Ace of Heart ~

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  1. Swirl of the Will
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    6jkmCfs
    Aveva ottenuto una importante verità al cimitero planare, un indizio per comprendere la realtà in cui era apparso. Rapida a seguire giunse una nuova concezione. Frammentarietà. A differenza di Atlas la trama fondamentale di quell'universo non era saldamente unita in un unico blocco di materia, bensì si presentava divisa e raccolta in tante isole dissimili tra di loro. Zolle a loro volta immerse in una matrice di essenza compatta e troppo densa per permettere la libera sopravvivenza. Lo spostamento tra questi mondi era concesso dall'apertura di passaggi, corridoi che permettevano il libero transito in quel mare oscuro e privo di vita. Alcuni erano in grado di camminare all'interno dei condotti, altri sembravano doversi servire di vari mezzi. Lui, data l'assenza di strumenti di supporto, dovette accontentarsi della prima possibilità, generando la propria via attraverso i mondi. Ci volle del tempo, più del solito, non essendo abituato ad una così insolita disposizione spaziale.
    La scelta del luogo da visitare avvenne in maniera strettamente casuale. Affidandosi al destino, o meglio senza imporre la propria volontà nella selezione, si lasciò cadere in un flusso qualsiasi, non trovando motivi per preferirne alcuni a discapito di altri.

    Nel silenzio apparve. Fumi d'argento, frammenti di vetro, si uniscono sinuosi.
    Sorgono dal suolo e levitano nell'aria, galleggiando, mossi dal principio dell'esistenza.
    Vorticano ed infine si uniscono. Un lampo. Rumore di passi. Un piede tocca il ramo di un albero.

    aArrwNP
    La sua figura prende così forma, avvolta in un primo momento da fiamme di perla.
    Queste si spengono lentamente, senza mai ledere il mondo attorno a se.
    Non ne avevano intenzione in quanto meri araldi del suo arrivo.
    I suoi stessi occhi sono per un solo istante accecati dal comune bagliore, ma poi ogni cosa riprende corpo.
    La vista si lega alla realtà, i sensi si attivano. Sente i suoni della natura attorno a se.
    Scruta i dettagli dello scenario, acquista consapevolezza del bosco in cui si trova.
    Riempie i polmoni di nuova aria riconoscendo il sapore che ha. Non trova difficoltà nel respirare.
    Muove una ciocca di capelli arretrando di qualche passo, poggiando la schiena contro il tronco dell'albero.


    « Davvero insolito come luogo » A braccia conserte si guardò attorno.
    « Spero di non trovare qualcuno adeguato alle proporzioni » Commentò in un sospiro.
    Frutto di leggi forse particolari, egli prese un corpo troppo minuto per essere conforme all'ambientazione. La sua altezza era più simile a quella di una rondine nel mondo comune, perfettamente affine al correre sui rami degli alberi che ad usarli come appiglio durante una scalata. Apparso così a molti metri di altezza, troppi per avere la certezza di rimanere illeso raggiungendo il suolo con un balzo, si concesse qualche istante di indecisione. Il rimanere, la prima ipotesi, o il raggiungere un altro modo, sorella diametralmente opposta. Per forza di cose, e il suo proverbiale non mettere in discussione le scelte dell'Origine sua genitrice, preferì rimanere, per lo meno il tempo necessario a ottenere informazioni basilari. Soprattutto sugli esseri di materia oscura incontrati poco prima. Per il resto o per la mancata soddisfazione di queste si sarebbe spostato verso nuovi lidi, viaggiando finché non avrebbe avuto modo di tornare su Atlas e ricongiungersi al Primo.
    Muovendo un passo nel vuoto avvolse le membra in trama luminescente delle sfumature dello zaffiro. Galleggiò nell'aria, planando lentamente lasciando dietro di se una labile scia di essenza arcana, raggiungendo in silenzio il terreno sotto di se. Al solo tonfo dei piedi la magia si spense, come se quello fosse il segnale della fine dei suoi compiti.


