The Neverending Day

Quest privata per AlexMockushin

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  1. Xisil
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    La vita di Maestra Aqua era stata messa in pericolo dopo tutti gli sforzi congiunti per riportarla a casa sana e salva. Avrebbe dovuto tenerla al sicuro, dissuaderla dal partire, fermarla se necessario, invece che lasciare che la situazione facesse il suo corso, restare a guardare senza fare nulla mentre lei spariva un’altra volta. Ed ora Xisil attendeva di ricevere le proprie direttive, e ben sapeva che, se il posto in cui si era recata sarebbe stato pericoloso persino per la Maestra, di sicuro l’umile guerriera non avrebbe mai potuto farcela, per di più da sola: il Re non l’avrebbe mai mandata a riprendere Aqua, perché non sarebbe sopravvissuta due volte ad una missione suicida. Non le restava altro da fare che aspettare, contrariata per essere giunta troppo tardi per fermarli entrambi, Aqua e Maxwell, per essere costretta ad attendere con le mani in mano, incapace di aiutare perché ancora una volta inadatta per quell’incarico.
    Mai una volta che si fosse trovata all’altezza della situazione, fisicamente o mentalmente che fosse.
    Il sovrano taceva ogni cosa, ma ella lo sapeva benissimo, non era necessario proferir parola. Ne era la prova lampante anche solo il fatto che, di fronte ai nobili propositi della Guardiana, Xisil non aveva nemmeno per un istante pensato che avrebbe in qualche modo potuto aiutarla, cosa che invece Maxwell aveva fatto prontamente. Adesso lei era lì, l’ultima ruota del carro, e si sentiva un’inetta.

    Non poteva lasciare una tale situazione invariata ancora per molto tempo: rimase al castello ancora per diversi giorni, allenandosi con il permesso del Re, affinando le proprie capacità, in attesa che il Sovrano accogliesse le sue richieste, udienza dopo udienza, di assegnarle un incarico, di concederle una possibilità. Ad ogni sua esitazione ella tornava ad allenarsi fino allo sfinimento, e tornava da lui, cocciuta e irremovibile. Vi doveva pur essere qualcosa che avrebbe potuto fare per contribuire alla causa, dopo quanto era successo nei mondi vicini durante la loro permanenza nel regno delle tenebre. Se una cosa del genere fosse accaduta di nuovo, lei voleva esserci. Aveva bisogno di uno scopo.

    Eppure, mentre si avvicinava alla sua nuova destinazione, verso quella che forse sarebbe potuta divenare la sua nuova dimora per qualche tempo, non poteva smettere di pensare che forse non sarebbe dovuta essere lì, se solo fosse stata… qualcosa in più di quello che era, se lo fosse stata al momento giusto. Ma il Re l’aveva voluta su quella navetta in viaggio per Crepuscopoli, ed ella sperava solo che ciò non fosse l’unico pretesto che aveva potuto escogitare per disfarsi di lei. Forse che qualcosa di buono lo avesse fatto, in fondo, per meritarsi una tale fiducia? Se non altro, aveva dato prova della sua lealtà, ma il perché lo avesse fatto senza nemmeno rifletterci, questo non sapeva giustificarlo a se stessa. L’ultima volta che si era messa al sevizio di un governo questo si era rivelato corrotto dalle tenebre, ed ella si era ribellata. Questa volta si era fidata di Re Topolino sin dalla sua prima richiesta di aiuto, forse merito delle informazioni in cui si era imbattuta - attraversi mezzi discutibili - circa le sue gesta, o forse era in quanto detentore del Keyblade che ella aveva scelto di ascoltarlo: se un così grande potere gli era stato concesso, forse anche lei, una misera guerriera reietta, avrebbe potuto fidarsi di lui… ecco forse qualcuno che avrebbe potuto chiamare “Re”.


    Il vagito di un neonato destò Xisil dal torpore di quei pensieri che nemmeno le oscillazioni del treno avevano potuto interrompere, forse che le ritmiche scosse del vagone lanciato a moderata velocità sui binari erano ormai state assorbite dall’abitudine e da un senso di inevitabilità. Le gambe accavallate e il cappuccio calato sul viso, si rimise a sedere correttamente sul sedile dal quale ormai stava scivolando giù, merito anche di quelle piccole scosse che assecondavano l’inarrestabile forza di gravità, giusto in tempo per mostrare il proprio biglietto al controllore di turno, e forse evitare di trovarsi a sedere direttamente sul pavimento del treno.
    Si volse verso il finestrino ad osservare la posizione del treno e farsi un'idea di quanto mancasse all'arrivo, mentre l’interno della carrozza veniva inondata dalla calda luce del tramonto, quasi avesse preso fuoco. Ma evidentemente non era così: alcuni ragazzini giocavano rumorosamente all’estremità opposta del vagone, schiamazzando e saltellando fra quei rettangoli rossi – arancio ritmicamente disposti ed equidistanti fra loro. Xisil non ci sapeva fare con i bambini, li osservava dal fondo della carrozza e da sotto la cappa che la riparava dai forti raggi del sole, chiedendosi quando sarebbero finalmente scesi regalando un po’ di quiete e facendo un immenso favore ai suoi nervi. Loro non sembravano prestare la minima attenzione ai suoi sguardi fulminanti, così come nessuno di loro sembrava essersi ancora trasformato in cenere. D’altronde, come ben sapeva anche lei, non era quello il tipo di magia che era in grado di manipolare. Poco più il là, ancora, un neonato piangeva inevitabilmente e con grande disperazione, lacrime che ancora erano ben lungi dal vero significato della sofferenza. La madre lo cullava senza sosta e senza grandi risultati, quando iniziò ad intonare una lieve ninna-nanna, un melodico sussurro che giunse come un intimo segreto fino all’orecchio allenato della guerriera, che chiuse gli occhi mentre un dolce sorriso sfuggiva dalle sue labbra, e riprese a scivolare dal suo sedile, lentamente e inesorabilmente.

    Quando finalmente scese dal treno venne travolta da quel manipolo urlante di marmocchi che sfrecciarono oltre il varco d’ingresso della stazione, sparendo nella bassa luce che dall’esterno penetrava fino alla banchina, celando nel suo forte bagliore la vista di qualunque primo dettaglio della città oltre la scalinata che portava verso l’esterno. Fece qualche passo incerto facendo ombra al suo viso con il palmo della mano, poiché nemmeno la sua cappa ben calata fin sul naso poteva molto contro i raggi che paralleli al suolo giungevano nella penombra della banchina. Solo una volta fuori la luce parve disperdersi, colorando delle sfumature del tramonto qualunque superficie incontrasse sul suo cammino.
    Si sedette sul parapetto della piazza della stazione, asserragliata su quella collina che dominava su una buona parte della città abbracciata da quell’interminabile tramonto; immersa in quell'intenso bagliore, il morbido e lento torpore di una luce che preannuncia le tenebre, Xisil non ebbe più alcuna fretta. Il tempo pareva sospeso per opera di un qualche sortilegio, il silenzio era rotto solo dal sibilo del vento che correva fra i capelli scuri della guerriera, ora liberi di agitarsi al vento, unico movimento di quella sagoma di donna che si stagliava contro la forma perfettamente tonda del sole, contro gli ultimi istanti di un giorno morente, e condannato a morire in eterno. Nell’immobilità di quella piazza semideserta Xisil attese, chiedendosi chi Re Topolino avesse incaricato di venirla a prendere.



     
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    Sembrava strano tornare in quel luogo, dopo tutto ciò che era successo, dopo che erano passati solo... quanto? Quanto tempo aveva speso lontano da Crepuscopoli? Tre, quattro giorni al massimo? Eppure gli sembrava di essere stato via mesi interi da quella cittadina, baciata perennemente dal tramonto. Maxwell se ne era andato dal Castello Disney in silenzio, lasciando dietro di sé solo un battito d'ali, concedendo finalmente un attimo di respiro ad Aqua e al re, che probabilmente avrebbero avuto le mani piene con ben altre questioni. Per dirne alcune, cosa fare per Vanessa, se ci fosse un modo per farla risvegliare da quel coma in cui era caduta dopo aver subito quell'attacco, e soprattutto avrebbero dovuto capire perché lei e i suoi due amici erano stati trascinati nel Castello dell'Oblio. Peccato che lui lo sapesse già, almeno in parte. E per l'ennesima volta, non poteva fare nulla per risolvere ciò che era accaduto; non ne aveva avuto la forza, o la maturità. Il senno di poi per ciò che aveva visto tra quelle mura lo stava tormentando, sostituendo Siegfried, che si era fatto fin troppo silenzioso dopo quell'orribile esperienza, e impedendogli di godersi anche solo in minima parte il viaggio di ritorno.
    Perché gli piaceva ancora volare, per qualche motivo: che fosse nello spazio, vicino al terreno, oppure semplicemente nell'aria, come doveva essere, la sensazione di poter controllare il proprio corpo con le possenti ali che il Settimo gli aveva donato era... liberatorio. Era uno dei pochi momenti in cui non sentiva il peso del suo corpo premere eccessivamente contro il terreno, si sentiva quasi sorretto dal vento, dal vuoto che lo circondava, era l'unica sensazione che solo quel corpo gli poteva concedere. Forse avrebbe di nuovo sentito quelle sensazioni, appena il peso che opprimeva le sue spalle e le sue ali se ne fosse andato, ma ci sarebbe certamente voluto del tempo.
    L'automa atterrò in un piccolo borgo isolato della città, su uno dei tanti tetti che sembravano essere fatti proprio per essere scalati, richiamando nuovamente il suo guscio umano e calandosi da una larga sporgenza all'altra, cercando di non sfondare nulla col suo dolce peso. Non era molto lontano dalla sede del comitato, dall'alto aveva visto chiaramente che gli sarebbero serviti giusto dieci minuti a piedi per tornare dai suoi nuovi compagni d'armi, dai suoi... nuovi amici? Poteva davvero chiamarli così? Lo sguardo azzurro dell'uomo si perse nel cielo a quel pensiero, mentre le sue labbra si serravano; come avrebbe potuto definirli in quel modo, quando era stato proprio lui a tenere lontane tutte le persone che aveva incontrato da quando era finito in quei mondi? Non aveva più notizie di Helen, non sapeva dove potevano trovarsi i suoi vecchi compagni di missione, quel ragazzo con cui aveva cercato un "angelo" non si era più fatto vivo, non c'era una sua sola vecchia conoscenza che lui avesse attivamente cercato da molto, troppo tempo. Si era preoccupato giusto per un attimo di quei ragazzini che lo avevano accolto nel loro gruppo, poi si era dimenticato completamente di loro per tutta la durata di quella folle esplorazione di quel bastione maledetto. E la parte peggiore era che, ora che tutto era finito, quei "marmocchi" gli mancavano. Grey, Yejide, Hayner, Seifer, Fuu, Rai... solo in quel momento si rendeva conto di quanto li avesse tenuti a distanza, di quanto avesse davvero apprezzato il benvenuto che gli avevano riservato quel giorno, e solo in quel momento capiva quanto fosse stato stupido a nascondergli metà degli eventi in cui era stato coinvolto. Il Settimo aveva detto che aveva altro di cui preoccuparsi prima di lanciarsi verso il Keyblade, e non aveva torto: quell'arma non era nulla in confronto a ciò che aveva guadagnato in quella piccola cittadina, e questa volta non voleva scappare dalla sua nuova "casa".
    Maxwell si dovette portare una mano sugli occhi a quel pensiero, cacciando all'indietro le lacrime e i ricordi dei suoi errori che le accompagnavano, soffocando il rimorso per la sua scelta di sette anni prima. Aveva altro a cui pensare, e soprattutto aveva una decisione, una promessa più importante di cui preoccuparsi. Doveva decidere cosa dire a Catherine, cercare di rendere meno "rapida" la loro relazione, e doveva anche trovare il modo di spiegare tutto il suo passato al comitato, senza che Seifer cercasse di strozzarlo in preda alla rabbia. O al disgusto. Peccato che non ci fosse un modo più semplice per gestire quelle situazioni, non che la cosa lo sorprendesse ormai, ma doveva racimolare la forza e gli argomenti adatti per risolvere quei problemi che lui stesso aveva creato. Ansia. Panico. Non si ricordava che vivere come una persona, una vera persona, e non solo una recluta fallita, comportasse tutte quelle responsabilità, e il solo pensiero di dover ricominciare dalle macerie che si era lasciato dietro in quegli ultimi mesi era snervante. Solo dopo alcuni lunghi attimi di riflessione, accompagnati da diversi sospiri, l'uomo riuscì a prendere una decisione; prima avrebbe risolto la questione di Catherine, che sul momento gli sembrava quella più delicata, e in seguito avrebbe cercato di confessare tutti i suoi peccati ai membri del comitato. Nel peggiore dei casi, si sarebbe ritrovato col cuore spezzato e senza più alcun supporto morale, ma almeno non avrebbe più coinvolto indirettamente quelle persone nella sua follia.
    Con questo fardello sulle spalle, l'uomo cominciò a vagare per le strade di quella cittadina con le mani in tasca, tenendo la testa piegata verso il basso, mentre con l'Aura Radar si occupava di cercare le persone che gli interessavano. Il suo piano per quella giornata era semplice, prima avrebbe cercato di trovare Catherine, o anche Milly con un pizzico di fortuna, e avrebbe tentato di risolvere almeno la sua vita sentimentale. Una volta risolta quella questione, o se non avesse trovato nessuna delle due, avrebbe racimolato il resto del suo coraggio e sarebbe tornato al comitato, cercando di affrontare Seifer e l'interrogatorio che lo aspettava dopo aver confessato omicidi multipli. Maxwell scosse lentamente la testa e tirò un sospiro a quell'ultimo pensiero: era ridicolo. Stava dipingendo tutto in maniera molto più grave, ma allo stesso tempo rendeva fin troppo semplice il suo obiettivo. Doveva comportarsi da persona matura, affrontare con sincerità, con una VERA sincerità, le persone che si erano legate a lui, e non c'era un modo facile o drammatico per farlo. Sentiva solo di rischiare un disastro con ogni parola che poteva uscire dalla sua bocca, niente di più.
    Il moro cercò di soffocare quel sarcasmo e i castelli di carte che viaggiavano nella sua mente, ricacciando verso il proprio stomaco il nodo che si stava facendo strada lungo la sua gola. A forza di concentrarsi più sui suoi pensieri che su dove stesse mettendo i piedi, era quasi certo di aver quasi investito un passeggino, un paio di coppiette, una vecchietta e un moguri, che tuttavia era stato schivato per riflesso condizionato. Nonostante tutto, l'uomo era riuscito a raggiungere la piazza della stazione, e il sole scarlatto che rischiò di accecarlo ne fu una triste conferma. Maxwell si coprì gli occhi d'istinto con un grugnito, ma dopo un primo attimo di fastidio, si bloccò a fissarlo tra le proprie dita con uno sguardo stanco. Quante cose gli erano successe alla luce di quel tramonto, quanto era cambiato in quella cittadina... quanto aveva perso mentre gli era stato lontano? "Meno romaticismo e più fatti, moccioso". Il moro non ebbe neanche il tempo di portare oltre quel momento di torpore, prima che la sua mente si sostituisse a Siegfried, ancora bloccato in un religioso silenzio, per riportarlo alla realtà. Alla fine, tutto ciò che poteva fare in quel momento era andare avanti, e se avesse continuato a pensare agli ultimi giorni non avrebbe fatto un singolo passo. Almeno di questo era sicuro. Così, con un ultimo sospiro, Maxwell riportò la mano destra nella tasca corrispondente, portandosi verso il parapetto che delimitava quella piazza per evitare la piccola folla di persone che erano scese dall'ultimo treno, ma prima che potesse tornare sui suoi passi, sentì qualcosa. Un segnale familiare, una persona che aveva già incontrato, ma che aveva lasciato indietro a metà di quel periodo tanto frenetico; l'uomo cercò con lo sguardo la fonte di quella reazione, e dopo qualche attimo la vide. Col cappuccio calato sul volto non l'avrebbe riconosciuta subito, ma guardandola meglio per qualche attimo riuscì a riconoscerla a poco a poco, notando la cicatrice e l'occhio ancora sano di quella donna. E, con un filo di voce, Maxwell si decise finalmente a richiamare la sua attenzione chiamando il suo nome.


