Notte del Sabbath

Quest Privata

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Ordine degli Oscuri
    Posts
    33
    Reputation
    +5

    Status
    Anonymous



    Il bianco era il colore preferito di Saya. Era il più puro di tutti, il più incantevole, non corrotto dallo sporco della terra. Così era tinta la neve, così erano tinte le nubi nel cielo. Simbolo di nobiltà e perfezione, alla bambina appariva lampante che non potesse esserci un colore migliore o che potesse calzare meglio a lei che incarnava tutti i suoi ideali. Quello era il motivo per cui vestiva sempre di bianco, quella era la ragione per cui disdegnava l'idea di rovinare la sua immagine in battaglia, contro avversari capaci di tenerle testa. In qualsiasi momento, senza eccezione, era suo dovere essere perfetta e superiore a chiunque altro: ciò era, dopotutto, l'unica ed ineluttabile verità e nessuno doveva anche solo azzardarsi a dubitarne. Tuttavia, c'era anche un altro colore caro alla ragazza, che incarnava nei suoi pensieri ciò che esisteva al mondo di più bello: il rosso. Caldo, denso, dolce sangue, fiamme di distruzione che divorano ogni vita, il rosso della violenza era qualcosa di inebriante, una droga alla quale era completamente assuefatta. Fin dal primo giorno non aveva mai distolto gli occhi. Dapprima nacque la curiosità in lei di fronte alla sua prima vittima: era divertente vedere il sangue fuggire dal suo corpo come acqua in una spugna bagnata, schiacciata nel suo palmo. La roccia che la bambina di quel giorno stringeva tra le mani non era grande quasi quanto un pallone, ma ella non si era nemmeno resa conto del suo peso, si sentiva capace di fare qualsiasi cosa e, mentre la calava più e più volte sul cranio del bambino che l'aveva offesa, rideva al suono carino ed umido del cranio che si rompeva e il sangue che spruzzava in ogni direzione, come un fiore sbocciato in un deserto arido o un fuoco d'artificio che esplodeva in un cielo vuoto. Il ricordo era ancora vivo nella mente della giovane, il suo corpo fremeva dalla testa ai piedi appena riportava alla memoria l'eccitazione e l'orgoglio di allora. Non era passato nemmeno molto tempo da allora, forse qualche anno, ma talvolta Saya si scopriva a sperare di dimenticare ogni cosa, di azzerare la sua esperienza e potersi di nuovo macchiare le mani di sangue per la prima volta e battezzarsi nella linfa scarlatta di cui era diventata predatrice. Il sangue era un abisso che reclamava la sua anima, mille mani l'abbracciavano e la trascinavano verso il fondo, cullandola con la dolcezza della follia; eppure lei non perdeva se stessa: dominava la pazzia che dilagava, si alimentava del terrore e della furia delle sue vittime. Su quel sangue costruiva il suo impero, dei cadaveri faceva una scala che la portava verso la gloria, verso il potere, verso l'agiatezza, verso tutto ciò che di prezioso c'era al mondo, compreso la vita delle persone, perché ogni cosa che lei avesse mai desiderato prima o poi sarebbe caduta nelle sue mani e non per concessione divina, ma perché solo lei aveva le capacità di realizzare ciò, sacrificando senza problemi chiunque si mettesse sulla sua strada.
    Sì, il rosso significava molto per lei, ed era un tocco di eleganza perfetto che impreziosiva i suoi piccoli piedi da ballerina, che si muovevano rapidi dentro le sue nuove scarpe di marocchino scarlatto.

    Felice, Saya strinse tra indice e pollice i lembi del suo vestito, alzando un poco la lunga gonna come se temesse di inciampare nella sua stoffa. I suoi piedi ticchettarono lievi sul pavimento di ciottoli, mentre le spire di oscurità si facevano da parte, come rifuggendo una creatura di cui persino le tenebre erano spaventate. Il suo corpo minuto scivolò con passo di danza oltre il Varco Oscuro, morbido come il vento che ululava tra i vicoli. Le spire di fumo nero si dispersero ad un suo schiocco di dita e, con un sibilo che ricordava tanto un saluto, la strada alle sue spalle si chiuse com'era apparsa ed il mondo calò di nuovo nel più assoluto silenzio. Saya, ad occhi chiusi, piegò la testa all'indietro ed inalò a pieni polmoni l'aria gelida della notte. Le sue narici bruciarono, grattate dal freddo, e la vita ribollì nel suo corpo assieme al suo sangue, risvegliato dal proprio torpore. Quella nuova libertà, quel nuovo potere che sentiva fluire dentro di sé, aprendole un'infinità di porte che non vedeva l'ora di esplorare, la faceva sentire bene. I giorni solitari al Castello d'Ossidiana, tra volti che conosceva bene ma di cui non poteva ancora fidarsi, erano pesati su di lei, come un'iniezione soporifera che, se da un lato aveva intorpidito ogni suo muscolo, dall'altro l'aveva resa irrequieta, desiderosa di muoversi di nuovo. I suoi nuovi compagni si erano presi tutto il tempo necessario per addestrarla alle vie dell'Ordine: l'avevano resa partecipe dei loro obiettivi e degli schemi pianificati per raggiungerli, le avevano insegnato a muoversi tra le mura della loro dimora e le avevano insegnato a sfruttare i loro poteri, come gli stessi Varchi Oscuri che non aveva esitato a testare appena possibile.
    Così, inseguendo un suo momentaneo capriccio, Saya aveva deciso di far visita alla Città di Halloween. Prepararsi, era stato divertente: ripercorrendo la sua memoria, aveva cercato quale potesse essere il travestimento migliore per lei, rispolverando ricordi della vita passata e storie che non credeva fossero ancora impresse nella sua mente. Di spaventar la gente, in realtà, non le importava tanto, aveva molti mezzi al di là del proprio costume per farlo, per questo cercò di andare oltre. Le impiegò quasi una giornata intera, ma alla fine riuscì a partorire la più geniale delle idee: assieme ad un abito bianco indossò una giacchetta nera dalle maniche corte, tinse i suoi capelli di platino e si procurò un magnifico, preziosissimo paio di scarpette color del fuoco. Su quel paio di scarpette danzava, camminava rapida con orgoglio, come la protagonista di una delle sue fiabe preferite della gioventù, la storia di una ragazza disposta a tutto, anche all'inganno, per mettere le mani su ciò che più desiderava, semplicemente per soddisfare un suo desiderio narcisistico ed egoista, senza curarsi dell'opinione della gente o sulla giustizia del suo operato. Senza contare che, nella versione della storia che le era stata raccontata, la giovane protagonista non giunse mai a pentirsi delle sue gesta, ma anzi fu lei stessa a tagliare via i piedi a chiunque si azzardasse ad indossare scarpe belle come le sue.

    Con divertimento e non poca meraviglia si mise a fischiettare, mentre ammirava l'artistico e interessante mondo che si mostrava nel suo splendore tutt'attorno a lei: era notte fonda e nel cielo scuro le stelle non erano che occhi distanti, che si affacciavano timidi a quella realtà, come timorati da quel luogo tanto stravagante, e il loro bagliore era pallido e debole. Erano pochi e sparsi lampioni ad assumersi il compito di dare un po' di luce alla piazza asimmetrica: lontano in un angolo, un lume stretto tra le mani di un gargoyle gettava una sinistra luce scarlatta attorno a sé, poco lontano dal centro un lampione terminava con un grosso ragno di metallo scuro che, tra le sue zampe sottili, reggeva il lume dorato. Qua e là, enormi zucche ridevano sinistre, con occhi arcigni e bocche deformi che brillavano ipnotici come dotati di vita propria. Tuttavia, quella luce era solo un mero strumento: perché tutto ciò che può realizzare il bagliore di una debole fiamma era di generare ombre ancora più lunghe. Saya mosse un passo, la sagoma scura che aveva origine ai suoi piedi la seguì, estendendosi al suo fianco per metri interi, come a fare da specchio al grande mostro che si celava dentro di lei. Mosse un altro passo, davanti a lei il metallo di una lama brillò d'argento. Si fermò per un istante ed alzò il capo, annuendo compiaciuta. Si chinò appena e, sostenendosi con una mano all'impalcatura di legno, scavalcò il collare della ghigliottina e ammirò dal basso la lama ancora incrostata di sangue raffermo. Con un salto scese un gradino e camminò verso il centro, il suo lungo abitò volteggiò come un fantasma irrequieto. Piena di ammirazione, appoggiò una mano sul bordo della fontana centrale, infestato di muschio umido. Si sporse e, spalancando la bocca colpita, ammirò il suo riflesso distorto dai flutti smeraldini di un liquido sconosciuto: un demonio con larghe ali di pipistrello e corna ricurve continuava a vomitarlo senza sosta, e come veleno esso si riversava ai suoi piedi, riempiendo la vasca rotonda attorno a lui della quale non si scorgeva nemmeno il fondo.
    Compiaciuta, si spinse con le mani e si sedette sul bordo della fontana, così da poter osservare, dal centro di quel luogo, il mondo intero che si ramificava attorno a lei. Peccava in eleganza e di nobiltà, ma il brivido e la disperazione che instillava ogni decoro di quella piazza riusciva ad essere una divertente alternativa nella quale era felice di essere immersa. Agitò le gambe spensierata, calciando l'aria avanti e indietro, mentre aspettava paziente che il tempo passasse. Gli ultimi giorni erano stati sufficientemente caotici per lei, per una volta sarebbe stato bello godere della noia che, completamente presa dai numerosi cambiamenti che avevano stravolto la sua vita, era diventata come estranea a lei.
    Chiuse gli occhi e inspirò l'aria, trattenendo uno sbadiglio, quindi soffiò fuori ogni cosa. Le sue spalle tremarono di gioia, il suo corpo intero si dissolse per un attimo in quella piacevole sensazione di vita che non percepiva da troppo, troppo tempo. Saya sorrise e cominciò a pettinarsi distrattamente i capelli con le dita sottili e cerulee, sanguinanti smalto scarlatto. Tra sé e sé, la bambina si lasciò sfuggire una risata. Le sue zanne bianchissime brillarono di una luce malata mentre ella rideva, prima tenendo il volto abbassato e nascosto dalle sue ciocche smeraldine, poi piegandosi all'indietro, esplodendo quasi a squarciagola, senza neanche preoccuparsi di mascherare educatamente il gesto con una mano. Era impressionata di scoprire un lato così banale ed umano di sé ancora radicato nel suo cuore marcio. Si strofinò una volta gli occhi, senza perdere il sorriso ferino che decorava il suo volto con la luce scarlatta e malsana delle sue labbra compiaciute. Era insolito, da parte sua, desiderare in quel modo qualcosa di astratto come un po' di quiete, ma non c'era alcuna ragione per cui avrebbe dovuto privarsi di quel piccolo piacere, non doveva spiegazioni a nessuno. -Certo che è piuttosto solitario, qui.- commentò a bassa voce, mordicchiandosi il labbro inferiore. -Mi aspettavo un po' più di vitalità.-
    Una folata di vento soffiò potente, scompigliò i suoi capelli e scosse i rami spogli degli alberi, come mille braccia di dannati che si dimenavano negli inferi. Un rumore ritmato, sottile, come il battito del suo cuore, la colse alle spalle. Saya si umettò le labbra, strinse le dita all'unisono, facendole scricchiolare le une con le altre, e comandò al suo braccio di trasformarsi, abbandonando il suo aspetto umano per diventare l'arto squamoso e possente di un mostro. Allora si voltò di scatto.
    -Buh!-
    Gli occhi della bambina si spalancarono stupiti. Batté le ciglia un paio di volte, facendosi un poco indietro con il busto, perplessa, ma le figure davanti a lei non parvero nemmeno fare caso della sua reazione e, improvvisamente, presero a ridere l'una con l'altra, come se solo loro riuscissero a cogliere qualcosa di divertente in quello strano avvenimento.
    Erano bambini, e non uno solo, ma un gruppetto di cinque piccoletti vestiti come pagliacci convinti di essere re: un ragazzo si accontentava di un lungo lenzuolo logoro, tanto lungo da infilarsi dispettoso fra le sue gambe, e di una grossa palla che, a vederla, pareva acciaio pesantissimo, quando eppure lui la reggeva tra le mani senza difficoltà. Al suo fianco, un bimbo coperto non da vestiti ma da una folta pelliccia, che nascondeva due piccoli occhi gialli che brillavano divertiti; rideva sguaiato e ogni volta che piegava il capo all'indietro, rivolgendolo alla luna piena sopra di loro, tentava di ruggire nella notte, come un cagnolino che vuole imitare un lupo; le sue zanne però erano piccole e smussate, semplici giocattoli di un travestimento di poco conto. Una bambina con un grosso cappello a punta e un abito scuro dalle maniche enormi si aggrappò al suo al suo braccio e, scuotendola, cominciò a domandarle allegramente dei dolcetti, se non voleva subire un brutto scherzo, mentre una sua amichetta con un lungo kimono dalle tinte bianche e celesti, capelli chiari ed enormi occhi d'ametista era immobile poco dietro, con lo sguardo abbassato e lo zoccolo di legno che disegnava un piccolo cerchio nella pietra della strada, con le braccia strette attorno al suo abito da yuki onna, una scelta senza dubbio peculiare come costume.
    Per un istante, li fissò confusa, come se quei poppanti bassi appena una una testa più di lei fossero solo immagini distorte che lei osservava attraverso uno specchio ricurvo, come sagome incomprensibili dipinte su di una tela. Fu in quel momento che le mani zozze e deboli della ragazzina la tirarono ancora ed un sorriso a metà tra il divertito e il birichino fece capolino sulle sue labbra screpolate.
    -Dolcetto o scherzetto?- ripeté quella ancora, porgendole la mano aperta.
    Saya respirò affannata per un istante, colta di sorpresa da quel tocco freddo che non aveva permesso. I suoi occhi, fissi nel nulla, scesero lenti sulla più piccola. Si fissarono nelle sue iridi smeraldine, guardarono attraverso di lei, attraverso la sua pelle, rivolti verso ciò che essa conteneva. Passò la lingua sulle sue labbra. -Dolcetto. Dolcetto senza alcun dubbio.-

    La sua mano destra, trasformata nell'artiglio di un mostro, teneva il corpo schiacciato a terra, il collo chiuso nell'incavo tra due dita, la mano sinistra invece teneva disteso il braccio, come un lungo e succulento spiedino. Si avvicinò lentamente, ma quello si dimenava. Aprì la bocca e chiuse gli occhi, mentre già sentiva la saliva accumularsi sotto la sua lingua. Torse il polso del suo pasto per fermarlo attraverso il dolore e lo raggiunse. La manica dell'abito scivolò via, rivelando il braccio nudo, piccolo e magro. Saya appoggiò sulla pelle gelida e percorsa di sudore i suoi denti, poi morse. Incise la carne, affondò le sue zanne fino a trovare l'osso. La vittima urlò, concentrò tutte le sue forze in quell'unico grido, incapace di impiegarle in altro modo. La ragazza strappò, tirò indietro finché i muscoli non abbandonarono le ossa e dove prima c'era un braccio era rimasta solo una poltiglia di sangue e membra recise senza continuità, dove l'osso grigio brillava come un tesoro.
    La bambina masticò, fece passare la carne per tutta la sua bocca, ad occhi chiusi, mentre il sapore dolce e ferroso del sangue conquistava tutte le sue papille. Era tentata di gettarsi ancora una volta, ma quel sottofondo, quella musica celestiale che era esplosa attorno a lei, era qualcosa di ancora più appetitoso.
    Lasciò andare l'arto, che cadde a terra come privo di vita, le dita si strinsero spontaneamente come quelle di un cadavere. Saya si spazzò le labbra con il dorso della mano sinistra, dall'alto guardò la creatura sotto di sé, che piangeva e gridava, singhiozzava senza darsi nemmeno il tempo di respirare. Il cappello della streghetta era caduto poco distante, i capelli biondi scompigliati erano insozzati di polvere e di terra, mentre il suo viso truccato con cura era una maschera di segni neri e umidi. L'Heartless provò qualcosa dentro di sé, il suo cuore si scaldò per un istante, toccato da quelle grida, e il suo viso si ammorbidì in un sorriso. -Piccolina...- la chiamò dolce, e inclinando il capo si avvicinò a lei con la mano, accarezzandola. -Non erano questi i patti, avevamo detto che ti avrei lasciato andare se non avessi pianto.- ridendo allegra, la ragazza si abbassò sulla ragazzina appena più piccola di lei. Quella piangeva ad occhi chiusi, non si accorse nemmeno di quel movimento, forse nemmeno riuscì ad udire le sue parole. Saya appoggiò le labbra alla sua guancia, come in un dolce bacio d'affetto, quindi chiuse i denti su di essa.
    La carne si strappò, solo una grossa voragine rimase sul volto della bambina. Sangue scuro sprizzava a piccoli flussi, come se decine di sporchi vermi si agitassero sofferenti e abbandonassero quel corpo che altro non era che la loro tana. Gustò quell'ultimo assaggio, ingoiò il tutto con un sospiro soddisfatto. Prima che potesse accorgersene, i suoni attorno a lei cessarono. Saya abbassò lo sguardo, contrariata: non vi era più luce negli occhi spalancati, quasi sprizzati fuori dalle orbite della ragazzina; non erano fissi su nulla, non sembravano nemmeno più occhi, ma solo sfere mollicce senza alcun significato, mentre il cadavere martoriato non era che gli avanzi del suo pasto. Si guardò attorno: il bambino che voleva essere un fantasma probabilmente lo era divenuto per davvero, ma il lenzuolo che aveva usato come travestimento era diventato solo un sudario ormai scarlatto che celava le sue resta. Anche la Yuki Onna, impalata a terra, era distesa in una pozza del suo stesso sangue, che aveva impreziosito quel magnifico abito che indossava con il fiorire vermiglio di quel magnifico colore. Il lupo mannaro, invece, aveva avuto una morte rapida, per primo: spellarlo sarebbe stato un processo troppo lungo e, odiando mangiare roba pelosa, non sapeva proprio cosa farne.
    Ridacchiando, la bambina si accarezzò lo stomaco, battendo la mano su di sé più di una volta. Abbassò lo sguardo su di sé, sul suo corpo, e sorrise compiaciuta: il suo era un semplice abito bianco e nero, quand'era giunta in quel mondo, ma ora macchie e strisce di colore lo riempivano disordinate e la sua mano tinta di tempera spargeva la linfa ovunque si muovesse. Era proprio vero, il rosso era un colore bellissimo e sul suo corpo donava veramente molto. Dopotutto, non poteva che far risaltare le sue scarpette ancora di più.
    Stomaco pieno, impregnata del suo profumo preferito, Saya aveva solo un dettaglio di cui lamentarsi: la notte era ancora giovane e, senza alcun dubbio, desiderava trovare qualcos'altro di interessante da fare in quel mondo, prima di rientrare a casina. Per fortuna, pur essendo una bambina, non aveva alcun coprifuoco di cui preoccuparsi.

