Ea primus lapidem misit

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    Ordine degli Oscuri
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    Un sorriso compiaciuto spazzò via l'espressione tetra che da più di un giorno dominava il volto di Saya. Si fermò ed allungò verso la vetrina fino a sfiorare quasi la parete con la punta del naso: trattenne il respiro e, stringendo gli occhi sorniona, studiò con più attenzione il tesoro che aveva adocchiato: in mostra nel suo contenitore rivestito di velluto vi era un preziosissimo anello d'argento che circondava come un alveo il piccolo cuore di diamante rosa. Era discreto ed elegante ma, soprattutto, aveva un meraviglioso numero scritto in grossi caratteri nella targhetta del prezzo: dodicimila munny.
    -Oh, sì...- mormorò la bambina, soffocando una risata. Portò l'indice ad accarezzarsi le labbra, accompagnando con quel gesto il filo dei suoi pensieri fino alla festa di due sere prima. -È perfetto, semplicemente perfetto.-
    -Cos'hai visto?- una voce squillante risuonò al suo fianco. La bambina chiuse gli occhi ed inspirò a fondo per spingere giù nel petto il disappunto, ma con un guizzo astuto rialzò subito le palpebre, mentre le pupille si spostavano verso la sua interlocutrice.
    -La rivincita perfetta.- rispose, spostandosi di mezzo passo: si avvicinò alla ragazzina che le stava accanto, strusciandosi appena contro il suo vestito bianco pieno di pizzi e la gonna ampia e lunga da cui spuntavano solo le scarpette. -Non sei d'accordo con me, Karin?-
    La giovane indietreggiò appena e, con movimenti bruschi e tesi, portò la mano destra ad arricciare i boccoli biondi: Saya soppresse un ghigno nel riconoscere la tensione della “amica” dai soliti gesti inconsci; si avvicinò alla coetanea, le strinse con delicatezza le mani, mostrandole un volto quasi supplichevole, per non permetterle più di sfuggire. -Non fa rabbia anche a te?-
    La bionda deglutì, le sue iridi agitate correvano da un lato all'altro della sclera, ma ogni volta il viso di Saya era di nuovo lì, di fronte a lei, i suoi occhi a fissarla con fare dolce e tentatore. -Ecco, in realtà a me non ha dato molto fastidio, era bello ma...-
    -Non è giusto!- asserì lapidaria l'erede della famiglia Sakisaka, premendo il piede a terra con rabbia. -Hai vista come quella civetta si è comportata, no? Non era nemmeno la sua, di festa, e si è vantata con superbia tutto il tempo del suo stupido “anello da novemila munny”. Era il suo compleanno, ma ha fatto addirittura piangere Ran. Non lo trovi orribile?- esclamò indignata. In realtà delle altre sue coetanee le importava ben poco, ma che una troietta la guardasse tronfia dall'alto in basso solo perché aveva dei genitori, pur se meno ricchi dei suoi, tanto spendaccioni... non era soltanto orribile, era inconcepibile.
    Karin titubò, tirando le sue ciocche di capelli con ancora più forza, Saya si accorse di come l'altra stesse cedendo alle sue moine.
    -Io non capisco però come questo potrebbe...-
    -Si tratta di rimettere l'antipatica al suo posto.- rispose ridacchiando con voce limpida e amichevole. -E poi nessuno si accorgerà di nulla, fidati di me.-

    -Mi scusi signore!- tono acuto, mani intrecciate al grembo, piedi sulle punte e sguardo bisognoso rivolto verso l'alto: a Saya non servì che un secondo per mettere in atto tutti i piccoli gesti con cui doveva agghindarsi per attirare l'attenzione del proprietario della gioielleria. Mostrò gli occhi più grandi e puri e accolse il suo sguardo con un sorriso timido per attirarlo a sé.
    L'uomo dal bancone si sporse verso di lei e rispose con benevolenza: -Hai bisogno, piccola?-
    Saya gonfiò il petto con un respiro. Con la coda dell'occhio gettò un rapido sguardo allesue spalle, verso la compagna che, come se nulla fosse, osservava i gioielli nelle teche, voltandosi talvolta verso di loro con il viso pallido ed un'ansia malcelata addosso.
