Sipario d'Ombra ~ Avidità

Il castello

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Completi
    Posts
    10,335
    Reputation
    +196
    Location
    17

    Status
    Anonymous

    Continua da qui e qui


    Ridacchiava. Ridacchiava per scacciare la rabbia verso quella despota, verso quella ignorante, incapace di capire l'importanza che i suoi esperimenti avevano non solo a fine accademico, ma anche per l'Ordine stesso. Sarebbe stata una grave onta se, al momento del bisogno, alcune delle sue opere si fossero rivelate inefficienti, incapaci di svolgere a dovere i compiti per i quali erano state create. E per quanto fosse un uomo preciso, lo scienziato era ben conscio che non c'erano test che si potessero paragonare a quelli sul campo: una guerra in grande scala come quella era il massimo che potesse chiedere.
    Eppure, doveva sottostare agli ordini di un tiranno, una barbara capace solo di pensare con lo stomaco. Non sopportava che gli venissero imposti dei paletti, anzi il suo disprezzo non si fermava lì: tutte le volte che tentava di ricredersi, il mondo sembrava sforzarsi per dargli motivo di odiare l'intero genere umano, così limitato, così ignorante e bigotto. Sempre osteggiato, sempre contestato, e la Scienza ne pagava le conseguenze, una Scienza che necessitava di troppo tempo per evolversi. I suoi piccoli erano impazienti di entrare in azione, aveva così tanti Heartless le cui potenzialità non erano ancora completamente note nemmeno al loro creatore, che solo desiderava di poter rendere un poco più perfetti i suoi figli.
    -Poco male...- si disse, guardandosi attorno famelico. La guerra aveva già assunto una scala totale. In piedi su uno dei piani di roccia azzurrina che riempivano la zona, lo scienziato osservava la battaglia senza freni tra umani ed ombre. Grida, sangue, clangore di spade, una cacofonia odiosa alle sue orecchie, ma anche un perfetto diversivo. Forse era la prima volta che si sentiva realmente felice di trovarsi laggiù, in prima linea. Quello non avrebbe dovuto essere il terreno per un uomo come lui. Al mondo era necessaria la sua mente, non i suoi muscoli, ma poté solo supporre che facesse tutto parte di un piano previsto dai capi: lì non c'era certo bisogno del suo intervento, gli altri Heartless erano in grado di cavarsela più che bene per conto loro. Lo studio di Ansem, invece, il database del suo computer con i dati di qualsiasi cosa o essere vivente fosse mai esistito in tutto l'universo, la più vasta fonte di sapere che si potesse trovare in ogni dove era lì, così vicina a lui ... Promestein era estatico al solo pensiero. Al diavolo la guerra, al diavolo i desideri di conquista dei suoi superiori, il Sapere era l'unico signore al quale avrebbe mai obbedito e voltargli le spalle in quel momento sarebbe stato il più grande tradimento che lo scienziato avrebbe mai potuto compiere. Non era neppure difficile: in mezzo a quei guerrieri palestrati e alle ombre striscianti, chi avrebbe mai avuto il tempo di fare caso ad un gracile, innocuo uomo come lui?
    Era solo...
    Un passo...
    Alla volta...
    -Hey tu! Fermo!-
    Una voce potente, che proveniva dalle sue spalle, uno di quegli sciocchi uomini che gli ordinava di obbedire.
    Fece finta di non sentire, continuò a camminare ignorando l'ordine che lo sconosciuto aveva appena urlato. Continuò invece a camminare lungo la sua strada, interessato unicamente al premio che lo aspettava al suo termine.
    -Ti ho detto di fermarti!-
    Ancora quell'insistenza. Lo scienziato alzò gli occhi al cielo. Si sentiva infastidito, era davvero fastidioso: perché lui poteva accettare ogni attacco, ogni opinione, ma alla lunga le interruzioni diventavano insopportabili.
    Sospirò, portandosi una mano al viso in un gesto sconsolato.



    -Scusami, ma starei andando di fretta.-

    e6l7

    rispose con un tono giocoso,
    ma carico di irritazione al punto da rendere quelle parole velenose e corrosive.