    -... Xisil?
     
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  3. Xisil
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    È curioso come il sole riesca a dare il meglio di sé proprio pochi istanti prima di scomparire. Xisil rifletteva in silenzio sulle sorti di quella luce condannata ad essere sospesa sul baratro delle tenebre, un istante prima della propria disfatta, senza poter mai contare sulla rivalsa di una nuova rinascita all’alba, su una seconda chance che il mattino seguente avrebbe potuto rappresentare, la possibilità di un nuovo inizio. Era come se di fronte all’inevitabilità della disfatta la luce opponesse un’ultima, estrema resistenza, un ultimo disperato ed eroico gesto, così che l’uomo non possa mai dimenticarsi di lei. E Xisil, paradossalmente, provava un senso di poetica quiete in quella estrema tensione fra luce e oscurità cristallizzata in eterno in quello scenario surreale. Forse coglieva simbolicamente la vera essenza di ogni cosa in quel mistico tramonto: la battaglia fra le due forze assolute, eterna e interminabile. Era questa la vera pace, la coesistenza dell’una e dell’altra? Avrebbero mai potuto coesistere senza alcuna rivalità, o invero il solo fatto di esistere contemporaneamente costituiva causa inevitabile di attrito?

    Di una cosa soltanto era certa: se davvero di una guerra si doveva parlare, lei non avrebbe potuto meditare ancora a lungo sulla legittimità delle parti in conflitto. Aveva visto di cosa le tenebre senza controllo erano capaci, nelle persone, nel mondo attorno a lei, persino su sé stessa, e l’oscurità la intimoriva, e se davvero vi era la possibilità di scegliere da che parte stare, se non vi era altra alternativa che schierarsi o restare a guardare e subire qualunque cosa potrebbe accadere, lei avrebbe sempre e comunque scelto la via della luce, quella che le avrebbe permesso di restare la donna che era, nel bene e nel male, completa del suo cuore e delle sue vere emozioni.

    Xisil si domandava anche se il re avesse deciso di mandarla a Crepuscopoli, fra le altre cose, per far sì che potesse riflettere in quell’ideale atmosfera di “terra franca”, quando sentì una voce maschile chiamare il suo nome, ed il tempo riprese a scorrere normalmente attorno a lei. Si guardò attorno stupita del fatto che qualcuno in quel luogo conoscesse il suo nome, finché non scorse un viso familiare, capelli scuri e occhi chiari, e ancora esitò un momento temendo di essere caduta in errore e di aver scambiato quel ragazzo ben piazzato per qualcun altro che aveva conosciuto non molto tempo prima. Ma l’eventualità che vi fosse qualcun altro con le stesse sembianze erano sufficientemente basse che non poté fare altro che convincersi che altri non poteva essere, se non il suo vecchio compagno di missione.

    “Maxwell…” disse con tono ancora incerto, “Perdonami, non ti avevo riconosciuto subito”. In effetti Xisil solo una volta prima di allora aveva visto le fattezze umane di quello che per lei era un androide. Uno bello grosso e appariscente.

    Non poté fare a meno di rivolgergli uno sguardo pacato ma interrogatorio, non dopo quanto era successo, benché buona parte di quanto fosse accaduto restava per lei un mistero. Tutto ciò che sapeva era che Noel era scomparsa nel nulla, e lui aveva aiutato Maestra Aqua a mettere a repentaglio la propria sicurezza, dopo quanto era stato fatto per salvarla. Ma forse ciò che più pesava nel suo cuore era il fatto di essere stata lasciata indietro, da sola, come qualcosa di inutile, non necessario, per nulla influente; o almeno questo era il sentimento che aveva preso piede nel tempo in cui si era allenata al castello, dopo che il Re era partito senza richiedere l’aiuto della guerriera. Ed ora, dopo tutto questo, il destino li aveva fatti incontrare e lei non aveva idea di come comportarsi con lui. Di certo, era innegabilmente irrequieta, ma immobile, in piedi contro il sole, cercava di non darlo a vedere.

    “Dunque sei tornato” constatò stupidamente, cercando di dare a quell’incontro una parvenza di amichevole naturalezza, mentre dentro di sé ella davvero avrebbe voluto assalirlo di domande, come era normale aspettarsi da uno spirito irrequieto come il suo. Ma l’orgoglio le impedì di esplodere nel mezzo della piazza almeno per il momento, complice anche il fatto di non aver riconosciuto immediatamente Maxwell, cosa che la costrinse a placare il suo animo prima di essersene accertata. Inoltre, non era abbastanza in confidenza con lui da potersi permettere una reazione plateale. Ma ora che non vi era più alcun dubbio, il suo cervello si era messo in moto e le sue emozioni si facevano largo nel suo cuore, e ricordava le motivazioni per cui aveva dato ragione al re, quel giorno: preservare la vita della Maestra, cosa che Maxwell invece non aveva fatto. Nel rivederlo, sentiva di nuovo di avere ragione, seppur in parte.

    “Stai bene? Lei è al sicuro finalmente?” domandò anche, perché non aveva avuto molte notizie di quanto era accaduto dopo la sua partenza. Quando infine anche il re aveva lasciato il Castello, dopo averle detto di recarsi a Crepuscopoli in cerca del “Comitato di Sicurezza”, ella in breve tempo si era preparata a partire, dopo aver avuto almeno la certezza che la missione era andata a buon fine e che tutti stavano per tornare. Oltre alla certezza, ovviamente, che non sarebbe stata messa al corrente dell’accaduto. Dal Re aveva già preso congedo, quindi non aveva dovuto preoccuparsi di fare altro prima di andarsene, e per questo si era sentita sollevata, perché non avrebbe avuto il coraggio di farsi trovare ancora lì, in attesa, a far nulla, ora che aveva ricevuto gli ordini.

    Certo che sapeva che Maxwell e Aqua erano tornati, ma voleva sentire cosa lui avrebbe detto a proposito di quanto era accaduto, cosa le avrebbe raccontato, vedere se avrebbe manifestato qualcosa, qualunque cosa, orgoglio, sdegno… non di certo un senso di colpa.

    “Spero abbiate ottenuto tutti ciò che volevate da quella bravata disse abbozzando un lieve sorriso, mentre dento di sé covava rancore, ma se fosse più verso di lui, per il suo gesto sconsiderato, o verso se stessa, per non essere stata di alcuna utilità, non era chiaro nemmeno a lei.


     
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    Maxwell sorrise tristemente quando la ragazza gli disse che non lo aveva riconosciuto immediatamente, perché forse era meglio così. Che fosse a causa della sua brutta cera, o semplicemente perché almeno in quel guscio aveva un aspetto relativamente normale, in quel momento avrebbe sinceramente preferito essere invisibile. La prospettiva di dover affrontare tutte quelle persone nella stessa giornata era opprimente, gli veniva un nodo alla gola solo a pensarci, e quell'incontro non lo stava aiutando molto. Il suo stomaco si stava contorcendo per l'ansia, e anche se l'uomo riusciva a trattenere una smorfia di dolore per la fitta che provava al torso, la sua interlocutrice sembrava intenzionata a conficcare un pugnale nella sua ferita.
    Xisil continuò quel discorso prima con un certo imbarazzo, notando semplicemente come fosse "tornato" da quella sua ultima sventura, ma le cose cambiarono molto rapidamente. Prima gli domandò se Aqua fosse al sicuro, ma il suo tono si fece già più freddo, e al quesito seguente gli sembrò chiaramente di sentire una certa... ostilità? Poteva davvero definirla così? Quando la bruna gli chiese se tutti avessero ottenuto qualcosa, e soprattutto quando definì ciò che era successo una "bravata", l'uomo pensò istintivamente che Siegfried fosse fuggito dal suo corpo per possedere quello della ragazza. Ma, alla fine, non aveva tutti i torti. Lo aveva ripetuto fino alla nausea ad Aqua, ma lo pensò nuovamente: in quella situazione, tutti avevano una colpa, chi per indecisione, chi per impulsività, ma nessuno poteva puntare il dito alla ricerca di un capro espiatorio. Era semplicemente successo, e quegli eventi non avevano fatto altro che svilupparsi come un cancro nelle loro vite. Se avevano ottenuto qualcosa? Neanche lui era certo di come rispondere a quella domanda, ma la smorfia che si disegnò sul suo volto, e le sue parole successive, erano un riassunto eloquente.


    -Dipende da cosa intendi.