    -Vorrei provare quella collana!- spiegò, indicando un angolo del negozio, lontano dalla vetrina e da ciò che vi era esposto quasi incustodito.
    -Ma hai i soldi per comprarla?- la incalzò l'uomo, passandosi una mano tra i capelli color paglia. La bambina digrignò i denti: si aspettava quel tipo di insistenza, ma sperava comunque di evitarla.
    -Voglio provarla! Voglio provarla!- insistette, stringendo i pugni infantile e battendo un piede a terra. Chinò il capo, nascondendosi dietro la selva di capelli, si rialzò e supplichevole, con le labbra spinte in avanti, chiese ancora a voce tanto bassa da essere quasi un sussurro.
    Quello arrossì appena. Preoccupato si guardò attorno, verificò che non c'era nessuno, a parte l'altra bambina e sospirò abbandonando le braccia ai fianchi. -Va bene, fammi vedere quale...-
    Saya si esibì in un gridolino eccitato che non le apparteneva davvero, strinse la mano al negoziante e lo trascinò verso il fondo del negozio.
    -Ecco, è questa!- annunciò puntando il dito verso la teca di vetro: l'uomo aprì la serratura e spostò di lato il cristallo. Saya si tuffò sul gioiello: lo strinse tra le mani, lo sollevò sopra di lei con finto stupore e ripeté più volte “grazie, grazie”, roteando eccitata su se stessa. Guadagnò numerosi, lunghi secondi con quell'atto. Alla fine si voltò ancora verso l'uomo, con le mani tese in alto di fronte a lei gli porse i due anelli con cui terminava la collana, brillante e preziosa. -Mi aiuti a metterla?- insistette, muovendo un passo avanti per fissarlo più da vicino: il negoziante calò sulle ginocchia per aiutarla e lei, guardando oltre le sue spalle, trovò ancora l'amica che si piegava in avanti, sporgendosi oltre la prima fila di gioielli, per raggiungere la coppia di anelli che avevano adocchiato. Si voltò verso il muro, guidò l'uomo alle sue spalle, così da azzerare le possibilità che vedesse ciò che stava accadendo dietro di lui. Si lasciò cingere il collo dal metallo ed ebbe un fremito nel sentirsi chiudere la preziosa collana attorno.
    -Wow...- esclamò con accurata enfasi. Giocosa, piroettò con le braccia aperte, mostrandosi per bene al proprietario. -Come mi sta?- lo incalzò, volgendosi infine verso di lui con un largo sorriso stampato sulla faccia e gli occhi chiusi, in attesa.
    Quello titubò ed inclinò appena la testa, perdendosi in qualche verso perplesso come se non sapesse cosa rispondere. -Stai... molto bene.- concesse, alzando gli occhi al cielo. -Ora però rimettiamola a posto, ok?-
    Saya ridacchiò, coprendosi la bocca con la mano. Spiò Karin, che la aspettava affianco all'entrata con aria apprensiva, spostando il peso da un piede all'altro ogni pochi secondi. -Ok!- esclamò la bambina, che si porse di nuovo verso il gioielliere per farsi aprire il gancio della collana, come se non fosse pienamente capace di farlo da sola. Appena udito il click, corse allegramente verso l'entrata, saltellando con naturalezza. Si fermò un solo istante a scuotere la mano davanti alla porta e, portando la sinistra accanto alla bocca, prese fiato e gridò un'ultima volta: -Grazie mille, signore!- e si dileguò fuori, verso l'amica che già la aspettava.
    Il campanello della porta risuonò. Saya rallentò e si fermò nel mezzo del marciapiede. Chiuse gli occhi, inspirò, attese per qualche secondo svuotando la mente ed infine sospirò, liberandosi della persona melensa e stupida a cui aveva concesso il suo corpo per fin troppo tempo.
    Con cipiglio avido, si voltò verso Karin e la squadrò da capo a piedi. Con un gesto rapido e violento, scavò con la mano nella tasca della ragazza. -Dà qua!- grugnì, rubandole il premio del loro impegno: si sorprese di trovare solo i due piccoli anelli: la stupida aveva avuto la buona idea di lasciare indietro il contenitore e limitarsi al bottino. Saya rimase sorpresa per un istante da tanta sagacia. Li soppesò per qualche istante e sorrise tra sé e sé: era stato troppo semplice, non si era quasi divertita; d'altra parte, il meglio sarebbe giunto con l'occasione di mostrare quei veri gioielli all'altra puttanella con manie di egocentrismo e, chissà, se ne avesse avuto l'occasione magari le avrebbe ficcato giù per la gola il suo anello da soli novemila munny. Quello sarebbe stato divertente.