    -Contavo che i custodi, impegnati nella guerra, mi lasciassero in pace mentre andavo a dare un'occhiata al computer di Ansem.- Ammise con una scrollata di spalle, mentre cominciava a voltarsi verso lo sconosciuto. -E invece no, devo comunque ritrovarmi di fronte un... oh, un custode!-
    La sua rabbia si dissolse di colpo, trasportata via da un soffio di vento: Lungo il sentiero che pendeva in salita, qualche metro al di sotto di lui, vi era un uomo giovane, promettente, con un fisico allenato e forti ma armonici lineamenti: i suoi occhi d'oro, brillanti come perle, ardevano di determinazione, fissi su quelli spenti di Promestein. I capelli blu contornavano elegantemente il suo volto, ma ancora più particolare e degna di nota era la sua arma: una spada a forma di chiave, color degli abissi marini. Un arco di luna e ali diafane decoravano quella potente arma, un'arma che lo studioso non aveva mai avuto occasione di conoscere personalmente prima di allora, un'arma che tanto aveva bramato studiare e conoscere, andando oltre i limiti imposti dalla carta stampata.
    -Chiedo scusa, Signor custode, immagino che ignorarti sia stata una grave mancanza da parte mia. Non preoccuparti, te lo assicuro.- si avvicinò un poco, tirando il lattice del guanto che indossava nella mano, così da farlo schioccare, come se si sentisse un chirurgo pronto ad operare sul paziente. Vide l'inquietudine tremare negli occhi dello sconosciuto, insieme ad un cupo disprezzo ed uno stupido quanto limitante senso di giustizia. Eppure sperava ancora, voleva credere che non fosse che una sua impressione sbagliata.
    -Dimmi, come ti suona l'idea di farmi da cavia?-
    Sorrise e, mentre parlava, spalancò le braccia ad invitarlo, a fargli comprendere le sue intenzioni amichevoli. Perché la scienza non richiedeva sangue, non se versato in modo dispendioso in mezzo al campo di battaglia. Tuttavia, avrebbe dovuto aspettarselo che i suoi sentimenti, ancora una volta, restassero incompresi.
    Il suo avversario infatti parve stupito, incredulo di fronte ad una richiesta così normale; e solo dopo aver realizzato cosa gli fosse stato veramente chiesto cominciò a scuotere la testa, con un ghigno difficile da tradurre, impossibile da definire divertito o disgustato. Forse entrambe le cose.
    -Sei davvero uno di loro, quindi.-
    Promestein sospirò, grattandosi la testa. Certo, non poteva negarlo, ma avrebbe preferito che la gente comprendesse che si trattava solo di convenienza, non di spirito d'abnegazione nei confronti della loro causa.
    -E non uno qualunque. A giudicare dalla tua presunzione, devi essere uno importante. O, in ogni caso...- mosse il braccio lentamente, ma con precisa solennità. Il suo braccio si mosse ed il Keyblade delle acque fu puntato contro di lui, spada tratta per eradicare la sua esistenza. -O in ogni caso un grosso pezzo di merda.-
    Lo scienziato spalancò la bocca, che coprì con una mano. Quella era una grossa offesa, un'accusa che più di dargli fastidio in sé, lo fece riflettere: pezzo di merda? Perché mai una simile espressione avrebbe dovuto essere adatta a lui? Cosa c'era di sbagliato nel suo operato? Erano tutte domande a cui, lo sapeva, non era in grado di dare risposta, paradossi che non doveva far altro che ignorare.
    Scoppiò allora a ridere, rise abbastanza forte da cancellare il suono di quelle parole. -Oh, non credo di essere così importante come mi descrivi. Sono solo una persona curiosa, una persona che ama la natura e che soprattutto ama migliorarla.-
    Smise di parlare. I suoi occhi erano accesi dal suo amore, un amore che non riusciva a contenere dentro di sé, che doveva espandere al prossimo. Voleva che il custode lo capisse, voleva che ricambiasse, voleva che si sacrificasse per un bene superiore, quello della Scienza.
    -I tuoi discorsi non mi interessano, mostro!- ribadì il guerriero, portando l'arma in posizione di guardia. -Nessuno può arrivare al computer. È...- prese un momento per pensare a come esprimere il suo pensiero, e con un sorriso concluse: -Protetto. Ben protetto. Ma se davvero vuoi sfidare la sorte contro di me... Io sono pronto.-
    Promestein indietreggiò di un passo. Era spaventato, preoccupato per l'atteggiamento battagliero del suo nemico. Non era quello che voleva, una merce rara come un Keyblader non era certo qualcosa che potesse permettersi di rovinare così, senza una ragione. Persino il più piccolo dei graffi avrebbe fatto crollare il suo enorme valore accademico.