     
    Top
    .
  2. Elation
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    ---------------------------------------------------------------------------------

    Annusò l’aria, si incurvò sugli avampiedi e attese. Aspettò nel buio, gustando sulla lingua l’umidità vitrea e stagnante di quel nuovo mondo. Era tutto così buio, così bello. Poteva nascondersi, poteva passare inosservata e attaccare la preda senza che questa avesse anche la più piccola possibilità di notarla. Cacciatrice della notte, Flandre si era appostata nella folta coltre morta di alberi secchi, che si inclinava dolcemente agli angoli del sentiero. Da brava, paziente predatrice, aveva atteso che l’occasione fosse propizia. Finché il suo stomaco non brontolava reclamando un pasto, poteva restare immobile, invisibile agli occhi della vittime per ore, senza risentire di alcun tipo di stanchezza. La prospettiva di riempirsi la pancia con un succulento banchetto era sufficiente a farle sopportare qualsiasi scomodissima posizione. Le sue giunture allenate, i muscoli tesi e pronti allo scatto non si lamentavano, subordinatisi al desiderio di sfamarsi. Le ali basse, il corpo schiacciato contro il terreno e i sensi tutti allerta, continuava ad attendere. Sperava solo che il brontolio, il rombo di tuono nato dalla fame non si facesse vivo troppo presto, altrimenti addio appostamenti. Dopo Radiant Garden, dopo quel delirio di sangue, fiamme e urla, la vampira si era tenuta in disparte da tutto e da tutti, osservando le scene sotto di lei dall’alto dei tetti, ombra tra le ombre. Aveva frugato tra i corpi morti alla ricerca di carne tenera e succulenta, per arrendersi quasi subito dato che mancava ciò che veramente dava sapore al cibo: la battaglia, le suppliche. L’adrenalina aveva smesso di fluire in lei, nel giro di pochi minuti aveva smesso di correre nelle sue vene e la noia era sopraggiunta. Così, riconoscendo la vastissima concorrenza e le probabilità di essere accerchiata e chiusa da più direzioni, nonostante lei fosse più che pane per i denti di quelle stupide guardie, aveva deciso di tenersi in disparte. Aveva esplorato le vie dall’alto, fissato il cielo buio e si era goduta il rumore brulicante del buio, l’odore delle fiamme, del sangue, della paura. Le sue orecchie si erano nutrite di qualunque suono, della sofferenza e degli stridii delle armature, del cozzare delle armi. Aveva attaccato qualche ferito, giusto per evitare di sentire nuovamente le fauci della fame consumarle lo stomaco e lacerarle la pelle; per il resto, si era intrattenuta con individui solitari, inutili. Superflui. Per certi versi, era stranamente triste non sentire più i rimproveri, sempre e comunque inascoltati, della sorella maggiore. Mancava proprio il senso di trasgressione delle regole, di violazione degli ordini. Così, in mezzo ai deboli, era troppo facile.
    Neanche per un secondo, tuttavia, la bambina aveva pensato di mettersi alla ricerca di una sfida, di un nemico potente da buttare giù con la forza bruta. Per niente. Flandre si era unita alle schiere degli Heartless solo per sentire sulla pelle il piacere, la gioia e il delirio del Caos. Se n’era andata prima che tutto finisse, dopo essersi presa la sua buona dose di -relativo- divertimento ed essere passata inosservata agli occhi di molti. Più di un muro, nella cittadina, grondava sangue; più di un mutilato giaceva sotto le luci fatue dei lampioni della Città di Mezzo. Lei, di lì, era passata, ma non c’erano testimoni in vita, in grado di raccontarlo. A parte, forse, quel parassita che le si era attaccato addosso come una pulce. Neanche si ricordava il nome. E di pulci ne sapeva qualcosa. Ne aveva mangiate tante, durante gli anni di prigionia. Ad un certo punto, l’aveva perso di vista e non si era minimamente posta il problema. Una rottura di meno. Aveva passato poco altro tempo in quel luogo. Ad un certo punto, si era lasciata inglobare dal buio che l’aveva richiamata e si era rifugiata lì, andando dove la stessa oscurità aveva deciso di portarla.
    La destinazione era perfetta; il varco non l’aveva delusa. Era scesa silenziosamente sulla strada, percorso in lungo e in largo la zona circostante e, solo dopo aver fatto conoscenza con il luogo, Flandre aveva cominciato la sua silenziosa posta.
    Non si era mosso niente, non aveva visto nessuno. Aveva pazientato a lungo, ma niente di speciale aveva attirato il suo naso. Gli unici rumori erano stati lo stormire leggero del vento e i rami secchi che cercavano di contrastare la sua forza, qualche verso lontano, suoni comuni; nulla di particolare. Aveva cominciato a pensare che quel luogo fosse disabitato. Forse, tornare indietro, in una delle poche città che aveva già avuto modo di conoscere, non sarebbe stata una cattiva idea; almeno lì era sicura che ci fossero prede da cacciare. Finché non era arrivata una ragazza vestita di bianco, pallida, allegra, con le sue scarpette incendiate di rosso. Talmente limpida da stagliarsi come uno spettro contro il nero della terra, delle tombe, dei morti in putrefazione, dei cadaveri impiccati. La vampira la osservò con la bocca dischiusa, gli occhi fissi, concentrati, la mente sgombra e l’istinto animale che cominciava a comandare le sue azioni. La osservò bene, trovandola disarmata, apparentemente fragile. Tuttavia, qualcosa non andava in tutta quella spensieratezza. Qualcosa non andava in quel visino sottile, in quei lineamenti troppo dolci. Cosa ci faceva una come lei in un luogo come quello? Il male l’aveva portata nella terra dei demoni, perché la stessa Flandre era un demone sotto mentite spoglie. E quella bambola di porcellana? Come ci era arrivata?
    No, non si sarebbe lasciata ingannare dalle apparenze. Lei stessa giocava sull’impressione e sull’aspetto. Prima di lanciarsi all’assalto, l’avrebbe studiata. Poteva anche sembrare un fantasma, un’apparizione ma, se fosse stata una creatura non fisica, i suoi piedi non avrebbero fatto rumore, la sua veste non avrebbe frusciato. Inoltre, quella fanciulla aveva un odore tutto suo, un profumo misto, succulento, che ben conosceva. Aveva imparato presto a distinguere i vivi dai morti, e non solo con la vista. Non era assolutamente un essere immateriale: era fatta di carne, muscoli, ossa, pelle. Era viva. Il suo stesso odore rimandava indietro il calore dell’esistenza.
    Flandre si era leccata le labbra, aveva fatto schioccare le mascelle in una torsione del capo, stretto gli artigli sul terreno ed era arretrata, diventando praticamente indistinguibile dagli alberi, dalle tombe. Si teneva lontana dalla luce, cercava con attenzione di non produrre alcun rumore. E da lontano, dalla sua postazione riparata, sottovento, vegliava sulla ragazza, in attesa di essere lei stessa ad attaccarla. Stava reprimendo il desiderio della lotta, dello scontro, con tutte le sue forze; cercava di confinare lontano il fremito delle membra che volevano la battaglia. Non si fidava, non riusciva a fidarsi.
    La bambina trasalì quando vide la sua preda mettersi a fischiettare: sbarrò gli occhi e balzò ancora più indietro, leggera, invisibile, ma chiaramente presa in contropiede. Niente di ciò che stava vedendo sembrava avere un minimo di senso. Non aveva paura, era a suo agio. Vedeva gli impiccati, corpi senza testa, arti sbucare dal terreno, sangue scorrere dalle lapidi e non aveva la minima reazione. C’erano mostri disegnati, abomini scolpiti, rigurgiti di budella, di creature defunte e lei danzava; si muoveva sinuosa come se quello fosse un mondo fatto apposta per lei, costruito per soddisfare le sue esigenze e le sue fantasie.
    Aveva fatto bene a tenersi in disparte. Non c’era niente di normale, di umano in lei.
    Alla fame e alla bramosia, presto, si era sostituita la curiosità. Non si era avvicinata, assolutamente. Era rimasta al suo posto, ma aveva messo da parte qualsiasi intenzione bellica. Non la perdeva d’occhio un istante. Per le sue iridi scarlatte, quella ragazza vestita da angelo era un soggetto degno di interesse.
    La sentì ridere, mormorare qualcosa. Le orecchie della bambina si tesero, per riuscire a comprendere cosa stesse dicendo; tuttavia fu un altro il rumore che attirò la sua attenzione. Un ticchettare ritmico che si avvicinava. Sembrava quasi un passo saltellato, che qualcuno stesse giocando. Spostò piano il suo sguardo, seguendo i movimenti di un gruppo di marmocchi. Concentrata com’era su quella bellissima figura, non si era accorta di loro finché il suono delle loro scarpe non si era mescolato con la voce limpida della ragazza. Viaggiò con gli occhi da loro a lei, in continuazione, alla ricerca di una risposta ai suoni. Solo quando vide una delle sue braccia tramutarsi nel folle prodotto di un incubo, un artiglio mostruoso, demoniaco, disarmonico ma incredibilmente bello ai suoi occhi di bambina deviata, Flandre si lasciò andare ad un sospiro e ad un sussurro di piacere. Era come lei. Era un mostro, come lei. Cambiava aspetto, come lei. Era una compagna, un’amica, una pari. Anche se non ci aveva ancora parlato, anche se la sua forza si fosse dimostrata superiore, quella ragazza era ciò che stava cercando da sempre: un altro diavolo, un altro scarto umano. Era lei, una sorella nata da madre diversa. Era lei, quel qualcuno che non l’avrebbe mai rifiutata perché troppo simili. Era lei, era la soluzione a tutti i suoi vuoti, a tutte le sue mancanze. Flandre amava cacciare da sola, amava vivere da sola. Ma nel suo piccolo cuore, ormai annegato nel buio, ancora desiderava qualcuno con cui condividere le sue abilità, le sue capacità e i suoi piaceri. Era lei, era lei, era maledettamente lei. Il caso, la sorte, il destino: di chiunque fosse il merito, aveva trovato un nuovo punto di riferimento.
    Quando il delirio prese vita di fronte ai suoi occhi, quando il mondo si tinse di rosso, le urla si levarono alte nel cielo, il dolore impregnò l’aria e la gioia, la frenesia, il furore e la superiorità di quella donna si fecero concrete e tangibili, in Flandre si accesero una brama livida e una smania irrefrenabile . Attirata dai suoni, dai profumi, dagli odori e dalle immagini, piantò le sue unghie nella corteccia secca di un albero, si issò rapida, veloce fino ad un ramo spesso, sufficientemente grande da reggerla. E osservò con l’acquolina in bocca, la pancia che brontolava e ululava. Irrigidì ogni muscolo per evitare di lanciarsi verso di lei, verso quel banchetto succulento. Ingoiò la fame, la saliva, la voglia di scaldarsi in un quel mare rosso, il desiderio di rosicchiare le vertebre e i nervi e rimase immobile, tremando, rabbrividendo di eccitazione, di volgare piacere fisico. Aspettò, si controllò, sopportò quello spreco di cibo, quel bagno scarlatto finendo persino col mordere se stessa, ma rispettò la compagna alfa, la creatura che stava suggendo il sangue con un piacere quasi paragonabile al suo. Soffocò un ringhio, una richiesta di unirsi al banchetto, e avvertì lei stessa un’ondata di calore e il sapore ferroso sulla lingua quando la guancia dell’ultima bambina venne strappata via da un morso. Deglutì acqua, masticò a vuoto, leccandosi ancora, ancora e ancora la bocca, pulendosi la ferita auto-inferta. Non bastava. Quelle due misere gocce scure non erano niente, nulla, neanche un piccolo assaggino. Aveva fame, tanta fame, troppa fame. Soffriva, ed era convinta che, se non avesse fatto subito qualcosa, sarebbe finita con l’attaccare l’unica creatura viva nei paraggi. E non le sembrava la scelta più intelligente da fare.
    Incapace di resistere oltre, si lasciò sfuggire un sospiro, un mugolio tra le labbra e saltò giù, dandosi la spinta con le mani e con i piedi, lanciandosi verso la fanciulla in bianco a braccia aperte. Non ci restò male quando le mani dell’altra –e i suoi artigli- si chiusero sui suoi polsi, tenendola sollevata a mezz’aria. Sorrise, scoprendo i canini da vampiro, dondolandosi appena con i piedi e inclinando il capo di lato. Da quella distanza, Flandre poté specchiarsi nei suoi occhi preziosi, venendoci quasi risucchiata dentro. L’espressione della ragazza era, allo stesso tempo, perplessa e infastidita.
    «Mi piaci anche più di prima!» esclamò la bambina ridendo, senza distogliere lo sguardo da lei, allargando le narici, mentre lo stomaco, sempre più fastidioso, reclamava un pasto. Non voleva attaccarla, non voleva mostrarsi ostile nei suoi confronti. Non aveva minimamente preso in considerazione una possibile reazione della sua nuova compagna, ma non importava. In caso le cose fossero andate nel verso sbagliato, Flandre era pronta a giocare un po’, giusto per sventolare bandiera bianca poco dopo. Non si era mai sentita così euforica, salvo le volte che aveva dovuto lottare per guadagnarsi da vivere. Non si era mai sentita così leggera. Le piaceva la persona che aveva davanti; le era anche piaciuta quella presa in grado di staccare le mani ad un qualunque essere umano. Ma la vampira aveva la pellaccia dura e non si lasciava catturare se non lo desiderava. Tanto meno rischiava ferite e danni se non poteva trarne qualche interesse.
    Sentì le mani della giovane allentare la stretta e venire accompagnata a terra da quelle stesse dita, in un moto quasi involontario, come se la sua nuova sorella di sangue stesse valutando il da farsi. La bambina sfilò piano i polsi dalla morsa e si accucciò sul selciato, poggiandosi coi palmi sul sentiero, piegando le ginocchia. Sbatté le palpebre più volte, senza smettere di guardarla, senza smettere di sorriderle entusiasta. Attese qualche secondo, come se si aspettasse una sorta di risposta, un commento, qualche parola. Poi, come se i suoi pensieri si fossero aggrovigliati tutti assieme, la bambina demoniaca scattò. Fece pressione sui piedi, spostò il peso e si diede una spinta in avanti e verso l’alto, gettandosi con tutto il corpo contro la persona che aveva davanti. Trovando solo una minima, naturale resistenza, il peso esiguo e la forza non irrilevante di Flandre, combinati insieme, fecero rovesciare la sua compagna di giochi direttamente sulla schiena con un tonfo. La bionda sopra e la ragazza dai capelli bianchi sotto. La vampira la annusò per brevissimi istanti, prima di avvicinarsi con gli occhi spalancati al viso dell’altra e pulire una guancia sporca appena di sangue. Leccò piano, quasi timorosa, assaporando il gusto ferroso del sangue fresco. La ragazza aveva uno strano sapore, che si mescolava perfettamente con quello del sangue, rendendolo quasi… più intenso. Poi si acquattò su di lei, mordendole il vestito dove era sporco di rosso e succhiando piano il tessuto. Rimase lì a guardarla, come un cucciolo che cerca di rendere felice il padrone, aspettandosi un qualche gesto di affetto.
    «Lo so fare anch’io.» disse poi, senza lasciar andare il vestito che stingeva al rosa nei punti macchiati. «Posso trasformarmi anch’io.»
    Fece una pausa, una breve pausa durante la quale il sapore del sangue divenne praticamente impercettibile. Lasciò l'abito, leggermente spiegazzato, e scivolò indietro, spostandosi da lei e sedendosi al suo fianco con le gambe incrociate. Continuò a fissarla con i suoi grandi occhi scarlatti, lisciandosi la coda laterale e sistemandosi il cappellino. Poi si grattò una guancia, fece vibrare piano le ali ancora raccolte contro la sua schiena e trotterellò verso i corpi morti dei bambini, restando sulle quattro zampe, seguita dal tintinnio dei cristalli appesi agli anelli.
    «Però tu sei più bella. E controllata.» disse piano, annusando le carcasse ed esplorando le loro ferite e le mutilazioni. Era un lavoro praticamente perfetto. Meglio di quanto lei non avesse mai fatto. Anche perché, quando Flandre uccideva, avanzava molto meno cibo. Lo strappo sulla guancia fece riaffiorare un gorgoglio di odio represso nel suo cuore; Remilia e il suo viso di perla. Remilia che aveva sfigurato ma che, probabilmente, nel giro di qualche giorno aveva rigenerato ogni ferita. Remilia a cui aveva quasi scoperchiato il cranio. Sbuffò, scosse il capo e si rialzò. Ormai quella era roba vecchia. Vecchia di qualche mese, ma già ammuffita. Non doveva più pensarci. Non sarebbe tornata, mai più. Preferiva vivere per strada, nascondersi nelle rientranze e cacciare senza nessuna restrizione. A parte gli orari, dato che la luce del sole continuava ad essere un problema per lei. Alzò le braccia al cielo stiracchiandosi, continuando ad osservare quel corpo così meravigliosamente offerto a lei ma che non avrebbe mai toccato.
    Prese un respiro profondo e sorrise al demonio di fronte a lei: era felice, felice di aver trovato finalmente qualcuno come lei. Era sorpresa, piacevolmente sorpresa e stordita dall'euforia di quello spettacolo. Era intontita, leggermente intontita dalla fame e desiderosa di affogare la faccia in quelle carcasse aperte. Ma non l'avrebbe fatto e si sarebbe trattenuta. Magari le avrebbe dato fastidio o, così facendo, avrebbe indispettito l'altra. Perciò rimase ferma immobile dov'era, viaggiando con gli occhi dal pasto scoperto alla sua nuova -sperava- futura amica. O compagna di giochi. Una compagna di giochi certamente migliore di quella snob della sorella.