    -Hai fatto un buon lavoro.- concluse con una scrollata di spalle. Fece scivolare il suo tesoro nella tasca del vestito bianco e poi si volse verso l'amica: le strinse il polso, le aprì a forza la mano e vi lasciò cadere il secondo gioiello. Non la lasciò andare, tuttavia, e con piacere godette dell'espressione spaventata e ubbidiente con cui la sciocca rispose al suo viso serio e crudele. -Se ne parli con qualcuno sei morta: te lo dirò io se e quando potrai mostrarlo in giro e soprattutto nessuno dovrà mai sapere come ce li siamo procurati, sono stata chiara?-
    Attese che Karin annuisse. Appena giunse la sua risposta, strinse con ancora più forza il polso alla bambina fino ad udire un lamento addolorato: quello era l'ultimo monito. Lasciò andare soddisfatta e, per un ultima volta, mentre si allontanava dal negozio, portò in alto verso il cielo l'anello, esponendolo alla luce del sole: mille bagliori rosa brillarono sul suo volto e Saya seppe con certezza che sì, si sarebbe divertita moltissimo nel prossimo futuro.

    -Spiegami, cosa significa una cosa simile?-
    Saya inspirò a pieni polmoni, trattenne il fiato e lo fece poi uscire lentamente: doveva controllare il suo respiro, doveva essere impassibile o, almeno, apparirlo. Seduta sul letto, accavallò le gambe ed incrociò le braccia al petto. -Sono menzogne. Quella ragazzina vuole scaricare la colpa su di me per essere graziata dai suoi genitori.- chiuse gli occhi e alzò le spalle, come se la faccenda non la toccasse, ma senza farsi notare aprì appena le palpebre e spiò il volto dell'uomo in piedi di fronte a lei: vide le sue ciglia piegarsi e nuove rughe apparire sulla fronte già segnata dai primi segni dell'età, mentre il suo colorito si faceva ancora più paonazzo.
    -Mi prendi per stupido?- gridò l'uomo, sputacchiando in maniera tutt'altro che aggraziata. Infilò la mano tremante dalla rabbia nella tasca del gilet e, con il pugno stretto come un maglio, prese ad agitare a centimetri dal suo naso l'anello d'argento sormontato dal diamante rosa che Saya era certa di aver nascosto in camera sua lontano da occhi indiscreti. -Che cos'è questo, allora?-
    Subito la bambina impallidì e spalancò la bocca per lo stupore. Non si sforzò di cercare parole, sapeva che non ne sarebbe stata capace: suo padre era troppo onesto per un uomo con tutto il suo potere, fastidioso ed insistente, ma non era uno stupido, nessuna scusa avrebbe funzionato. Si morse le labbra e strinse gli occhi fino a sentirli pulsare pur di obbedire al suo orgoglio ed imporsi il giusto contegno, ma nella mente la sua voce ruggiva forte e iraconda, maledicendo prima il vecchio, che si era permesso di frugare nella sua stanza senza alcun diritto, ma soprattutto quella puttana, quella stronza codarda che aveva osato fare il suo nome.
    -Nemmeno immagini quanto mi abbia addolorato dubitare di te... trovare questo nella tua stanza!- la aggredì l'uomo, sbattendo l'altra mano sul comodino: la lampada traballò e, con un suono stridente, cadde a terra. Saya non distolse lo sguardo: accigliata, mantenne il capo alto e gli occhi fissi in quelli scuri del padre. Le sue sopracciglia ebbero un fremito e, sospirando lentamente, la bambina trattenne a stento una risata. Il vecchio non era l'unico ad essere deluso. Lei, dopotutto, era convinta di aver fatto i calcoli alla perfezione: anche se uno dei suoi genitori lo fosse venuto a sapere, era certa che si sarebbe confrontato con lei per prima, dandole un'occasione per disfarsi delle prove, uscirne pulita e, magari, far passare per bugiardo chiunque l'avesse accusata. Era lei ad essere delusa, delusa nello scoprire di avere un padre tanto sospettoso quando mai gli aveva dato ragione di esserlo: lei non aveva sbagliato, era stato quel bastardo ad essersi comportato in modo illogico.