     
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  2. misterious detective
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    Non c'era cosa più triste del non avere un luogo dove tornare. Quella era la verità per Shinan. Un'altra missione si era compiuta, una missione che aveva richiesto il sangue di un uomo innocente, un amico, una persona che aveva deciso di sacrificare ogni cosa per proteggere ciò che amava.
    Sì, la bambina comprendeva bene i sentimenti di Quan, l'uomo che per salvare la terra dei ciliegi si era lasciato morire, liberando la calda luce di quel regno. La forza di volontà che lo aveva spinto ad agire era la stessa che muoveva la piccola, la stessa che l'aveva sorretta quando pensava che la vita le avesse tolto ogni cosa. Si era sempre sentita un po' stupida a sperare, ma aveva lottato molto, aveva posto fiducia nelle parole di persone come Evelyne, la Principessa del Deep Dive, che aveva creduto in lei, che le aveva indicato quale strada percorrere; si era convinta che gli sforzi dei suoi compagni scomparsi non fossero stati del tutto vani e che il desiderio che loro non erano riusciti a compiere fosse ancora a portata di mano, se solo si fosse sforzata di raggiungerlo. Alla fine, non era che una giovane ingenua, realmente convinta che nella vita fosse sempre possibile raggiungere il lieto fine.
    Eppure, ogni giorno sembrava che la realtà si divertisse a picchiare sulla bolla di vetro in cui si era rinchiusa, generando crepe sempre più profonde, sempre più pericolose. E se dopo la sua seconda sconfitta contro Charlotte era riuscita a stento ad alzarsi, non era sicura di cosa ne sarebbe rimasto di lei dopo un'ulteriore fallimento.
    Con simili pensieri in testa, con un enorme incertezza verso un futuro mai così nebuloso era atterrata sul suolo del Paese delle Meraviglie. L'unica dimora che poteva dire di possedere era la villa che le avevano lasciato in eredità i suoi compagni, e non era più un posto che si sentisse di chiamare casa. Anche se vi fosse ritornata, chi c'era ad aspettarla? Che vantaggio ne avrebbe tratto? No, era troppo lontana. In un lungo viaggio, seduta al suo posto accanto ad un oblò sulla Gummiship che aveva il compito di portare lei e Xisil indietro, avrebbe avuto troppo tempo per pensare, per rievocare il dolore di una ferita che non sarebbe mai scomparsa; e, in confronto a ciò, la consapevolezza di aver salvato un'altra, no, molte altre vite... aveva sicuramente ben poco valore.
    Quel mondo sottosopra, quel posto estraneo ad ogni legge della logica fu il primo luogo a presentarsi di fronte alla piccola. Incapace di sopportare oltre il silenzio di quell'abitacolo, aveva chiesto di lasciarla su quel suolo e, salutato velocemente la sua amica, lasciandole solo un languido sguardo, aveva dato il benvenuto a quella nuova realtà che le era ancora sconosciuta.
    Colori brillanti, stranezze sconosciute, i suoni della natura riempivano di una sinfonia variegata l'aria di quel luogo magico e frizzante. E Shinan sorrideva, nulla di più. Era tutto meraviglioso, tutto così calmo. Se solo avesse potuto, si sarebbe abbandonata a quel clima gaio e spensierato, ma una fitta al petto non smetteva di bruciare, là dove, in quanto Nesciens, non possedeva un cuore.
    Si portò sul seno una mano, sospirò percependo il suo stesso battito. Era così fuori luogo, la sua presenza lì. Forse, ripensandoci, avrebbe dovuto aspettarselo: in un ambiente sconosciuto, era solo ovvio che la solitudine che provava l'avrebbe accompagnata, amica fedele ed indesiderata.