     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Ordine degli Oscuri
    Posts
    33
    Reputation
    +5

    Status
    Anonymous



    Con un sospiro soddisfatto, la ragazza smise di accarezzarsi la pancia, mentre il sapore dolce che aleggiava sul suo palato si faceva più fugace ad ogni secondo che passava, fino a ridursi al semplice ricordo di quel pasto, uno dei più piacevoli di cui avesse potuto godere negli ultimi tempi. Diede una rapida occhiata attorno a lei, nel timore di una presenza estranea, ma non scorse nessuno. Allora, abbozzò un sorriso compiaciuto e, intrecciando le braccia dietro la schiena, si inarcò e volse il capo al cielo, stiracchiandosi per esorcizzare il leggero abbiocco che impietoso aveva attaccato le sue membra. Un mormorio di sollievo sfuggì alle sue labbra, sempre più inarcate in una sincera espressione allegra. Quasi per caso, l'occhio della Heartless cadde per un istante sui corpi abbandonati ai suoi piedi: il sangue aveva smesso di grondare dalle ferite che lei stessa aveva inflitto e, coi volti nascosti dal pavimento o deformati dal suo gioco violento, non parevano tanto diversi da delle bambole, comuni manichini disposti secondo il suo gusto distorto e macabro. Sì umettò le labbra e si avvicinò di nuovo di un passo. Concentrata, rivolse la propria attenzione verso di loro, fissandoli come qualcosa di alieno ed affascinante al tempo stesso. Ridacchiò appena e si stupì di se stessa, non appena se ne accorse, tanto che sentì il bisogno di mascherare subito il gesto portando una mano a coprirle la bocca, nonostante non vi fosse anima viva che potesse deriderla di quel gesto così spontaneo. Era tutto così comico, tuttavia, da non lasciarle altra scelta che ridere in quel modo della fine tanto ignobile di quei poveri, piccoli bambini: probabilmente era tutto frutto di una fantasia un po' troppo sviluppata, di un suo lato bambinesco che ancora restava come strascico della sua vita passata, ma riusciva a vedere una dualità in quei corpi morti che riusciva sempre a sorprenderla. Rapita da quello spettacolo, quasi inconsciamente raggiunse il cadavere più vicino e, senza alcun riguardo, cominciò a giocherellarci spingendolo avanti e indietro con la punta del piede, proprio come un dondolo. Le braccia livide si intrecciavano in maniera scomposta, la bocca dalle labbra cianotiche era spalancata in una posizione grottesca, i lineamenti della defunta bambina deformati oltre ogni limite che Saya credeva possibile. Erano orribili, imbarazzanti, l'ennesima prova che nella morte loro, così come tutte le prede che la bambina aveva cacciato fino a quel momento, non potevano trovare alcuna dignità. Al tempo stesso, però, l'odore ferroso del sangue e il sapore pieno e caldo della carne erano quanto di più afrodisiaco ed inebriante esistesse al mondo. Soprattutto, però, ciò che più amava della caccia era il momento che precedeva la vittoria, quell'istante in cui alla sua preda era concesso gridare e piangere, ammirando il viso della loro carnefice, consapevoli della fine imminente. Nulla, nulla riusciva a farla sentire più viva e, di fronte a quei corpi, poteva rivivere l'estasi di quel prezioso momento ancora e ancora.
    -Diamine...- imprecò a mezza voce con un ghigno sardonico, portando le dita ad accarezzare con delicatezza le proprie labbra. -Se ci penso troppo, rischia di tornarmi fame...-
    Il vento si levò potente, come a richiamare la sua attenzione, i lunghi capelli scuri della ragazza si mossero aggraziati come la coda di un gatto, Saya dovette occuparsi solo di sistemare una ciocca cadutale davanti agli occhi. L'ululo gelido risuonò nell'intera piazza, prima di ritirarsi discreto e, per un attimo, il mondo intorno a lei parve ridestarsi dal sonno in cui era caduto e prendere vita: gli alberi oltre la recinzione che delimitava la piazza agitarono le loro lunghe mani spoglie in una muta supplica, i corpi appesi alle gogne oscillarono, portando a lei il fruscio degli abiti e lo sfregare della corda, lupi lontani intonarono il loro dolce richiamo all'amata luna mentre, da qualche parte, veniva il tintinnio acuto e quasi celestiale di quelli che parevano campanelli.
    Saya mozzò il suo fiato a metà, pietrificò ogni suo muscolo così da non emettere il più piccolo rumore. Il vento si era placato e la musica della notte se n'era andata con esso, il silenzio tornò sovrano. Eppure, qualcosa era cambiato, la giovane poteva percepirlo nell'aria. Affinò i suoi sensi, tese le orecchie e fece scrocchiare le ossa delle sue dita. Annusando l'aria, era come se potesse percepire l'elettricità di cui era pregna, un misto di odori che, sfiorando le sue narici, riusciva a scuoterla con sensazioni che non comprendeva appieno. I suoi occhi non scorgevano nulla, le ombre si estendevano lunghe e si confondevano tra loro in quella notte estremamente buia.
    La giovane socchiuse gli occhi, si estraniò dal mondo attorno a lei e sigillò ogni suo senso. Allora, percepì una debole risposta, trovò l'unica prova di cui aveva bisogno.
    Tu-tum
    Un battito. Era distante, più discreto e lento di ciò a cui era abituata, ma risuonava chiaramente alle sue orecchie allenate. Inspirò l'aria e un profumo distorto la solleticò, le sue mani ne afferrarono filo effimero. Qualcuno la stava osservando, qualcuno era vicino e sull'attenti.
    Aprì le palpebre, per vedere con gli occhi dove conducesse quella traccia che aveva percepito, ma come lo fece trovò la sua intera vista impegnata da un'unica figura. Con il fuoco timido dei lampioni ad illuminare la schiena dell'assalitore, Saya riuscì solo a distinguere un'ombra umana, una figura grande all'incirca quanto lei che piombava decisa dall'alto, come un rapace in picchiata verso la preda. Non c'era tempo di determinarne il sesso, la natura o le intenzioni, tutto ciò che alla giovane bastava sapere era il pericolo che il nemico comportava.
    Senza ragionare, si limitò a rispondere nella maniera che più le si addiceva: spostò indietro il piede sinistro e lo puntò sul terreno per guadagnare stabilità, si chinò appena sulle ginocchia e piegò le braccia come a caricare entrambi i pugni. In un solo istante mutò il suo corpo, le braccia che prima erano sottili e perlacee divennero ruvide e squamose, la pelle si indurì facendosi scura e le loro dimensioni crebbero di colpo, perdendo ogni sembianza umana. Attese la metà di un istante, socchiudendo gli occhi si concentrò per trovare l'attimo migliore: vide il suo nemico farsi più vicino, lo vide spalancare le braccia, forse per avvinghiarsi a lei e catturarla, mentre la sua bocca si apriva vorace, mostrando i canini sporgenti che splendevano di una luce assassina.
    Fu quello il momento in cui colpì. Distese di colpo i suoi arti e chiuse gli artigli sugli avambracci piccoli e fragili di quell'incauto predatore. Ne tastò per un attimo la consistenza ed un sorriso beato fece capolino sul suo volto. Senza parole e senza alcun riguardo, stritolo quelle ossicina con la potenza di una pressa, già eccitata al dolce suono che esse le avevano sempre regalato al momento della frantumazione. Premette, ma le rispose solo il silenzio, scandito dal ritmo di tanti piccoli cristalli di vetro che, come dotati di vita propria, tintinnavano ritmicamente ad ogni loro scontro.
    Per qualche lungo, imbarazzato secondo, Saya si dimenticò di respirare. Smise di stringere gli arti dell'assalitore non solo perché aveva ormai capito la sua inutilità, ma anche perché aveva di colpo perso l'istinto vendicativo che l'aveva spinta a reagire con tanta risolutezza. Si limitò a sorreggere quella figura lì a mezz'aria, sorpresa e confusa allo stesso tempo, mentre cercava di coglierne ogni dettaglio del suo insolito aspetto. Ad attaccarla, infatti, era stata una bambina esattamente come lei. Vestiva elegantemente, con il suo abitino rosso e bianco con le corte maniche a sbuffo che la faceva apparire proprio come una bambola in stile vittoriano, intonandosi alla perfezione con i capelli biondi lunghi solo fino alla nuca ed il cappellino adagiato deliziosamente sul suo capo. Quegli stessi abiti, eppure, parevano anche fuori posto: sporchi, segnati da strappi qua e là, come se la loro proprietaria avesse viaggiato molto senza trovare il tempo o l'interesse di curare se stessa. Ben altro, tuttavia, era degno di attenzione, e con sospetto la Heartless si concesse qualche secondo per squadrare le ali diafane che pendevano dalle sue scapole, atrofizzate al punto da non sembrare nulla più che rami secchi conficcati nel suo corpo; da esse pendevano numerosi gioielli dai colori dell'arcobaleno, gemme che Saya, annuendo tra sé e sé, riconobbe come gli strumenti che aveva udito tintinnare poco prima, nonché coloro che l'avevano salvata da un grande pericolo. Fissò persa quelle appendici, incapace di decifrarne il significato, finché non si accorse dell'innocente sorriso comparso sul volto della ragazza, che la fece rabbrividire da capo a piedi di un momentaneo timore viscerale. Fu rapita dai canini appuntiti e sporgenti che sbucarono oltre le sue labbra ghignanti e dagli occhi scarlatti come la più calda delle fiamme. Tutti quei dettagli erano sufficienti per Saya a sviluppare qualche teoria e, sebbene lontana dalle stereotipiche forme a cui era abituata, la prima intuizione fu quella di accomunarla ad un vampiro. E infine, ciò che la preoccupava più di tutto, era il dolce profumo che aleggiava come un'aura sinistra attorno alla piccola: sapeva di sangue, le sue vesti ed il suo corpo erano pregni della linfa vitale di innumerevoli esseri umani. Compagne in uno stesso passatempo, quindi, un motivo più che valido per essere come minimo guardinga.
    -Tu che diavolo...- bofonchiò con titubanza e fastidio, ma la sconosciuta si dimostrò totalmente ignara al suo tono.
    -Mi piaci anche più di prima!- esultò la bambina, che scalciava giocosamente e sorrideva con quel suo viso entusiasta tanto da essere rivoltante. Saya riuscì solo ad inarcare un sopracciglio a quelle parole, così perplessa da non sapere nemmeno lei cosa stesse provando in quel momento. Mentalmente, però, rivalutò il suo pensiero di avere a che fare con un vampiro: più che il sovrano della notte, infatti, quel mostro di allegria le ricordava un pulcino. L'idea non la rendeva entusiasta.
    Saya indugiò un'istante sull'idea di lasciarla andare, ma prima che la sua ragione arrivasse ad una conclusione furono le sue braccia a cedere e, quasi inconsciamente, i suoi arti si abbassarono appena abbastanza da permettere alla vampira di toccare terra con i suoi piedi. Solo allora, con un sospiro, quella lasciò cadere le mani ai suoi fianchi, confusa lei stessa da quella sua scelta. Gli eventi si erano susseguiti semplicemente troppo in fretta, si disse per giustificarsi, e la cosa più importante era cominciare con il mettere la giusta distanza tra di loro, in attesa di decidere quale sorte riservare a quel piccolo animale.
    Come ella la accompagnò a terra, la bambolina si sfilò via dalla sua presa, come se persino quello fosse un gioco per lei. La Heartless aggrottò la fronte, ma non disse una parola, si limitò a continuare la sua osservazione: la sconosciuta si accucciò a terra, gambe divaricate e braccia appoggiate al selciato di fronte a lei, sorriso enorme sul suo volto alzato verso di lei che stava ancora in piedi. Di nuovo, sembrava aver cambiato animale a cui ispirarsi e quel suo nuovo atteggiamento era identico a quello di un fedelissimo cagnolino.
    -Senti...- insistette Saya, nel tentativo di domare l'irruenza della sua controparte. Non voleva lasciare il controllo della situazione in mano a quella ritardata, fin troppo imprevedibile per i suoi gusti, e al tempo stesso c'erano veramente troppe domande che necessitavano risposte, prima fa tutte che cosa volesse quella da lei.
    Mosse un passo avanti, con la sola e semplice intenzione di instaurare finalmente un dialogo almeno dalla parvenza logica, ma non appena la vampira spalancò di nuovo la sua bocca con aria sorniona, Saya comprese di aver fatto la scelta sbagliata e portò le mani avanti a sé, per difendersi dall'assalto. Uno sforzo inutile.
    La piccola fletté le gambe, piegò i gomiti e si spinse con quanta forza possedeva in corpo addosso a lei. Saya incespicò per un istante, portò le braccia ai fianchi là dove la sconosciuta l'aveva afferrata, cercando di scrollarsela, ma prima di avere successo si ritrovò con la schiena a terra contro il freddo selciato. Un mugolio dolorante sfuggì alle labbra di Saya, che mostrò feroce i denti, già pronta a rispondere ad un tale affronto. Il suo braccio scattò subito, si alzò alle spalle della bambina e, prese ancora le stesse sembianze disumane, calò come una tenaglia verso il collo della ragazzina, con la convinzione di Saya che, a differenza della volta precedente, non ci sarebbe più andata così piano.
    Il suo movimento si fermò tuttavia a mezz'aria, perché l'altra fu più rapida a comportarsi secondo i suoi desideri, sorprendendo la Heartless al punto da renderla completamente incapace di reagire, immobile quasi quanto i cadaveri che si era lasciata attorno.
    Dapprima, la ragazza credette di essere stata baciata. Vide il volto della più piccola avvicinarsi pericolosamente, sentì il calore del suo respiro solleticarle la guancia e poi un tepore umido accarezzarla. Spalancò la bocca, basita, e cercò di spostare gli occhi verso destra, per capire meglio cosa stesse accadendo: trovò la ragazzina che, a occhi chiusi, passava diligentemente la lingua sulla sua pelle, prima timidamente poi con maggior foga ogni volta che ripassava su quello stesso punto. Per qualche istante, Saya rimase immobile, intenta a fissare con un misto di curiosità e perplessità l'attività della giovane: non c'era imbarazzo, non vedeva nulla di equivoco in quello strano gesto, così fuori dall'ordinario.
    Si era quasi decisa a parlare, ma la bambina si separò da lei e, rotolandosi quasi su se stessa, scese verso i lembi del suo abito bianco, lordi di sangue scuro. Con la stessa serietà con cui si era dedicata a lei, la creatura chiuse tra i denti la stoffa e prese a succhiare. Subito un verso di disappunto sfuggì a Saya, che tirò con le mani l'abito per toglierglielo dalla bocca. Se da un lato, però, temeva di strapparlo agendo troppo bruscamente, dall'altro si tolse ogni dubbio, la piccolina mirava alla linfa vitale di cui era pregno come una spugna. Beveva inginocchiata sulle sue gambe di fanciulla, reggendo la gonna con entrambe le mani quasi in venerazione, con espressione estatica. La Heartless si chiese se ella non si fosse dimenticata di lei, così rapita dal suo... spuntino, concluse Saya, per quanto non totalmente convinta della risposta.
    Contro le sue aspettative, però, la vide alzare lo sguardo, i suoi enormi rubini splendenti erano rivolti all'assassina. Erano in attesa, si aspettavano qualcosa che ella non riusciva a decifrare. Tuttavia, pur non comprendendo il comportamento di quella creatura, una risata compiaciuta nacque dal profondo della sua gola, una risata che discretamente regolò con la mano, portata a nasconderle la bocca. Era tutto troppo strano e, tutto sommato, non si sentiva nemmeno troppo infastidita da ciò. Era abituata a suscitare il terrore nella gente, era con esso che amava far riconoscere la propria superiorità. Dell'ammirazione e della lealtà non si era mai molto preoccupata, né aveva mai sprecato tempo a costruirle: trovare qualcuno che condividesse la sua scala di valori, dopotutto, era alquanto difficile e, anche se esistesse, sarebbe stato più facile che diventassero nemici anziché alleati. Eppure, l'atteggiamento di quel piccolo animaletto non lasciava quasi dubbio alcuno: non ne capiva la ragione né se esistesse, tale ragione, ma di certo ella non aveva occhi che per lei, pur non conoscendola nemmeno.
    -Lo so fare anch'io!- esultò quella, aggrappandosi ancora di più al suo vestito con le mani. Saya si fece indietro con il capo, confusa da quell'affermazione improvvisa. -Posso trasformarmi anch'io!-
    La ragazza spalancò gli occhi e alzò le sopracciglia. Mostrò sorpresa solo per un istante, tuttavia, prima di mostrare un ghigno compiaciuto che coprì con le dita della mano destra, accarezzandosi le labbra. Era compiaciuta dal suo stesso giudizio, poiché pareva non si fosse sbagliata a studiare per bene la situazione prima di compiere azioni troppo definitive. Per un istante si massaggiò il mento, squadrando da capo a piedi quella bambina che trotterellava a quattro zampe verso quelli che, fino a pochi minuti prima, erano suoi coetanei. Annuendo tra sé e sé, giunse subito alla conclusione che poteva fidarsi di quelle parole: così sciocca ed estroversa, faticava ad immaginare che tutto quel teatrino fosse stata solo una esperta messinscena e, partendo da tale presupposto, non riusciva proprio ad immaginare la piccola a dire una menzogna.
    “E se così fosse.” proseguì, avvicinandosi di qualche passo alla fanciulla, che le voltava le spalle. “Potrei supporre che sia un Heartless come me, o qualcosa di molto simile.”
    La ragazza chiuse gli occhi e si estraniò una seconda volta dal mondo attorno a lei. Esattamente come prima lo udiva: lento e più debole del normale, ma c'era senza dubbio un cuore che pulsava di energia dentro di lei, ma energia oscura, ben poco appetibile come ammazza-fame.
    Entrare nell'Ordine degli Oscuri era stata una scelta di cui era fiera ed era certa che i vantaggi non avrebbero tardato ad arrivare, ma al tempo stesso era estremamente fastidioso come, in quanto ultima arrivata all'interno di un gruppo di Heartless tanto potenti da mantenere forma umana, nessuno si rivolgesse a lei con anche solo un'oncia del rispetto che avrebbe meritato. Certo, battibeccare con Rei poteva essere divertente, ma dover intrattenere relazioni umane paritarie era qualcosa a cui, semplicemente, non era abituata e di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Si domandò allora, scuotendo il capo con un mezzo sorriso, se non potesse essere quella la ragione per cui aveva sopportato così docilmente l'invadenza di quella creatura.
    -Però tu sei più bella. E controllata.-
    Altre parole di ammirazione, per l'ennesima volta Saya si concesse di ridacchiare e si lasciò sentire nel farlo. Come un cucciolo che ha ancora tanto da scoprire del mondo, la piccola annusava i corpi, tastava con stupore le ferite, giocherellava curiosa con i loro pesanti arti e con le ossa che scricchiolavano dentro quegli ammassi di carne. Tastava, provava il terreno, eppure si ritraeva subito dopo; le sue intenzioni erano più che evidenti agli occhi di smeraldo della ragazza.
    -Mmmh...- mugolò rumorosamente, incrociando le braccia e volgendo gli occhi al cielo così da attirare l'attenzione della piccola: data la sua insistenza, Saya aveva deciso di stare al gioco, almeno per il momento. Dopotutto, si era già divertita con quei bambini e non era così ingorda da andare a cercare subito altre vittime; come se non bastasse, poi, dubitava avrebbe trovato qualcosa di più interessante di quanto aveva davanti in quel momento, non facilmente almeno.
    Fece infine un passo avanti, mettendosi affianco alla creatura. Si piegò sulle ginocchia e afferrò il corpo più vicino, quello del bambino mascherato da spettro. Lo spogliò del costume e degli abiti sottostanti con l'abilità di chi, schizzinosa sul proprio cibo, aveva compiuto quel gesto non poche volte. Lo strattonò poco sotto l'ascella con una mano trasformata in abominio, mentre l'altra affondava gli artigli appena sopra la vita. Inspirò a fondo, avvicinò il viso al suo fianco e spalancò le fauci. Prima tastò la carne morbida, punzecchiandola appena con i denti affilati, poi conficcò le sue zanne nei muscoli e strappò con un unico, possente tiro. Un grosso pezzo di carne si strappò filaccioso dal resto del corpo, le costole apparvero bagnate di sangue, ma completamente pulite se non per qualche sporadico pezzetto di carne ancora aggrappato ad esse. Con le sue mani uncinate afferrò i due lembi opposti e tirò con forza finché quel piatto squisito non fu diviso in due porzioni, una molto più abbondante dell'altra.
    -Mi sono lasciata trasportare, non sarei certo in grado di mangiare tanta carne in una volta sola. Puoi favorire, se vuoi.- Senza tante cerimonie, anche perché si aspettava che l'altra avrebbe apprezzato di più in quel modo, le gettò il pezzo più grosso e succulento con naturalezza come se le stesse passando una palla. Quello che le era rimasto in mano, invece, lo annusò una volta, portandolo vicino al viso, quindi ne strappò un boccone e masticò soddisfatta, lasciando scendere la mano e il resto accanto a lei.
    Si fece allora un po' indietro, tastando con la mano libera dietro di sé. Quando trovò la fontana, si spinse in su con l'arto e vi si sedette, prima di dare un altro morso e osservare dall'alto, con la fronte corrugata e con una buona dose di attenzione, la sua commensale.
    -Dì, come ti chiami?- domandò perentoria, deglutendo il boccone, ma senza addolcire l'espressione. -E che razza di creatura sei? Non un Heartless, o sbaglio?-