    Già prima il suo sorriso amaro stava sparendo lentamente, ma con quella frase gli angoli della bocca di Maxwell si contorsero verso il basso, e fu per un miracolo che riuscì a non far storcere il proprio volto dal dolore. Era una fortuna che il Deus Ex Homo non gli avesse donato un vero stomaco, perché in quei pochi secondi avrebbe compiuto tre, quattro giri completi su di sé, ma la sensazione di vari conati di vomito raggiunse comunque la sua gola. Le sue parole uscirono strozzate, e l'uomo dovette concedersi qualche secondo di pausa prima di continuare a parlare, altrimenti avrebbe sicuramente vomitato. Non era importante come avrebbe fatto "fisicamente", ma preferiva evitare di torturare oltre i propri sistemi con quella sensazione rivoltante. Dopo aver respirato profondamente per diversi attimi, il moro riuscì finalmente a continuare il suo discorso.

    -Lady Aqua... è al sicuro, e ha ritrovato il suo amico. Almeno quello.

    Avrebbe voluto abbozzare un sorriso, quello doveva essere un momento felice. Diamine, aveva visto anche il modo con cui la ragazza dai capelli turchini aveva abbracciato il suo amico, e in quel momento aveva maledetto la sua forma meccanica per non avere nulla di minimamente umano, se non la corporatura! Voleva sentirsi felice, almeno per quel piccolo attimo di sollievo che avevano guadagnato dopo quella sadica tortura, ma non ci riusciva. Sapeva che il rimorso non lo avrebbe portato da nessuna parte, e sapeva anche che, col senno di poi, avrebbe fatto qualcosa di diverso. Ma non poteva più tornare indietro, aveva sbagliato tante, troppe cose, e ora doveva affrontarne le conseguenze. Quell'incontro non aveva fatto altro che metterlo di fronte alla realtà molto prima del dovuto. Perché se Xisil voleva sapere se quella spedizione al Castello dell'Oblio gli aveva dato qualcosa in cambio, con o senza sarcasmo, lui aveva una risposta pronta.

    -E le altre persone coinvolte... no. Nessuno ha guadagnato niente da tutto questo.

    Le sue parole si fecero amare, e il suo sguardo viaggiò verso il terreno, lasciando giusto gli stivali della ragazza nel suo raggio visivo. Maxwell dovette fermarsi per qualche attimo a quel semplice "no", interrotto da un profondo brivido causato dai ricordi di ciò che aveva subito, di ciò che quei tre ragazzini avevano dovuto subire, di come era stata torturata Aqua... e soprattutto di come era stata torturata Noel. Ma non ebbe la forza di andare oltre. Qualcosa nel suo petto gli diceva di risponderle per le rime, dirle "No, non abbiamo guadagnato niente, ma siamo stati sinceri con noi stessi!"; oppure "Sì, un macabro spettacolo di morte, dove Noel era la protagonista in ogni scena!", ma il suo buon senso riuscì a ricacciare quei pensieri nella sacca d'acido che si era formata all'altezza del suo stomaco. Quella rabbia non lo aveva portato da nessuna parte tra quelle mura, quindi come poteva aiutarlo in una situazione del genere? Sarebbe stato forse catartico, avrebbe risolto i suoi problemi, avrebbe riportato indietro il tempo per aiutarlo a superare meglio quei momenti? No, non ci avrebbe guadagnato niente, e non se la sentiva di usare Xisil come capro espiatorio.
    Maxwell non potè fare altro che concludere quella frase con un profondo sospiro, chiudendo gli occhi per incassare il colpo allo stomaco che la sua stessa coscienza gli aveva assestato. Forse aveva detto troppe cose, e probabilmente aveva fatto l'errore di rimanere troppo sul vago: aveva chiaramente implicato che non erano stati loro gli unici a ricevere una "punizione" per il loro comportamento, ma a quel punto non aveva la forza per portare avanti quel discorso. Anzi, no. Insieme a quei pensieri, due sole parole si fecero strada nella sua mente, due parole che doveva dire a molte persone, due parole che non aveva più avuto il coraggio di pronunciare da troppi anni. L'uomo ingoiò il rimorso che gli bloccava la gola, e con un breve sospiro riportò il proprio sguardo azzurro verso la sua interlocutrice, dicendo solo...


    -... Mi dispiace.
     
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  5. Xisil
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    Xisil avvertì una forte, dolorosa fitta allo stomaco, come se la sua stessa curiosità e tutto il rancore le si fossero rivoltati contro, prendendola brutalmente a pugni, quando invece in un universo immaginario e parallelo sarebbe stata lei a prendere Maxwell a pugni già dal suo esordio con “dipende da cosa intendi”. Tacque, a metà fra l’essere incredula e sconvolta, riflettendo su tutto ciò che aveva detto, cercando di trarre quanto più poteva circa quanto invece era stato taciuto.

    “Cosa intendo? Mi riferisco al motivo che ti ha spinto ad assecondare una tale follia…” Disse calma dopo aver tratto un profondo respiro. “… perché è di questo che si è trattato, non è così?” Si avvicinò a lui puntandogli contro uno sguardo indagatore e preoccupato nell’attesa che alzasse il suo da terra per affrontare il desiderio di risposte della ragazza, questa volta pacata, conscia che vi era qualcosa di terribile sotto l’intera faccenda, qualcosa che aveva turbato il moro profondamente. Si sarebbe aspettata ben altro, una qualunque altra reazione dal momento che alla fine avevano ottenuto ciò per cui erano partiti: Aqua aveva ritrovato la persona che aveva perduto, la missione era compiuta, un motivo più che sufficiente per essere soddisfatti delle proprie azioni, fieri della propria insubordinazione. Avevano trasgredito agli ordini ma ottenuto i risultati a cui tutti aspiravano. Invece non vi era alcuna soddisfazione nel volto di Maxwell, bensì l’esatto opposto, tanto che egli aveva avvertito la necessità di esprimere il proprio dispiacere. Così Xisil non poté nemmeno arrabbiarsi con lui, perché non ne aveva il cuore; la sofferenza del ragazzo si era riversata su di lei come una marea che l’aveva colta del tutto disarmata.

    E poi, in un istante, il colpo di grazia: dal nulla, una secca pugnalata al cuore. Inconsciamente, fuori da qualunque logico ragionamento, ebbe una sgradevole sensazione nel momento in cui Maxwell parve accennare ad altre persone coinvolte in quella vicenda. Non fu un collegamento immediato, passò qualche secondo prima che il suo cervello compose le fila di quello che era solo un infondato timore, un pensiero scaturito per caso e del tutto irrazionale. Allora il suo cuore sobbalzò con violenza nel petto e i respiri che seguirono furono più faticosi degli altri. Pensò per un solo, breve istante, che Shinan potesse essere stata coinvolta in ciò che era accaduto, qualunque cosa fosse. Il pensiero che alla sua giovane amica fosse capitato qualcosa di male la fece soffrire, come se la guerriera avesse cominciato a corrodersi dall'interno. Ma rifletté, mentre cercava di calmarsi, che non vi era motivo per pensare ad una cosa del genere, che era stato solo un pensiero casuale: certo, non si era aspettata di ricevere cattive notizie, eppure Maxwell nella sua reticenza era stato più che eloquente, ma ciò non voleva dire che tale incontro avrebbe per forza dovuto riservare per lei altre spiacevoli sorprese.

    “Andiamo”, disse lei dopo quello che era parso un silenzio interminabile, “Meglio se camminiamo un po’. Farà bene ai nervi di entrambi.”

    Per diversi minuti Xisil non disse altro. Lasciò che la tregua fra loro due raffreddasse gli animi, che la passeggiata favorisse la circolazione sanguigna e portasse ossigeno al cervello, schiarendo i pensieri. Provò a sentire la città attorno a sé, mentre con la coda dell’occhio cercava di non perdere di vista il ragazzo.
    Crepuscopoli era un posto perfetto per rilassarsi: ogni cosa era avvolta in una cortina rosa – dorata, con qualche sprazzo di rosso e arancio. Era una luce poetica, mistica, qualcosa di troppo complesso e profondo per essere descritto con una sola sfumatura, perché riusciva a riflettere le parecchie sfaccettature dell’animo umano, quando scaldava le facciate degli edifici, o le pavimentazioni delle strade, o riluceva sulle finestre delle case. In lontananza sentiva lo stridere metallico di una vettura su rotaie, e man mano che si addentravano fra le vie la città si animava, ma non di quel caotico rumore di fondo che amalgama qualunque suono in una solo, frenetico, come di un'orchestra impazzita, bensì di un pacato e discreto brusio sparso un po’ qua, un po’ là, di persone che passeggiavano proprio come loro, solo più serene e senza pensieri di morte e disgrazie. Xisil attendeva il momento migliore per ricominciare da dove si erano interrotti; ma quale poteva essere davvero il momento giusto? Tuttavia Maxwell aveva lasciato aperti molti, troppi interrogativi, scoperto troppe ferite per poter passare oltre quel discorso.

    “Cosa è successo, Maxwell?” disse lei con un filo di voce, temendo di infrangere con troppa violenza quella calma apparente,
    “Di cosa ti dispiace? Perché è a me che dici queste parole?”


    Attese una risposta senza distogliere lo sguardo dalla strada di fronte a sé, senza violare l'intimità di quel dolore, che forse - certamente - ancora attanagliava il cuore e il viso del giovane, con uno sguardo che probabilmente sarebbe stato troppo preoccupato, troppo incalzante, forse per questo troppo arrogante. Eppure, anche se non fisicamente, aveva fatto un passo oltre quella barriera di ignoranza che fino a quel momento l'aveva protetta, verso il buio di una verità che avrebbe potuto significare per lei qualunque cosa. Qualunque.
    Il punto di non ritorno era stato valicato.





    Specifico che il riferimento a Shinan non è azzardato ma vuole essere da supporto ad un "legame" con Xisil che verrà chiarito e approfondito in una quest successiva.
     
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    Follia? Sì, quello doveva essere il termine più adatto con cui descrivere ciò che era successo nel Castello dell'Oblio, ma allo stesso tempo sembrava quasi poco: le conseguenze di quella loro "bravata" si erano rivelate ben peggiori di quanto avessero mai potuto immaginare, e forse non potevano neanche sentire un vero senso di colpa per le loro azioni. Sarebbe davvero cambiato qualcosa se avessero aspettato? Forse Noel sarebbe morta prima, forse altre persone avrebbero subito lo stesso destino di Shinan, ma non avrebbero mai avuto un modo per scoprirlo, perché sì, avevano fatto un errore, ed erano rimasti coinvolti in un teatro degli orrori come premio per aver seguito il loro istinto. E sperava di non ripetere più lo stesso passo falso.
    Ma, tralasciando l'amarezza che gli stava stringendo il cuore, le parole dell'uomo riuscirono a sedare in parte l'astio e il sarcasmo della ragazza, che si rivelò molto più empatica del previsto. L'acidità nelle sue parole se ne andò nel giro di pochi attimi, sostituita da una sincera preoccupazione, che era visibile anche nel suo sguardo; Maxwell incrociò i propri occhi azzurri con quello blu della sua interlocutrice, dando una silente conferma alla domanda che gli era stata posta. Non lo aveva fatto per la gloria, non era un'insubordinazione compiuta per mostrare superiorità, alla radice delle sventure del cyborg e di Aqua non si trovava nient'altro all'infuori di due individui che avevano scelto di aiutare qualcuno. Il massimo che potevano sentire era sollievo, e forse neanche quello, ma prima che l'uomo potesse terminare quel pensiero, la soldatessa decise di sedare la situazione proponendo di camminare un po' per la cittadina per calmare gli spiriti di entrambi.
    Maxwell rimase in silenzio per qualche attimo, chiudendo gli occhi e portandosi la mancina dietro al collo, emettendo un profondo sospiro. Non sapeva quanto i suoi nervi si sarebbero rilassati, e non lo dubitava solo per la strada che aveva già percorso; con tutti i pensieri che aveva per la testa, probabilmente avrebbe solo rischiato di urtare altre persone. Ma non poteva più evitare quella discussione, e se doveva cominciare ad affrontare i suoi errori, quello era un possibile punto di partenza. Quindi, dopo diversi attimi di silenzio, il moro accettò l'invito della sua interlocutrice.


    -D'accordo.



    Per un momento, Maxwell pregò che, durante quella camminata, la voce di Siegfried apparisse nella sua testa, magari come un sussurro, magari mentre cercava di contare i mattoni che aveva pestato fino a quel momento. Non era più abituato a quel silenzio così opprimente, e anche se l'atmosfera si era decisamente alleggerita, quella doveva essere la prima volta da quando aveva cominciato quella sua seconda vita in cui si sentiva veramente da solo. Neanche il brusio allegro e l'attività delle vie cittadine riuscivano a migliorare il suo morale, e di solito apprezzava quell'atmosfera pacifica, bagnata dalla luce perenne del tramonto. Gli ricordava molto il suo villaggio natio, quando il sole al tramonto cominciava a nascondersi dietro alle montagne che dividevano in due il paese, ma quel giorno neanche la nostalgia riusciva a rincuorarlo. E, sfortunatamente, le domande della sua conoscente non lo aiutavano a liberarsi da quel fardello che pesava sul suo stomaco come un macigno. Ma, come minimo, aveva chiesto tutte le domande adatte. Perché stava dicendo a lei che era spiacente? Aveva una sola ragione per farlo.