    -Non ti ho educato per diventare una ladra, non ti ho cresciuta per guardarti mentre ti copri di disonore.-
    Saya schioccò la lingua e alzò un sopracciglio; scosse la testa esasperata, sbuffando a denti stretti. -Ci mancherebbe altro!- rispose, furente e sull'orlo dei nervi quanto e più del genitore. -Cosa sarà mai stato? Merito più io quell'anello di qualsiasi zotico spendaccione che se lo sarebbe potuto...-
    Si fermò nel mezzo della frase appena le sue iridi smeraldine, rivolte prima al soffitto, scesero di nuovo ad incontrare la figura del padre: era a bocca aperta, mentre lei stava invece chiudendo lentamente la sua. Abbassò le palpebre imprecando mentalmente, mentre l'uomo la fissava basito e furente.
    -Ah, è così...- mormorò con voce tremante, incespicando sulle parole. Saya strinse il pugno e premette con forza contro il materasso, sfogando sulle coperte la rabbia.
    Il vecchio si avvicinò di un passo, divaricò le gambe e portò le mani alla cintura: si muoveva con scatti scomposti, gli sfuggì la fibbia più volte nel tentativo di aprirla, pareva a malapena in controllo del suo corpo. Sfilò la cintura dai pantaloni, la passò nell'altra mano e la piegò in due.
    La piccola soffiò ferina, ma scosse subito la testa, rilassò i lineamenti dando loro una forma più dolce. -Papà...- mormorò, pentita e addolorata; Schiuse le labbra per supplicarlo, ma le vene della sua fronte si fecero ancora più pronunciate, mentre il volto diventava sempre più simile ad un pomodoro, in maniera quasi comica. Rinunciò allora ad ogni finzione, alla maschera da bambina indifesa ed innocente che, comunque, la rivoltava e mostrò al genitore se stessa ed il suo ghigno sarcastico. -Davvero?- aggiunse soltanto.
    -Girati a pancia in giù.-
    “Bene.” pensò, quasi divertita dall'idea. Sarebbe stata una nuova esperienza, se non altro, una che non avrebbe dimenticato molto facilmente. Obbedì al comando, si appoggiò sul letto con le gambe distese a sfiorare il pavimento. Intrecciò le dita e appoggiò la testa sul dorso delle mani, ostentando la calma e il disinteresse che sapeva di avere.
    -Alza il vestito.-
    Soffocando sulle coperte un nuovo sbuffo, la bambina allungò le braccia dietro la schiena, strinse i lembi dell'abito bianco e alzò abbastanza da scoprire le gambe cerulee e le natiche coperte solo da uno strato di stoffa.
    Rapida e violenta, una mano la tirò e spinse giù le mutandine, sfregando l'elastico sulla sua pelle.
    “Addirittura?” si disse, mordendosi il labbro: oltre alla punizione corporale, anche l'umiliazione doveva subire? Non poté resistere dal domandarsi se tutto ciò dovesse davvero servire a riformarla o se non fosse solo un sistema per sfogare la rabbia.
    Il suono di un altro passo suscitò un fremito nel suo corpo; la bambina si risistemò sul letto scuotendosi appena. Inspirò, chiuse gli occhi e attese immobile, i secondi si dilatavano come per prendersi gioco di lei. Infine, arrivò lo schiocco.
    Prima il colpo di frusta marchiò con fiamme invisibili la sua pelle, poi un lamento. -Ngh!-
    Saya affondò la testa nel letto, strinse tra i denti le coperte per sopprimere un guaito di dolore. Morse forte, marchiando la seta con gli incisivi e bagnandola di saliva, le sue labbra si deformarono in un ghigno derisorio: “Non si trattiene per nulla, il bastardo...” le sue spalle si alzavano appena a rapidi intervalli, resti di una risata che soffocò in fondo alla gola. “Ma non basta di...”