     
    Top
    .
  4. Elation
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    ---------------------------------------------------------------------------------

    Mosse ancora il viso verso quel corpo morto, lo annusò con interesse, sollevò un braccio mollemente abbandonato a terra e si preparò a tuffarci il viso. Deglutì a vuoto, cercando di ricacciare indietro quel bisogno difficilissimo da tenere a bada. Un rivolo di saliva si affacciò ad un angolo della bocca e Flandre se lo leccò via, rendendo ancora più nera la sua fame. Un leggerissimo retrogusto ferroso in quel frammento liquido. Flandre si morse la lingua e strinse i denti, ritraendosi come di fronte ad un nemico o a qualcosa che la infastidisse. Ma più si allontanava, più la voglia di riavvicinarsi aumentava. Più si negava quel piacere, più il desiderio di prenderselo si faceva potente. La sua mente si annebbiò e per qualche istante; nel vuoto più totale, erano rimaste solo le richieste sempre più insistenti del suo stomaco e quel profumino invitante. Non c’erano più nemmeno i corpi morti. Non c’era più nemmeno la ragazza. Non c’era più nemmeno lei stessa. Solo fame e il combustibile per attizzarla ulteriormente. Si rese conto di essere rimasta per diversi secondi a fissare il vuoto quando la voce sottile della sua nuova compagna comandò ai suoi nervi di riprendere coscienza di dove si trovasse e cosa stesse facendo. Si ritrasse su se stessa, come se fosse stata rimproverata e voltò il capo con espressione interrogativa, gli occhi rossi spalancati come per chiedere scusa di qualcosa che non era sicura di aver commesso. Ci teneva a lei, voleva farsela amica. Se non altro, per non essere più da sola durante la caccia. Per quanto non le dispiacesse correre libera e non avere regole, Flan non era nata per vivere isolata, nonostante l’avessero cresciuta come tale. A lei piaceva stare con gli altri, anche quando gli altri non condividevano i suoi gusti. A lei piaceva avere qualcuno con cui giocare. Indipendentemente se quest’ultimo fosse consapevole di essere il giocattolo, la preda o chi per essa. Ma in quel momento, vicina a quella fanciulla tanto bella, Flandre si stava riscoprendo desiderosa di una spalla. Non cercava una leader, ma se ne sarebbe fatta una ragione, se si fosse trattato di una volta o due ogni tanto. Con il dorso della mano si asciugò la striscia umida che le era colata fino al mento e osservò, con la mente sgombra, l’altra avvicinarsi a lei.
    La ritrovò al suo fianco, china sulle ginocchia. Osservò i suoi gesti mentre privava la carcassa minuta di ogni indumento. La vampira si morse le labbra, seguendo i movimenti della fanciulla senza staccarle gli occhi di rubino di dosso, rapita da quelle appendici demoniache. Ricacciò in gola il desiderio di incollarsi ad esse e ripulirle dal rosso, spinta dalla fame e, probabilmente, anche un basilare desiderio di morderla, dato che cominciava veramente a non sopportare più quel rombare insofferente del suo stomaco vuoto. La osservò stordita mentre assaggiava la carne, mentre tirava i lembi di quel cadavere, mentre le ossa si spezzavano, lo sterno seguiva l’attaccatura delle ossa e il sangue gocciolava verso il basso ticchettando ritmicamente. Il cuore pregno di oscurità di Flandre si sincronizzò all’istante con quel tamburellio, accelerando il ritmo e spingendola sempre di più ad avventarsi sul pasto. L’odore, il colore, la fragranza ferrosa sulla lingua, il rombo disturbato e impaziente dalla voragine nella sua pancia. Aveva fame. Tanta fame. Deglutì un grumo denso di saliva e distolse lo sguardo. Doveva controllarsi. In fondo, stava cercando di farsela amica, no? Non era attratta da lei solo per il cibo. O meglio, in quel momento sì, ma in generale no.
    «Mi sono lasciata trasportare, non sarei certo in grado di mangiare tanta carne in una volta sola. Puoi favorire, se vuoi.»
    Sbarrò gli occhi sorpresa, schiudendo leggermente le labbra come se non avesse capito. Eppure era così semplice. Le stava dicendo che avrebbe condiviso il pasto, che la vampira era qualcuno con cui avrebbe mangiato volentieri. Di altre ipotesi non si preoccupò. Nella testolina annebbiata della bionda, l’uguaglianza era lampante: favorire uguale qualcosa per lei. E quel qualcosa per lei le fu gettato ai piedi. Rivolse appena uno sguardo alla fanciulla mentre mangiava, prima di rimuovere ogni freno e tuffarsi con un verso soddisfatto sulla carne che le era stata offerta. Piantò le unghie spesse nella pelle superficiale, strappandola via e divorandola nel giro di pochi istanti. Leccò la carne scuoiata, prima di affondarci i denti e strapparla con uno strattone, masticando vorace e ripulendosi mano a mano i residui di sangue dal viso e da sotto le unghie. Niente di tutto quel cibo andava sprecato, non con tutta quella fame, non con quel brontolio insaziabile. Le ali vibravano di felicità, o comunque di un'emozione che la bambina avrebbe definito come tale, tintinnando lugubri ad ogni suo movimento. Piantò gli artigli in profondità, fino a raggiungere le ossa rimaste della cassa toracica; strappò via tutto, lacerò ogni cosa e divorò ogni centimetro di tessuto, finché non restarono solo le ossa, ripulite da ogni residuo. Morse persino quelle, finché le schegge dure non le confermarono che non c’era più niente di umanamente commestibile. Se non fosse stato che aveva ancora carne morbida, non molta, nei resti sotto di sé, probabilmente Flandre si sarebbe spazzolata via anche quelle.
    «Di’, come ti chiami?» La bambina spezzò un nervo duro con i denti, sorridendo e abbandonando le braccia lungo il busto. «E che razza di creatura sei? Non un Heartless, o sbaglio?»
    Afferrò l’ultimo pezzo del pasto, se lo portò alle labbra e lo addentò, sbriciolando nella morsa anche qualche frammento d’osso. Mandò giù il boccone e cominciò a pulirsi le mani suggendo via il nettare rosso. Si ripulì con cura, controllando di non avere più nessuna traccia di sangue nemmeno attorno alle labbra.
    «Flandre,» rispose dopo un po’, voltandosi verso la sua compagna. Si lasciò cadere indietro di schiena, lunga distesa sulla strada. Alzò le braccia verso l’alto e chiuse piano le dita facendo schioccare le giunture.
    Heartless? Quei cosi neri con gli occhi gialli? Quelle creature che aveva morso e non avevano per niente un buon sapore? E che non era nemmeno riuscita a masticare. Perché avrebbe dovuto essere una formica gigante? Che creatura era? Si portò una mano vicino alla bocca, con fare pensieroso e cominciò a mordicchiarsi le dita. Riassunse tutto ciò che sapeva di sé in pochi e semplicissimi pensieri: lei era una vampira, non le piaceva il sole, le piaceva la carne, le piaceva cacciare e non sopportava la sorella. Che cos’era?
    «Sono una persona,» rispose semplicemente, grattandosi la testa, non sapendo come classificarsi. Non era umana perché era un vampiro, non era un’Heartless perché… perché non lo era. Doveva ancora capire bene cosa fossero, quegli esseri strani che la fissavano quando passava e che, ogni tanto, la seguivano. Si era domandata più volte che cosa fossero, ma, quando la risposta aveva tardato ad arrivare all’ennesimo tentativo, aveva rinunciato a scoprirlo e aveva smesso di chiederselo. L’unica soluzione possibile sembrava essere la più generica di tutte: era una persona. Non conosceva altro di particolare.
    Si rimise seduta, poi sulle quattro zampe saltellando e trotterellando allegramente verso la sua compagna, seduta sul bordo di una fontana che aveva precedentemente ignorato. Si fermò vicino ai suoi piedi, accucciata, fissandola intensamente.
    «Perché? Secondo te cosa sono?»
    Il gorgoglio stagnante dell’acqua faceva drizzare le sue orecchie, attente a captare tutti gli altri suoni: copriva i rumori più bassi, a quella distanza, e, in caso ci fossero state altre prede, altre vittime, lei se ne sarebbe accorta solo con l’olfatto. La cosa non le andava molto a genio, ma arrivata ad uno stato accettabile di sazietà, Flandre si rassegnò a non cacciare oltre per rispetto nei confronti della sua nuova compagna. Di cui non sapeva ancora il nome.
    «E tu come ti chiami?» aggiunse quindi, mettendosi seduta e non più carponi, abbracciandosi le ginocchia e abbozzando un sorriso. Non era mai stata brava a parlare con gli altri, aveva passato molto tempo a conversare con se stessa o con oggetti che non rispondevano; non sapeva quale fosse il modo giusto per approcciarsi, né distinguere tra un’offesa, una provocazione o una frase cortese. Cercava solo di comportarsi nel modo più educato, interessato e rassicurante possibile. Stava combattendo la tentazione di saltarle addosso per annusarla e assaggiarla, in modo da ricordarsi meglio il suo odore, il suo sapore e il suo aspetto. Ma anche nella poca comprensione che aveva del mondo, Flandre capiva che quello non sarebbe stato un gesto carino, né tanto meno amichevole. Dunque se ne stava lì, cingendosi le gambe per evitare che si muovessero da sole e che la portassero ancora più vicina all’altra con un movimento involontario. Una volta avuta la posizione, sarebbe stato difficile controllare tutto il resto, la bocca in particolare, e quindi cercare di arginare l’eventualità in partenza.
    Ne vale la pena,” si disse, “se voglio stare con qualcuno come me.

     
    Top
    .
  5.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Ordine degli Oscuri
    Posts
    33
    Reputation
    +5

    Status
    Anonymous





    Come la ragazzina si gettò entusiasta sul proprio spuntino, Saya realizzò che era la prima volta che poteva osservare qualcuno condividere con lei il desco e saziarsi con il cibo che più amava al mondo. Per lunghi secondi non poté far altro che osservare divertita, e a suo modo anche affascinata, la ragazzina che affondava i denti affilati nei muscoli, strappando con naturalezza i tessuti che divorava vorace senza quasi perdere tempo a masticare: il sangue imbrattava il suo volto e le sue mani, tingendola di un rosso vivo che pareva quasi innocua tempera. L'impulsività e il disordine con cui si buttava sul suo pasto erano a loro modo carini, ma completamente privi di grazia: c'era solo istinto nei suoi gesti, una brama di sangue senza dubbio ammirevole, ma fin troppo pacchiana. Tra loro due, la piccoletta pareva un Heartless molto più di lei e, se i suoi sensi non le avessero detto il contrario, Saya stessa ne sarebbe stata convinta. Eppure il cuore che batteva nel petto della bambina era corrotto dall'oscurità, ma non divorato da essa: apparteneva a lei, non alle tenebre.
    La giovane ponderò la questione un altro poco, mentre portava all'altezza del capo la mano destra che reggeva ancora uno stralcio pulsante di carne. Lo osservò contro la luce della luna, affondò le dita nel caldo rossore e come una spugna percepì il sangue fluire sul suo palmo. Tenendolo stretto con la punta dell'indice e del pollice lo portò alle sue labbra e lo lascio cadere. Strinse con i denti e masticò per bene una manciata di volte, prima di deglutire quell'ultimo boccone. Portò le dita a sfiorare la lingua e si pulì con delicatezza i polpastrelli, succhiando via quanto era rimasto del caldo nettare. Sospirò soddisfatta e, placidamente, abbandonò il braccio dietro di sé, andando a sfiorare lo specchio d'acqua smeraldina che ondeggiava nella fontana, mentre le bocche di gargoyle e bestie da incubo continuavano a vomitarne nuova. Chiuse le palpebre per qualche istante, inspirando a pieni polmoni la piacevole aria pungente della notte.
    -Flandre.-
    La voce allegra e soddisfatta dell'altra la prese alla sprovvista e le fece spalancare gli occhi di colpo; li sbatté una volta confusa, ma comprese il significato di quella parola appena scoprì la piccolina che la fissava come orgogliosa di sé, mentre puliva dal suo volto gli ultimi segni di rosso. Aveva risposto alla domanda che, per un istante, Saya si era dimenticata di aver posto.
    “Flandre...” ripeté la giovane nella sua mente, portando la mano destra a massaggiarsi le labbra con aria pensosa. Un nome dal suono dolce, rifletté, che bene si accostava a quella figura così semplice all'apparenza, un nome che per quanto inusuale non la sorprese affatto. Avrebbe almeno tentato di ricordarlo, fintanto che l'interesse che provava verso l'altra non avesse cominciato a scemare.
    La Heartless dondolò un poco con la schiena, alla ricerca di una più comoda posizione. Lanciò uno sguardo distratto alla sua interlocutrice e la vide intenta a stiracchiarsi alzando le braccia come a stracciare il cielo scuro, soddisfatta di se stessa. Quando i loro occhi si incontrarono di nuovo, tuttavia, Saya notò le iridi scarlatte della bambina distogliersi dalle sue, scendere confuse verso il basso, mentre le dita si infilavano quasi inconsciamente tra le sue fauci, che presero a mordicchiarle giocose, quasi stesse cercando di raggiungere il nocciolo dei pensieri nascosto dentro di lei e sradicarlo fuori. La ragazza non le mise fretta, accavallò le gambe, accompagnata dal docile frusciare del suo abito, e inclinò il capo che reggeva con il pugno chiuso della mano sinistra. Si sistemò un istante i capelli, abbandonandosi a quel silenzio, mentre attendeva la risposta alla domanda che più suscitava in lei curiosità. La voce che rispose alle sue aspettative fu così spensierata e non curante da lasciarla spiazzata più di ogni altra cosa che avesse vissuto in quella serata.
    -Sono una persona.- concluse con semplicità Flandre, grattandosi la testa confusa quanto colei che l'ascoltava.
    Saya sbatté le palpebre un paio di volte, lasciò scorrere i secondi ma non vide l'espressione dell'altra mutare: la fissava con gli occhi spalancati, animata da vivida curiosità. -Perché? Secondo te cosa sono?- domandò, con la sincera speranza negli occhi brillanti di trovare in lei una risposta a quell'arcano.
    La ragazza alzò lo sguardo verso le stelle, come per contemplare un attimo la questione, trascinata dai modi incalzanti della più giovane. Si accorse di essere caduta in quel “tranello” solo quando udì distrattamente il rumore dei suoi passi veloci mentre si avvicinava a quattro zampe, persa nel suo gioco al punto da confondersi con uno dei bambini che si erano lasciate addietro come cadaveri dilaniati.
    “Un cane.” fu il suo primo pensiero a quella vista, e rapida portò una mano davanti alla bocca per nascondere il ghigno superbo che aveva premuto contro le sue labbra per uscire libero. “Un cane con un paio di... ali... ed una faccia carina.”
    -Cosa sei?- ripeté allora, lanciandosi in avanti e balzando in piedi di fronte alla piccola: fletté le ginocchia e si sorresse su di esse con i palmi, chinandosi amichevolmente verso quell'animaletto carino, ma mantenendosi appena più alta di lei. -Più umana di me, almeno all'apparenza.- ammise con un sorriso ambiguo. Lentamente allungò il braccio verso di lei, le sfiorò la gota con le dita. Pelle liscia e candida, una vera bambolina. Strinse appena gli occhi e, con dolcezza, pizzicò amichevole la sua guancia, tirandola appena con fare giocoso. -Di solito, però, non mi fermo così a lungo a parlare con un umano senza mangiarlo prima, questo vorrà pur dire qualcosa.- concluse, nascondendo con un “onesto” sorriso i suoi veri pensieri: era piuttosto fiduciosa nelle sue capacità di valutare il prossimo e, ne era certa, quel tenero cucciolo avrebbe preso a scodinzolare come un matto se solo gliene avesse dato una ragione.
    -E tu come ti chiami?-
    La voce della bambina trillò ancora felice. Saya deglutì una volta, ingoiando il boccone stucchevole che Flandre la obbligava ad ingoiare e si rialzò di nuovo in piedi. La piccola rotolò a sedere e si cinse le ginocchia con le braccia, mettendosi in ascolto.
    -Io? Mi chiamo Saya.- annunciò quella, portando con enfasi la mano al petto, sfiorando appena il suo abito candido, afferrandone poi i lembi per esibirsi in un cordiale quanto inaspettato inchino. -È un piacere conoscerti.-
    Si compiacque di se stessa e della propria recitazione, ma fece ben attenzione a non lasciarlo trapelare: quella che doveva essere una semplice serata spensierata le aveva riserbato una sorpresa inaspettata e un istinto, che non sapeva se appartenesse a lei come persona o alla sua razza, le suggeriva che quell'occasione fosse troppo preziosa per permettere che andasse sprecata. Saya sapeva come agire, non era la prima volta che circuiva qualcuno e con Flandre sarebbe stato, letteralmente, facile come rubare le caramelle ad una bambina. Si perse per un istante in quegli occhi innocenti ed entusiasti che la fissavano dal basso: avrebbe dato a loro qualche spettacolino da ricordare.
    -Io sono una Heartless, da molto tempo ormai.- raccontò, incrociando le braccia nel finto atto di sforzarsi di ricordare. Fece scivolare discretamente la mano sinistra sotto l'altro braccio, tenne l'arto stretto al petto mascherando solo in parte le mutazioni del suo corpo: la carne si tese come un elastico, numerose crepe apparirono su di essa e, ad uno schiocco di dita, i suoi muscoli parvero sfaldarsi come in filamenti che, avvinghiandosi su loro stessi, lunghi carnosi, formarono tre lunghi tentacoli. Il movimento fu rapido e subito Saya li portò ad arruffare i capelli della sua spettatrice. -E ringrazio ogni giorno di esserlo diventato. Il potere che ho scoperto mi fornisce... un discreto numero di sistemi per rendere proficue le mie battute di caccia.-
    Con teatralità, porto le appendici alte sopra la sua testa e, silenziosamente, come vermi che tornano alla terra si ritrassero ed intrecciarono in un unico braccio umano, svanendo nell'ombra così com'erano apparsi.
    Roteò per qualche secondo il braccio, stringendosi la spalla destra: chiuse e riaprì le dita un paio di volte, stiracchiando tutti i suoi muscoli e, con un sospiro soddisfatto, si lasciò andare all'indietro, seduta di nuovo sul bordo della fontana; premette su di essa con il palmo, invitando la bambina a seguirla: voleva poter parlare con lei comodamente, ma non aveva intenzione di sporcare più del necessario il suo abito sul pavimento ciottolato sporco di polvere, acqua e muschio.
    -È evidente che questa...- indugiò un attimo, muovendo a vuoto il palmo della mano alla ricerca dell'ispirazione. -...passione la condividiamo entrambe, non è vero? Non ho mai visto nessuno avventarsi con tanta gola su di un cadavere, che non sia la tua prima esperienza di caccia mi sembra lapalissiano.-
    Portò un dito alle labbra, sorridendo ammiccante: -Sono curiosa, dì un po': quali sono i tuoi ferri del mestiere?-