    -Perché ho molte cose di cui scusarmi. Con molte... troppe persone.

    Catherine. Noel. Siegfried. Alan. I suoi genitori. La lista andava avanti, ma non aveva il tempo per completarla, perché le persone che avevano subito le conseguenze delle sue azioni, indirettamente o meno, erano molte. Avrebbe voluto scusarsi con tutti, chiedere perdono per tutti i gesti che erano nati dal suo egoismo, dalla sua immaturità, dalla sua continua fuga dalla realtà. A differenza del sole che splendeva perennemente di rosso in quel cielo, lui non aveva aggirato il suo problema per mesi, e solo quella tragedia recente e il Settimo lo avevano messo di fronte alle sue responsabilità. E, forse, era anche il caso di chiarire il malinteso che aveva causato tutto l'astio che la ragazza aveva provato nei suoi confronti.

    -Ero andato via per cercare di dissuadere Lady Aqua dall'andare da sola, ma non ci sono riuscito. Non ho trovato le parole, e alla fine l'ho accompagnata per evitare che si sacrificasse per salvare il suo amico. Purtroppo ho avuto "esperienze" simili in passato.

    Non voleva menzionare oltre quel suo errore, il suo umore era già pessimo senza altri ricordi della sua morte, o dell'isolamento che l'aveva preceduta, e l'uomo soffocò la storia della sua vita con un breve sospiro. Alla fine, in quel momento il suo egoismo aveva vinto sul suo buon senso, e aveva finito per rivolgere ad Aqua un discorso che avrebbe dovuto gridare ripetutamente a se stesso, alimentando le sue parole col rimorso che provava per non aver aiutato Noel la sera prima.
    A questo pensiero, Maxwell prese un profondo sospiro e chiuse gli occhi per un attimo, scacciando il senso di colpa che stava per tornare a tormentarlo, aggiungendosi al resto del boccone amaro che si stava formando nella sua gola, e che avrebbe rischiato di soffocarlo entro breve. Più ragionava su quelle sue azioni, e più temeva di poter scivolare nuovamente nella follia dei mesi precedenti; ma non aveva il lusso di crogiolarsi nell'amarezza. Xisil gli aveva chiesto cosa avesse causato quella sua depressione, e avrebbe ricevuto almeno una risposta parziale.


    -Preferirei non parlare di ciò che è successo dopo. Non ancora. Ma posso dirti che non è stato piacevole per nessuno.

    Come poteva raccontare quegli eventi, senza scendere troppo nei particolari? "Tutto è andato bene, a eccezione delle continue morti di Noel, le immagini macabre, la tortura di Siegfried, e vedere la donna che penso di amare martoriata dalle tenebre"? Neanche Sieg si sarebbe abbassato a quei livelli, neanche per insultare qualcuno, e aveva anche evitato di menzionare ciò che era successo agli altri tre, o ad Aqua! Forse non ci sarebbe mai stato un momento di cui parlare di quella giornata da incubo, e non era del tutto certo che fosse il trauma rimasto da quegli eventi a parlare.
    Fortunatamente, dopo essersi tolto almeno gli eventi di quel bastione dal petto, l'uomo riuscì a prendere un paio di respiri profondi, senza che le sue costole minacciassero di schiacciare la cassa toracica a ogni movimento. Il suo umore non era migliorato, ma sarebbe finalmente riuscito a dare una risposta sensata alla domanda che aveva causato quello sfogo.


    -... Mi dispiace solo di non aver avuto la maturità necessaria per fare una scelta diversa. Peccato che il senno di poi aiuti solo fino a un certo punto.
     
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  7. Xisil
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    “Perdonami se ho giudicato troppo duramente le tue azioni”, disse ella ora volgendo il proprio volto verso di lui, a dimostrare la sincerità del sentimento dipinto nel suo sguardo. “Non so se lo sai, Maxwell, ma sono stata un soldato, non molto tempo addietro…” il volume della sua voce andò inconsciamente scemando sempre di più, giacché quel tempo a cui andava accennando era ancora troppo prossimo al suo presente perché ella potesse dire di aver superato ciò che era capitato allora, mentre allo stesso tempo il suo volto si volse immediatamente davanti a sé, fissando un punto indefinito della strada, come se l’aver accennato alla sua carriera militare avesse riacceso in lei una vecchia fiamma, un istintivo orgoglio che non permetteva alla ragazza di mostrare l’attimo di debolezza che in realtà i suoi occhi avrebbero facilmente lasciato trapelare. “Quel giorno, al castello, ho agito… o meglio, non ho agito,” E qui un lieve sorriso ironico e amareggiato sbocciò sulle sue labbra, “In base a ciò che il Re ritenne giusto per la nostra causa. Mi sono affidata al giudizio di un mio superiore.”

    "Ma bada, mi sarò anche solamente limitata a sottostare a un ordine, sì, ma uno che ritenni giusto.” Seguì una lunga pausa, ed un inevitabile crollo del suo rigido orgoglio: la sua voce si ammorbidì, il nobile portamento le scivolò di dosso, come se l’incanto avesse esaurito il suo effetto lasciando scoperto il corpo inerme di quella che era solo una giovane donna, nulla di più. “Perché venne un tempo in cui anche io disobbedii ad un ordine per fare qualcosa che ritenni avrebbe potuto salvare delle vite. Ma…”

    Rivide per un istante i volti dei suoi uomini, i suoi fidati compagni, scherzare un momento prima di andare in missione, e subito dopo la mano del Maggiore, il suo mentore, accarezzare il suo volto stanco e provato dai molti orrori di quella sera, e non vi era più nulla di quell’uomo quando lo affrontò fra le macerie di un villaggio raso al suolo, colui di cui non seppe più nulla da quel giorno in poi finché non vide le sue spoglie vagare nel regno delle tenebre, perdute per sempre nell’oblio. Uno dei tanti.

    “Sì, sembra strano, ma sono stata anche io una persona sensibile” Disse allora offrendo a Maxwell un tiepido ma amichevole sorriso, sperando che non avesse fatto caso al discorso interrotto a metà. Non poteva certo riversare il proprio passato su una chi aveva già il proprio a pesare su di sé come un macigno, a tanto così dall’essere sepolto sotto il suo peso. E poi, a cosa sarebbe valso rimestare nei propri ricordi ancora una volta? Quello che era stato, lei non avrebbe potuto cambiarlo. E se c’era una cosa che davvero non era da lei, era lagnarsi dei propri problemi con il prossimo.

    “In base a cosa dovremmo noi giudicare dove risieda la maturità di ciascuno di noi? Dai pericoli che abbiamo deciso coraggiosamente di affrontare, o da quelli che abbiamo saggiamente atteso a correre? O conta forse essere sicuri di aver agito per il bene di ciò che ci è più caro e gli amici a cui teniamo?” Lasciò sospesa quella domanda, credendo non vi fosse altro da aggiungere, ma pur consapevole che questo non sarebbe bastato a cancellare qualunque cosa avesse sofferto Maxwell. In quel momento Xisil voleva porre fine una volta per tutte a quella disgraziata incomprensione: ora credeva di capire un pizzico in più di quello che si celava dietro quella persona, anche se ciò non poteva essere sufficiente per poter dire di aver compreso appieno quel ragazzo, ma giusto quanto bastava per poter accantonare qualunque forma di ostilità residua nei suoi confronti. Allo stesso tempo si domandava cosa lui pensasse di lei a quel punto, e sperava solo che, se ancora non lo aveva fatto, presto qualunque impressione negativa sul conto della guerriera sarebbe decaduta, e che allora le avrebbe rivelato almeno quanto bastava per far sì che anche lei potesse mettersi il cuore in pace. I pensieri nefasti sorti per istinto in lei poco prima restavano ancora un nodo da sciogliere, e magari il più presto possibile.

    “Per quante siano le persone a cui devi le tue scuse, credimi, io non sono certo una di quelle.”

    -------------------------------------------------



    Per il tempo che avevano camminato in quella città, Xisil aveva completamente messo da parte il motivo per cui ci era giunta sin lì, e in effetti negli ultimi minuti aveva avuto qualcosa di più importante a cui pensare. Ma ora che era chiaro che non avrebbe ottenuto altre informazioni da Maxwell, almeno per il momento, non le restava altro da fare che occuparsi delle proprie faccende. Per la gioia, sicuramente, del moro che le camminava accanto, che non sembrava intenzionato a proseguire ancora quel discorso.

    “Credo di averti fatto perdere abbastanza tempo fino ad ora, Maxwell. Non posso biasimarti se desideri passare del tempo da solo.” I due erano giunti in una piccola piazza circondata da piccoli palazzi, al centro del quale era situata una piattaforma quadrata di grandi dimensioni e contornato da panchine – un ring, o forse un palco – quando finalmente si fermò.

    “Sono giunta fin qui in cerca del Comitato di Sicurezza che ha sede in questa città. Sai, ordini dall’alto…” Disse ironica, prima di prepararsi a prendere congedo dal ragazzo con un leggero inchino, chinando il capo come suo solito. Certe abitudini sono dure a morire… "Credo sia il caso che io vada... "



    Edited by Xisil - 20/1/2016, 18:41
     
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    Non c'era un modo meno "duro" per giudicare le sue azioni, aveva fatto un errore, l'ennesimo sbaglio nato dalla sua corsa cieca verso la "redenzione", e ormai stava imparando a incassare i colpi che la sua impulsività gli assestava. Ma, come minimo, apprezzava che Xisil provasse dell'empatia nei suoi confronti, e che quelle sue ultime parole fossero riuscite a comunicarle ciò che provava per quelle azioni. Non era orgoglioso di ciò che aveva fatto, però non voleva che a causa della sua impulsività qualcuno lo additasse nuovamente come una mela marcia, specie quando era riuscito a ricavare qualcosa da tutto il fango che aveva rischiato di affogarlo. Tuttavia, prima che l'uomo riuscisse a dare qualche altra risposta alla sua interlocutrice all'infuori di un'occhiata, quest'ultima continuò il proprio discorso, rivelando che, ironicamente, anche lei aveva seguito una carriera militare. Anzi, a differenza del moro, Xisil sembrava essere quasi malinconica, e non carica di astio come sarebbe stata la sua alla sola menzione dell'accademia di Danmoc. Almeno, a differenza delle storie sulla "forza" dell'esercito ai tempi della guerra civile, il racconto che uno dei suoi istruttori ripeteva fino alla nausea durante le esercitazioni di scherma, la soldatessa sembrò intenta a raccontare una storia decisamente diversa a Maxwell. Sottolineò con una certa enfasi quanto l'ordine di Topolino fosse giusto, quando preferisse ascoltare i suoi superiori con attenzione dopo un incidente che... che la bruna non ebbe il cuore di finire. La pausa che la ragazza si concesse fu improvvisa, tanto brusca da sorprendere l'uomo, che si voltò nella sua direzione con una sincera preoccupazione e titubanza negli occhi. Non si sarebbe aspettato tanta sincerità da quella persona, o come minimo, non le era mai sembrata una donna disposta a indossare il proprio cuore su una manica, ma pochi attimi dopo Xisil confermò che sì, anche lei aveva un cuore, e offrì al suo interlocutore un leggero sorriso. Maxwell non riuscì a rispondere con altro che un altro sorriso, questa volta carico di amarezza. Conosceva fin troppo bene il peso che certi traumi potevano avere sulle spalle degli altri, non avrebbe dimenticato molto presto gli incubi che lo avevano assillato nelle sue prime notti a Radiant Garden, ma non aveva la forza per indagare oltre. Anche se il sangue sulle loro mani era di natura diversa, lui non sarebbe stato certo il primo a puntare il dito contro quelle della sua interlocutrice.
    Dopo una breve pausa, infine, la soldatessa decise di placcare l'ultimo argomento che l'automa aveva introdotto, la "maturità"; gli chiese da dove derivasse una cosa del genere, se fosse nata dal coraggio nell'affrontare qualcosa, dalla saggezza, dalla sicurezza di aver fatto la scelta migliore? A quella lista di domande, il volto del moro si rabbuiò, perché la sua risposta non sarebbe stata adatta a nessuna di quelle possibilità. O come minimo, la risposta che aveva trovato per sé non era tra quelle. La maturità che gli mancava era quella nata dall'accettazione, la consapevolezza delle proprie azioni, del proprio futuro, del proprio passato, dei propri errori. Doveva smetterla di scappare, e ricordarsi che tutto ciò che pensava di aver perso, alla fine, era sempre tra le sue mani, ma nascosto dal sangue che aveva versato. Infine, Xisil terminò quel discorso concedendosi un ultima frecciata alle sue parole precedenti; "Non sono una delle persone a cui devi delle scuse", diceva. Maxwell non poté fare a meno di sorridere a quell'attimo di gentilezza, ringraziandola silenziosamente nel profondo del proprio animo, ma almeno in quel momento aveva una certezza: necessarie o meno, per una volta il suo rimorso era sincero, e non un'estensione della sua fuga dalla realtà. E, forse, le doveva come minimo una risposta a quel fiume di parole.


