Il Quarto Regno

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    Schwarz

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    Svanito. Così. Tutt'ad un tratto.
    Il momento prima c'era, e poi, di punto in bianco, non aveva lasciato la benché minima traccia di sé, se non un apparente vuoto cosmico che riservava la stessa fine a qualsiasi cosa osasse avvicinarsi.
    Radiant Garden non c'era più: un intero mondo sparito.
    Letto il bando affisso su di una bacheca che si trovava nella periferia della città imperiale, Khan si era diretto all'aereoporto e si era imbarcato sul primo volo per la città di mezzo, in cui era stato stabilito il punto d'incontro per coloro che volessero prendere parte alla squadra di ricerca.
    A svegliare in lui l'urgenza di farsi carico di quel compito era stata principalmente una parola: scomparso.
    Per quanto terribile, il concetto di pianeti distrutti, divorati dall'oscurità o, si narrava in testi antichi, annientati dalla luce, era tutt'altro che alieno, ma che un mondo scomparisse? Stando sia a quanto scritto sul foglio che al ricordo immediato di quanto sapesse a riguardo, era se non una novità quantomeno una bizzarria, già interessante e degna di studio di per sé, senza contare che poteva implicare ( ma non necessariamente ) l'entrata in gioco di entità diverse da quelle che fino ad allora s'erano giocate il piatto del predominio sull'esistenza.
    E quel pensiero lo metteva a disagio, lo incuriosiva e allo stesso tempo lo allarmava, gli riempiva la testa di 'e se?' che voleva mettere quanto prima a tacere, ma che si facevano sempre più chiassosi, quasi volessero fare da eco al brusio della gente che gli passava accanto, chi per godersi una passeggiata per le vie lastricate di cotto, chi borbottando per la giornata di lavoro passata senza risultati ed all'insegna della noia e chi augurandosi; assieme ai civili per assicurarsi che non ci fosse traccia di potenziali pericoli - lavoro scadente, visto che da quando era arrivato lì continuava ad avanzare senza che nessuno lo fermasse per accertamenti di sorta, e anche nella sterminata varietà della brodaglia di vita che era l'universo Khan non era esattamente il tipo da passare inosservato, tant'è che intercettò le occhiate di sorpresa di più di un passante, ma niente di più.
    Niente sembrava essere cambiato, come se un avventimento di quel calibro non fosse niente per cui interrompere la tranquilla routine della popolazione.
    'Sempre che sappiano cosa sia successo...' d'altronde era normale che le autorità scegliessero di tenere all'oscuro la folla anziché allarmarla con il terrore di qualcosa di sconosciuto e per il quale non potevano ancora stabilire misure di sicurezza adeguata, non sapendo per certo cosa fosse successo a Radiant Garden né come prevenire che si ripetesse.
    Corrucciò la fronte, 'Non può essere morto così, sparendo nel nulla senza lasciare traccia', considerazioni sull'accaduto non smettevano di accavallarsi nella mente dell'Immortale, in un continuo, quasi monotono e ripetitivo dibattito interiore, scandito dal grattare dell'indice destro contro il pollice. Il gesto venne infranto dalla spalla di un bambino che arrivò a gran velocità su di lui, rimbalzò sul suo braccio, e riprendendo l'equilibrio continuò a correre all'inseguimento di un gruppetto di coetanei poco più avanti.
    Lo sguardo di Khan li seguì imboccare le scale per il secondo distretto: "A meno che..."
    A meno che Radiant Garden fosse stata non distrutto, bensì spostato.
    Non era un'opzione da escludere- d'altronde, lui stesso veniva da quella che non era sbagliato definire come un'altra dimensione. Come lui era stato scacciato dal suo dominio, così era possibile che qualcuno avesse divelto Radiant Garden dal proprio nido, e che quelle coordinate si fossero trasformate in un punto di transito per un altro piano.
    Ma spostato dove? E come?

