Notti d'Oriente, Intermezzo

Profondo Tremore

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    永久の美

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    «E il Buio al Buio» S'ebbe a üdire, greve
    Trastullar di labbra or aulenti di tal
    Promesse, or acri di morte pel mortal.
    Viv'egli, dunque? O 'l Fato ei sparve?


    In fondo, cosa ci sarebbe stato da pensare ora?
    Quale vago rimestarsi della mente avrebbe potuto essere colto?
    Forse che, convinti d'aver tagliato il primo traguardo, ci aspettiamo d'ottenere la medaglia?
    Come cosa garantita.
    Dovuta.
    Certa.

    Ah! Ma cosa è la 'Certezza' invero,
    Se non viscido nido di serpi la cui pelle morbida serbi il segreto di micidiali spire?
    Pronte in ogni momento a tradire colui che avevano accolto.
    Per coglierlo, avvincerlo dapprima e poi,
    con il più affabile dei cachinni,
    Ucciderlo.

    Fu con stanca lentezza che l'esile braccio si mosse nell'ombra, il bianco pallido delle vesti che lo coprivano a contrastare in modo quasi stridente col buio circostante, l'esile fiamma grigiastra di un fuoco mai davvero caldo ad occhieggiare nell'ombra come a volerne saggiare la consistenza senza però mescolarcisi davvero. Il rumore dei passi venne dopo; il ritmico suono di scarpe che si trascinino con cauta prudenza lungo un terreno inesplorato ed ignoto, pericoloso come si considererebbe pericoloso un coltello perennemente puntato alla gola. Infine - e solo infine -, dal nero spuntarono anche loro: i pozzi di fuoco, le voragini dell'Inferno che n'erano appena uscite per poi rigettarsi come belve stolte e bramose in quello successivo, ancora più scuro e profondo. Decisamente meno propenso a lasciar sfuggire le proprie vittime; sicuramente intenzionato a chiudere le proprie fauci su coloro che avevano avuto l'ardire, nella speranza che l'insuperbiva, di cacciare da esso i segreti più nascosti.
    Il profilo del giovane parve materializzarsi dal nulla in quella luce che c'era e non c'era, non dissimile ad uno spettro che si risvegli d'improvviso emergendo dal proprio sonno, l'iride vuota e spenta a misurare il mondo come se esso fosse una novella scoperta, le narici a inalare l'aria satura di putredine come fosse l'aulente vezzo di una rosa, la lingua a scorrere sulle labbra con fare sensuale, nell'atto di cogliere sapori in un certo senso noti, ma incomprensibilmente dimenticati.

    Concedetemi, buon Signore,
    D'avere quella vita che mi era promessa.
    Lasciate che la secchezza di queste labbra trovi conforto
    Nel nettare degli Dei,
    Che tutto possono e tutto giudicano.
    Lasciate ch'io possa sfiorare, in un soffio,
    Le medesime altezze de cielo.

    Infine si fece avanti in quella nuova stanza del grande labirinto di cui era andato esplorando ogni più recondito anfratto, del quale aveva esaminato ogni più piccola spaccatura. O, almeno, del quale sperava di poter conoscere l'intera intelaiatura, come se si muovesse dentro un corpo vivo, analizzandone la ferraglia di sostegno al pari di uno scheletro che sorregga membra rigide e stanche - forse le stesse d'un morto. Da quando era giunto in quel luogo, accompagnato dall'unica presenza che paresse tollerare la sua, graziandolo anzi - addirittura! - d'un sorriso, aveva trascorso gran parte del suo tempo alla ricerca della chiave che spiegasse l'intricato enigma di quei meandri. Ma il tempo stesso era intriso di mistero all'interno di quei sotterranei dei quali era impossibile intuire la forma e che nemmeno un esile raggio di luce lasciava trasparire dall'esterno, illuminati unicamente dalla lanterna del piccolo uomo il cui bagliore pareva, piuttosto che scacciare le tenebre, esserne rosicchiato.

    Il tempio sin dal principio gli era parso immenso, così ricco di stanze, cunicoli e scale da rendere inverosimile l'idea di indovinare la sua reale estensione. La stessa sala in cui si erano trovati da principio lui e Mahdi era già ben più ampia di quanto non fosse lecito aspettarsi, se paragonata alla grandezza della pedana che ve li aveva condotti. Ed ora egli sostava lì, nel ventre della terra, di fronte all'ennesima stanza, incapace di ricordare se in tutto quel tempo avesse seriamente continuato a scendere, sempre più giù nell'abisso.

    Qual suono ode nel grembo del Sogno, mero
    Rivelar dell'ameno suo sembiante?
    Ascolta forse romor aberrante?
    O malia di scherno ben più vero?