    I suoi leggeri piedi camminavano sulla terra umida, l'ampio vestito ondeggiava placido, distaccato da essa solo per qualche centimetro. Con stupore voltò il capo più volte, ammirando le meraviglie di quel mondo privo di regole: steli d'erba alti come alberi e alberi alti come montagne, lei così piccola non si sentiva che un insignificante parentesi in quel luogo, in tutto il Regno della Luce. I fili smeraldini sibilavano, accarezzati dal vento, il frinire dolce e ipnotico di mille strumenti. Un mare in movimento, tutto intorno a lei, una corrente nella quale non poteva che abbandonarsi, senza sapere se ad aspettarla in fondo ci fosse stata una riva.
    Continuò a camminare, accompagnata da quei suoni, dal lamento della natura. Era stanca, stanca psicologicamente. Se solo ci fosse stato qualcuno, qualcuno a dirle cosa fare, a ordinarle di agire, di non arrendersi per un errore di cui nessuno l'aveva incolpata. Ma nessuno poteva ascoltare le sue preghiere: non c'erano altri umani, nessun Heartless strisciava tra le ombre attorno a lei e se c'era un dio ad ascoltare, non aveva fatto che prendersi gioco di lei.
    -Dannazione...- riuscì solo a mormorare triste, irritata, spaventata. -Cosa ne devo fare della mia forza?-
    Batté il pugno contro il fusto dell'enorme albero, spinse con forza, caricando nella mano tutta la sua disperazione. Stacco le nocche dal legno, nocche sbiancate, rovinate dalle schegge, e le spinse ancora a ferirsi contro quell'avversario invincibile. Sentì improvvisamente caldo, una sensazione viscida e tiepida, ed i suo sangue prese a colare dalla mano. Inspirò ed espirò, affannosamente. Colpì ancora, ma fu solo fonte di altro dolore, dolore che riusciva a scacciare via ogni altro problema.
    -Io... Non crederò mai che i miei sforzi non abbiano un senso, non crederò mai che esistano limiti che non si possono superare.-
    Eppure lo sapeva, poteva anche diventare potente, imbattibile, ma aveva già perso tutte le persone per cui sarebbe valsa la pena acquisire un simile potere. Che le piacesse o no, poteva contare solo su se stessa, da sola avrebbe dovuto trovare il modo di riparare agli errori del passato.
    -Non ho bisogno di essere giustificata o perdonata, non mi interessa sapere cos'ho sbagliato in passato.- Batté un altro pugno. No, se avesse potuto avrebbe ignorato tutto ciò che era stata, tutto ciò che si era lasciata dietro. -Piuttosto, ditemi che non sto sbagliando ora, ditemi che sto facendo la cosa giusta.- Abbandonò entrambe le mani sulla corteccia e versò una lacrima. -Ditemi... che ha senso continuare a combattere.-
    Lo sapeva, nessuno avrebbe risposto. Così fu, ma un altro suono la colse di sorpresa: un tonfo leggero, così simile a quello dei suoi passi, ed un movimento nell'aria, come un'aura potente, ma tiepida, un brivido che scosse Shinan, che le disse semplicemente che lì c'era qualcun altro.
    -Cos...-
    Si voltò agitata, per ritrovarsi di fronte ad un uomo, un giovane uomo alto e affascinante, dal corpo armonico, quasi femmineo nella sua sottigliezza. Per un momento, la bambina non seppe guardare altrove, persa in quell'immagine che l'aveva colpita non tanto per la sua bellezza, quanto piuttosto per la sua estraneità a quel luogo, un'entità eterea che sembrava completa in se stessa, perfetta più di quanto fosse concesso ai normali esseri umani.
    Stupita e preoccupata, seppe solo portare le braccia al petto e domandare scusa, col capo abbassato. -Oh, io... mi dispiace, non sapevo ci fosse qualcuno, là sopra. Io ecco, stavo...- strinse ancora di più le mani contro di lei, vano tentativo di nascondere le ferite e la pelle sbucciata. -Non volevo arrecarle disturbo, chiedo scusa.-