    -Suvvia, suvvia!- fece lui, scuotendo la testa e agitando le braccia in maniera quanto mai teatrale. -Non essere tanto impulsivo!- con una mano al petto, controllò i propri battiti e sospirò, cercando di riguadagnare la calma e la compostezza necessarie per svolgere una trattativa con successo. -Non ho nulla contro di te, davvero, sono anzi molto affascinato dal poter vedere un custode di persona per la prima volta. Ti vorrei solo proporre uno scambio equo: tu viene con me al mio laboratorio, io faccio qualche esperimento, poi te ne esci migliore di prima! Potrei impiantarti un terzo braccio, oppure delle appendici meccaniche...- si portò una mano al mento, gli occhi spostati verso l'alto in posa riflessiva. -Ci sono! Che ne diresti di qualche nanomacchina nel cervello che ti permetta di controllare telepaticamente il Keyblade? Però prima dovrei capire come funziona quella chiave, non è che me la lascere...-
    Il suo sguardo perse tutta la cordialità di cui era traboccante, Promestien schioccò le dita e, in un esplosione di oscurità, alcuni Heartless Soldato apparvero di fronte a lui, in una barriera organica. Un potente Blizzaga, un enorme cristallo di ghiaccio rilucente di bianco si infranse contro i mostri, esplodendo in mille schegge congelanti che li ridussero a nebbia volatile.
    -Tsk, codardo.- sentenziò il custode, agitando l'arma di fronte a sé.
    L'Adepto dell'Ordine strinse i pugni, a stento padrone della sua collera. -Cosa? Cosa c'è che non va in questo?- gesticolò con tanta forza che le sue braccia parevano muoversi separate dal resto del corpo, pronte a staccarsi in qualsiasi momento. -Sai quanti ne abbiamo di pedine come quelle? Migliaia! Gli Heartless Emblema li possiamo produrre in massa, per quel che valgono dovrebbero sentirsi onorati di farmi da scudo! Ma tu non puoi capirlo, tu non puoi capire il valore di tutto il sapere che ho chiuso qui dentro!- si batté l'indice contro il cranio, enfatizzando il concetto. -Io ho il potere di creare la vita, ho il potere di distruggere qualsiasi nemico sulla mia strada!-
    L'uomo abbassò il capo, un ringhio cupo sfuggì alla sua gola. -La mia concezione di conoscenza e sapere è distante anni luce dalla tua, Heartless.- concluse. Alzò di nuovo il capo, nuova determinazione splendeva nel suo sguardo, non c'era né desiderio di uccidere, né alcuna pietà, mero senso del dovere verso il suo mondo, un senso così antiquato e accecante. -E non starò certo qui ad ascoltarti vaneggiare. Prima ti tappo la bocca, meglio è per tutti.-
    Promestein sospirò. Cos'altro poteva fare? Si sentiva avvilito, deluso e tradito, non erano rimaste nemmeno le ceneri della sua precedente eccitazione, persino raggiungere il computer di Ansem non lo entusiasma...
    “Computer di Ansem... Computer di Ansem...” continuò a pensarci, a sorridere biecamente, a immaginare il momento in cui la sua saggezza si sarebbe elevata al di sopra di chiunque altro.
    Con le mani ai fianchi tornò a parlare, tutt'altro che spaurito: -Non hai idea della delusione e della tristezza che sto provando. Sprecare così uno specimen come te... è un crimine, una blasfemia nei confronti della Scienza! Ma non importa, è chiaro che non sei abbastanza aperto da comprendere...-
    A quel punto, sorrise. Alzando lo sguardo verso il castello alle sue spalle, notò qualcosa di soddisfacente, e con nuova sicurezza, si concentrò di nuovo su quanto aveva di fronte. -È uno spreco delle tue potenzialità, ma ti chiedo almeno di mettere alla prova la forza dei miei piccoli. Se non sbaglio, le telecamere di sorveglianza mandano tutti i dati al computer, recupererò i filmati là.-
    Schioccò le dita e, piombando minacciosa dall'alto, apparve piegando il terreno sotto i suoi piedi una enorme bestia, rilucente di rosso e nero nella penombra del tramonto: una creatura che si reggeva su quattro possenti zampe, ricoperte di globi oculari che si muovevano ognuno indipendentemente come se, impazziti, cercassero la salvezza abbandonando il suo corpo. Il busto si levava orgoglioso verso l'alto, come un centauro, e le sue due braccia erano sporche del sangue di molte altre vittime. Oscuri e letali tentacoli si agitavano alle sue spalle, schioccando nell'aria come fruste. Una creatura mortale, una creatura capace solo di bramare cuori ed eseguire ordini.
    -Non ho ancora avuto occasione di verificare l'effettiva potenza bellica del mio Omega in battaglia, quindi fai del tuo meglio per metterlo alla prova.-
    Con il piccolo sentiero circondato dai versanti degli ammassi rocciosi occupato totalmente dalla creatura, Promestein riuscì finalmente a mettersi in cammino, già dimentico della terribile delusione inflittagli da quello stolto custode.
    -Ah, ti chiedo solo un favore.- aggiunse in fine, prima di scomparire oltre il sentiero. -Cerca di non morire troppo in fretta. Almeno come avversario, dimostra un minimo di utilità.-