    Una seconda scudisciata, la bambina percosse il materasso con la fronte, le gambe sobbalzarono e si strinsero per proteggere il suo corpo da ulteriori abusi: la stessa mano spinse via i calcagni, per lasciare di nuovo ben in vista il suo sedere. Le sue cosce bruciavano come su di una graticola e, dove la cinghia colpiva, era come se mille aghi fossero spinti nella sua pelle. Doveva essere già paonazza senza alcun dubbio.
    La sua espressione si indurì, prese a soffiare ed inspirare come una belva, serrò i denti e spalancò gli occhi, fissi di fronte a sé ma incapaci di vedere nulla.
    Al terzo colpo, una terza convulsione, Saya combatté contro i suoi istinti e forzò il collo a rimanere immobile, la testa alta. Una lacrima traditrice si formò all'angolo del suo occhio ed ella la spazzò via con un pugno.
    “Tre...quattro!” contò, segnando nella sua mente anche la quarta frustata. Impresse a fuoco il dolore, l'umiliazione e la rabbia che coceva nel suo petto. Non avrebbe dimenticato nemmeno un secondo, perché quella punizione faceva male, ma non era nulla in confronto a quello che avrebbe fatto lei. Si chiese come se la stesse passando Karin, se anche lei avesse subito una simile pena. Poco le importava, in fondo, perché loro due non erano equiparabili. Saya avrebbe sopportato volentieri, quasi con gioia quel dolore, perché alla sua cara amica avrebbe restituito il doppio, anzi il triplo. Si sarebbe divertita così tanto da dimenticare la vergogna che provava e che sarebbe riapparsa nel tornare davanti a tutti a mani vuote. L'avrebbe punita finché non avesse dimenticato l'onta, perché al solo pensiero la voglia di vendicarsi si faceva più forte.
    “Io non ho sbagliato, non ho commesso nessun errore!” la bambina ripeté all'infinito quell'unica verità. “Ma i peccati di quella sgualdrina... glieli farò pagare personalmente.”

    Saya scosse la testa, inclinando le labbra in un sorriso sghembo. I ricordi suscitavano in lei ilarità e rabbia, senza che nessuna trovasse il sopravvento, lasciandola così incerta su cosa dovesse provare.
    “Poco importa.” concluse, facendo scivolare da un dito all'altro il piccolo anello che aveva trovato al medio dell'ultima ultima vittima. Le immagini, i ricordi che riaffioravano alla sua mente non le appartenevano davvero: erano le memorie di una vita ormai conclusa, di un'epoca che non aveva più alcun significato. L'unica cosa importante era quell'anello d'argento con incastonata una gemma dai riflessi rosati, il più raro e prezioso dei diamanti. Una finezza adatta a lei, non certo a chiunque fosse la donna che giaceva ai suoi piedi. Picchiettò con la punta del piede il cadavere, annoiata dalla sua presenza: con un sottile crepitio, il sangue divenne polvere, mentre la pelle si scioglieva in un'ombra che, come assorbita dal terreno, cessò di esistere. Il suo stomaco era pieno e persino la fame di violenza era stata appagata: certo, la sofferenza e la disperazione non la stancavano mai davvero e, finché fosse rimasta in vita anche solo una persona, non si sarebbe sentita soddisfatta dell'operato.
    “D'altro canto, la conquista sistematica dei mondi alla lunga è così svilente.”
    Sapeva già di essere più forte, il tempo che aveva da dedicare ad ogni vittima era limitato, un alienante sterminio di massa privo della giocosità che tanto amava, ridotto ad un mero lavoro. “Ci credo che vado a perdermi in pensieri idioti.”
    Camminando a lenti passi sul tappeto che ricopriva il pavimento dell'attico, la Heartless si sporse dalla finestra e, con aria annoiata, spiò le rovine del mondo di fronte a lei: come un fiume di pece, le ombre divoravano ogni cosa, uccidendo con il loro nero ogni altro colore. L'unica luce ancora viva e potente era quella delle fiamme, mostri di fuoco che ruggivano crepitanti e davano solo più risalto alle creature della notte che le accompagnavano. In mezzo a loro, da qualche parte, c'era la sua compagna.
    “Spero che Hanako si stia divertendo.” si disse con uno sbuffo. “Se facesse anche la mia parte, sarei solo contenta.”