     
    Top
    .
  6.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    ~Bridges Burned

    Group
    Nessuno
    Posts
    8,640
    Reputation
    +232

    Status
    Anonymous

    ---------------------------------------------------------------------------------

    Osservò i suoi gesti con gli occhi spalancati. Ascoltò la sua voce pronunciare il suo nome e annunciarsi come si introduce agli ospiti una principessa o la signora della casa. Saya. Proprio un bel nome. Anzi, lei era bella. Elegante, ordinata, precisa. Tutto quello che era Remilia. Regale. Puah, che schifo. No, non le avrebbe mai più comparate. Chiusa una porta…
    «Io sono una Heartless, da molto tempo ormai
    Quindi se mai l’avesse assaggiata, Saya avrebbe avuto un pessimo sapore. “No, aspetta-”. Controllò il suo solito gesto di diniego, badando bene a non scuotere il capo per non interrompere la compagna o darle fastidio in alcun modo. Non doveva più pensare in quei termini, almeno, non con Saya. Doveva stare bene attenta a dominarsi, a non fare sciocchezze, a non inimicarsi quella che avrebbe potuto essere una nuova persona con cui parlare, forse la sua prima, vera amica. Flandre si morse le labbra e seguì con lo sguardo i movimenti della giovane di fronte a lei. I suoi occhi scarlatti furono catturati da quel braccio tenuto stretto al petto, dalla forma mutevole, dal pulsare dell’energia –perché la vedeva, la sentiva, con gli occhi, con le orecchie, con le narici, con il cuore estremamente attratto da quel buio- che lentamente trasformava il bellissimo quanto debole corpo umano, in qualcosa di più potente, maestoso, demoniaco. Si ritrasse involontariamente quando Saya si avvicinò a lei con un gesto fluido, la mostruosa appendice avanzata, perché portata, come sempre, a temere un attacco. I suoi sensi erano sempre all’erta e per un attimo ogni percezione si arrestò, quando, anziché ricevere uno schiaffo o un colpo, Flandre avvertì una carezza e un tocco amichevole. Rimase quasi sconvolta, allibita da quella premura, da quel contatto senza secondi fini. «E ringrazio ogni giorno di esserlo diventata. Il potere che ho scoperto mi fornisce... un discreto numero di sistemi per rendere proficue le mie battute di caccia.»
    Fece per gattonare in avanti quando Saya si allontanò assieme a quell’arto che le aveva regalato quella tenerezza, come per chiederne ancora, per ricevere un altro piccolo gesto di accettazione e quello che lei aveva recepito come affetto. Si ritrasse immediatamente, il colpo di frusta di orgoglio e una briciola di autocontrollo da mantenere ancora intatti. Osservò quel braccio tornare normale e nella sua testa si catapultò, in un fittissimo e assoluto blackout di sensazioni, un solo pensiero: “lo so fare anch’io”.
    La osservò mentre si spostava sul bordo di pietra della fontana, accomodandosi leggiadra. Si leccò le labbra con una sola, velocissima lappata, come sempre quando qualcosa la interessava da un punto di vista diverso da quello del cibo. Saya poggiò una mano di fianco a sé, come per suggerirle di raggiungerla. Flandre evitò di indicarsi, come avrebbe fatto il più ottuso dei cavernicoli, per verificare se davvero avesse compreso le sue intenzioni. Cominciava a rendersi conto del suo repentino cambio di comportamento, di quell’istupidimento immediato: lei non era mai stata tarda. Ragionava per schemi molto semplici e relativamente prevedibili, ma da qui a dire che fosse tarda c’era un abisso. E persino lei ne era conscia. Esattamente come era conscia di poter formulare pensieri complessi, frasi articolate, di poter reggere -ecco, di questo non ne era proprio completamente sicura- una conversazione alla pari con quella ragazza che pareva avere un dizionario di una portata quintupla rispetto al suo. Eppure Flan aveva deciso che andava bene così, di non sforzarsi, che sarebbe stato più facile per tutte e due. Non voleva essere un problema, non voleva porsi come un’avversaria: le andava bene anche quella sua subordinazione concessa. Da quella notte a Radiant Garden aveva appreso qualcosa: nemmeno lei poteva stare bene da sola. Aveva bisogno di qualcuno, ogni tanto. Era umana più di quanto si aspettasse. Andava benissimo così. Le piaceva.
    Flandre avanzò piano, alzandosi in piedi, abbandonando le quattro zampe. Si sentiva rapita da quella fanciulla e, almeno per qualche secondo, per qualche attimo, le sarebbe piaciuto sentirsi come lei. Abbandonare l’istinto anche solo per un istante significava diventare un po’ più come Saya.
    Si sedette, cercando di essere silenziosa, mentre quella parlava.
    «È evidente che questa... passione la condividiamo entrambe, non è vero?»
    La vampira seguì non solo con gli occhi, ma addirittura con tutto il capo i gesti dell’altra. Istupidimento, appunto. Regressione.
    «Non ho mai visto nessuno avventarsi con tanta gola su di un cadavere, che non sia la tua prima esperienza di caccia mi sembra lapalissiano.»
    «Lapalicosa…?» sussurrò immediatamente, battendo le palpebre e arricciando le labbra. Scosse leggermente il capo, decidendo che non era così importante.
    «Sono curiosa, di’ un po': quali sono i tuoi ferri del mestiere?»
    Ferri di cosa? Arrivata a quel punto erano più le parole che non capiva che non quelle che riusciva a seguire. Piano. Saya si era trasformata, aveva ucciso a mani nude le sue vittime, aveva parlato di caccia, di passione condivisa e di qualcosa di “lapale” quindi, escluso l’ultimo grossissimo punto interrogativo, sostanzialmente, le stava chiedendo cosa sapesse fare lei. Si lasciò andare ad un sorriso divertito, pieno di aspettativa. Si spinse indietro e nonostante si fosse appena issata sul bordo di pietra, si diede lo slancio in avanti, per ricadere in piedi, dando le spalle alla compagna. Si accucciò a terra, i polpastrelli incontrarono nuovamente l’umidità dell’acqua sul selciato. Flan spostò indietro il peso, sfogandolo sugli avampiedi, allungando le braccia in avanti come per stiracchiarsi. “Lo so fare anch’io,” rimbombò nuovamente nella sua testa; “lo so fare anch’io e lo posso fare meglio di te.” Un cerchio rosso sangue la avvolse in un bagliore istantaneo, una teca impenetrabile per racchiudere la bambina, prezioso gioiello scarlatto. Si infranse e si dissipò quando il fuoco si accese sul suo capo: la luce fu fagocitata da quelle fiamme che si ingrossarono in una corona bollente attorno al viso d’ossidiana della vampira. Liquido vermiglio scorreva in rivoli spessi lungo le sue nuove forme spigolose, che nulla avevano più della fanciulla delicata e innocua. I ferri del mestiere? Artigli, zanne e due lame ossee candide come la luna, una per braccio. Non aveva bisogno di nient’altro, perché già in possesso di un immenso potere e di un istinto affinatosi nel tempo per una migliore comunione con l’ambiente. Si levò sulle due zampe posteriori, il corpo forzatamente piegato in avanti. Si raddrizzò per qualche istante accompagnato da più schiocchi consecutivi delle vertebre che si sistemavano nella loro posizione: Flandre si riaccucciò a terra, aprendo e serrando la bocca un paio di volte, per abituarsi nuovamente a quella forma. Scrutò intorno a sé con gli occhi annegati nel buio, i sensi ora più affilati e più reattivi che mai. La struttura del suo intero corpo era cambiata, ora più simile a quella di un predatore sulle quattro zampe: baricentro, muscoli, scheletro, ogni cosa si era adattata come in un repentino e reversibile salto evolutivo verso la perfezione. Scosse l’intero corpo, lo scoppiettio delle fiamme ad accompagnare il ticchettio sordo della scorza dura, acclimatandosi definitivamente in quella seconda pelle. Era strano trasformarsi perché qualcuno gliel’aveva chiesto. Era strano non farlo veicolata dalla rabbia, dall’odio, dalla fame o dalla necessità di vincere. Un gorgoglio basso risalì spontaneamente dalla sua gola, diverso da un ringhio, continuato, soffuso. Le ali retratte contro la schiena vibrarono morbidamente, vibrisse tintinnanti che sondavano il circondario, completando il suono in una musica semplice, ma completa. Si mosse intorno al pozzo, leggera nei movimenti: era tutto estremamente amplificato. Non solo suoni e odori. I colori erano più nitidi, i contorni marcati con un pennarello; il nero pulsava, il rosso gorgogliava, il verde si scremava nelle tonalità più chiare della fogna malsana, il bianco rifletteva ogni cosa e sembrava persino in grado di scollegare dall’ambiente ciò che abbracciava. Persino i sapori erano più intensi: il retrogusto di sangue rimasto sul palato, sulla lingua, in gola danzava e picchiettava piacevolmente il suo appetito.
    Si voltò verso Saya, scrutandola con le pupille buie. Le sfumature scure dei suoi occhi si mossero in rapidi scatti consecutivi, studiando la situazione appieno, concentrandosi ogni momento su un movimento, su un particolare diverso.
    Risalì sul bordo del pozzo, si specchiò per una sola frazione nell’acqua putrida, poi balzò oltre e si mosse sulle quattro zampe circuendo la Heartless, facendole la guardia, osservandola curiosa e desiderando stupirla contemporaneamente.
    «Quando le mani di una bambina non bastano,» mormorò nel suo tono improvvisamente adulto, profondo e graffiante; «questa è la soluzione più efficace.»

     
    Top
    .
  7.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Ordine degli Oscuri
    Posts
    33
    Reputation
    +5