    Topic di riferimento per la base del castello.
    Post a cura di misterious detective.
     
    Top
    .
  2.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Completi
    Posts
    10,335
    Reputation
    +196
    Location
    17

    Status
    Anonymous

    La distruzione intorno a lui non lo sfiorava nemmeno. Tutto ciò a cui Promestein pensava, in quel momento, era raggiungere quel computer. Ormai aveva perso interesse persino per il Keyblader: di modi per raccogliere dati sullo scontro con le sue creaturine ne aveva a bizzeffe, e non era certo richiesta la sua presenza. No, in quel momento doveva concentrarsi sul suo obiettivo principale, il suo tesoro segnato dalla x rossa. Se avesse avuto quel computer… se fosse riuscito ad avere tra le mani tutti quei dati, tutte quelle preziose informazioni… ahh, aveva convulsioni di piacere solo a pensarci.
    Intanto procedeva. Il Keyblader aveva urlato qualcosa, probabilmente ordini ai suoi sottoposti di bloccarlo. Promestein sorrise appena, non accennando a rallentare il passo; nessun sempliciotto rivestito di latta si sarebbe messo tra lui e l’oggetto del suo desiderio.
    Il primo non si fece attendere: era un uomo, bardato da capo a piedi, armato di spada. Banale. Banale e noioso. Promestein ne aveva visti morire a decine contro le sue creature, e anche quei pochi dati che aveva potuto raccogliere sulle patetiche guardie cittadine di Radiant Garden erano esauriti da un pezzo. Schioccò svogliatamente le dita, e un Earth Runner sbucò da un’ombra di un palazzo, avventandosi sul malcapitato in armatura come una iena su una carogna. Lo scienziato non badò alle urla di dolore.

    ll2l

    Quando arrivò alla piazzetta che dava sull’entrata ai sotterranei ne aveva contati otto. Otto gli idioti che avevano provato a fermarlo, e che ora formavano una macabra traccia del suo cammino. Erano stati fatti fuori quasi tutti da un paio di Earth runner, mentre una donna armata di arco, probabilmente un’ufficiale, aveva addirittura richiesto un Phantom Sorcerer. Ma ormai non importava più: era arrivato. Ora doveva solo percorrere il piccolo camminatoio laterale, e…
    Un bagliore. Una luce improvvisa, intensa. Promestein indietreggiò di un passo, stupito. Il sistema di sicurezza… sì, quella luce improvvisa che per poco non gli aveva bruciato una gamba era il Claymore. Ma… perché stava colpendo anche lui? Con tutti quegli Heartless minori in giro, come poteva il sistema concentrarsi su di lui, Soldato dell’Oscurità?
    Si guardò intorno, circospetto, sopracciglia aggrottate. Niente. Nessun’altra luce.
    Non era convinto. Che fosse…
    Si voltò verso il Phantom Sorcerer da poco evocato, unico sopravvissuto allo scontro con l’ufficiale, e gli fece cenno con la testa di proseguire verso la porta. La creatura ubbidì; finendo polverizzata da una colonna di luce qualche metro dopo.
    Promestein spalancò gli occhi, a metà tra l’incuriosito e il costernato. Quello non era il normale sistema di sicurezza. Era fin troppo forte. Tra l’altro, sembrava entrare in funzione solo e soltanto ad una certa distanza dai sotterranei.