    Dimmi, ti prego, racconta!
    Tu che, primo tra i molti, hai raggiunto tali sponde:
    Cosa ti è concesso di vedere? Quali segrete melodie lambiscono le tue orecchie?
    Forse che, avendo raggiunto la porta della Verità, vuoi tenerla tutta per te, con gelosia?
    O magari, infausto destino, l'hai trovata chiusa?
    Bloccata.
    Sigillata.

    Ah, che beffa sarebbe invero!
    L'esser sopraggiunti al Cuore stesso del Grande Segreto, accettati dopo tante fatiche,
    E venirne però tenuti fuori, come mendicanti.
    Attratti dall'eco di una promessa che,
    come l'oasi nel deserto,
    Scompare.

    La stanza era vuota, esattamente come lo erano tutte le altre che aveva fino ad allora visitato, un ampio spazio circolare nel quale non v'era assolutamente nulla, salvo un sottile strato di sabbia ad attutire il rumore dei suoi passi stanchi. Ormai, il vagare in cerca di qualcosa si stava trasformando in un'attività tutt'altro che stimolante, ma anzi frustrante contro ogni previsione. In quel luogo, che perfino le ombre avevano decantato con le loro voci mute quale "Corte del Giudizio", non sembrava esserci altra dimensione che quella del vuoto assoluto e soffocante, stringente quasi: così come talvolta il silenzio appare talmente denso e pregnante da ferire le orecchie di colui che lo ascolta, così quella vacuità totale iniziava a pesargli sulle spalle, schiacciante.
    Con morbida dimenticanza, il nessuno scosse la testa e si voltò, pronto ad intraprendere il cammino che l'avrebbe ricondotto verso l'alto, riportandolo dalla sua guida che, in quel luogo, si era rivelata perduta tanto quanto lui. A quanto pareva, perfino il prodigioso potere del mercante arabo aveva i suoi limiti.
    E d'altronde, quel luogo sembrava non volere altro che esporre la loro totale ignoranza, come degli astanti colmi d'ignoranza che s'apprestino ad entrare in un museo d'antichità mostrandosi saccenti, solo per essere esposti come stolti cialtroni. Oramai era ovvio che gli sfuggisse qualcosa. Che avessero mancato di trovare la chiave in grado di aprire l'enigmatico lucchetto di quel luogo.

    Vuoi sapere un segreto?
    Ti interessa la verità che si cela dietro al velo?
    Sì, la desideri; lo so. Lo vedo
    Ma non vuoi chinarti presso le mie labbra,
    Affinché io te la sussurri nell'orecchio.
    E allora arrenditi, superbo mortale.
    La via rimarrà per te chiusa in eterno.

    Scalino dopo scalino, Aster ripercorse a ritroso tutte le stanze presso le quali aveva già indagato, trovandole esattamente come le aveva vedute per la prima volta, salvo le impronte che aveva lasciato sula sabbia, sparite come per magia nel subdolo inganno di quei luoghi in cui ogni logica del reale e del razionale sembrava aver perduto la sua inoppugnabile e saldissima presa. Ma come, come svelare la realtà al di fuori della caverna? Come smascherare un enigma che non voglia in alcun modo farsi scoprire, tanto veementemente da non concedere a coloro che lo bramano nemmeno l'ombra di un sussurro e di un pensiero?
    Perfino le ombre, che per un momento erano parse trasformarsi in onorevoli guardiani, in quella metamorfosi un po' grottesca che ne aveva fatto meri burattini mossi dalle sapienti trame di quel sacrario perduto nella leggenda di un popolo che aveva dimenticato la sua origine, avevano smesso di apparire nel momento esatto in cui s'erano addentrati in quel luogo. Sperare dunque che lo guidassero alla risposta era fuor di luogo, così come si era rivelata insufficiente ogni arguzia con cui aveva tentato di congegnare l'artificio che avrebbe liberato il potere della torre, consegnando nelle sue mani il potere del "... luogo in cui, dicono le leggende, sia contenuto l'arcano che ordina ed amministra la volontà d'ogni essere vivente, di qualsiasi razza, specie o ideologia ... ed il segreto su come dominarlo". Almeno, così l'aveva definito un tempo lo scaltro uomo d'oriente senza il quale mai sarebbe giunto dov'era. Ma d'altronde, non c'era da sorprendersi che, trovato il luogo, la sua utilità si fosse notevolmente affievolita. Egli era certo un maestro di favole e leggende, ma nulla nella sua parlata loquace, nel suo agitare giusto un poco le braccia per catturare l'attenzione degli ascoltatori, poteva far mutare quella che era una consolidata verità; non era in suo potere. Semplicemente.