    -Io non sono neanche riuscito a terminare l'addestramento militare. Sono morto prima.

    Dopo diversi attimi di silenzio, l'uomo fece uscire quelle parole con una certa amarezza, ma cercò di far intendere che quell'emozione non fosse diretta tanto verso Xisil, quanto alla scarsa scelta che aveva fatto per la sua vita, la vita precedente. Anche se, probabilmente, aveva esagerato con la menzione della sua morte; però dopo che lei lo aveva visto in spoglie umane e meccaniche, probabilmente aveva intuito che il passaggio originale tra quelle due forme non fosse stato esattamente piacevole. Ma, se ci doveva essere un aneddoto che poteva simboleggiare quanto fossero stranamente simili e altrettanto diversi, le loro diverse esperienze con la medesima carriera poteva essere un esempio lampante. Laddove lei aveva trovato qualcosa che le aveva fatto apprezzare la catena di comando, lui non aveva fatto altro che trovare esperienze che lo avevano avvicinato alla forza che un singolo desiderio poteva avere, per quanto impulsivo o infantile. Proprio per questa ragione, poteva comprendere quanto lei potesse avere un cuore sotto a quel guscio di disciplina e freddezza; forse, se le cose fossero andate diversamente, le loro storie sarebbero state quasi parallele.

    -E non metto in dubbio che anche tu sia una persona in carne e ossa. Non mi avresti affrontato in quel modo, altrimenti.

    Dopo tutta quell'amarezza, Maxwell si concesse una piccola frecciata alla reazione iniziale della sua interlocutrice, che non aveva mostrato esattamente l'autorità o la disciplina che si addicevano a un soldato in quegli attimi di astio. Però, per non far trasparire ostilità da quelle parole, l'ultima frase venne quasi rotta da una leggera risata, la stessa che avrebbe volentieri rivolto ad Alan, se non lo avesse perso di vista da quando lo avevano spedito in isolamento. Con la differenza che, se davvero avesse rivolto quel genere di commento al suo amico, probabilmente si sarebbero presi a pugni per un minuto buono. In quel frangente, invece, l'ilarità di Maxwell si spense lentamente, sostituendosi lentamente alla consapevolezza che, dietro a quella battuta, si nascondeva ciò che aveva davvero compreso da quella disavventura. E, passandosi lentamente la mancina tra i capelli, il moro fece scivolare lungo tutto il proprio corpo la tristezza che rischiava di far calare ulteriormente il suo capo verso il terreno.

    -... Però ho dimenticato che lo sono anch'io, nonostante tutta questa ferraglia.



    Gli ultimi minuti di quella passeggiata passarono in silenzio, e a forza di camminare in giro per le strade bagnate dalla luce del tramonto, i due compagni di sventure si trovarono al ring di sabbia, il posto dove l'uomo poteva dire che fosse iniziata la sua nuova "vita" con quel guscio umano. I suoi ricordi di quel giorno erano sfocati, confusi dal rimorso per il passato e dalla sottile ansia che aveva provato in quegli istanti, ma nonostante tutto era piacevole, e quelle memorie fecero sfuggire un sorriso al moro. Quelli del comitato erano dei bravi ragazzi, e si meritavano decisamente più sincerità da lui, ma avrebbe pensato a quei particolari in un altro momento.
    Maxwell per un attimo si aspettò che Xisil cercasse di continuare quel discorso, specie quando decise di fermarsi in quella piccola piazza, invece si preparò a terminare il loro incontro, menzionando che, probabilmente, dopo ciò che aveva passato lui preferisse rimanere da solo. Il moro sospirò e sorrise leggermente a quell'affermazione, pensando sinceramente che, anche se avesse voluto, l'universo avrebbe trovato un modo per fargli passare del tempo con qualcuno, ma soprattutto che, arrivato a quel punto, si sarebbe prodigato comunque a trovare le persone che aveva intenzione di incontrare dall'inizio di quella giornata. Era sopravvissuto a un nuovo incontro col Settimo, alle prediche della sua interlocutrice, quindi poteva anche completare l'opera cercando Catherine. L'alternativa sarebbe stata una veloce visita alla nuova casa che gli era stata concessa per puro spirito di carità, ma sapeva per certo che passare una notte solitaria in una casa vuota avrebbe risvegliato ricordi poco piacevoli. Tuttavia, questi pensieri vennero rapidamente seguiti da una frase che l'uomo non si aspettava di sentire, non in quel frangente.


    -Sono giunta fin qui in cerca del Comitato di Sicurezza che ha sede in questa città. Sai, ordini dall’alto… Credo sia il caso che io vada...

    Mentre la donna si chinava dopo quella breve scintilla di ironia, l'uomo batté gli occhi un paio di volte, con una sincera sorpresa dipinta sul volto. Con "ordini dall'alto" si stava forse riferendo a Re Topolino? Aveva notato come lui e Hayner fossero conoscenti, anche se ancora non riusciva a capire come potessero essersi incontrati o in quale occasione, ma aveva davvero una tale fiducia in quel gruppo da spedirvi persone dopo eventi del genere? Non che la cosa gli dispiacesse, ma dall'amarezza che aveva avvertito nelle parole di Seifer, aveva avuto l'impressione che la loro reputazione fosse decisamente meno "pregiata". Tuttavia, subito dopo aver formulato questo pensiero, la mente dell'automa si svuotò, ricordandosi un particolare importante: stava parlando di Seifer. E, senza offesa, non sapeva chi fosse il più pessimista tra quel ragazzo e Siegfried. L'uomo scosse lentamente la testa, scacciando quei silenziosi commenti con una risata sommessa, e si apprestò a fermare la sua interlocutrice prendendo la parola.

    -A dir la verità, faresti meglio a restare qui, la sede del comitato non è molto lontana.

    Ormai conosceva abbastanza bene i percorsi che Siefer e Hayner assegnavano ai vari gruppi di ronda, e se il più anziano dei due fondatori avesse deciso di radunare i membri per un rapporto più... sì, non c'erano altri modi per dirlo, per un rapporto che sembrasse più "ufficiale", di sicuro li avrebbe riuniti tutti in quella piazza. Gli venne quasi da ridere al pensiero che, dopo tutte le sue disavventure in accademia, avesse deciso di rinunciare a un gruppo militare più tradizionale, preferendo seguire gli ordini di un ragazzo che aveva quasi nove anni in meno di lui, e possedeva la stessa pazienza di una vipera ferita. Ma, alla fine, aveva trovato un rapporto molto più umano in mezzo a quei ragazzi, e forse proprio per quella ragione il re aveva suggerito a Xisil di unirsi a quel gruppo. Peccato che si fosse dimenticato di menzionare un piccolo particolare alla soldatessa, qualcosa che il moro rivelò alla sua interlocutrice con una punta di imbrazzo, portandosi la mancina dietro al collo.

    -... Sai, sono uno dei membri.
     
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  9. Xisil
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    Conoscere la storia di Maxwell la lasciò sconvolta in un primo momento. Insomma, non è una di quelle cose che si racconta tutti i giorni, al primo che si incontra, detta così, a bruciapelo, quando uno meno se lo aspetta. A poco serviva provare a riflettere su una qualche contorta forma di umorismo, un particolare modo di dire in uso dalle parti del giovane che nei canoni di Xisil significava invece qualcosa di decisamente diverso, spiacevole più che macabro. Un ragionamento del genere, inutile dirlo, non stava decisamente in piedi, come era inutile domandarsi se l’aver accennato alla carriera militare fosse stata o meno una mossa decisamente indelicata. Ma come poteva saperlo lei? Passò una mano fra i capelli, portandosi qualche ciuffo, in cui le sue dita erano incappate per puro caso, dietro all’orecchio sinistro, dove non stettero per più di mezzo secondo, come se in verità cercasse di rimettere a posto sé stessa e i suoi discorsi fuori luogo. L’amarezza nella voce del giovane le strinsero il cuore in una gelida morsa, un’orribile sorpresa inaspettata. Avrebbe voluto dirgli che le dispiaceva tanto, qualunque cosa fosse successa, ora che la guerriera iniziava a comprendere il perché della forma in parte meccanica di Maxwell, per quanto ciò che gli fosse realmente capitato restava per lei un mistero. Avrebbe potuto dirgli che nessuno dovrebbe meritarsi una sorte simile, o che certe cose capitano sempre a coloro che meno le meritano. Sarebbe valso a qualcosa? Probabilmente no. Avrebbe migliorato la sua giornata? Non più di quanto aveva già fatto da quando si erano incontrati, quindi decisamente no. Una pacca sulla spalla? Sarebbe stato comico vederla provarci, non era proprio alla sua portata.

    Gli avrebbe rivolto un mezzo sorriso, un’espressione ora più che mai lontana dalla gioia e da qualunque senso di ilarità, una concessione a quella stessa amarezza e insieme la condivisione di quel senso di crudele ironia dietro quella sorta di parallelismo fra i passati di entrambi, empatica comprensione e insieme l’illusione di una magra consolazione, alla luce del fatto che, dopotutto, lui c’era ancora, che forse sarebbe stato peggio per tutti se fosse morto, per lo meno in una maniera più… “definitiva”.

    Forse non era nemmeno giusto sentirsi così in colpa per aver tirato in ballo quell’argomento, prima di tutto perché non poteva immaginarsi che anche lui avesse vissuto un’esperienza simile alla sua. A parte per il fatto che era morto, ovviamente. Ma quel momento di imbarazzo fu presto rotto da uno di maggiore leggerezza, un soffio d’aria fresca, momentanea e sfuggente proprio come una brezza passeggera, e velata di una sottile ilarità che non sfuggì affatto a Xisil, ma che finse di ignorare, continuando per la sua strada. Che fosse, sotto sotto, una mina vagante, questo lo sapeva da sé. Era un soldato, ma l’addestramento non aveva cancellato quella che era la sua personalità: sapeva quando doveva essere fredda, distaccata, quando lasciare da parte i sentimenti, ma conosceva anche il lavoro di squadra, e sapeva come affrontare un suo pari quando era necessario. Ed era stata proprio quella personalità che aveva mantenuto intatta dentro di sé a fare di lei qualcosa di completamente diverso da un burattino, qualcosa più di un sottoposto, qualcuno "più in alto" rispetto a chi era tenuto ad eseguire un ordine, e basta. Non aveva mai rinnegato ciò che nel tempo era diventata, pur non montandosi mai la testa, senza sentire il bisogno imporsi sul prossimo ma sapendo far gioco di squadra, perché restava il fatto che quei giorni di gloria erano ormai lontani dietro di lei, e che a tutti gli effetti era stata declassata. Congedata, con disonore, ad essere sinceri con se stessi. Ma per cosa? Per essersi rifiutata di alzare anche solo un dito su degli innocenti? Che valesse pure questo, il fatto di essere un soldato a metà. Ma questo, di nuovo, lei non lo disse, e rimase impresso solo nel suo sguardo distratto, su quella camicia senza gradi.

    Non le dispiaceva troppo congedarsi da Maxwell a quel punto della loro conversazione: probabilmente avevano entrambi diverse cose su cui riflettere, o almeno così era per Xisil. Stava davvero per ricominciare una vita all’interno di un’organizzazione? Sarebbe stato come tornare in qualche modo alla sua vecchia vita? Certo non si aspettava alcun reintegro con il rango che aveva un tempo. Nemmeno sapeva come fosse strutturato il Comitato di Crepuscopoli, ma di sicuro avrebbe dovuto adattarsi ad un nuovo posto in fondo alla catena di comando, e non sarebbe stato facile per lei ricominciare tutto dall’inizio, non provare un po’ di nostalgia, tacere e fare ciò che le veniva chiesto. Restava a darle coraggio il pensiero che avrebbe avuto di nuovo qualcosa da proteggere, e che se gli eventi di poco tempo prima si fossero ripetuti lei avrebbe potuto essere di qualche aiuto. Ma l’ennesima risata di Maxwell e soprattutto le parole che seguirono la colsero alla sprovvista, accendendo nella sua testa un campanello di allarme. Se lui faceva parte di quel Comitato poteva star certa che, qualunque cosa avrebbe trovato, non si sarebbe mai potuta avvicinare all’idea che Xisil aveva di “organizzazione”, perché di sicuro uno come lui non si sarebbe inserito in alcun tipo di organizzazione militare, almeno non in base a quanto aveva appena lasciato intendere.