    L’avevano previsto. Avevano previsto che qualcuno potesse voler entrare nel laboratorio.

    Se non altro, era rincuorante sapere che non tutti i loro nemici erano così stupidi. Quel poco vantaggio che avevano sapevano difenderlo bene.
    Sospirò. L’ennesimo ostacolo, l’ennesima fatica. Oh, bhe. Per un premio così succulento doveva essere la prassi, no?
    Schioccò di nuovo le dita. Cinque Earth Runner comparvero intorno a lui, muovendosi freneticamente e agitando gli artigli.

    «Ascoltatemi bene, piccoli miei.» Indicò la porta alla fine del camminatoio, una porta senza ante, che si apriva sul buio dei sotterranei «Oltre quella porta giace un oggetto… di immenso valore. Che, sfortunatamente, non è trasportabile. MA..! Possiamo comunque scoprirne i segreti. »

    Nel dire quelle parole l’esaltazione cresceva. Aveva un piano. Aveva SEMPRE un piano. Non sarebbe stata qualche colonna di luce a fermarlo.
    Mise a terra la sua cassetta degli attrezzi, tirandone fuori dei piccoli marchingegni di sua invenzione. All’apparenza, sembravano come dei piccoli insetti robotici. Accovacciandosi, li sistemò sulla pelliccia degli Earth Runner con cura meticolosa.

    «Voi, miei piccolo e inutili amici, non dovrete far altro che quello per cui siete stati creati: correre il più veloce possibile. E… morire, se necessario. L’importante è che uno di voi, ALMENO uno di voi patetici scarti di laboratorio arrivi nei pressi del computer. Sono…» assunse un’espressione scettica, guardando con quanta stupidità gli Earth Runner ricambiavano il suo sguardo «… Stato chiaro?»
    Gli Earth Runner non risposero. Si agitarono febbrilmente, sbattendo per alcuni secondi le disumane zampe artigliate sul terreno; poi cominciarono la loro corsa. Promestein sorrise. Come previsto, il Sistema di sicurezza era troppo lento per…
    Un bagliore colse in pieno uno dei cinque Heartless che, prima di scomparire, levò al cielo un urlo disumano, straziante. Promestein strinse i denti e fece una sfmorfia. Oh, bhe… ce n’erano sempre altri quattro.

    .
    .
    .

    Varis era sfinito. Dopo quasi un’ora di incessanti scambi di colpi era riuscito ad abbattere quell’abominio tentacolare, ma al prezzo di un quasi totale esaurimento delle sue energie. Ora era distrutto, sporco di sangue rosso e nero in più punti del corpo, ansante. Ma se non altro… per il momento l’ondata di Heartless sembrava essersi esaurita.
    Si concesse di cadere sulle ginocchia, pulendosi la bocca dal sangue che continuava a sgorgare dal labbro spaccato. Dio, quella bestia picchiava forte. Se non altro -magra consolazione- era riuscito a tenere lontane le guardie e i civili dallo scontro. Ma nel frattempo… il membro dell’Ordine era sicuramente arrivato alla piazza.
    Cercò di tranquillizzarsi. No, forse… forse non c’era nemmeno motivo di preoccuparsi. Il Claymore intorno al computer era stato potenziato da Devon in persona. Non c’era modo che un soldato dell’Oscurità potesse entrarvi. Eppure…
    Eppure aveva una brutta sensazione. Quell’Heartless era uno psicopatico. Una specie di scienziato pazzo, a giudicare dall’abbigliamento e il modo di parlare. Che l’Ordine sapesse del sistema di sicurezza e avesse mandato proprio lui per cercare un modo di disinnescarlo?
    Era un’ipotesi ridicola, eccessivamente paranoica, eppure… non riusciva a togliersela dalla testa.
    Si costrinse a rialzarsi, stringendo i denti alle scariche di dolore che gli lanciava ogni muscolo e ogni osso del suo corpo. Non aveva neanche più le energie per curarsi, maledizione!