    Alla sede del Comitato di Sicurezza della Città di Mezzo, l'addetto alle mansioni burocratiche stette qualche secondo buono col naso in sù a fissarlo come un pesce lesso, il viso contratto in un'espressione a metà tra l'incredulo e il perplesso.
    "Squadra di indagine per Radiant Garden", proruppe telegrafico e con tono brusco, sbattendo il foglio sullo sterno del soldato, che indietreggiò di un passo per il contraccolpo, "Dove devo dirigermi?"
    Uscì dall'edificio ed inspirò a pieni polmoni l'aria salmastra di quell'eterna serata primaverile, rilasciandola in una nube di vapore chiaro che si tinse della luce giallastra delle insegne che costellavano la città, un tripudio di marrone e azzurro calce di ogni tonalità che squarciava il manto blu scuro del cielo con file irregolari di tetti percorsi da tegole lignee e consumate.
    Percepiva un lieve formicolio correre sotto la pelle e stimolare la carne, le dita che si agitavano e si strofinavano tra di loro, la vista che si acuiva ad ogni respiro, le orecchie che captavano i più sommessi sussurri dei passanti, odore acre di zenzero che si mischiava alla fragranza del muschio. La vicinanza di quel mondo all'oscurità lo rinvigoriva e lo faceva sentire come immerso in una vasca colma d'acqua tiepida, rilassandolo ed eccitandolo al tempo stesso.
    Quella rinnovata euforia lo guidò veloce tra le strade e i vicoli della Citta di Mezzo, mentre faceva ritorno all'hangar, dove, a quanto pareva, il briefing per la missione doveva essere già iniziato.
    Fortunatamente, non gli ci volle molto per farsi strada nella calca ma quando giunse in vista delle ante in legno color nocciola della porta dell'hangar, poco oltre di una breve scalinata, un accenno di dubbio fece rallentare il passo dell'Immortale fino a quando non si fu fermato: era una scelta saggia, quella di unirsi ad altre persone in un incarico del genere, anziché provare ad investigare per conto proprio? Tra le informazioni apprese dai viaggi che aveva fatto per quel vasto multiverso ricorreva spesso la paura e la diffidenza ( per niente dissimili da quelli che aveva incontrato nel proprio mondo ) nei confronti di coloro che si erano lasciati sedurre dal richiamo dell'oscurità- deboli in cerca di un potere troppo grande per loro, che li fagocitava e li rendeva schiavi, con conseguenze spesso disastrose.
    Certo, lui sapeva di essere in controllo.
    Si guardò il palmo teso della mano destra, e chiuse e riaprì e chiuse ancora le dita, lentamente: 'Che garanzie posso dare agli altri?'
    Gli bastò scuotere la testa per scacciare via quei pensieri poco opportuni- a farsi prendere da timori simili non sarebbe andato da nessuna parte. 'Tanto vale scavarsi un buco nel terreno, buttarvisi e marcire dentro per l'eternità, a questo punto.'Il passo tornò ad essere veloce.
    Era normale che non tutti lo accogliessero a braccia aperte. Anzi, era proprio quello il punto: era dimostrando agli altri di non essere succube di quella forza, ma di averla resa parte integrante e non dominante di sé e di cosa egli fosse capace che ne avrebbe guadagnato la fiducia, e quella fiducia sarebbe stata a sua volta conferma di come fosse ancora se stesso.
    Inoltre non era presuntuoso, sapeva che in solitaria sarebbe riuscito a raccattare giusto qualche notizia e nozione di seconda mano, mentre lì, sul campo, avrebbe potuto vedere con i propri e toccare con mano e capie molto, molto di più sulla questione; e nel caso qualche dettaglio fosse scappato a lui ci avrebbero pensato i suoi compagni a colmare l'occasionale lacuna.
    Spalancò con rinnovata determinazione i battenti del portone, che si aprirono velocemente e con un rumore sordo, impiegando diversi secondi a richiudersi mentre Khan procedeva spedito verso le tre figure che vedeva in piedi di fronte a una delle navette.
    Ad accoglierlo fu un membro del Comitato, un uomo in armatura a piastre e con stampata sul volto un'espressione che faceva trapelare che avrebbe voluto trovarsi in tutt'altra situazione in tutt'altro posto, impressione confermata dall'incerto tartagliare del soldato, che rispondeva al nome di John Doe.
    Inarcò un sopracciglio nel vedere come non si sforzasse di nascondere il proprio disagio, ma lasciò passare.
    Si abbassò la sciarpa sul collo, mostrando bene il volto - meglio non destare più sospetti di quanti non ne avrebbe già suscitati di suo - e si presentò lapidariamente: "Khan".
    Volse lo sguardo verso uno dei suoi compagni, un uomo poco più basso di lui che non aveva paura di esibire il fisico scultoreo, coperto solo dai mandala tatuati sulle braccia e dai lacci intrecciati sul torso; più bizzarro del vestiario, un paio di pantaloni viola scuro ed un paio di scarpe, era il colore dei capelli, di cui aveva truccato anche labbra e unghie: un fucsia intenso che s'accendeva ancora di più grazie al contrasto con le macchie verdastre. Gli Immortali sfoggiavano chiome dei più disparati colori, dal rosso al viola al blu all'indaco al verde uovo di pettirosso, ma raramente gli era capitato di vedere una tonalità così carica adornare la testa di qualcuno.