    “Oh, bene…” Disse Xisil un po’ spiazzata ma fingendosi al contempo piacevolmente stupita, “Pare che forse non ti libererai di me così facilmente!” Re Topolino doveva avere un pessimo senso dell’umorismo.

    “Dunque… scusami Maxwell, so che questo incontro ti ha già portato via più tempo di quanto avresti immaginato, ma…” le ci volle molta determinazione per raccogliere il coraggio necessario ad andare a fondo in quella faccenda, “Mi sapresti dire di più riguardo al Comitato locale? Magari indicarmi la direzione da prendere, dato che di sicuro conoscerai molto meglio di me questa città.” Dopotutto, via il dente, via il dolore.

    “Se però hai cose più importanti da fare non desidero portarti via altro tempo”.


     
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    Maxwell avrebbe sinceramente riso alla prima frase che seguì la sua piccola "confessione", ma per educazione la soffocò prima che potesse raggiungere la sua gola, trasformandola in un breve sospiro. Perché sì, non si sarebbero separati così facilmente, soprattutto se da quel giorno in poi avessero fatto parte dello stesso gruppo; se persino Grey, il membro più taciturno e solitario del comitato, gli era familiare almeno fisicamente, prima o poi lui e Xisil avrebbero avuto quella discussione. Sarebbe stata solo una questione di tempo. Ma, alla fine, non gli era dispiaciuto chiarire prima la questione, e l'uomo dovette trattenere un brivido di terrore al solo pensiero che, se non si fossero incontrati in quel momento, il loro primo incontro come compagni d'armi sarebbe stato tutt'altro che amichevole. Non voleva creare altro sangue amaro, non prima del tempo, almeno.
    Intanto, con un'insolita titubanza ed esitazione, la ragazza gli chiese delle informazioni sul comitato, oltre che a delle indicazioni sulla loro sede. Ma, non appena la soldatessa cercò di fingere una certa umiltà aggiungendo che, forse, il moro avesse qualcosa di più importante da fare, Maxwell non riuscì a trattenere una risata a occhi chiusi. Era certo che anche lei lo sapesse, ma arrivato a quel punto non avrebbe certo lasciato quel discorso a metà.


    -Non direi importanti. O come minimo... sono cose che sento di dover fare. Ma non è un problema.

    L'uomo si passò una mano tra i capelli con un leggero sospiro, perché neanche lui aveva una chiara idea di quanto potessero rivelarsi "importanti" i suoi obiettivi per quella giornata. Una volta atterrato, il massimo che la sua mente fosse riuscita a pianificare era un modesto giro della città, da compiere in religioso silenzio, alla ricerca di una donna a cui temeva di spezzare il cuore, cercando di evitare i conoscenti a cui temeva di causare un futuro, profondo orrore. E, detto in quel modo, i suoi pensieri passati sembravano quasi ottimisti. Ma ormai era troppo tardi: anche se avesse cercato di raggiungere la stazione, Catherine non avrebbe speso troppo tempo lontana dalla sua sorellina, e vagare fino al mattino successivo, con la luce del tramonto perennemente sul volto, era fuori questione. Non voleva spendere altre notti insonni per il rimorso.
    Tuttavia, portandosi i capelli dietro la nuca per un attimo, prima che cadessero nuovamente sulla sua fronte, l'uomo scacciò quella marea di pensieri, e racimolò la forza necessaria per terminare quel discorso. Se avesse avuto altro rimorso, ci avrebbe pensato nei giorni successivi, oppure li avrebbe affrontati nei suoi incubi; ormai si era abituato a entrambe quelle possibilità.


    -Non penso che sarei riuscito a risolvere tutto in un'unica giornata.

    Detto questo, l'uomo ingoiò l'amarezza con un profondo respiro, incrociando le braccia di fronte al proprio petto. Che cosa poteva dire sul comitato, senza che le sue parole sembrassero opera di Siegfried? Non erano certo organizzati come quelli delle altre due città principali, la loro sede era accogliente ma modesta, e se quel suo sogno fosse stato premonitore, i manichini rischiavano di venire decapitati da un momento all'altro. No, quello era decisamente un brutto modo per iniziare quel discorso; forse sarebbe stato il caso di ripiegare su una descrizione più "generica".

    -Comunque, per quanto riguarda il comitato... la sede si trova in quella piccola via oltre le scale là in fondo, non siamo un grande gruppo. Siamo in otto da quanto ricordo, e credo che quasi tutti siano molto più giovani di me.

    Maxwell indicò di sfuggita con l'indice sinistro la scalinata che, in un angolo della piazza, sembrava quasi scalare le viscere delle case locali, portando in cima alla piccola collina su cui erano arroccate quelle abitazioni. Quel giorno sembravano stranamente più ripide del solito, forse a causa di ciò che lo avrebbe aspettato alla fine di quei gradini, ma come minimo poteva essere certo che quello sarebbe stato il male minore per Xisil. Se il tempo che quella ragazza aveva speso nell'esercito l'avesse portata a marce pesanti anche solo la metà di quelle che lui e i suoi commilitoni avevano compiuto per raggiungere il Monte Apex, probabilmente quella le sarebbe sembrata una piacevole passeggiata mattutina. Tuttavia, solo dopo aver pronunciato quelle parole, l'uomo si rese conto che, a mente fredda, indicare il numero esatto dei membri di quel gruppo, includendo se stesso nel conto, avrebbe rischiato di rivelarsi una scelta poco saggia. Ma, se doveva essere onesto, forse sarebbe stato meglio lanciare tutto il possibile fango che poteva uscire dalla sua bocca in quel momento; da quel punto in poi, la situazione poteva solo migliorare.

    -Si tratta prevalentemente di volontari della cittadina più qualche individuo esterno, e...

    Con un paio di calcoli mentali, l'uomo si rese conto che, fino a quel momento, i loro membri possedevano uno strano equilibrio. Quattro di loro erano originari di Crepuscopoli, quattro ragazzi che apparentemente avevano deciso di proteggere con le proprie forze la loro casa, più altri quattro viaggiatori provenienti da altri mondi, che si erano uniti nelle circostanze più insolite. Yejide si era rifugiata in quella cittadina dopo aver perso i genitori, Orlando aveva semplicemente deciso di portare quel suo accento in città dopo un naufragio, da quanto era riuscito a comprendere, mentre Grey... si era unito per gratitudine, ma aveva solo sentito delle voci. Prevalentemente da Rai, quindi non sapeva quanto potesse fidarsi. E infine c'era lui, il mezzo uomo disposto a metterli tutti in pericolo per sentirsi di nuovo parte di qualcosa. A quel pensiero, la sua bocca si deformò verso il basso, formando una smorfia di disagio, ma prima che il suo cuore venisse nuovamente stretto dall'angoscia, l'uomo riuscì a tramutarlo in un sorriso imbarazzato. Un particolare si fece strada nella sua mente, e se davvero Xisil avesse deciso di unirsi a loro, qualcuno avrebbe dovuto avvisarla; tanto valeva che lo facesse l'uomo davanti a lei.

    -... Cerca di non farlo pesare troppo a uno dei "fondatori". Fidati.

    D'accordo, ora poteva dirlo con certezza: dall'istante in cui quella frase fosse terminata, solo a quel punto le cose sarebbero migliorate. Almeno, lo sperava vivamente, e allo stesso tempo si mise a pregare la Dea Madre per un pizzico di divina provvidenza.
     
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  11. Xisil
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    Doveva trattarsi di uno scherzo. Uno stupido, inappropriato scherzo del destino, che a quanto pare aveva intenzione di tormentarla fino alla fine di quella giornata che sembrava non dovesse mai giungere al termine. Se la mente dell’uomo non fosse stato per lei un tale mistero, forse non si sarebbe sentito a disagio di fronte al divertimento di Maxwell, non si sarebbe pentita amaramente di avergli chiesto quel favore, una piccola umiliazione a cui avrebbe fatto volentieri a meno. Poteva solo sperare che nel tempo, se mai fossero diventati compagni di squadra, lo sarebbero stati al di là di un semplice fatto di titoli, soprattutto ora che le divergenze dei più recenti avvenimenti erano state chiarite. In quel momento desiderava solo prendere quante più informazioni lui le avrebbe fornito, e lasciarlo andare per la sua strada: i suoi turbamenti non dovevano riguardarla. Le scuse che doveva porgere non erano quelle della donna. A malincuore, ma non vi era nulla che potesse fare per lui, perché lei per quel ragazzo non rappresentava nulla, tanto lei quanto le sue parole, e nulla che lei potesse dire d’altro gli avrebbe donato la pace.

    Ma non era per via di Maxwell che aveva iniziato a interrogarsi sulla volubilità del fato, nonostante nemmeno lui sembrasse poter fare molto per indorarle la pillola. Seguì il dito del moro fino alla scalinata, e quella, gradino dopo gradino, interrotta qua e là da una svolta o una casa che la celava momentaneamente alla vista, fino in cima alla collina, dove a detta del ragazzo si sarebbe dovuta trovare la sede del comitato. Comodo, davvero, se uno si fosse sentito nell’indole del penitente. Ma Xisil non mostrò segni di debolezza, a quel punto avrebbe fatto tutto ciò che occorreva per dimostrare la propria determinazione, a chiunque l’avesse attesa alla fine di quel calvario e prima ancora al suo futuro collega.

    Anche una volta decisasi ad intraprendere quella passeggiata di salute non avrebbe smesso di chiedersi quale bizzarra macchinazione del fato l’avesse messa su quella strada. Il fatto che i membri fossero più giovani di Maxwell era poco indicativo, lo era lei stessa, occhio e croce, e poco importava che fossero volontari, purché fossero stati capaci di fare il loro mestiere... ma l’avvertimento del moro sul fatto che una cosa del genere avrebbe potuto in qualche modo “pesare” al fondatore non sembrava promettere nulla di buono. Era il numero a preoccupare ulteriormente la ragazza, forse appena sufficiente a presiedere quella dannata scalinata. Cosa avevano in mente di fare con meno di dieci persone?

    “Non temere, starò al mio posto.” Disse lei dopo un lieve sospiro, “Non voglio aver dubbi sul fatto che sappiano quello che fanno...”

    Era ormai chiaro che non sarebbe mai stato come tornare alla sua vecchia vita. Inutile ostinarsi a pensare che vi fosse un modo per riportare indietro la sua casa, che sarebbe riuscita a riportare in vita gli spiriti del suo passato ricreando quel mondo che non c’era più: non avrebbe mai potuto funzionare così, e nuovi compagni non sarebbero mai stati come i vecchi. Così come nessuno avrebbe mai potuto sostituire il suo maestro, nemmeno ricordargli vagamente la sua presenza e colmare quel vuoto. Stupida, irrazionale sognatrice. Nulla sarebbe mai stato più come prima, ed era il momento di farsene una ragione.

    Era solo questione di fare un passo alla volta, gradino dopo gradino, testa alta e respiro costante. Sarebbe arrivata fino alla fine, come in tutte le altre cose. Arrivata sino a quel punto non si sarebbe tirata indietro. Aveva chiesto uno scopo, un obiettivo, e glie lo avevano indicato. Cos’altro voleva ancora? Niente scuse, non questa volta, non si torna indietro. Fece il primo passo: piegò il ginocchio destro, alzò il piede, lo posò sul gradino. La scalata doveva cominciare.

    Non le importava quanto fosse dura la salita, continuava ad avanzare guardando fissa i propri passi, la punta delle sue scarpe. Prima fosse arrivata, prima avrebbe smesso di pensare alle proprie aspettative. Ascoltava il suono dei passi sulla pietra scaldata dal sole, o meglio due suoni, due diversi rintocchi sfalsati che seguivano ciascuno il proprio ritmo, due diverse intensità. Si bloccò sulla scalinata per volarsi, ricordandosi che Maxwell stava avanzando con lei: gli offrì un sorriso, un silenzioso ringraziamento. Sentì il proprio volto lambito da un tenero calore, una luce che le fece socchiudere gli occhi non appena alzò lo sguardo sulla città, che da quella posizione si apriva sotto di lei da un’altra prospettiva. Era un bel posto, dopotutto, magari si sarebbe potuta trovare bene se le cose fossero andare per il giusto verso: era un luogo diverso, completamente diverso, ma le piaceva. Il suo viso si distese mentre una sottile brezza le scompigliava i capelli e scuoteva il drappo che le cingeva i fianchi. Non poteva essere così male, dopotutto.
    Ma l’ombra di un dubbio rabbuiò in un istante il suo sguardo.