    Ei certo non tien di squarciar con poco
    Ardore quel che con fatica ebbe
    A scovar nel cuor del diserto turbe!
    In sul cipiglio emerge spirto fosco.


    Si tratta d'un tremito lento; muto.
    Come il vago sonnecchiare d'un pensiero che si riveli mesto.
    Ancora impastato dal sonno, inconsapevole egli stesso della propria esistenza.
    Come un sospiro.
    Lento.
    Suadente.

    Ah! Ma voi certo vorrete scherzare!
    Avete davanti a voi quel che più di tutto avete cercato in vita,
    Ed ora pensate di venderlo e divulgarlo,
    Come una merce inutile
    O una leziosa notizia,
    Intrigante.

    Sorrise, una smorfia manchevole di alcun calore umano e ben più pregna di oscuri propositi, laddove una nuova ed ennesima trama andava formandosi nella cavità spettrale che dal petto gli rimandava nulla più di un religioso silenzio. Non poteva, né voleva, mentire a se stesso; perché in fondo, un'idea l'aveva. Era come il proverbiale ronzare dell'insetto invisibile attorno alla testa, che si ignora dapprima sperando svanisca, che si scaccia con la mano nell'intento indolente d'allontanarlo con poca fatica; ma che poi, alla prima distrazione, si posa sul bianco del derma per pungerlo e lasciare che il suo veleno leggero si diffonda nel corpo di un nuovo ospite. Come un cancro che si moltiplichi indefinitamente, portando alla morte della vittima prima ancora che questa s'accorga di averlo contratto. E infatti era un suggerimento pericoloso, quello che la sua mente andava decantandogli nell'anima, a tal punto da mettere in pericolo la solidità stessa di quella struttura prodigiosa che egli aveva fatto sua nel deserto, come terra di nessuno di cui ci si appropri essendo i primi arrivati.
    Ma si trattava di scegliere tra il rischio dell'incertezza e la certezza del fallimento a quel punto. Quale altro corso d'azione avrebbe potuto intraprendere, se non quello che l'avrebbe portato a saltare dalla cima dell'attimo verso un mare di chaos? Doveva rischiare, affidandosi per una volta alle turpi facezie del destino ... poiché cadendo in quel vuoto privo di certezze, non ci sarebbe stato solo il fallimento ingiurioso ad attenderlo; ma anche una potenziale vittoria, che certamente trascendeva il valore di quello che rischiava di perdere.

    , dunque.
    ti dico vita d'incerto pallore.
    Il mio corpo è pronto a chinarsi al tuo cospetto;
    La mia mente brama di lasciarti, per una volta, il controllo.
    Ma bada di non deludermi.
    Se lo facessi, non troveresti rifugio in questo o nell'altro mondo.
    Io ti ucciderei, o vita.

    E dunque, ecco rifiorire la limpidezza del bel viso altero e sereno, la postura retta ed elegante del bambino che si atteggia ad uomo, la profondità dello sguardo capace di accendere piccoli incendi scoppiettanti nell'ombra; ecco rinascere la sicurezza, il senso di malcelata confidenza di colui che, nell'incrociare lo sguardo d'un altro, si atteggi a maestro di vita sempre e comunque.
    Ma sì, in fondo perché no? Perché non rischiare anche quello? Nel peggiore dei casi, c'era sempre l'estrema soluzione che poteva essere assunta, quella in extremis, che non lascia scampo e risolve, in mancanza d'altra via, qualunque problema gli venga posto innanzi. Soprattutto ora che, a modo suo, non era più solo non erano più soli. L'orientale aveva già dato prova della sua fedeltà ed utilità; e sebbene il fanciullo fosse convinto che nascondesse anch'egli le proprie trame ed i propri inganni, di una cosa era certo: al momento dipendeva da lui. E di questo avrebbe approfittato.

    Avvicinandosi alla nebbiosa linea bianca che intravedeva da lontano, Aster spense la lanterna con un gesto fluido del braccio, lasciando che i bagliori d'argento s'attardassero giusto un poco nell'aria prima di svanire come scintille di grigia polvere smaltata. Sin dal momento in cui erano entrati nella Corte, incapaci di prevedere quali pericoli avrebbero incontrato, avevano deciso di non allontanarsi dall'ampia sala d'ingresso - quasi un hall per i ricevimenti -, ritenendo più saggio averla sempre in mente come punto di riferimento. Mahdi aveva un paio di torce con lui, così avevano pensato di illuminare almeno quell'ambiente, per quanto la luce sembrasse ospite indesiderato in quel luogo che non ne veniva carezzato da secoli, millenni forse.
    Il mercante lo attendeva lì, bivaccando al suolo e pizzicando placidamente le corde dello stesso strumento che, non molto tempo prima invero, pareva aver richiamato le ombre del sacrario.