    Status
    Anonymous





    Un largo sorriso brillò sul volto di Saya. Era abituata al terrore della gente e con il suo fine recitare si era sempre dimostrata in grado di circuire qualunque bersaglio ed ottenere sempre ciò che vuole. Si era sempre sentita combattuta, dentro di sé, ogni volta che aveva dovuto intrattenersi in rapporti umani: era divertente per lei sfidare l'attenzione altrui, indossare una maschera gioconda e mischiarsi a loro, fino ad apparire come una qualunque ragazzina, docile o precoce, diversa ogni volta. Approfittare del prossimo, offrendosi a lui ogni volta come la compagnia di cui più questi aveva bisogno, così da avvicinarsi con pochi, lunghi passi al suo cuore quel tanto che le bastava per affondarvi i denti e succhiare via tutto il nettare all'interno, beandosi talvolta di oro e gioielli, guadagnando ignare pedine o, talvolta, con il solo fine di godersi le dolci urla della preda nei suoi ultimi istanti.
    Al tempo stesso, tuttavia, sacrificare ogni volta il suo orgoglio per il successo del suo teatrino non era facile. Toccare la gente, farsi toccare, condividere la stessa aria dei vermi e dei pezzenti che strisciavano tutt'attorno a lei era quasi rivoltante. Inizialmente, quella dicotomia aveva pesato molto su di lei, inizialmente nemmeno la bambina era certa valesse la pena sopportare tanto quando con la sua immane forza nemmeno una volta si era dimostrata non all'altezza della situazione. Tuttavia, Saya era saggia e sapeva quanto aspettare, prima che un frutto fosse maturo, pronto per essere colto e divorato. Era certa del suo obiettivo, conosceva il percorso e né gli istinti comuni a tutti i suoi fratelli né la sua personale superbia potevano distrarla.
    Con l'Ordine degli Oscuri, tuttavia, la giovane non si era più sentita in bisogno di provare nulla di tutto ciò. Aveva conosciuto fratelli di sangue con i medesimi valori e simili obiettivi, si era guadagnata un seggio nell'elite delle creature scelte per dominare ogni altra razza. Erano alleati che poteva quasi rispettare, così vicini all'emblema di forza e perfezione che Saya identificava solo in se stessa, un mondo nel quale la maschera ed il suo vero volto si mischiavano così bene da risultare quasi uguali. Non con suo diletto era pur sempre costretta ad abbassare il capo, almeno quel minimo indispensabile per non essere vista con disprezzo, ma la posizione a cui era costretta ad adeguarsi non era così spiacevole e, se non altro, la compagnia lì era molto migliore di quella che qualsiasi umano avrebbe mai potuto fornirgli. Con Flandre percepiva le stesse identiche sensazioni.
    La Heartless l'aveva vista scattare, ogni muscolo in tensione, al primo accenno di pericolo, riflessi generati dall'istinto di cacciatore, non dalla paura di una preda; poi, come giunse la carezza, la vide stupirsi e perdersi incantata in ogni suo gesto, in ogni sua parola. Quello sgorbio era un po' stupido, senza dubbio sempliciotto, ma sotto a quelle spoglie si celava un mostro, esattamente come in Saya, qualcosa di ben più nobile di quanto un essere umano avrebbe mai potuto aspirare a diventare. La bambina voleva scoprire quel mostro, voleva saggiarlo personalmente, renderlo suo. Altro che caccia, altro che le urla straziate di dolore: quello era un gioco molto più emozionante ed il premio in palio molto più succulento.
    Sedendosi sul bordo della fontana, fu la cacciatrice a parlare di nuovo per prima. Condusse la conversazione, complimentò la bambina con voce sibilante e parole mistificatrici; soffocò a stento una risata, vedendola in difficoltà anche solo a ripetere una parola a lei sconosciuta. Ogni rapporto umano era sempre stato un gioco di scacchi, e partita dopo partita aveva sempre stabilito lei il passo ed il risultato. Quello che le due stavano facendo, tuttavia, era un gioco ben più semplice, un rincorrersi dove Saya allungava la mano verso la bambina, prima di ritrarla abbastanza da spingerla a fare un passo in avanti nella direzione in cui voleva lei. Che Flandre e se ne fosse resa conto o meno, tuttavia, sembrava a sua volta soddisfatta.
    La bambolina la seguì sul bordo di pietra della fontana, si issò a cavalcioni su di esso per guardarla negli occhi: ascoltò ogni parola della Heartless, allungò il capo verso di lei, come rapita dai suoi occhi, ascoltando immobile con la bocca semiaperta, per qualche motivo ignoto, ed i canini affilati che sporgevano dagli angoli delle sue labbra. Saya sorrise appena, tra una frase e l'altra, constatando che, se c'era una cosa che non poteva negare, quella era quanto carina fosse la piccolina a vedersi.
    -Sono curiosa, dì un po': quali sono i tuoi ferri del mestiere?-
    La predatrice smise di parlare inclinando un poco la testa e sorridendo misteriosa. Si umettò appena le labbra con la punta della lingua, con un movimento lento e misurato: lo faceva quasi distinto, senza riflettere, prima di un pasto, ma in quel momento si sentiva pervasa dalla stessa eccitazione. Vide Flandre piegare la testa e dondolare a cavalcioni della fontana, confusa da quelle parole. Per qualche secondo, lo scrosciare dell'acqua fu l'unico suono che la Heartless potesse udire, ma infine il viso della vampira si illuminò emozionato. Repentina come se avesse ricevuto un ordine da un lato e allegra alla sola idea del nuovo gioco dall'altro, la bambina si spinse con le mani e spiccò un lungo balzo, atterrando in piedi con le braccia aperte e piedi uniti. Allora, con un solo movimento, piroettò su se stessa voltandosi di nuovo verso l'amica. Saya incrociò le gambe e appoggiò sulle ginocchia le mani, intrecciando le dita tra loro: stringendole, mascherava l'impazienza e la curiosità che ruggivano dentro di lei in quell'istante, controllava il desiderio di tirar fuori l'amo dall'acqua prima del tempo per vedere quale fosse l'enorme pesce che aveva abboccato.
    Flandre piegò le ginocchia e allungò la schiena, abbassandosi a terra. Appoggiò le mani graffiando i ciottoli sotto le sue unghie, stese la spina e le braccia un po' come un gatto intento a stiracchiarsi, allora si inarcò e si fece accigliata. Attorno a lei, come se avesse chiamato a sé il potere stesso della terra, un bagliore scarlatto apparve dal nulla. Ringhiò a denti stretti ed una piccola nube bianca sfuggì alle sue fauci; Saya si fece dritta a sedere, con il capo allungato verso la bambina, il suo viso sfoggiò un sorriso compiaciuto ed eccitato. Il bagliore esplose e uno specchio di rubino la circondò. Brillò fino a fagocitare la sagoma della bambina, le fiamme dell'inferno parevano vorticare al suo interno. Poi, nel completo silenzio, si frantumò in mille pezzi, schegge fini come sabbia che volarono via, come trasformato da un vento che, quella notte, era quieto e ammutolito. Il fuoco ruggì, graffiando la Heartless con il suo calore, ma come inchinandosi alla sua sovrana si spense presto, lasciando solo la nuova figura al suo interno.
    La ragazza portò le mani al viso, sfiorò appena le sue labbra piegate in un enorme e folle ghigno, coi denti premuti gli uni contro gli altri; un brivido la attraversò da capo a piedi e tutta la sua pelle parve raggelare, una risatina rotta le scoppiò in fondo alla gola. Di fronte a lei vi era una creatura bellissima, che non si poteva più chiamare in alcun modo bambina. Il suo muso era allungato, animalesco, la pelle era squamosa e percorsa da spaccature brillanti di fuoco, i denti tramutati in zanne letali. Non era rimasta ombra di sanità nei suoi occhi, solo un rosso infinito e malato nelle sue orbite che parevano pronte ad esplodere in pozze di sangue e lava. Le ali diafane erano divenute più robuste e forti di qualsiasi pipistrello, lunghe appendici che gettavano ombre scure attorno a lei, i cristalli erano scemati in una sola aggressiva tonalità di rosso e ricoprivano la sua schiena come un carapace frastagliato e affilato. I capelli erano fruste di fuoco che la pelle scura e lucida rifletteva in mille bagliori dorati. I suoi arti, poi, sarebbe bastata la loro mutazione ad incantare la ragazza: si erano ingrossati, i muscoli parevano sul punto di scoppiare tanto erano tesi, dalla pelle squarciata delle braccia fuoriuscivano come propaggini ossee due lame brillanti e affilate, le sue dita terminavano con possenti artigli. Una predatrice perfetta sotto ogni punto di vista, una creatura la cui sola immagine suggeriva una forza immane, qualcosa di bellissimo. Qualcosa di simile a lei.
    -Wow...- mormorò, soffiando l'aria nel tentativo di trattenere l'emozione. Chiuse gli occhi, con i palmi freschi tentò di spegnere il rossore delle sue gote. Ripensò al Castello Nero, all'Ordine degli Oscuri e ai suoi membri. Ripensò a quelli che erano i suoi piani e al motivo per cui era entrata a far parte di quel gruppo; allora posò di nuovo il suo sguardo su Flandre, sulla bestia che l'aveva sostituita, e passò delicatamente la lingua sulle proprie labbra: esattamente ciò di cui aveva bisogno.
    Il mostro si alzò sulle zampe posteriori, mosse il suo corpo in movimenti sconnessi e le sue ossa scricchiolarono le une contro le altre, cercando la posizione più favorevole dentro a quel nuovo corpo. Con un rombo tornò a quattro zampe ed emise un ringhio ferino che Saya interpretò come un segno di soddisfazione. Non poteva essere altrimenti, dopotutto, possedere una forma simile doveva per forza essere qualcosa di estremamente piacevole e, pur essendo lei stessa in grado di mutare a seconda dei suoi bisogni per poi tornare sempre al suo grazioso aspetto, la ragazza non poteva trattenersi dall'essere un poco invidiosa. Con un movimento forse troppo rapido e misurato per il suo aspetto, la creatura si avvicinò alla Heartless, che si fece da parte per lasciarle lo spazio per accomodarsi in quelle sue nuove sembianze: Flandre si specchiò nell'acqua putrida e cominciò a muoversi in cerchio attorno ad essa, come per saggiare se stessa. Allora i loro occhi si incrociarono: Saya annuì e fece un cenno di approvazione con il capo, ma anche aggrottando la fronte non riuscì bene a capire quale espressione fosse comparsa, se ce n'era una, sul volto intellegibile di quella creatura.
    -Quando le mani di una bambina non bastano.- esordì quella, ponendosi di fronte a Saya e muovendosi attorno a lei, sfoggiando tutto il suo corpo. -Questa è la soluzione più efficace.-
    La giovane sospirò compiaciuta e mosse un passo avanti, per poi piegarsi appena sulle ginocchia, portando gli occhi allo stesso livello di quelli dell'altra. Allungò la mano verso di essa, mostrando il suo palmo ben aperto, la sua bocca sorrideva ma i suoi occhi erano stretti e attenti. -Non ti dispiace, vero?-
    Flandre non rispose, rimase immobile dove si trovava, abbassando appena il capo come per invitarla. Saya si avvicinò lentamente, appoggiò le punte delle dita sul suo dorso, appena titubante. Sondò quel suo corpo così inquietante, così meraviglioso: la sua pelle era calda, quasi bollente al tatto. Appoggiò l'intero palmo e dal collo percorse tutta la schiena per poi risalire, grattando la propria mano contro quel fisico piacevolmente ruvido. Arruffò i suoi capelli senza provare dolore, come se fossero solo seta brillante, e abbassò lo sguardo sulla bambina: quella faceva le fusa, appoggiando il peso contro di lei. La Heartless alzò un sopracciglio, e si fermò per un istante, prima di ricominciare con un sorriso. La piccolina si sentiva veramente a suo agio con lei, ogni suo gesto ne era la conferma, e Saya non aveva intenzione di cambiare nulla di tutto ciò: le avrebbe dato solo nuovi motivi di rimanerle fedele, un incentivo dopo l'altro, perché dopotutto sembrava che, per una creatura giovane come Flandre, l'ammirazione e quell'altro sentimento a cui si era sempre sentita tanto estranea fossero i sistemi più efficaci per assicurarsi la sua forza.
    -Sei bellissima.- le sussurrò sinceramente, strofinandole la chioma un'ultima volta. -Il tuo potere, la tua forza... Ho visto pochi Heartless così meravigliosi e al di fuori di loro credo tu sia la prima. A differenza loro, però, con te è molto più facile parlare.- commentò con una risatina limpida, pettinandosi poi i capelli scuri dietro all'orecchio con un gesto rilassato. -Oh, senza offesa, si intende, non era inteso in senso negativo, anzi!-si corresse con ansia ed entusiasmo ben ponderati. In realtà lo intendeva in senso negativo, almeno in parte, ma dopotutto nessuno era perfetto, nessuno a parte lei.
    Soddisfatta, Saya diede all'altra un ultima carezza sulla guancia e si rialzò in piedi, allungò un braccio verso il cielo buio punteggiato di astri e con l'altra mano afferrò l'incavo del gomito, stiracchiandosi quanto più era capace di fare. -Ne ho incontrati di miei simili, credimi.- spiegò, agitando l'indice come a rafforzare il concetto, ma tenendosi abbastanza vaga da non essere troppo chiara sulla sua appartenenza all'Ordine, non finché non avesse accertato di poter avere il pieno controllo su quell'arma a quattro zampe. -Troppo seriosi, completi deviati mentali, stupidi pieni di boria...- Sbuffò da un angolo della bocca, con nella testa l'elenco dei suoi fratellini che si credevano migliori di lei, prima su tutte (ed un sorriso solcò la sua bocca, pensando a lei), la sua carissima Rei. -Non la migliore delle compagnie, insomma.- concluse con una scrollata di spalle. -Per te, invece, com'è la vita? Hai detto di essere una “persona”, no? Cosa sono gli altri umani, per te? Chi sono i tuoi alleati?-
    Flandre parve ascoltarla attentamente, accucciata sulle sue zampe e con la testa alta verso di lei. Alla fine, scrollò le spalle con espressione compiaciuta: quali che fossero i pensieri che quelle domande le avevano suscitato, sembravano piuttosto piacevoli. -Oh, la mia vita?- ripeté rilassata. -Quando ho fame mangio, quando ho sonno dormo. Tutto qui.-
    Saya nascose una risata con il dorso della mano, mostrandosi divertita da quella risposta. In realtà la trovava degna di un animale anche se, alla resa dei conti, era pur sempre un modo, per quanto rozzo, di esprimere il suo culto di sé e dei suoi bisogni, una forma di vita a cui la ragazza non aveva nulla da obiettare.
    La bambina si distese quindi sullo stomaco, usando le sue zampe come appoggiatesta. -Umani?- aggiunse allora, con aria pensosa e gli occhi vuoti rivolti verso l'alto. -Cibo, se non sono interessanti. Alleati? Nessuno. Ma non è un problema. Cacciare così è più divertente.-
    Flandre ridacchiò con voce allegra e Saya si unì in quella sua gaiezza. -Su questo la pensiamo esattamente allo stesso modo.-
    La sua risata morì subito, però, come udì che anche la vampira si era interrotta di colpo: la vide scrollare la testa e stringersi nel suo piccolo spazio a terra e aggiungere, con voce titubante. -Tu però sei interessante!-
    Saya deglutì. Sorrise gentile e unì le mani al grembo, stringendo solo le dita dei piedi nelle sue scarpette rosse per sfogare in modo invisibile la sua frustrazione. -Io però non sono umana.- le ricordò, senza incrinare minimamente il proprio tono.
    Si schiarì la voce, tossicchiando contro il pugno chiuso, quindi portò le mani ai fianchi e si sporse un po' verso la compagna, con espressione sibillina e giocosa: -E quindi? Se incontrassi una persona interessante, invece, cosa faresti?- la incalzò, portando poi la mano destra a massaggiarsi il mento. -Io potrei averne incontrata una oggi.-
    Flandre sbatté le palpebre più volte, in silenzio. Quindi arricciò le labbra. -Giocherei.-
    Saya non rispose subito. Abbassò appena il viso, nascondendo un sorriso di vittoria sotto all'ombra dei suoi capelli. Quindi si rialzò e mostrò quella stessa espressione alla compagna, un sorriso complice, un sorriso furbo ed invitante; perché Saya aveva un gioco particolare in mente, uno che le avrebbe portate entrambe molto in alto.
    -Allora che ne dici... ti andrebbe di diventare amiche?-


     
    Top
    .
  8. Elation
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    ---------------------------------------------------------------------------------

    Era bellissima. Quindi lei per Saya era veramente bellissima. Se avesse avuto una coda, se nel complesso della trasformazione ci fosse stata anche una coda, probabilmente Flan avrebbe scodinzolato. E anche con molto piacere. Le piaceva. Tutto ciò che diceva Saya le piaceva tantissimo. Le faceva i complimenti, la considerava una pari –questo almeno capiva, nella sua piccola mente ristretta- e non poteva che esserne immensamente felice. Saya le strofinò una mano sulla fiamma che ardeva sul capo e quella si piegò come tiepida seta contro la sua mano. Anche al suo corpo piaceva sapere di essere “bellissimo” per qualcuno.
    «Il tuo potere, la tua forza... Ho visto pochi Heartless così meravigliosi e al di fuori di loro credo tu sia la prima. A differenza loro, però, con te è molto più facile parlare.» Parlare? Flan non era una cima nel dialogo e nelle conversazioni. Incassò leggermente la testa nelle spalle. Era bella ma stupida? Era come Remilia? «Oh, senza offesa, si intende, non era inteso in senso negativo, anzi!» Ah ecco.
    Si piegò a quel secondo regalo, assieme alle fiamme docili del suo capo. Fece per allungarsi verso Saya, come per chiederne ancora, quando quest’ultima si allontanò con un passo, rialzandosi e stiracchiandosi verso il cielo, bilanciandosi sulle punte dei piedi. Flandre trattenne un mugolio di richiesta.
    «Ne ho incontrati di miei simili, credimi.» Suoi… simili? La vampira inclinò il capo di lato, dubbiosa, cercando di prevedere il discorso. Seguì con lo sguardo il roteare del suo dito a mezz’aria. «Troppo seriosi, completi deviati mentali, stupidi pieni di boria...» Remilia, Remilia e ancora Remilia. Wow, c’erano tante persone come lei, al mondo. E Flandre che credeva di essere l’unica povera sfigata a dover sopportare una boriosa principessina con la puzza sotto il naso e la sindrome da superiore. «Non la migliore delle compagnie, insomma.» Oh, lei era scappata dalla sorella, non era per niente la migliore delle compagnie. Si accigliò, ripensando al loro scontro, a come l’aveva trattata, a come Sakuya e Meiling fossero sottomesse a lei. Che stupidaggine. Era lei la sorella forte, era lei il mostro rinchiuso perché incontrollabile, non Remilia. Era lei quella più forte, e il fatto che l’avessero cacciata in un maledetto sotterraneo ne era la prova. Si appollaiò meglio sulle zampe posteriori, cercando di non ringhiare a vuoto; non voleva che Saya pensasse che anche lei fosse “una completa deviata mentale”.
    «Per te, invece, com'è la vita? Hai detto di essere una “persona”, no? Cosa sono gli altri umani, per te? Chi sono i tuoi alleati?» Vita? Umani? Alleati? Ripensò alle corse, alle fughe, ai nascondigli di fortuna per non essere individuata dalle guardie. Il suo ombrellino a proteggerla dal sole e a renderla più simile ad una bambina normale, come tutte le altre. Certo, con quell’abito si camuffava comunque poco, ma Radiant Garden e la Città di Mezzo erano comunque luoghi in cui arrivavano creature da tutti i pianeti, quindi poteva benissimo passare per una qualunque visitatrice. In quei giorni aveva imparato ad apprezzare gli esseri umani, le loro abitudini, le loro tendenze. E a studiarle soprattutto. Da cacciatrice puntuale e fine, Flandre aveva appreso quali fossero i luoghi di ritrovo, gli orari dei vari coprifuochi, aveva imparato in fretta ad annusare la paura, la sicurezza, una guardia abbassata, tutto. Tutto ciò che potesse tornarle utile quando il suo stomaco decideva di mettersi insopportabilmente a brontolare. E, a volte, la fuga era strettamente necessaria. O quantomeno una copertura. Nessuno aveva provato o provava mai ad avvicinarla: Flandre si riteneva piuttosto pericolosa e, molto spesso, quelli che avevano tentato di approcciarsi a lei, l’avevano fatto nei momenti in cui il suo ombrellino ostentava purezza e zero difese. Peccato che nessuno fosse sopravvissuto per raccontare di una deliziosa bambina vestita di rosso, con due ali decorate di cristalli, uno sguardo innocente ed un sorriso adorabile. Scrollò le spalle, scoprendo le zanne con un ghigno divertito.
    «Oh, la mia vita?» chiese, mentre la lingua ferina le solleticava il palato. Era strano parlare in quella forma. E farlo senza ringhiare o ruggire. La sua voce suonò adulta. «Quando ho fame mangio, quando ho sonno dormo. Tutto qui.»
    Si accucciò poggiando il viso sulle zampe distese, lo scoppiettare delle fiamme sempre più soffuso, lo sciabordare di un’onda. «Umani?» ripeté, battendo le palpebre e spostando gli occhi annegati intorno a sé. «Cibo, se non sono interessanti. Alleati? Nessuno. Ma non è un problema. Cacciare così è più divertente.»
    La vampira rise, rotolandosi leggermente su un fianco, stirando la schiena e allungando le zampe di fronte a sé come un grosso gatto, tastando le mattonelle con le unghie. «Su questo la pensiamo esattamente allo stesso modo.»
    Aveva fatto ridere Saya. Aveva detto qualcosa di intelligente, qualcosa che le era piaciuto. Rilassò i muscoli, per contrarli l’istante dopo, atterrita dall’ipotesi di aver messo un piede in fallo. Saya rideva. Era strano sentirla ridere così. Era un suono che non credeva avrebbe sentito così presto. Si era davvero detta d’accordo con lei su qualcosa? Non è che… fosse passato il messaggio che Saya fosse al pari di un normale essere umano, per lei?
    Per un istante, rimase immobile a cercare di capire qualcosa dall’espressione della fanciulla. Non voleva inimicarsi una come lei. Non voleva che pensasse che per lei non fosse altro che cibo. La sua risata si era ritirata piuttosto in fretta. Doveva rimediare. Si raccolse seduta, facendosi piccola piccola. «Tu però sei interessante!» disse, quasi vergognosa, temendo di averla offesa.
    Saya si bloccò. Flan batté le palpebre, l’occhio scuro che si appiattiva sotto la pelle dura, per darle un secondo di visuale distorta. Le parve di vedere l’assottigliarsi minaccioso delle palpebre. Saya era arrabbiata. Lo annusava. Cos’aveva detto di sbagliato? Incassò la testa tra le spalle, come in gesto di scuse. «Io però non sono umana.» tintinnò la sua voce, e Flandre strinse le labbra sopra le zanne, spingendosi leggermente indietro coi palmi nudi. Aveva fatto il suo bel danno. Incurvò la schiena mortificata.
    Saya si chinò in avanti e Flandre la guardò con gli occhi spalancati, aspettandosi una sfumatura più colorita della sua indignazione. «E quindi? Se incontrassi una persona interessante, invece, cosa faresti?» Rimase spiazzata da quella domanda. Dovette sforzarsi e concentrarsi sulle parole da lei pronunciate, perché più cercava di mettere insieme i tasselli di quella conversazione, più cominciava a perdersi. Prese un respiro profondo. «Io potrei averne incontrata una oggi.»
    Piano. Saya la riteneva interessante. La sua mente smise di pensare per diversi secondi. Interessante. Era interessante. Era una persona interessante, forse quanto Saya lo era per lei. No, no. Doveva fare le cose con calma, ragionarci a mente lucida. Una cosa alla volta. “Se incontrassi una persona interessante, cosa farei?” Si leccò le labbra, sorrise: «Giocherei.»
    La fanciulla si nascose da lei e Fldarkandre temette per un istante di averla delusa un’altra volta. Le interessava davvero Saya, voleva sinceramente avere qualcuno al suo fianco, ma andare incontro alle sue preferenze cominciava ad essere veramente difficile. Rialzò il viso e la vampira si illuminò a notare il sorriso dell’altra. «Allora che ne dici... ti andrebbe di diventare amiche?»
    Rimase immobile. Il fiato sospeso. Per un momento non fu sicura di aver sentito bene e di aver capito tutt’altra cosa. Saya voleva essere sua amica. Aveva un’amica. Ignorando il fatto che, per lei, la concezione di amicizia fosse completamente nuova, Flandre si concentrò immediatamente sulla parte fondamentale di quella domanda. Saya voleva stare con lei, voleva averla al suo fianco. Nessuno fino a quel momento l’aveva voluto. Avvertì la sua trasformazione farsi instabile, le fiamme muoversi in onde sottili sul suo capo, drenando la sua magia. Ogni giuntura tremò impercettibilmente. Amica. Amiche. Non riusciva a crederci. Non riusciva a metabolizzare la proposta. Aveva un’amica. Mai successo. Non era possibile. Era un sogno. Dov’erano i topi delle segrete e dei suoi sporadici nascondigli a morderle i piedi e a riportarla alla cruda realtà? Invece non cambiava nulla. Saya era sempre lì, il suo corpo tornava sempre più rapidamente umano e il suo cervello cominciava a rendersi conto di quanto fosse reale la parola “amica”.
    Saltò in avanti, gettandosi al collo della compagna in un abbraccio euforico. Finalmente. FINALMENTE! Non era più sola contro il mondo. Poteva parlare con qualcuno. Poteva stare con qualcuno. Poteva giocare con qualcuno. Poteva… fare cose, poteva fare tutto!
    «Sì sì sì sì!» le rispose sorridendo felice come mai era stata, il viso a pochissimi centimetri da quello di Saya. «Possiamo andare a caccia insieme, possiamo uccidere tutti quelli che ci stanno antipatici, possiamo giocare, possiamo dormire, raccontarci le nostre cose. Possiamo fare tutto insieme!»