    Azrael, così si chiamava, lo salutò alzando indice e medio in una v, e Khan rispose con un cenno del capo, "Lieto.", per poi passare alla donna: se Azrael sembrava pronto a gettarsi nella mischia a muso duro, la giovane aveva fatto la scelta sensata di indossare una frugale armatura di cuoio corvino sopra la camicia bianca dalle maniche a sbuffo, concedendosi come unico vizio una gonna sopra i pantaloni; quando incrociarono lo sguardo, notò la cicatrice che attraversava il volto dai lineamenti delicati di lei, una traccia che partiva da poco sopra il sopracciglio sinistro e segnava il naso, lasciando un occhio cieco; l'azzurro penetrante di quello sano veniva messo in risalto dal caschetto di capelli ondulati che incorniciavano il viso della ragazza, la quale mise una mano sul petto e chinò il petto.
    Rispose alla riverenza della giovane, che si chiamava Xisil, e quando alzò la testa notò che la sua espressione si era indurita, mentre continuava a fissarlo dritto negli occhi. Non era disprezzo, quanto una distante diffidenza- e non gli ci volle che un momento per realizzare cosa avesse causato quella reazione. Digrignò impercettibilmente i denti: 'Basta davvero così poco?'
    Senza commentare la cosa Xisil si girò e si avvio verso la, come si chiamavano? Gummiship.
    Era non tanto dispiaciuto dall constatare come le sue previsioni si fossero rivelate non del tutto errate, quanto sorpreso dalla facilità con cui già una dei suoi compagni avesse intuito parte della sua natura.
    Seguì l'esempio della donna e salì la scaletta che portava all'interno della navetta, dove Xisil e, scoprì, un'altra ragazza avevano preso posto. Incuriosito da quella presenza, si sedette sul divanetto di fronte a quello che la sconosciuta aveva di fianco, accavallò le gambe e vi poggiò sopra la spada, tamburellando con le dita sull'elsa, un tic tic tic cadenzato e veloce che rompeva il silenzio da lei religiosamente osservato.
    In accordo col contegno riservato, la figura sinuosa era vestita di abiti semplici, una giacca nera che copriva l'abito bianco, le snelle gambe coperte solo da calze e stivaletti; se non avesse mosso il viso aggraziato e incorniciato da lunghi capelli corvini e da una sciarpa bianca a righe nere per guardarlo, non avrebbe fatto fatica a credere di star guardando una bambola di candida porcellana finemente scolpita.
    Fu qualche istante. Si scambiarono un'occhiata, e lei distolse lo sguardo. Khan arricciò il naso- dubitava che a una missione del genere avesse preso parte una persona tanto timida o insicura da non riuscire a stabilire un minimo di contatto fisico: adesso erano in due a sospettare di lui.
    Fece schioccare la lingua. Cominciava a sentirsi osservato, come davanti ad un vetro appannato, ma dietro il quale gli altri riuscivano a vederlo perfettamente 'Controlliamo un po', sì?', le dita raggiunsero un orecchino e ne urtarono i sottili componenti; assieme al tintinnìo cristallino, un impulso si propagò per l'area circostante, infrangendosi sui tre attorno a lui. Almeno avrebbe colmato un minimo il divario.
    Guardò quella di fronte a sé. Umana. Xisil. Umana.
    A risuonare in maniera diversa fu Azrael, rivelandosi come un costrutto di pulsioni e sensazioni frammentate, ricucite e tenute insieme da un'energia naturale ed ancestrale.
    Rimase interdetto: stava guardando una grande, grossa, colorata e viva roccia.
    Scosse la testa. Un elemento del genere si sarebbe potuto rivelare d'aiuto; tuttavia, ciò che l'animava non corrispondeva a nulla di ciò che conoscesse- non un umano, non un Heartless, non un Nessuno o simili. Era qualcos'altro.
    Sarebbe stato interessante scoprire cosa fosse esattamente e di cosa fosse capace, 'Almeno ci sarà modo di vedere qualcosa di divertente nel caso si dovesse passare all'azione.'
    "Non credo di aver avuto modo di conoscere il tuo nome", ruvido, ma non sgarbato, Khan cercò di sondare un minimo il terreno. Uno, due, tre, dieci secondi passarono prima che la giovane recepisse, girandosi e cercando di esprimersi con naturalezza, per dissimulare l'evidente disagio che le aveva procurato: "Egeria", rispose, riflettendo gli occhi dorati dell'uomo nei propri, due dischi color del vino le cui pupille non erano altro che cerchi di una gradazione più scura rispetto a quella dell'iride, la cui vacuità tingeva di disinteresse il suo sguardo.
    "E il tuo?", la voce con cui ricambiò la domanda, invece, tradiva un accenno di curiosità, che Khan soddisfò annuendo e portando indice e medio poco sotto il mento: "Khan. Piacere."