    Alzò le braccia al cielo e si stiracchiò per bene, esorcizzando la stanchezza. Cercò il sole nel cielo: era ancora alto, nascosto come un codardo dietro una coltre di nubi. Nonostante il gelo che attanagliava quella terra, la notte, la vera notte, doveva ancora giungere. Non c'era fretta. Dando le spalle al suo operato, la bambina fischiettò un motivetto nostalgico, una canzone che ancora ricordava dalla vita precedente. Prendendo le scale, si avviò verso l'entrata.

    Priva di elettricità, la porta scorrevole del grattacielo non poteva più aprirsi. Saya impose la mano di fronte a sé: la sua pelle si fece ruvida ed inspessita, i suoi muscoli si contrassero ed ingrandirono finché un grosso e squamoso artiglio non si sostituì all'arto umano. Bastò appena una spinta e l'ostacolo crollò con il tintinnio di mille vetri rotti. La bambina si scostò di lato, saltellando sulle punte per evitare i cocci nel timore di graffiare quelle scarpette bianche tanto “guadagnato” durante quella missione. Soddisfatta, chiuse gli occhi e respirò l'odore della cenere e del sangue. Riaprì le palpebre allora, pronta ad accogliere di nuovo l'emblema di fuoco e oscurità lasciato dalla sua razza.
    La sua attenzione fu invece rapita da una rapsodia di magia azzurro ghiaccio: un'esplosione gelida punse la sua pelle e lo stormo di Shadow che imperversava sul sentiero di fronte a lei fu decimato in un istante. La bambina batté le palpebre, scrutò davanti a sé: l'asfalto crepato era percorso da una patina biancastra, il ghiaccio si infiltrava nel terreno azzannandolo, degli Heartless più deboli non restava che fumo nero. In piedi al centro della strada, con lo sguardo abbassato come a specchiarla, c'era un'altra donna: i suoi occhi erano nascosti da lisce frange di capelli violacei. Ciò che Saya vedeva perfettamente, invece, era l'arma puntata verso di lei: una spada sottile, decorata dai flutti di mille onde, dall'inconfondibile forma di chiave.
    Non seppe resistere, ridacchiò tra sé e sé, mascherando il volto con un gesto aggraziato. -Salve, signorina Custode.- salutò educata. Strinse i lembi dell'abito candido, chinò il capo e si inchinò di fronte a lei. -Non mi aspettavo di incontrare un'ospite tanto importante a questo parco banchetto.-
    Spiò con un sorriso sardonico la donna, ma ella non mostrò risposta alcuna: abbassò il Keyblade e si voltò prima verso destra, poi verso sinistra. -Hai fatto tu tutto questo?- inquisì lapidaria con i pugni tremanti stretti e abbandonati al loro peso.
    La bambina alzò le spalle, inclinando la testa con disinteresse. -In realtà buona parte del lavoro l'hanno fatta gli Heartless inferiori. Sai com'è, già così è un processo non poco dispendioso di tempo.- si interruppe per un istante, si pettinò all'indietro i capelli ed accarezzò le proprie labbra tra pollice ed indice. -Ma immagino non sia questo ciò che volevi sapere, giusto?-
    La custode sputò a terra, Saya osservò accigliata quel gesto. -Mi hai già detto tutto ciò di cui avevo bisogno, invece.- rispose secca la donna, e subito la sua arma tornò ad essere rivolta contro la ragazza delle tenebre.
    Saya puntò i piedi e sollevò le braccia a difendersi, con lo scoppio di uno sparo un globo traslucido illuminato di bianco fendette l'aria, roteando addosso a lei. La Heartless scartò di lato con un rapido salto, la magia le soffiò accanto congelando l'aria, con un esplosione si frantumò in mille cristalli di ghiaccio che scossero l'ingresso del palazzo alle sue spalle.