    «QUALCUNO!»

    urlò senza neanche pensarci, rivolto a tutte le guardie sopravvissute intorno a lui «Qualcuno di voi, chiunque sia ancora in forze per camminare: raggiungete la porta dei sotterranei. Se vedete un uomo emaciato, dai capelli biondi, tornate a fare rapporto! Non fate pazzie! È pericoloso, e potrebbe sapere come entrare. Non possiamo permetterglielo. Andate!»

    Vide qualcuno partire, ma non ci badò troppo. Dovevano solo controllare se quell’uomo fosse ancora lì, o se fosse stato carbonizzato dal Claymore; poco importava chi e in quanti andassero.
    Inarcò leggermente la schiena in avanti, sputando un grumo di sangue. Doveva trovare qualcuno in grado di curarlo. Se quel pazzoide era davvero ancora lì, allora doveva tornare in forze per affrontarlo.

    «Varis. Com’è la situazione qui?»

    Una voce alle sue spalle; seria, composta, femminile. Era accompagnata da un rimbombare di tacchi sul laminato, da un frusciare di vestiti.
    Varis sorrise. Era arrivata la cavalleria.

    «Ciao, Sariel. Sto bene, grazie per averlo chiesto.»

    Il Keyblader si voltò, cercando di pulire il labbro come meglio poteva. Al suo sguardo, si presentò una ragazza snella, sui venti, dai lunghissimi capelli corvini. Il volto, di una bellezza determinata e sicura, era addobbato da occhi furbi, azzurri come il ghiaccio, e da lineamenti fini, sottili, delicati. Seminascoste dai folti capelli, due orecchie a punta, quasi da elfa, completavano il quadro già di per sé piuttosto fiabesco. Era bellissima, come al solito. La distante, perfetta seconda in comando.

    «Non si direbbe, a giudicare dal fiatone, il sangue e i vestiti strappati.»

    Varis rise, soffocando un colpo di tosse. Non si poteva dire che non avesse il diritto di prenderlo in giro: la lunga veste azzurra della sua superiore era linda come al solito, il suo corpetto di cuoio duro non aveva subito neanche un graffio, i lunghi stivali in armatura brillavano come appena lucidati. Sembrava appena uscita da un salone di bellezza, eppure, Varis ne era sicuro, aveva combattuto fino a qualche secondo fa. Ma del resto, conoscendo il suo livello, il Keyblader non se ne stupiva.

    «Ho avuto a che fare con un Heartless bello grosso, mai visto prima. L’ha evocato un uomo, quasi sicuramente...»
    «Un membro dell’Ordine.»
    «Già.»
    Sariel si fece pensosa, non perdendo neanche per un istante la sua calma.
    «E dov’è adesso?»
    «Puntava al computer.»
    «Non passerà mai il Claymore.» Per qualche ragione, neanche lei suonava troppo convinta nel dirlo.
    « È dell’Ordine che stiamo parlando, Sariel. Non sarei così convinto che possano aver mandato un loro membro allo sbaraglio, sapendo che non potesse entrare.»
    La mora annuì, glaciale.
    «Allora vado a controllare.»
    Varis sospirò di sollievo. Poi una fitta di dolore gli fece serrare i denti.
    Sariel inarcò le sopracciglia, come dispiaciuta.
    «Lo sai che la magia curativa è il mio punto debole. Non credo di poterti aiutare.»
    «Non importa, non importa. Conserva le energie per quello psicopatico.»
    Sariel annuì, poi si incamminò senza una seconda parola.
    Varis la vide scendere verso la piazza, pensando con soddisfazione che quello, per lo scienziato, non si sarebbe rivelato un giorno fortunato.

    ajlj




    CITAZIONE
    Note: Post che funge da “bando” per la mini-quest “Virus”. Ulteriori informazioni nel topic dedicato in area quest e ruolatori.


    Edited by Frenz; - 23/6/2015, 11:52
     
    Top
    .
1 replies since 28/8/2013, 18:33   91 views
  Share  
.