    John Doe iniziò a fornire i dettagli sull'incarico- o, almeno, provò a farlo, incespicando tra un sospiro e l'altro: "La nostra missione consiste principalmente nel recarci sul luogo, studiare con i sistemi radar e di intercettazione della Gummiship l'area circostante... beh, i fatti. Non sappiamo nemmeno cosa stiamo cercando, va bene qualsiasi cosa.", pausa, di nuovo un sospiro, mentre la convinzione con cui Khan era arrivato fin lì lasciava pian piano il posto all'insofferenza, quando finalmente l'altro si decise ad arrivare alla parte interessante della questione: "Per ora, tutto ciò che siamo riusciti ad ottenere è stato di perdere, letteralmente, altri uomini e... osservare l'evento. Non l'ho visto con i miei occhi, ma a quanto pare si verificano due eventi: una forte turbolenza, come una tempesta magnetica, ma senza scariche elettriche o cose del genere, poi...", l'uomo chiuse la mano, "La nave viene come risucchiata da qualcosa, il buio si stringe tutt'attorno e poi... puff, non c'è nulla, nulla."
    Ignorò l'ennesimo sbuffo da parte del loro anfitrione e il tono melodrammatico che aveva assunto per concentrarsi su quanto appena spiegato, l'indice destro che grattava con forza il sopracciglio e la mano sinistra che massaggiava il gomito. Parte della dinamica dell'incidente sembrava confermare l'ipotesi che si era fatta strada nella sua mente: da come era stata descritta la scena, non gli risultava difficile immaginare che Radiant Garden e le aeronavi in perlustrazione avessero attraversato qualche passaggio per chissà dove.
    L'indice passò a tormentare lo zigomo sinistro: "Ma un varco tanto grande da inghiottire un intero mondo...?", mormorò, rallentando l'andamento del dito. Non aveva basi concrete per quell'idea, a cui era giunto andando per esclusione, e si sarebbe potuto trattare di chissà cos'altro, ma una cosa era certa: chiunque fosse dietro a quella sparizione non era da prendere sottogamba neanche per un momento.
    La voce di John interruppe il ragionamento: "-Insomma, dobbiamo andare là e cercare di capire cosa sia questo evento, cosa lo causi e, che il cielo ce ne scampi, cercare di non finirci in mezzo nel processo."
    Incapace di appellarsi ulteriormente alla propria pazienza, Khan inspirò a fondo, incrociò le braccia e lasciò che fosse una breve nota di disappunto a chiudere il discorso: "Svegli, attenti, minuziosi e soprattutto impavidi, i protettori dei mondi.", e senza gettare altro inutile fiele chiuse gli occhi, il volto contratto in una maschera di lieve sdegno.
    Non che lo giudicasse più di tanto, era normale avere paura, specie considerata la situazione e le perdite ( erano davvero tali? ), ma agitarsi come un bambino incontinente e assolvere quasi controvoglia ai propri doveri non avrebbe risolto nulla- al contrario, era debilitante per la riuscita della missione. 'Avresti dovuto pensarci due volte prima di prenderti questa responsabilità', due schegge dorate fissarono lo schienale del seggio del pilota. Avrebbe fatto meglio a tenerlo d'occhio.
    Passò il resto della traversata a fissare il manto traforato di minuscoli lumi scorrere davanti a sé, buttando di quando in quando l'occhio su Egeria, che di quando in quando prendeva un libro dalla borsa che portava con sé per poi richiuderlo dopo aver sfogliato un paio di pagine, e tendendo l'orecchio a quello che gli altri avevano da dire.
    Fece roteare il collo per sgranchirne le vertebre quando i motori iniziarono a diminuire la potenza con cui spingevano il veicolo, mentre John Doe annunciava il capolinea: "Siamo... siamo in arrivo. Occhi aperti e preparatevi: potrebbe succedere di tutto.", e Khan gli lanciò un'occhiata in tralice- aveva perfettamente ragione, ma come prima cosa avrebbe fatto meglio a dirlo davanti ad uno specchio, se non altro per risultare convincente.
    Tornò con lo sguardo verso il vuoto dello spazio per dare un'ultima, lunga occhiata alle stelle, chiedendosi quale segreto gli stessero tenendo le sue madrine, e, soprattutto, se in quel momento stessero sorridendo per lui o di lui.
    "Muurand togloom, hulganad ukhel."