    La giovane si rimise in piedi, con aria annoiata studiò il nuovo scompiglio alle sue spalle. Grattandosi la nuca infastidita si rivolse di nuovo all'altra: -Cos'è, troppo impegnati a menar di spada per imparare le buone maniere?-
    -Risparmiami le chiacchiere!- gridò la spadaccina: menò il Keyblade di fronte a sé colpendo l'aria per scacciare la voce di Saya. -Voi Heartless siete solo capaci di distruggere ogni cosa senza remore per il semplice gusto di farlo. Feccia come voi dovrebbe morire in silenzio!-
    Saya strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, l'oscurità dentro di lei brillò e, in un solo istante, il suo corpo cominciò a mutare. La Custode distese il braccio e agitò la spada come una sbandieratrice dal basso verso l'alto: una colonna d'acqua esplose dal terreno, divellendo la terra. L'arto di Saya mutò in uno spesso scudo di carne pulsante e sanguinolenta, tinto di rosso vermiglio. La bambina puntò i piedi, resistette alla pressione del colpo e, grugnendo adirata, si mosse in avanti, spingendo via il getto e restando in piedi.
    Per lunghissimi secondi, non fecero che fissarsi negli occhi a vicenda. Saya fece schioccare la lingua e, con un movimento brusco del capo, spostò indietro i suoi capelli. -Tanta faccia tosta da risultare patetica.-
    La sconosciuta non rispose, con viso tetro si limito a sorreggere il suo sguardo con la bocca serrata. Andava bene, perché era altro che voleva sentire dalla sua bocca. -Com'è che hai detto? Mi hai dato della feccia? Tu, un imbarazzante essere umano?- scoppiò a ridere, rivolta verso il cielo. Alzò il braccio sopra la testa, l'Oscurità lo ingrossò in un pesante artiglio e come un maglio la bambina lo mulinò a terra, divellendo l'asfalto.
    L'avversaria sogghignò soltanto e mosse un passo avanti. -Ti credi davvero superiore? Quelli come te, gli Heartless dell'Ordine... imitate noi umani, ci copiate le sembianze, ma dentro non avete che un pozzo nero senza fine. Siete rivoltanti.-
    -Oh, grazie, grazie, grazie- esclamò la bambina, accompagnando ogni parola con un nuovo passo avanti. -Mi stavo giusto annoiando ed ecco che vieni a risollevarmi la giornata!- fece scrocchiare le dita e si piegò appena sulle ginocchia. -E una volta che sarai a terra a supplicare pietà, chissà: forse capirai quanto il potere e l'ambizione della razza perfetta siano ben più reali delle tue fantasie da eroina tragica.-

    _______________________________________________________________________________________________________


    Crollò in avanti, sopraffatta dalla fatica. Tutto ciò che poté fare per proteggersi fu portare avanti le mani ed attutire l'impatto con il terreno. In ginocchio, Saya tentò di recuperare fiato, annaspando tra i colpi di tosse che spargevano attorno a lei grumi di sangue scuro.
    -Mi state prendendo per il culo...- imprecò la Heartless, stringendo la mano deforme con tanta forza da ferirsi coi suoi stessi artigli e sradicare persino l'asfalto. -Una cosa del genere non è possibile!-
    -È naturale, invece.-
    Saya udì la voce della rivale, la sentì parlare vicina, ma non riusciva ad alzare abbastanza il capo da incontrare la sua figura: tremiti percorrevano il suo corpo, gocce di sudore imperlavano la sua fronte e ungevano i capelli scivolati sul suo viso.
    -Non posso assolutamente permettere a un mostro come te di vincere, per questo non puoi battermi.-
    -Non scherziamo!- Saya si spinse indietro con tutta la forza rimasta nelle sue braccia. Sforzando ogni muscolo si rimise in piedi, il suo corpo barcollò all'indietro, la schiena si piegò in maniera innaturale. Le viscere nel suo corpo si gonfiarono, tutta la bile le risalì lungo la gola assieme alla rabbia; la ragazza lanciò contro la sporca umana il suo attacco venefico. Dalla terra sgorgò però una nuova barriera d'acqua, le due forze si scontrarono ed annullarono in un istante.
    -Cazzo, cazzo... CAZZO!- batté il piede a terra, artigliò l'aria, ma per quanto scatenasse la sua ira la Custode non svaniva da davanti a lei: era ancora lì, ferita ma ben più composta di lei, e la scrutava dall'alto della superiorità che si era illusa di avere, con occhi pietosi e sprezzanti.
