devo essere schietta, non c’è stata la cura che ci metti di solito.
    E mi dispiace. Poteva essere una cosa molto buona, un voltare pagina decisivo. Ingwe marca sempre sugli stessi concetti e ha delle uscite mai viste, che sembrano fuori posto. Forse per te, che sei il suo creatore, sembra tutto molto lineare e corretto, ma per uno che legge sembrano reazioni tirate fuori dal nulla.


    Voto: 7.4
    Ap totali ottenuti: 9
    Munny totali ottenuti: 470



    A me vanno 4 AP e 200 Munny.

    Per domande e quant’altro, sai come e dove trovarmi!
     
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