    Note:

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    CITAZIONE
    Evil Eye

    Quello che caratterizza i guerrieri che hanno accettato dentro di loro che l'oscurità prendesse possesso del loro cuore, è la capacità di questi ultimi di percepire, con poco più che un'occhiata, accompagnata da una silenziosa concentrazione, per capire che genere di creatura si trovano davanti. Avendo infatti essi accettato che le tenebre li corrodessero, ricordandosi tuttavia come erano prima di lasciarsi andare, essi hanno una specie di sesto senso nel percepire le "aure" dei vari personaggi che si trovano ad incontrare durante il loro cammino. In termini di gioco quest'abilità permetterà al possessore di determinare, con una chiarezza da lasciarsi alla lealtà di ogni singolo, l'allineamento della persona che si trovano davanti, potendo anticipare con relativa facilità se l'oscurità alberga nel loro cuore, se vi risiede invece la luce o se un cuore non l'hanno affatto. Questo, assieme ad un'appropriata conoscenza dei trattati distintivi di ogni razza, potrebbe permettergli di anticipare alcuni comportamenti che prenderebbero altri totalmente alla sprovvista.

    - Privilegio razziale 'Perspicacia', Abilità Passiva Inferiore.

    Chiedo scusa per il post da rotolone Regina Q_Q"
     
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5 replies since 6/2/2016, 22:46   309 views
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