    -Cosa significa... Cosa cazzo significa quello sguardo?!- ululò la bambina, scuotendo la testa rabbiosa. Non poteva accettare quell'umiliazione, non era giusta. -Ti credi forte? Ti credi tanto superiore? Svegliati, puttana! Tu non sei nessuno, hai vinto solo perché sei arrivata ora, dopo ore che combattevo e sterminavo chiunque mi capitasse a tiro. Facile così, eh?-
    Per un attimo, Saya poté giurare di aver visto le labbra della donna inarcarsi verso l'alto in un sorriso di scherno, prima che l'espressione gelida tornasse a dominare quei lineamenti da scrofa.
    -Neppure dopo aver perso non lo capisci?- la provocò la donna. La Heartless scosse la testa: non aveva perso, quella non era una vera sconfitta. -Tu non sei speciale, tu non sei superiore. Heartless o meno, resti una persona qualunque. E hai sbagliato a sfidarmi.-
    La giovane rimase a lungo in silenzio, con le sopracciglia alzate e la bocca semiaperta. -Io... avrei sbagliato?- abbassò lo sguardo, ponderò per un istante quelle parole. Poi la sua schiena sussultò, il suo corpo fu scosso da una debole risata che si fece sempre più forte, sempre più sguaiata, tanto che neppure i colpi di tosse potevano interromperla. Lei era perfetta in tutto, come poteva una così commettere degli sbagli? Erano gli altri ad essere sbagliati, era la custode, quella stronza di cui nemmeno sapeva il nome, ad essere sbagliata, era il combattimento ad essere sbagliato. Era solo capitato nel momento peggiore, senza contare che avrebbe potuto ordinare a tutti gli Heartless di intervenire in qualsiasi momento, se lo avesse desiderato. Sì, aveva perso solo perché ci era andata piano, perché non era al pieno delle sue forze, aveva poco da vantarsi o sentirsi orgogliosa quella chimera con la faccia da scrofa ed il seno da vacca.
    La custode si avvicinò, un passo dopo l'altro inesorabilmente. -E ora, spiacente...- la provocò un'ultima volta, alzando il Keyblade alto sopra la sua testa. -... ma dovrai pagare caro i tuoi erro...-
    Il frastuono di un'esplosione e un arido tifone di calore cancellarono ogni cosa per qualche istante. Abbagliata, Saya chiuse gli occhi; quando li riaprì, vide la donna piegata di fronte a lei ed un'altra, vestita di stracci consunti, alle sue spalle.
    -Hanako!-
    La compagna fece un debole cenno, i suoi capelli scuri si mossero appena, facendo brillare alla luce del sole morente il reticolo di cicatrici sul suo volto. La giovane annuì e, incespicando sui suoi passi, corse al suo fianco. Era deprecabile, era imbarazzante, ma in quel momento aveva poche altre scelte. La Maestra dell'Ordine non disse nulla: sospirò appena, ma mantenne il vuoto nel suo sguardo. -Possiamo andare: gli Heartless hanno raggiunto il Cuore del Mondo, presto questo luogo non esisterà più.- spiegò pacata e con voce sommessa.
    Saya fece per rispondere pilotata dalla rabbia, ma si fermò prima, mordendosi le labbra. -Hai sentito, feccia?-fece il mimo, voltandosi tronfia verso la custode, che si sforzava di rialzarsi con l'aiuto della sua arma dopo aver incassato il colpo alle spalle. -A quanto pare tu non pagherai per l'errore di avermi sfidata, invece. Non oggi, almeno.-
    Hanako alzò un braccio ed aprì un varco oscuro.
    -Ma non avere paura, io non dimentico i peccati altrui.- portò una mano alla bocca e le schioccò un bacio. -Ti darò quello che ti spetta, e mi divertirò immensamente a farlo.-
    Il portale si chiuse dietro di loro e Saya svanì nelle tenebre. Ma, abbandonando le braccia lungo i fianchi, mentre il mondo le spariva attorno, realizzò una cosa. Tastò nelle sue tasche, premette tutto il suo vestito, ma nulla: non aveva più l'anello, era andato perso. Come in passato, si era macchiata di disonore, come in passato non ne aveva ricavato nulla. E, come in passato, la colpa era solo degli altri.






    FUCK YOU FRENZ

    Because fuck you, that's why
     
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