    “Credi sia dai egoisti desiderare di dimenticare il passato?” Disse ella d’un tratto, forse a Maxwell, forse a se stessa o al vento, “sarebbe così sbagliato pensare di poter semplicemente andare oltre, guardare avanti e lasciare andare ciò che abbiamo perso dietro di noi?” Lo disse quasi senza pensarci, a dire il vero. Era questa la magia di quel posto, la poesia di quel tramonto: sciogliere il ghiaccio che era rimasto aggrappato al suo spirito, schiudere i recessi dell’anima. O forse era solo la prospettiva di un nuovo inizio, di un nuovo giorno quando quello corrente si fosse finalmente deciso a terminare, ad esigere che lei trovasse una risposta.


     
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    Il moro non riuscì a trattenere un leggero sorriso, accompagnando le parole quasi sconsolate della bruna con una flebile risata soffocata. Sul momento poteva sembrare uno scherzo di cattivo gusto, ma nonostante la spossatezza, nella mente di Maxwell stava prendendo corpo una serie di eventi piuttosto comica, anzi, quasi nostalgica. Gli venne da pensare allo sguardo inquisitore di Seifer, l'espressione neutra di Grey e Fuu, l'euforia di Rai nel ritrovarsi con un'altra donna nel gruppo... forse non sapevano davvero ciò che facevano, non quanto gli altri due comitati, ma avevano qualcosa in più. Perché lì, dove la maggior parte della gente vedeva una manica di scapestrati, lui sentiva di aver trovato delle persone simili a lui, ragazzi e giovani adulti che desideravano fare davvero qualcosa per chi gli stava intorno, per quanto insignificante. Era quello il genere di compagni che aveva desiderato in quei sette anni, il tipo di legame che aveva tenuto insieme lui, Alan e Susan, quelle diversità e l'umanità che solo in quel momento cominciava ad apprezzare. E, nonostante tutto, sperava vivamente che anche Xisil si potesse trovare bene in mezzo a loro, un po' per essere la voce della ragione, e un po' per scaldare quel cuore stretto da una fredda professionalità. Un'aggiunta del genere non poteva che giovare a tutti, e con quella piccola speranza stretta nel petto, l'uomo si diresse verso la sede del comitato con la soldatessa, cercando di spegnere il fuoco dell'angoscia che bruciava il suo petto con quel calore molto più piacevole. Non appena la ragazza gli rivolse un sorriso, allertata dai suoi passi involontariamente pesanti, il moro ricambiò leggermente quel gesto, procedendo a scalare quella gradinata insieme a lei. Sì, aveva davvero dimenticato quanto fosse ancora umano, nonostante tutto.

    Ma, d'un tratto, la bruna rallentò il passo, rabbuiandosi e porgendo un quesito piuttosto insolito all'uomo: era da egoisti cercare di dimenticare il passato? Per un attimo, Maxwell la fissò con uno sguardo sinceramente incredulo, rischiando di mancare il gradino successivo per un soffio, mentre la sua mente veniva ghermita dalla sorpresa. Cosa diamine significava quella frase? E non lo stava pensando per l'improvvisa amarezza che aveva preso corpo nella voce nella sua interlocutrice, quanto perché non aveva la più pallida idea di che genere di risposta darle. Quella non sembrava essere una frecciata rivolta verso di lui, ormai credeva di aver imparato quale tono la donna riserva per quel genere di cose, avrebbe riconosciuto i freddi colpi di lancia che gli erano stati inferti all'inizio del loro incontro. Ma, allo stesso tempo, come poteva rispondere a una domanda del genere? Anzi, Xisil si stava davvero aspettando una risposta?
    Per un attimo, l'uomo si fermò, con l'incertezza che formava una specie di bolla proprio al centro della sua gola, rallentando il suo respiro e i suoi penseri. Lentamente, tirò fuori dalla tasca destra la mano corrispondente, fissandola con le labbra serrate e le sopracciglia corrugate: in rapida successione, nei suoi occhi quell'arto venne sostituito da quello della sua forma meccanica, quello del Settimo, finché non ne rimase nient'altro che uno scheletro. A quell'ultima visione, l'uomo scosse il capo battendo rapidamente le palpebre, cercando di scacciare le illusioni che i suoi pensieri stavano trasferendo ai suoi occhi; ironicamente, quella era una domanda molto simile a una frase che gli era stata rivolta quasi una settimana prima. "Se continuerai a scappare dai tuoi errori in questo modo, non otterrai mai il Keyblade, né riuscirai a esprimere appieno il tuo potenziale". Le parole del Settimo rimbombarono tra i suoi ricordi, mentre la sua memoria viaggiava lentamente alla notte del massacro che aveva compiuto per rabbia e disperazione, alla vista fugace di quello che poteva essere il suo scheletro scartato. Era stato proprio in quegli istanti che aveva commesso l'errore più grande, abbandonando il suo senno per il rimorso di ciò che aveva perso, facendo sfociare quelle emozioni in una rabbia che avrebbe fatto ingelosire anche il "Distruttore". Sì, se davvero Xisil si fosse aspettata una risposta a quelle domande, probabilmente l'uomo avrebbe potuto contare solo su ciò che quell'esperienza aveva causato al suo cuore.


    -Anch'io mi sono fatto spesso questa domanda. E... temo che, almeno per me, la risposta fosse "Sì".

    L'uomo sospirò profondamente a quelle frasi, lasciando che i ricordi di quelle ore di pazzia scivolassero nuovamente nel profondo della sua mente, dove lo avrebbero atteso, in agguato, fino al suo riposo successivo. Dovette racimolare una certa forza, sia per condividere anche solo una parte di quegli eventi, sia per concentrarsi sulle parole che stava per pronunciare: non voleva commettere lo stesso errore che aveva fatto con Aqua, non voleva autocommiserarsi, erano solo le memorie di un assassino. I ricordi di un penitente troppo testardo per accettare la sua vera punizione. Perché, anche se quello non poteva essere definito "egoismo" nel senso tradizionale della parola, si trattava pur sempre della stessa emozione, di un istinto che lo aveva portato a sovrapporre i propri desideri a ciò che gli accadeva. Perché incassare il colpo di essersi ritrovato in un altro mondo, quanto poteva rischiare eroicamente la vita contro un Blu Ciccio? Perché rincuorare una ragazza che aveva perso i genitori, quando poteva fingersi un saggio e biasimare le sue scelte? Perché avrebbe voluto punirsi e gridare quelle parole al suo riflesso, ecco perché.

    -Però credo che una cosa del genere diventi "egoista" solo quando si pretende di schiacciare il futuro con quei ricordi. Per farti intendere... io speravo di non essere cambiato dopo ciò che mi è successo.

    "Ti stai dicendo da solo le bugie peggiori". Anche se aveva pronunciato quelle parole con un tono strafottente, il Settimo le aveva dette con tutta la sincerità che aveva a sua disposizione: non servivano i sotterfugi di Promestein o le bugie di Steven a ingannarlo, il suo masochismo era sufficiente per condurlo dritto in un baratro. Voleva ancora sentirsi come un ragazzino, come il giovane vent'enne che non desiderava altro che il bene altrui, lo stupido ingenuo che aveva abbandonato i suoi genitori credendo di poter fare qualcosa di "buono" con la sua vita. Ricacciandosi la dritta in tasca, e quella marea di rimorso all'apertura dello stomaco, l'uomo riprese il passo, cercando di non perdere di vista la sua interlocutrice.

    -Volevo mantenere la mia innocenza, andare avanti con un vecchio sogno, ma ne ho ricavato solo immaturità, come hai potuto costatare. Mi rifiutavo di accettare ciò che era successo, QUELLO era egoismo.

    Una punta di amarezza si fece strada tra le sue parole, intaccando di poco la sottile determinazione con cui stava cercando di sostenere le sue gambe e il suo discorso. Alla fine, i rimproveri che Xisil gli aveva rivolto, per quanto acidi, avevano un fondo di verità, non lo avrebbe mai potuto negare. Pur di illudersi di essere ancora la persona che era, aveva deciso di proiettare la sua angoscia sugli altri, scaricando le ansie su persone che gli ricordavano anche solo una parte dei suoi errori passati. E ci aveva davvero guadagnato molto: non era più certo di quanto le sue parole avessero aiutato Yejide, e un discorso che avrebbe dovuto far desistere Aqua dall'andare da sola nel Castello dell'Oblio aveva completamente fallito il suo scopo. Tutto perché non voleva accettare ciò che aveva fatto, il tempo che era passato, le crepe che rischiavano di spezzare il suo cuore da un momento all'altro, il sogno malato che non faceva altro che illuderlo di essere meno colpevole per le vite che aveva spento. E ogni singolo attimo che spendeva con queste convinzioni, in realtà, non faceva altro che spingerlo più a fondo nei rimorsi del passato, portandolo sempre più lontano da una via d'uscita da quel senso di colpa che lo stava lentamente uccidendo.

    -Ma andare avanti non è sbagliato. Forse alcune cose del passato non possono essere dimenticate, ma non possiamo fare altro che accettarle e continuare a vivere. Questo sì.

    Mentre parlava, l'uomo riprese un certo ritmo con i suoi passi, raggiugendo e rischiando quasi di superare la sua interlocutrice, ma riuscì a terminare quella frase prima di perdersi ulteriormente nei suoi pensieri. Con un sospiro, l'uomo lasciò che la pesantezza presente nel suo petto se ne andasse insieme all'aria, scivolando via insieme alla brezza, e si passò una mano tra i capelli per riprendere un po' di contatto col presente. Probabilmente era stato troppo pesante, non voleva riportare così in basso quel discorso, non dopo che erano riusciti ad alleggerirsi il cuore con l'argomento precedente; ma come poteva spazzare via un po' di quella malinconia? Ironicamente, la risposta arrivò proprio appena la sua mano tornò verso il basso, accompagnata da una ciocca di capelli corvini, che andò a coprirgli l'occhio sinistro. Maxwell la afferrò lentamente, ridendo sommessamente: chi avrebbe mai detto che sarebbe stato proprio quel particolare a ridargli un po' di sollievo?

    -... Diamine, spesso mi ha dato fastidio quella criniera bianca della mia altra forma, ma ascoltandomi sembro proprio un vecchio, vero?

    Disse queste parole voltandosi verso Xisil, porgendole un leggero sorriso e terminando quella frase con una breve risata. Non avrebbe mai creduto di vedersi coi capelli bianchi, non fino alla stessa età di suo padre come minimo, e nei momenti in cui i suoi pensieri vagavano verso problemi meno gravi, a volte aveva maledetto il senso estetico di quegli scienziati. Siegfried li aveva mantenuti per una questione di "identità", ma a lui non erano mai piaciuti. Eppure, se ripensava a ciò che aveva detto e a quello che aveva passato in quegli ultimi giorni, probabilmente i suoi capelli sarebbero veramente sbiancati, per un motivo o per un altro.
     
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  13. Xisil
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    Shall I leave my friends alone
    Hidden in my twilight hall
    I know the world is lost in fire
    Sure there is no way to turn it
    Back to the old days
    Of bliss and cheerful laughter
    We're lost in barren lands
    Caught in the running flames
    Alone


    Una fitta allo stomaco spense in un attimo qualunque traccia di entusiasmo. Dentro di sé sperava di poter trovare una risposta diversa alla sua domanda, la risposta che potesse placare i suoi sensi di colpa: da quando il suo mondo era scomparso non aveva fatto molto per cercare di riportarlo indietro, oltre a procurarsi informazioni e interrogare le persone giuste per ricevere in cambio nulla di più che la certezza su ciò che non sarebbe accaduto. Forse aveva inconsciamente accettato quella verità come unica e inderogabile, e per quanto cercasse ancora di negarlo a se stessa, si era arresa. Le era stato detto che riuscire a riportare indietro dalle tenebre persone, o addirittura un mondo intero, era estremamente raro e complicato, e per una persona realista come lei ciò era più che sufficiente a capire che un evento del genere non sarebbe mai accaduto. Sperare era una cosa, mentre sognare era tutt’altra faccenda, qualcosa di ben lontano dalle sue capacità. Per questo motivo non aveva fatto nulla da quando lei, il moro e Noel erano tornati dal regno dell’oscurità, da quando Xisil aveva intravisto il suo mentore, la sagoma lontana del Maggiore, e aveva incrociato il suo sguardo quell’ultima volta. L’ultima persona che avrebbe mai desiderato vedere in quel luogo era proprio lui, ma dal momento che ciò era accaduto, qualunque ultima speranza che qualcuno oltre a lei si fosse salvato era svanita. Unico suo rimpianto era non essere riuscita a cogliere le parole che lui le aveva rivolto, il motivo per cui lui l’avesse cercata: avrebbe dato qualunque cosa per poterlo sapere, per poterlo vedere un’ultima volta e conoscere ciò che aveva pensato di lei in quel momento. Sapere che non avrebbe avuto una seconda occasione per incontrarlo era doloroso.