     
    Top
    .
  9.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Ordine degli Oscuri
    Posts
    33
    Reputation
    +5

    Status
    Anonymous





    Fin dal primo istante, Saya si era concentrata su ogni parola, su ogni gesto, su ogni fugace espressione che fosse balenata sul volto della bambina, cercando di unire i pezzi del puzzle in un disegno che le potesse apparire quanto più chiaro possibile. L'euforia e l'ebrezza della caccia non avevano rivali e non c'era musica più dolce per le sue orecchie delle sofferenti grida di terrore, ma al pari della sua forza, la Heartless si era prodigata ad affinare il proprio intuito. Ricordava ancora quella vecchia nozione letta quando era ancora umana sui libri di scienze che le avevano propinato: il parassita perfetto è quello che riesce a vivere sulle spalle della sua preda senza portarla a morire. Per lei, le cose non erano molto diverse, dopotutto da un cadavere più di tanto nemmeno Saya sapeva guadagnarci. Alleanze e ricatti, patti ed estorsioni, erano moltissime le arti altrettanto nobili e ben più proficue in cui la ragazza aveva imparato a destreggiarsi, ma tutte sotto lo stesso denominatore: prevedevano una conoscenza perfetta dell'avversario, necessitavano di comprenderne i desideri, le inclinazioni, le preferenze. Flandre non sarà stata un essere umano, ma non per questo sarebbe stata per lei più difficile da leggere.
    -Allora che ne dici... ti andrebbe di diventare amiche?-
    Pronunciò la frase con naturalezza e tranquillità, pienamente convinta di non aver sbagliato. Si piegò appena sulle gambe, mani appoggiate alle ginocchia, per portarsi all'altezza della vampira e mostrarle con più chiarezza l'accogliente sorriso che aveva dipinto sul volto.
    Flandre era una cacciatrice, proprio come lei, ma molto più umile: si divertiva con poco, rispondeva ai propri istinti come se fossero una piacevole necessità piuttosto che un culto della sua persona. Era solare e facile da avvicinare, eppure si muoveva da sola. Non conosceva bene concetti come Heartless e Completi, le sue distinzioni si limitavano ad “interessante” e “possibile cibo” ed incontrare qualcuno con poteri simili ai suoi aveva suscitato nella bambina solamente una gioiosa eccitazione. L'Oscurità che si annidava dentro di lei l'aveva plasmata in un essere molto più complesso di quanto potesse apparire, sotto ogni punto di vista, ma nel cuore Flandre era pur sempre una bambina. E i bambini, Saya lo sapeva bene, soffrono molto la solitudine e la noia.
    La ragazza rimase ferma sul posto, batteva solo la punta del piede a terra, scandendo i secondi in attesa della esatta risposta che era certa avrebbe avuto. Non arrivò subito dalla voce roca e raspante del mostro: quello alzò invece il capo e si strinse nelle spalle senza dire una parola. La Heartless aggrottò appena la fronte, alzò un sopracciglio e fece per aprire la bocca, accorgendosi però di non sapere cosa aggiungere. Non poteva aver sbagliato, la valutazione era quanto di più ovvio potesse esserci, eppure il “sì” non arrivava e, al di là di tutto, quell'incertezza faceva sentire la ragazza stranita. In pochi istanti la sagoma abbracciata dalle fiamme mutò, come un rullo di tamburi le ossa scricchiolarono spettrali e la bambina ritrovò sembianze umane e postura eretta; per tutto il tempo, però, i grandi occhi insanguinati della vampira erano rimasti fissi su di lei, illuminati da un bagliore indecifrabile.
    -Sì...- sussurrò quella in un soffio eccitato, le sue braccia di nuovo coperte dalle maniche bianche a sbuffo ebbero un fremito che non sfuggì all'altra; Saya si preparò, piede sinistro indietro e un respiro profondo.
    -Sì sì sì!- la voce di Flandre squillò come un ululato, la bambina rimbalzò scattando come una molla e le piombò euforica addosso, con tutto il suo peso. A differenza della volta precedente, però, la Heartless era pronta a riceverla con le braccia aperte ed un sorriso in buona parte forzato.
    Saya barcollò all'indietro per sorreggerla, assecondò il suo moto e la fece roteare stretta tra le sue braccia, sforzandosi di mostrare anche solo un decimo di quello sfiancante entusiasmo.
    -Possiamo andare a caccia insieme, possiamo uccidere tutti quelli che ci stanno antipatici, possiamo giocare, possiamo dormire, raccontarci le nostre cose!- enumerò la ragazzina con una voce che ogni secondo aumentava sempre più di intensità: con gli occhi spalancati la fissava negli occhi, sfoggiando i suoi canini affilati in un sorriso che correva da un lato all'altro del suo volto. Saya le arruffò i capelli amichevole, rispondendo con un'espressione altrettanto gioiosa. Se non altro, pensò tra sé e sé, poteva rallegrarsi davvero del fatto che dopotutto le sue previsioni si erano rivelate esatte: l'unica variabile ancora da chiarire era se sarebbe stata capace o meno di sopportare e gestire tutta quella scalmanata irruenza nel modo migliore.
    -Possiamo fare tutto insieme!- ribadì la vampira, alzando le braccia al cielo in un ampio e sognante movimento. Saya annuì con forza e, delicatamente, appoggiò a terra la nuova amica con un'ultima carezza sulla spalla.
    -Sarà una nuova esperienza anche per me.- ammise Saya, restando piegata sulle ginocchia e con le mani giunte di fronte al petto. -È la prima volta che trovo qualcuno con cui valga la pena stare.-
    Flandre parve divertita dalla risposta ed annuì tra sé e sé. -E io non ho mai trovato qualcuno così simile a me!- la imitò con tono soddisfatto.
    Saya mantenne lo stesso volto compiaciuto e portò le dita a massaggiare il proprio mento. Discreta, si avvicinò in maniera impercettibile alla bambina, scrutò dentro i suoi due enormi rubini: si domandò che significato avesse quella frase, cosa dicesse veramente a proposito di cosa ella pensasse di lei; più di tutto, però, tentò di capire se e quanto sarebbe stato difficile saldare ulteriormente quel legame e diventare la persona più importante per lei.
    -In ogni caso...- concluse, alzandosi di nuovo sulle punte dei piedi e stirando le braccia verso il cielo. Piegò la testa da un lato, poi dall'altro, e continuò a parlare, strofinandosi le mani. -Onestamente mi scoccia un po' l'idea...- sbuffò grattandosi la nuca e, con un cenno del capo, indicò i cadaveri che avevano abbandonato poco distante. -Ma, anche se siamo stati fortunati a non incontrare ancora nessuno, questo è pur sempre il centro della città.- sollevò le spalle e scosse la testa. -È un vero peccato interrompere così questo evento, ma dovremmo pur farne qualcosa: se venissero trovati, potrebbe essere un problema, non credi? Rischieresti di perdere il tuo terreno di caccia.- Incrociò le braccia al petto e, inclinando appena la testa, attese la risposta della compagna rivestendosi di un'aria dubbiosa. I suoi occhi, tuttavia, rimanevano discretamente fissi sulla vampira, uno sguardo appena accigliato ed impaziente di ricevere risposta: doveva capire se era lì che la bambina si muoveva di solito, se era quello il posto in cui viveva. Non poteva permettere che l'Ordine venisse a conoscenza della sua esistenza, non prima del tempo, almeno: quel poco tempo che avevano trascorso insieme le aveva provato quanto fosse facilmente manipolabile, e questo la rendeva il più utile degli assi, ma anche il più fragile. Sebbene in quel momento non le facesse piacere ammetterlo, il suoi compagni non erano affatto degli stupidi, non tutti almeno, ed avere il controllo sulla ragazzina non sarebbe stato equivalente a sfruttarla al meglio, non se i suoi superiori fossero stati in grado di separarle a loro piacimento.
    Flandre, tuttavia, fu svelta a rispondere: sorrise con una punta di saccenza: -Potremmo buttarli nel pozzo...- azzardò con leggerezza, prima di fermarsi di colpo. Aggrottò la fronte per qualche istante, poi gonfiò le guance e alzò di nuovo il capo, rivolgendosi a lei con un sorriso entusiasta. -Oppure potremmo bruciarli!-
    Saya alzò le sopracciglia e batté le palpebre, onestamente sorpresa. Aprì la bocca, la richiuse e provò a parlare di nuovo, senza sapere bene cosa rispondere. -Ma... a meno che non sia possibile ridurli in cenere non risolveremmo nulla, e con fumo e fiamme chissà quanta gente attirere...-
    Si fermò un istante e, indietreggiando appena con aria stralunata, sorse un dubbio per un istante nella mente della Heartless: era possibile che Flandre ne avesse già tenuto conto? Era possibile che fosse davvero capace di ridurli letteralmente in cenere? L'idea l'affascinò non poco, concluse stringendosi il labbro inferiore tra pollice ed indice. Scosse tuttavia la testa e sbuffò appena: ravvivò i propri capelli con una spazzata della mano che scacciò anche tutti quei pensieri: per scoprire i limiti della sua nuova amica ci sarebbe stato tempo anche in futuro e se c'era una cosa che Saya odiava era attirare attenzioni non desiderate; inoltre, la vampira non aveva nemmeno risposto alla sua domanda, aggirandola senza esserne di sicuro nemmeno accorta. La ragazza si mordicchiò il labbro ed imprecò nella sua testa, alzando gli occhi al cielo per un solo istante nel tentativo di mascherare quanto più possibile il suo fastidio.
    -Controproposta!- esordì allora con voce potente e l'indice alto, come se lei stessa fosse stata appena benedetta da una buona idea. -Che ne dici...- le chiese ammiccante, chinandosi e sollevando le sopracciglia con aria complice. -Ti andrebbe di vedere qualcosa di carino?-
    Con un mezzo sorriso, si compiacque nel vedere la bambina rapita dai suoi modi: con aria curiosa, quella allargò appena le narici e mormorò: -Cioè?-
    -Se hai ancora fame, ti consiglio di tenerti da parte qualcosa, perché sto per far sparire tutto con un piccolo gioco di magia.-
    Flandre alzò le spalle e, sporgendo con impazienza le labbra, le rispose: -Nah, pancia piena. Posso sempre cacciare qualcos'altro da qualche altra parte.-
    Saya annuì, soddisfatta: non poteva che apprezzare tale compostezza. -Allora, guarda un po' questo...-
    Stese le braccia di fronte a sé e, intrecciandole, scrocchiò orgogliosa le dita. Strinse i pugni portandoli davanti allo stomaco ed aggrottò la fronte. Si concesse qualche istante, poi mosse il capo all'indietro ed inarcò la schiena: il suo abito si sollevo, mentre il suo corpo si allungava e la sua schiena si rivoltava all'indietro. La pelle ed i muscoli si squarciarono, ma Saya non perse una sola goccia di sangue: era saliva il liquido trasparente e viscoso che cominciò a colare denso dalla voragine nel suo corpo, una voragine costellata di zanne grezze e affilate che incoronavano una lunga e ruvida lingua che scivolava tra le orribili fauci come un serpente affamato.
    -E adesso, facciamo un po' d'ordine.-
    Come una frusta, la lingua schioccò e balenò contro i resti deformi: percosse il terreno provocando su di esso alcune piccole crepe, correndo fulminea oltre l'ultimo dei cadaveri: raschiando la roccia, si avvolse attorno alle ossa scoperte e alle membra deturpate, strinse tutti e quattro nella sua presa e, sfregiando ciò che rimaneva dei bambini con l'attrito del ciottolato, spinse tutto verso di sé. Il suo corpo si allargò per accomodare quei corpi estranei, la viva ed i morti si mischiarono per pochi istanti in una macabra danza di arti smembrati e carne sanguinolenta. Lentamente, Saya li deglutiva, la lingua si ritraeva dentro la voragine ed i corpi sparivano, assorbiti dall'essere mostruoso che si annidava dentro di lei. Con un ghigno, la sua seconda bocca si chiuse dietro all'ultimo boccone, la sua veste intonsa calò di nuovo a coprire il suo corpo ancora un po' acerbo e, salvo una scura macchia di sangue che ben si mischiava all'atmosfera del luogo, del loro spuntino non era rimasto che il ricordo.
    Saya sospirò soddisfatta: compiaciuta dalle sue stesse abilità, si passò lentamente il dorso della mano sulle labbra per pulirsele, come se fossero state esse ad ingoiare tutti gli avanzi. Si voltò verso Flandre, curiosa di scoprire se avesse fatto colpo: vide i due brillanti occhi rossi fissi su di lei con fare sognante, la boccuccia di rosa aperta e ammutolita e le braccia strette a sé. -Voglio imparare a farlo anch'io...-
    La Heartless rispose con una risatina onesta: l'unica cosa che non poteva negare, in fondo, era che la più piccola sapesse battersi ed essere vista con occhi pieni di meraviglia per merito della sua abilità non le dispiaceva affatto: tra i suoi compagni dell'Ordine erano troppo pochi coloro che si premuravano di lodare il suo potere come meritava. Le rispose con ampi gesti della mano, impettendosi un poco e senza nascondere una punta di sarcasmo, ponendosi invece per la prima volta con un'onestà quasi totale. -Così come non penso che potrei mai imparare a trasformarmi in quella bellissima creatura che mi hai mostrato prima, dubito che i miei poteri siano alla tua... portata.- le spiegò, portando lo sguardo verso le proprie unghie con fare disinteressato. Quindi si schiarì la gola, tornò appieno nel personaggio e, avvicinandosi di un passo, le sorrise di nuovo con la bocca bella larga, e le pizzicò la guancia. -Ma provare sarebbe sicuramente divertente.-
    Assecondò la sua piccola amica, che al suo gesto affettuoso si allungò verso di lei nel desiderio di allungare anche di un solo istante quel contatto che, come Saya sperava, stava apprezzando molto.
    Con un sospiro, la ragazza portò le mani ai fianchi e si guardò attorno circospetta: la piazza era ancora deserta, solo il gocciolare dell'acqua verdognola dalle fauci della fontana scandiva lo scorrere del tempo, mentre le ombre si allungavano viscide dai vicoli lontani come unici compagni in quella notte perenne che la ragazza non aveva ancora imparato a decifrare: che ora fosse, Saya non lo sapeva affatto, ma di certo era troppo presto per interrompere quell'incontro e c'erano ancora molti frutti che avrebbe potuto cogliere; l'unico dilemma era quale fosse il metodo migliore.
    Alzò lo sguardo al cielo, strinse appena gli occhi in riflessione. Allora i suoi lineamenti si indurirono, un'espressione complicata di fastidio e imbarazzo deturpò il suo viso, formando profonde rughe sulla sua pelle per qualche istante. Inspirò, cercando un po' di forza assieme all'ossigeno, e tornò a fissare con un accogliente sorriso la compagna. -Anzi, sai cosa ti dico?- concluse, battendo un pugno sull'altra mano aperta. -È difficile capire che ora sia di preciso qui, ma di certo non ho ancora voglia di tornare a casa.- si soffermò per mordersi le labbra e stringere gli occhi, accentuando il poco entusiasmo alla sola idea. -Non ne ho voglia per nulla...-
    Indugiò su quelle parole, quindi scosse la testa e batté le mani, volgendosi di nuovo a Flandre con fare propositivo: -Che ne dici se ci spostiamo da qualche parte e proviamo a vedere se riesci a fare qualcosa dal genere anche tu o no? Ci alleniamo un po', ci inventiamo qualche gioco, facciamo passare il tempo.-
    La vampira balzò sui suoi piedi con le braccia altre sopra la testa appena intuì il significato delle sue parole, Saya sorrise maliziosa a quello spettacolo così spontaneo. -So già che mi piacerà passare del tempo con te!- affermò la piccola, spingendo la Heartless a nascondersi le labbra con la mano. Allora Flandre indugiò per qualche istante, fermandosi a grattarsi la guancia con aria malinconica: -Prima era una noia qui...-
    -Eri da sola da tanto tempo?- le chiese la ragazza avvicinandosi un poco, nascondendo dietro un velo di preoccupazione il suo profondo interesse.
    Flandre si accigliò, soppesò le parole per un istante, poi alzò appena le spalle, con aria rassegnata. -Da sempre, praticamente.- affermò mesta. Saya continuò a fissarla annuendo appena mentre quella, come colpita da un'illuminazione, si correggeva esagitata, spiegandole come alla Città di Halloween ci fosse arrivata solo da qualche ora.
    -Capisco...- mormorò Saya, massaggiandosi il mento.
    -Qui è tutto un po' morto.- concluse invece la vampira.
    Ella ignorò quel commento, tuttavia. “Quindi Flandre non ha una casa.” ne concluse, annuendo tra sé e sé. Quello spiegava in parte come l'Ordine non avesse ancora rinvenuto alcuna sua traccia: se la bambina non aveva una base fissa, qualsiasi scompiglio creasse di mondo in mondo sarebbe apparso semplicemente come la conseguenza di un assalto improvviso di Heartless, qualcosa di difficile da collegare a mille altri eventi simili che si verificavano ogni giorno. Inoltre, Flandre non aveva davvero nessun altro all'infuori di lei: non c'erano amici, non c'era famiglia, non c'erano legami: Saya avrebbe sopperito volentieri ad ogni cosa.
    “La situazione non poteva essermi più favorevole...” Con un sorriso soddisfatto, la ragazza batté con leggerezza la mano destra sulla schiena di Flandre. -Allora non voglio certo annoiarti anche io!- la rassicurò, invitandola a ridere con lei a quei pensieri tanto stupidi. -Che dici, andiamo per il cimitero che ho visto fuori città o conosci un posto migliore?-
    Flan scosse la testa con forza, alla più grande non sfuggì l'apprensione di quel gesto. -Stare con te è sicuramente meno noiosa che stare da sola!- le assicurò timorosa, prima di aggiungere più tranquilla: -Il cimitero va benissimo.-
    Saya ghignò eccitata, allora: non le servivano altre conferme, la ruota si era messa in moto e la strada era tutta in discesa, per loro.
    -A chi arriva prima, allora!- concluse ridacchiando. Portò avanti il piede destro poi, senza preavviso, si lanciò in corsa davanti all'amica, voltandosi di tanto in tanto per chiamare a gran voce l'amica e invitarla a non restare indietro, una punta di rossore sul suo volto. Era dura, si sentiva stupida ed infantile, ma quei divertimenti puerili erano più che sopportabili al solo pensiero di quello che sarebbe venuto dopo.
    Sì, Saya avrebbe giocato volentieri con Flandre, avrebbero giocato finché non fosse venuto a noia all'altra. Allora, sarebbe stata lei a decidere il gioco e, non aveva il minimo dubbio, sarebbe stato molto divertente per entrambe...