    " Ah, mio caro amico, bentornato! Anche quest'oggi nulla da segnalare eh?
    Comincio a pensare che questa sia davvero solo una vecchia tomba ... "


    Il mercante interruppe la propria indolente strimpellata, volgendosi su un lato e spiegazzando le molte sete che l'avvolgevano. Non pareva affatto turbato dalla staticità di tutto quel tempo passato sottoterra, per quanto la sua carnagione sembrasse aver perso un poco di quel suo denso colore che nelle giornate di sole l'avevano resa simile ad opaca ambra fusa. Nulla però aveva perso della propria inspiegabile sagacia.

    " ... o forse mi sbaglio? Quella non mi pare certo l'aria di uno che sia stato sconfitto dal suo nemico.
    Ya Allah! Buon Dio Aster, se hai qualcosa per le mani non vorrai certo tenermi sulle spine?! "


    Il Nessuno avrebbe voluto sorridere allora, ancora pervaso dal brivido immaginario di quella strana sensazione che, avvertita indistintamente nel fondo della propria coscienza, indica quell'attimo in cui si è congegnato un artificio degno d'essere ritenuto ben più che meramente efficacie. Ma non volle concedersi quel momento di sé, nemmeno con quello stesso uomo che, probabilmente, aveva già intuito tutto.

    " Hai ragione e non hai ragione, Mahdi. In effetti, anche oggi sono tornato a casa con null'altro che una manciata di sabbia. Ma credo di aver capito una cosa: il nostro passivo cercare un qualcosa di astratto non ci porterà a nulla.
    No, amico mio, abbiamo bisogno d'altro. È giunto il momento di fare qualche esperimento. "


    Vide il volto dell'orientale illuminarsi di quella stessa scintilla che s'accendeva ogni qualvolta egli era sul punto di fargli una proposta interessante, come un venditore pronto ad acquistare la propria merce per poi rivenderla a prezzo assai più alto. Si alzò in piedi poggiando lo strumento a terra con cura maniacale, quasi senza far rumore; poi si tolse polvere e sabbia dalle vesti; infine si fece più vicino, gli occhi trepidanti a dardeggiare di mute domande il fanciullo.
    Lo si poteva sentire nell'aria: era un momento solenne.

    " Ho bisogno di un favore Mahdi.
    Lo farai per me? "


    __ _ ___ _ __

    "Alea iacta est" diss'uno nell'attraversare
    Il confin ch'issato a gloria l'avrebbe.
    "Si lanci il dado; l'azion si cominci."
    E che Inferno ci abbia, se falliamo.



    Gné, sono un po' arrugginito e tutt'altro che soddisfatto di questo post. Però, da qualche parte dovevo ricominciare, no?
    Dunque, solitamente metto spiegazioni e chiacchiere che nessuno legge qui in fondo ma ... sta volta niente :v: Se tutto va bene, le spiegazioni dovrebbero arrivare in futuro con qualche novità a sorpresa xD
    Vedremo ... anzi, chi vivrà vedrà.
    Dopo questa perla, evanesco. Anche perché sono ancora mezzo fuso dalla simulazione di II prova >__>

    Ah, per chiunque volesse la poesia per intero (scritta da me, ovviamente ù.ù), la metto qui sotto^^ Sono tre quartine di endecasillabi in rima incrociata (ABBA), più una quartina priva di rime perché ... perché l'ho scritta in un momento di ispirazione, per rendermi conto solo alla fine di averle dimenticate xD E allora fuck dat! l'ho lasciata com'era, che mi piaceva ùwù
    Non mi criticate la divisione in sillabe, che quella della poesia è ben diversa da quella della prosa. Just sayin'.

    «E il Buio al Buio» S'ebbe a üdire, greve
    Trastullar di labbra or aulenti di tal
    Promesse, or acri di morte pel mortal.
    Viv'egli, dunque? O 'l Fato ei sparve?

    Qual suono ode nel grembo del Sogno, mero
    Rivelar dell'ameno suo sembiante?
    Ascolta forse romor aberrante?
    O malia di scherno ben più vero?

    Ei certo non tien di squarciar con poco
    Ardore quel che con fatica ebbe
    A scovar nel cuor del diserto turbe!
    In sul cipiglio emerge spirto fosco.

    "Alea iacta est" diss'uno nell'attraversare
    Il confin ch'issato a gloria l'avrebbe.
    "Si lanci il dado; l'azion si cominci."
    E che Inferno ci abbia, se falliamo.

     
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