    Sarebbe stata davvero la cosa migliore negare a se stessa qualunque futuro solo per avere la certezza di non poter mai dimenticare? Cosa temeva davvero, se anche lei sapeva che nulla al mondo avrebbe mai potuto sostituire le persone che aveva perso? Se per sempre fosse stata condannata a soffrire la differenza rispetto a ciò che un tempo era stato, allora la cosa migliore da fare sarebbe stato dimenticare, nella speranza che i volti del suo futuro non le ricordassero mai i fantasmi del suo passato. Ma fino ad allora non ci era mai riuscita. Forse Maxwell aveva ragione, cercare di dimenticare le proprie vicende fingendo che nulla fosse mai accaduto, quello era davvero egoismo. A lungo era rimasta aggrappata alle sue vecchie speranze, il “vecchio sogno” ai cui il moro aveva accennato, e forse anche lei per tutto quel tempo si era rifiutata di accettare ciò che era accaduto, ma ora non più. Basta restare aggrappati ai propri trascorsi.

    “Grazie, Maxwell. Un posto in questo comitato potrebbe per me rappresentare un nuovo inizio, una seconda possibilità.” Poteva essere stato questo l’intento del Re, dopotutto. “Forse qui potrò riuscire dove tempo fa ho fallito. Temevo solo che con questo tentativo di redenzione avrei potuto cancellare ogni traccia del mio passato. Ma hai ragione, lo riconosco, ci sono cose che non dimenticheremo mai, volti, ricordi che non verranno mai sostituiti.”

    E in fine volto di Xisil si alleggerì con un lieve riso, mentre scuoteva il capo negando ciò che in conclusione aveva detto Maxwell. Non sembrava un vecchio, nessuno dei due in verità. Guardò il suo interlocutore, che nel mentre era avanzato salendo ancora qualche gradino, superandola: erano entrambi così giovani, troppo giovani per poter lasciarsi andare alla commemorazione del passato, senza pensare a ciò che li attendeva di fronte a loro, su quella strada ancora lunga da percorrere.

    “Forza, andiamo” disse allora con rinnovata energia, un piede davanti all’altro su per la scalinata, “Ci attendono ancora molte cose da fare.”





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    In testa al post, "Mirror Mirror", Blind Guardian
     
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    Spesso si chiedeva come sarebbero state le cose, se solo avesse deciso di comportarsi diversamente. Se non si fosse deciso ad accettare la sua condizione, se avesse continuato a scappare come quella notte, alla ricerca di un metodo qualsiasi per ottenere nuovamente un corpo in carne e ossa. Quanto sarebbe stato diverso da Promestein, da quell'uomo che aveva cercato di controllare il Castello dell'Oblio, dall'Heartless che aveva ucciso Steven? Non lo sapeva, ma la sua immaginazione, spesso, era stata fin troppo attiva nei mesi passati. E anche se non aveva mai definito nulla di concreto, il solo pensiero di perdersi in una follia simile a quella di tali individui lo spaventava, anche in quel preciso momento. "Devi accettare le tue parti distruttive", gli aveva detto il Settimo. Se questo era vero, almeno sapeva fino a che punto avrebbe seguito quel consiglio, perché non voleva arrivare anche a quei livelli. Ma, soprattutto, sperava di non aver passato quella stessa malinconia alla sua interlocutrice. Se quei discorsi gli avevano causato una tale malinconia, non se la sentiva di immaginare cosa avrebbero acceso nella mente della soldatessa.
    Fortunatamente, la giovane sembrò sollevata dalle sue parole, escludendo l’imbarazzante battuta con cui aveva cercato di alleggerire l'atmosfera, e si limitò a ringraziarlo. Per cosa, poi? Per aver ammesso di aver fatto così tanti errori che ormai era certo solo di ciò che faceva di sbagliato? A quel pensiero, l'uomo non riuscì a trattenere un leggero sorriso: almeno adesso se ne era reso conto. Meglio tardi che mai. E, in un certo senso, anche Xisil sembrò pensarla allo stesso modo, perché continuò la sua frase confermando ciò che aveva detto il moro. Sì, certe memorie non si potevano dimenticare, e cercare di superarle con la "redenzione" non era che masochismo. Forse l'unica cosa che lo aveva salvato era proprio quel timore della ragazza, la paura di cancellare il proprio passato, o nel caso dell'automa, la paura di perdere la vita che aveva vissuto per ventisette anni.
    Alla fine di quella piccola confessione, infine, la malinconia sembrò sparire dal volto della sua interlocutrice, che gli rivolse un leggero sorriso, incitandolo ad avanzare con rinnovata energia. Tuttavia, fu in quel momento che l'uomo si fermò un attimo, fissando la punta del proprio piede e i mattoni sottostanti, colpito dritto a un fianco dalle parole con cui Xisil aveva cercato di spronare il passo di entrambi. "Ci attendono ancora molte cose da fare". Maxwell non riuscì a trattenere un sospiro, mentre i suoi molari si serravano dietro alle guance, e una frase scappava dalle sue labbra con un sospiro.


    -Sì. Sì, è vero. Molte.

    Uno strano peso si fece strada verso il suo stomaco a quelle parole, come una sfera di metallo che affondava lentamente nella sabbia. Non voleva farsi riprendere dalla stretta che lo aveva tormentato da quando era tornato dal castello, ma la sua mente non poté fare a meno di viaggiare in quella direzione: aveva davvero molte cose da fare, persone da affrontare, errori a cui rimediare. E, proprio come quella scalinata, era una strada in salita. Ma non poteva fare altro che andare avanti. Maxwell ricacciò quella pesantezza con un sospiro, bloccandola all'altezza dello sterno, e riprese a seguire la giovane; non c'era tempo per la malinconia. Alla fine di quei gradini, tanto, lo aspettava una delle sue "cose da fare". Poteva solo affrontarla a testa alta, senza rimorsi.
     
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    ~Bridges Burned

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    Valutazione: ~Una Nuova Vita



    Well, devo dire che una rimpatriata di due su tre è qualcosa di intenso. Poi quando l’ambaradan sarà finito dovremmo farla con tre Pg, verrebbe qualcosa di ANCORA PIÙ INTENSO. Ci tenevo a valutarla io questa quest un po’ perché sono stata parte della fuga, nel senso che ho letto e ne ho visto i risvolti –duh, AtO l’ho gestito io-, un po’ perché era un sacco che non leggevo qualcosa di Xisil e qualcosa di Maxwell che non fosse “ho i pugni nelle mani”, eccetto la quest con me, clearly.
    E non temere Xis, arriverà anche Noel ad arricchire le fila del CDSC. Prima o poi.

    «Xisil:
    Dunque dunque, vedo uno stile diverso, più lineare, scorrevole. Molto, molto più azzeccato, se vuoi sentire il mio parere °W° Hai riformato un vocabolario altisonante per uno più contemporaneo, nonostante le apprezzatissime punte lessicali più ricercate. I tuoi post sono nettamente superiori agli ultimi tuoi lavori che ho letto: questo lungo periodo di pausa ti ha fatto bene perché, cavolo, Xisil è tornata in pompa magna. Conta che assieme a Sipario le ultime cose tue che ho avuto tra le mani sono stati i post di Ciliegi in Fiore e sono contenta di vedere un’impennata.
    Passiamo alla parte che più mi interessa: lo shipping estremo di Xisil e Aqua. Veramente, se tu mi avessi inserito una battuta tipo “Hai toccato la Maestra?!” ti avrei dato 15 ap base. Potevi approfittarne. :C Ora sono una fangirl estremamente triste. Per il resto, le reazioni della tua piggia sono coerenti con lo stato in cui l’hai lasciata, legittime nel suo voler rimproverare Maxwell per le sue scelte. In fondo, Xisil è l’unica che è rimasta tagliata fuori, l’unica che aveva una conoscenza fondata su Ansem, sui Keyblader e su chi fosse la Aqua. I suoi sogni di fangirl e di annusare i vestiti della Custode sono stati infranti da Maxwell. Max è una brutta persona, we know. Per il resto hai usato un ottimo espediente per unirti ad un Comitato, hai reagito in linea con il personaggio, con quanto scritto in scheda e con gli sviluppi ad essa successivi. Sono curiosa di vedere come risolverai la questione con Aster ora che Strange non ruola più: in fondo aveva avuto un ruolo fondamentale nella storia di Xis. Intelligente è stato anche questo continuo paragone con il suo passato da militare: la necessità di ritornare un po’ nei ranghi così come il pensiero di doversi adattare e, come hai detto tu, che non sarà mai come il passato. Spunto riflessivo non da poco e che forse per la seconda volta dall’inizio del tuo cammino con lei hai deciso di approfondire! Good Job!
    Niente da recriminare sulla scrittura: vocabolario corretto, costruzione delle frasi ottima, post revisionati –I guess-, senza errori, tempi verbali azzeccatissimi, punteggiatura senza sbavature.
    Che dire? Xis, sono contenta che tu e la tua piggia siate tornate.

    Voto: 8.3
    Ap: 10 (8 + 2 bonus fisso)
    Munny: 515

    «Alex:
    Boh. Io non so più che altro dirti, ci vediamo talmente spesso in questi termini che non ho pareri diversi dal solito da esprimere. Piano piano stai migliorando con la scrittura, ti stai correggendo, hai tolto i modi di dire –non serve neanche che te li corregga, che bello, il mio bimbo cresce-, stai usando meglio certe forme fatte dell’italiano corrente, sfrutti le ripetizioni e, rispetto ad AtO, ti agganci meglio agli spunti che ti vengono dati nei post della tua compagna di role. E queste sono cose importanti! Per il resto ho veramente poco da dire. Maxwell si sta riprendendo dopo tutto il casino, è stato bello vedere come decida di “giustificarsi” e chiedere scusa anche a lei, ma anche proprio come voglia parlarle per non sentirsi solo. Sono sfumature che in precedenza non ci era data la possibilità di notare. Sono molto contenta di questa cosa. Per il resto, l’hai ruolato come sempre, aggiustando il tiro mano a mano che si andava avanti, facendo riferimenti al passato di Maxwell, esattamente come li ha fatti Xisil. Come li ho apprezzati nel suo personaggio, ho apprezzato anche nel tuo i collegamenti con la vita nell’esercito, come in uno specchio tra Xisil e Maxwell stesso, nonostante le storie siano andate legittimamente in due diverse direzioni. Apprezzata è stata anche la familiarità, in un certo senso, che Maxwell avverte nei confronti del Comitato, come se fossero la sua “seconda casa”. E, come ho detto alla tua compagna qui sopra, avrei voluto vedere un battibecco sul “toccare maestra Aqua”. Ohh, sarebbe stato estremamente divertente. In fondo, ammettiamolo, sia Maxwell che Xisil se la vogliono contendere un po’. È nell’interesse di entrambi che la signorina custode sia tra le braccia di qualcuno che la possa dare sostegno. .roll Volevo lo yuri mannaggia a te Alex, che ti sei rubato Aqua.
    Eh, niente di più. Diventa difficile scrivere valutazioni, dopo un po’. Continua a lavorare. Come vedi le osservazioni che ti ho fatto durante in AtO non le ho ripetute, se non parzialmente, in nessun'altra valutazione successiva. Continua a scrivere, non riposare sugli allori che altrimenti mi tocca tirarti le orecchie e non voglio. ewe

    Voto: 8
    Ap: 10 (8 + 2 bonus fisso)
    Munny: 500


    Per me i ministeri potete anche aggiornarveli da soli, puzzoni.
    A me vanno 4 Ap e 250 Munny. Ci si vede x3
     
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14 replies since 17/1/2016, 13:15   247 views
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