     
    Top
    .
  10. Elation
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    ---------------------------------------------------------------------------------

    Si sentì riappoggiare a terra. Se non fosse stata consapevole del fatto che rilanciarsi nuovamente addosso a Saya sarebbe stato oltremodo scortese e che avrebbe potuto farle rimangiare la sua proposta, Flandre si sarebbe gettata a pesce sulla sua nuova amica. Amica, wow, ancora non le sembrava possibile. “Prendi questo, Remilia! Alla faccia tua!
    «Sarà una nuova esperienza anche per me.» Flandre tese le orecchie, dominando il ronzio euforico nella sua testa, che sbatteva contro le orecchie e le faceva battere il cuore come se avesse appena scoperto un tesoro. «È la prima volta che trovo qualcuno con cui valga la pena stare.»
    Rimarrai sempre sola, Flan. Nessuno potrebbe mai volerti.” –mangia questo, Remilia.
    Ondeggiò leggermente sui piedi, ancora più felice di prima: «E io non ho mai trovato qualcuno così simile a me!»
    Le piacevano le stesse cose, anche Saya era una cacciatrice, riusciva a parlare con lei. La apprezzava. Flandre si sentiva a casa, a casa come mai si era sentita, la casa che mai aveva avuto. Era stata così fortunata: all’inizio di quella giornata, serata, l’ora che era, non avrebbe scommesso un’unghia del piede che sarebbero successe così tante cose. Si era aspettata di non trovare nulla nel nuovo mondo, di aver seguito il buio a vuoto e di aver fatto un buco nell’acqua. Invece si era riempita la pancia e aveva trovato un’amica! Un’amica. Wow.
    Saya si avvicinò ancora a lei, la fissò negli occhi, Flandre lì spalancò e scrutò quelli verdi della compagna. Persino i suoi occhi erano belli. Sorrise spontaneamente, come se ci avesse visto una luce tutta per lei, solo per lei. Saya le piaceva proprio tanto: come appariva, quello che nascondeva, come la trattava… tutto.
    «In ogni caso…», si stava alzando in piedi, stiracchiandosi. La vampira la seguì con lo sguardo, dandosi una leccata curiosa alle labbra. «Onestamente mi scoccia un po' l'idea...»
    Flandre rimase interdetta un secondo, battendo rapidamente due volte gli occhi spalancati. Poi seguì l’annuire eloquente della compagna. Ah. Vero. C’erano ancora quei cadaveri. «Ma, anche se siamo stati fortunati a non incontrare ancora nessuno, questo è pur sempre il centro della città.» Aveva capito. Cominciò a pensare e la sua mente bambina, dalle risposte semplici e immediate, aveva già trovato ben cinque soluzioni. Mangiarli, dare la colpa a qualcun altro, andarsene e basta, buttarli nel pozzo, dargli fuoco. Se le concedeva altri venti secondi, avrebbe potuto trovarne chissà quante altre, di soluzioni. Si sentiva così speciale, così piena di voglia di fare, di inventiva, di provare cose nuove. Si sentiva così felice che- «… se venissero trovati, potrebbe essere un problema, non credi? Rischieresti di perdere il tuo terreno di caccia.»
    Terreno di caccia. Era la prima volta che cacciava lì, non sarebbe stata una tragedia. Certo, poteva tornarci, ma finché non c’era nessuno, potevano ancora divertirsi e girare come innocenti fanciulle alla ricerca di qualcosa da fare in quel mondo buio. «Potremmo buttarli nel pozzo...» buttò, scrollando le spalle. No, c’era un’idea migliore, tra le prime che era riuscita ad acciuffare. Gonfiò le guance, soddisfatta, fissò maliziosa Saya: «Oppure potremmo bruciarli!»
    Sì, non vedeva l’ora. Era già pronta. La Laevateinn era facile da evocare, non come quella trasformazione. Bastava metà di mezzo secondo. Puff. Spada alla mano, fuoco nel cuore; li avrebbe carbonizzati e di loro non sarebbe rimasto nulla. Aveva imparato a fare attenzione quando cucinava, le prime volte era rimasta solo polvere. Saya sembrava perplessa. Aveva forse detto qualcosa di sbagliato…?
    «Ma... a meno che non sia possibile ridurli in cenere non risolveremmo nulla, e con fumo e fiamme chissà quanta gente attirere...»
    La vide scuotere il capo e sbuffare. No, non le piaceva l’idea. Certo che quella sua nuova amica era difficile.
    «Controproposta!», Flandre sobbalzò leggermente, presa alla sprovvista da quell’uscita così repentina e con un tono di voce così convinto. «Che ne dici…», la vampira seguì l’ondeggiare delle sue dita, l’alzarsi degli occhi, il suo corpo vicino piegarsi sulle ginocchia, i suoi lineamenti incrinarsi e distendersi; «Ti andrebbe di vedere qualcosa di carino
    Rimase ferma, non batté neanche le palpebre; allargò le narici e fece schioccare la lingua contro il palato: «Cioè?»
    «Se hai ancora fame, ti consiglio di tenerti da parte qualcosa, perché sto per far sparire tutto con un piccolo gioco di magia
    In quel momento la voglia di mangiare era l’ultimo dei suoi problemi; la curiosità aveva soffocato tutto, ogni bisogno, mettendo al primo posto la necessità di sapere, di conoscere qualunque cosa avesse in mente Saya. «Nah, pancia piena», disse solo, sporgendo le labbra e dando un’incurante scrollata di spalle; «Posso sempre cacciare qualcos'altro da qualche altra parte.»
    «Allora, guarda un po’ questo…»
    Saya sembrò stiracchiarsi un istante, Flandre seguì curiosa ogni suo movimento e i muscoli che si tendevano; si piegò all’indietro, inclinandosi in avanti. Il vestito si sollevò e Flandre rimase folgorata dal sorriso che squarciava il torso nudo di Saya. Si aprì in un rantolo di pelle strappata: zanne, denti, saliva e una mastodontica lingua che faceva capolino dalle possenti mascelle.
    «E adesso, facciamo un po’ d’ordine…»
    La vampira non la sentì nemmeno. Seguì con gli occhi lo scatto della lingua, si abbatté sul pavimento, scivolò viscida e potente sul terreno, guizzò in direzione dei corpi, li raggruppò, li raccolse. Si costrinse a non battere le palpebre, a continuare a guardare, infervorata da quella scena. Era uno spettacolo, una cosa che non aveva mai visto. Quante mangiate si sarebbe potuta fare così. Il muscolo scattò indietro trascinando con sé ogni corpo, la ragazza li masticava, li frantumava e poi giù, nel vuoto, sparivano. La schiena della bambina salutò un brivido di meraviglia. Uno dopo l’altro, tutti scomparsi. Smise di guardare la voragine e guardò Saya, mentre la veste scendeva su di lei. Gli occhi spalancati vedevo una normalissima bambina, poco più grande di lei, ma la sua mente si figurava ancora la deformazione demoniaca di quel corpo. La osservò sospirare; era così bella, così aggraziata. Era tutto ciò che Flandre non era e che avrebbe potuto e voluto imparare ad essere. Saya era un portento e, al di là di una piccolissima traccia di invidia, Flandre nutriva solo ammirazione.
    «Voglio imparare a farlo anch’io…» sussurrò, senza neanche rendersene conto.
    Si ridestò e si rese conto di essere rimasta a bocca spalancata solo quando sentì Saya ridere. Rideva di lei? O rideva perché era soddisfatta? Flandre si sentì, per un solo, piccolissimo istante, umiliata. Ma non dall’altra, da se stessa.
    «Così come non penso che potrei mai imparare a trasformarmi in quella bellissima creatura che mi hai mostrato prima, dubito che i miei poteri siano alla tua... portata.» Meno male che c’era Saya, a farla sentire nuovamente importante. Si avvicinò di qualche passo, un sorriso ampio e invitante, le pizzicò una guancia. La vampira l’avvertì come una carezza, «Ma provare sarebbe sicuramente divertente.»
    Si allungò verso di lei cercando di prolungare quel contatto, lo sguardo rapito, la mente che si ripeteva, sconcertata, come quella di fronte a lei fosse una sua “amica”.
    Era stata fortunata, era stata fortunata a finire lì, era stato tutto merito di quel buio che aveva seguito. “Grazie, buio”, pensò avvicinandosi un po’ di più a Saya. Sembrava pensierosa. Un paio di dubbi cominciarono a punzecchiarle la mente; sapeva a cosa fosse associata l’amicizia, in riferimento al suo significato più puro, ma sapeva anche che molte relazioni omonime prevedevano un guadagno e si basavano solo su quello. Ma Saya… Saya cosa poteva volere da lei, che non avesse già? Era bella, era forte, indipendente, libera, carismatica. No, non era il suo caso, quello.
    «Anzi, sai cosa ti dico?» Flandre sobbalzò appena, battendo le palpebre e ricambiando improvvisamente, nuovamente interessata, il sorriso della compagna. «È difficile capire che ora sia di preciso qui, ma di certo non ho ancora voglia di tornare a casa.» La vampira sporse leggermente le labbra, in segno di assenso. «Non ne ho voglia per nulla…»
    Sì, anche perché lei non aveva nessun posto dove tornare, se non… uno qualunque. Poteva farseli andare bene anche tutti.
    «Che ne dici se ci spostiamo da qualche parte e proviamo a vedere se riesci a fare qualcosa dal genere anche tu o no? Ci alleniamo un po', ci inventiamo qualche gioco, facciamo passare il tempo.»
    Le ci volle un secondo pieno per capire cosa le stesse proponendo l’amica. Gioco, insieme, passare il tempo. Flandre scattò in piedi, euforica, le braccia levate verso il cielo. Sì, sì, subito! Non aspettava altro! «So già che mi piacerà passare del tempo con te!» Abbassò quasi subito le braccia, il sorriso allegro lasciò il posto ad una smorfia. Sperava di passare TANTO tempo con Saya, altrimenti… «Prima era una noia qui…»
    «Eri da sola da tanto tempo?»
    Ci pensò un istante, aspettò qualche secondo a rispondere. Nella città senza nome dov’era finita, oppure in generale? Non che la risposta cambiasse, in fondo. Il lasso di tempo era solo… diverso. Le dava fastidio, essere stata lasciata da sola. Le avevano dato un tremendo fastidio, quegli anni nelle segrete; se fosse tornata indietro, le avrebbe volentieri demolite tutte, quelle segrete. Poi non avrebbero più potuto rinchiuderla da nessuna parte. «Da sempre, praticamente,» disse con un po’ di rammarico e una briciola di rabbia. Ma non sarebbe mai, mai tornata indietro. Scrollò le spalle, cancellò quella sensazione e scosse il capo con forza. «Ma in questo posto sono arrivata solo da qualche ora!»
    «Capisco…»
    Flandre si guardò intorno, con sufficienza. «Qui è tutto un po’ morto.» Non c’era niente da fare, le persone erano inutili, poco simpatiche, noiose, il paesaggio era spento. Non c’erano boschi, non c’era nessuno da rincorrere, non c’era nessuno che la provocasse e la sfidasse a tenergli testa. Non c’era nulla.
    Un leggero colpetto le coccolò il centro della schiena. Si voltò di scatto a guardare Saya: «Allora non voglio certo annoiarti anche io!» Flandre si rabbuiò un istante: non esisteva che una come lei potesse annoiarla. «Che dici, andiamo per il cimitero che ho visto fuori città, o conosci un posto migliore?»
    Negò con forza; che non ci pensasse neanche. «Stare con te è sicuramente meno noioso che stare da sola!» rettificò subito, in allarme per più di qualche secondo. «Il cimitero va benissimo.» annuì allegra.
    Saya le sorrise comprensiva; «A chi arriva prima, allora
    Stordita, Flandre restò ferma, non si mosse neanche quando vide Saya partire in corsa per allontanarsi, rallentare dopo un po’ e chiamarla perché non restasse indietro. “Ahm, ok?
    Non le sembrava tipo da fare una cosa del genere, non le sembrava tipo da comportarsi in modo così infantile. Era lei la bambina, tra le due, nonostante –ne era abbastanza sicura- l’età dicesse l’esatto contrario. Scrollò le spalle e sorrise, decidendo di non farsi poi tante domande; saltellò di qualche passo in avanti e poi scattò verso Saya, che le aveva promesso qualcosa di divertente. Flandre si leccò le labbra e i suoi occhi ghignarono famelici.
    Giocare.
    La sua attività preferita.


    Saya parla un po' troppo, senza Mouse non le sto dietro con i codici.
     
    Top
    .
  11.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Completi
    Posts
    10,335
    Reputation
    +196
    Location
    17

    Status
    Anonymous
    Questa valutazione necessita di una premessa di base: la strutturazione della quest (non valutabile singolarmente in quanto non posso certo determinare chi abbia avuto un maggiore apporto nella sua ideazione) mi è piaciuta molto. Nonostante non ci siano eventi eclatanti, è riuscita a tenermi interessato per tutta la sua durata, complici un setting e uno scenario narrativo particolarmente azzeccati, conditi da dialoghi interessanti frutto di un’ottima, ottima collaborazione.
    Detto questo, si va nello specifico.

    »Notte del Sabbath

    Valutazione misterious detective
    CITAZIONE
    E siamo ancora qua. Ancora qua, nella speranza di trovare qualcosa da dire che non sia già stato detto. Vana speranza, forse: probabilmente finirò col ripetermi banalmente, come ho già fatto più volte in passato. Farò il possibile per evitarlo.
    La prova, inutile dirlo, è buona; molto. Ci sono imprecisioni, ci sono frasi che mi hanno fatto storcere il naso (vedi anche: “al posto di questa virgola avrei messo un punto” o vedi anche: “non mi suona molto bene in relazione al contesto”), ma sono talmente poche che è difficile elaborare una critica sensata e costruttiva. Sono sviste, occasionalissime scelte poco felici in un contesto di più volte riconosciuta maestria narrativa.
    Già che ci siamo, andiamo avanti con le (poche) cose che ho trovato da ridire sulla tua prova. Parliamo delle scelte strutturali dei tuoi post; parliamo delle ripetizioni. Non ripetizioni nel senso “classico” del termine, dico proprio ripetizioni di interi segmenti narrativi. Segmenti che avevi già analizzato alla fine di un post, con tanto di battute e pensieri, ripresi e rimodellati all’inizio del post seguente. Sinceramente, non ne ho capito il senso. Posso capire l’insorgere di nuovi input derivati dalla lettura del post della compagna di ruolata (e la volontà, quindi, di riaffrontare un segmento già affrontato), ma il rischio di annoiare il lettore, già alto alla luce del fatto che questi debba leggersi due volte le stesse battute e le stesse vicende da due punti di vista diversi, aumenta esponenzialmente. Fortunatamente le tue capacità di narratore hanno sempre scongiurato in buona parte il pericolo; ti consiglierei, comunque, di tenere a mente il consiglio per il futuro.
    Ed ecco tutto, in realtà. Il resto sono le solite lodi, che non ripeterò per intero per ovvi motivi. Ho in particolar modo gradito, comunque, alcune descrizioni statiche, come quella iniziale della piazza. Dettagliata eppure leggera, come molte altre nella quest.
    I pensieri e le battute di Saya sono (come al solito) top notch. Coerenti con il personaggio e i suoi “sviluppi”, mai banali, ben scritti. Non c’è una battuta che suoni inappropriata, non c’è reazione eccessiva o troppo contenuta. C’è consapevolezza e cura in tutto ciò che ho letto, attributi da non dare mai troppo per scontati in una quest “easy” come questa: anche i migliori, in situazioni troppo rilassate, rischiano di performare (inglesismi we love you) molto al di sotto delle proprie capacità; fortunatamente, non è questo il caso.


    »Voto: 8.6/10

    »Premi Ricevuti
    » AP: 9 + 2 = 11
    » Munny: 430 + 100 = 530
    » Oggetti: //


    Valutazione Marsh
    CITAZIONE
    Vedere interagire Flan con qualcuno (chiunque, in realtà) ha sempre un ché di magico. Si passa con facilità dal divertito, all’interessato, allo stupito. È un personaggio che ha un dono raro: la capacità di stupire - e di rimanere coerente con se stessa mentre lo fa. Può sembrare banale e sempliciotta, ma anche il più disattento dei lettori intuirebbe la sua “vera” profondità. Ottima interpretazione, quindi, e con essa ottimi dialoghi: nell’impostazione, nel ritmo, nel tono.
    Il resto, bene o male, te lo sei sentita dire più volte. Mi sono trovato anche in questa situazione ad apprezzare la tua niente affatto comune capacità di adattare lo stile (e non solo il contenuto) al personaggio che ti trovi a ruolare: il periodare secco (a tratti quasi spezzettato), fatto di lessico semplice ma anche espressivo ed evocativo si differenzia radicalmente da quello usato con Noel, più arioso e alto nelle sue descrizioni psichiche necessariamente più complesse.
    Se dovessi trovare una (pur piccola) critica, comunque, credo mi concentrerei su alcune descrizioni statiche. Bada: generalmente, non hanno assolutamente nulla di sbagliato. Tuttavia mi sembra di aver notato un appena percettibile problema di costanza: in determinati frangenti hai dato importanza e approfondimento a determinati aspetti dello scenario narrativo, impostandoti quindi su un determinato binario stilistico, per poi discostartene, magari, uno o due post dopo, in cui hai presentato uno stile leggermente più agile e asciutto, meno concentrato sulle descrizioni soprattutto ambientali. È chiaro: nessuno dei due è intrinsecamente migliore; è una questione di scelta e coerenza. E mi sento quasi ipocrita, a criticare una cosa del genere, perché sono il primo a cambiare – più o meno volontariamente – determinati aspetti del mio stile da un post all’altro. In all fairness è quasi impossibile, per noi scrittori “dilettanti”, far centro in questo senso, specie quando una quest si protrae così a lungo in termini di tempistiche irl; mi sentivo tuttavia in dovere di fartelo notare.
    E basta, in realtà: ti ho già fatto notare i principali pregi e mi sono già, probabilmente, ripetuto rispetto a vecchie valutazioni. Meglio chiuderla qui, con il rinnovo dei complimenti per un’ottima, ottima prova (sia tua che dell’altro nenno :v).


    »Voto: 8.6/10

    »Premi Ricevuti
    » AP: 9 + 2 = 11
    » Munny: 430 + 100 = 530
    » Oggetti: //



    A me vanno 4 AP e 250 munny per la lettura e la valutazione. Alla prossima bimbi ;3
     
    Top
    .
10 replies since 23/2/2016, 16:51   215 views
  Share  
.