    Domattina edito per mettere colori e separatori, per ora mi limito a postare e dare la buonanotte, scusa il ritardo ^^
     
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  3. Swirl of the Will
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    Anche pensandoci non avrebbe trovato, dentro di se, un chiaro motivo per intraprendere quel viaggio. Curiosità o destino, obbligo o volontà, aveva seguito il corso degli eventi lasciandosi catapultare in quella nuova fascia di piani. Tramite l'Origine ed il suo dettame avrebbe esteso le sue conoscenze, nel rispetto dell'antico ordine impartito. Ma ciò che non aveva previsto, o non poteva aspettarsi, era l'aspetto che il primo atto di quell'intermezzo aveva assunto. Era sorpreso, davvero.

    « Oh, io... mi dispiace, non sapevo ci fosse qualcuno, là sopra. Io ecco, stavo...
    Non volevo arrecarle disturbo, chiedo scusa. »

    Non ha il tempo di voltarsi per scoprire la provenienza della voce - femminile - che avverte dentro di se un qualcosa assalirgli la mente, aggredirla in modo fine, diretto. Ciò che vide fu il richiamo di un ricordo che credeva di aver dimenticato, o meglio che sperava di aver rinchiuso nel profondo del proprio animo. I suoi occhi scrutavano, fermi e immobili, il manto di nebbia e oscura materia che aggrediva ogni componente di quel mondo, come lunghi artigli d'ombra che graffiavano senza sosta la trama del luogo, divorandola senza appello. Fermatevi.
    Senza poter muovere un muscolo, come imprigionato in solide catene d'ambra, forse dello stesso artefatto che tradiva l'antico patto, vedeva le foglie cadere, spegnersi nell'affievolirsi della loro vita. Frammenti di smeraldo che cadevano a terra, spezzandosi in infinite polveri che non lasciavano traccia.
    I suoi occhi vedevano, persi nella profondità dell'animo ridestato, la terra infrangersi davanti a se, le pietre sollevarsi come sospinte dalla forza ancestrale, a bagliori di perla, e i tronchi degli alberi spezzarsi, cadendo in quei baratri senza fondo. Senza risollevarsi, senza far udire alcun tonfo.
    Ma poté capire che quello era inganno, non per abilità di illusionista, ma per semplice consapevolezza. Quello era il suo passato. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, rievocando dal profondo del cuore l'immagine del mondo in cui era sbarcato. Lo scenario che avrebbe voluto vedere, che doveva vedere. Era ancora presto per l'ultima era, era ancora troppo giovane per eclissarsi.

    Nello spegnersi di quel breve sogno poté così vedere una giovane donna, una ragazza, arretrare preoccupata, chiudendosi in se abbassando il capo. Perché tanta ansia, si chiedeva, soprattutto verso di lui. Senza armi non poteva essere considerato un pericolo, non all'apparenza, al primo sguardo. Non le rispose, inizialmente, ancora scosso dalla precedente visione. Pensava, si chiedeva cosa era accaduto. Era certo che era lei la fonte dell'artificio che lo aveva colpito, un potere che, forse, nascondeva con la debolezza d'animo. Il motivo per cui l'avesse voluto bersaglio non gli importava, anche se nemica non aveva da temere nulla. Non apparteneva a quel piano, non aveva ancora stretto con il mondo il patto per divenirne parte, non poteva temere neanche la morte in ultima istanza. Non era altro che un lettore alla ricerca del punto ideale per seguire al meglio le nuove storie, solo che aveva scelto di farne temporaneamente parte, in quanto ancora ignote. Non aveva altri occhi se non per lei in quel momento, quelle stesse iridi che si erano riflesse nei flussi del tempo e nell'evolversi dello spazio, narrando e partecipando a innumerevoli capitoli della storia. Ora, quei globi di rubino, non potevano distogliersi dalla figura della donna che era stato in grado di modellare per un attimo la realtà, trovando in quel gesto l'armonia del suo spirito, che gentile si era prestato al richiamo.
    « Chi sei, ragazza? » Disse infine, dando fiato alle labbra.

    Chi sei per dar voce al passato che ho nascosto.
    Chi sei per scuotere l'animo come annuncio del tuo arrivo.



    ..Mi sono concesso una piccola interpretazione della passiva di solitudine >_<
    Per Avesta essa potrebbe innescarsi solo con la caduta di un mondo, quindi ha un breve flash in cui questo accade. Sicuro però che è troppo presto per questo evento, è in grado di riportarsi alla realtà, e di svegliarsi da quello che per lui è sogno.
    Avrei voluto scriverlo meglio, come volevo, ma..far aspettare ancora era improponibile.
     
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  4. misterious detective
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    Shinan era cieca. Per tutta la vita, aveva dedicato ogni sua energia ad un unico obiettivo, si era impegnata per perseguire il sentiero che i suoi amati compagni le avevano tracciato. Pur odiandolo, si era fatta carico di un destino terribile, troppo gravoso per una bambina, e imperterrita aveva fatto tutto ciò che fosse in suo potere per affrontarlo; e ancora non le era bastato, perché non era nemmeno stata capace di rimanere insensibile di fronte alla sofferenza di chi le stava attorno. Anche a costo di ferirsi, anche se non riusciva nemmeno a reggersi sulle sue fragili gambe, aveva accettato il dolore e la tristezza altrui, li aveva fatti suoi e si era sacrificata, aveva dato ogni cosa pur di cancellarle.. Era convinta che, dopotutto, la sua scelta non fosse sbagliata, l'unica cosa che si rimproverava era di non riuscire a fare di più. Proprio per questo, perché ancora vedeva la gente a cui teneva morire, aveva rinunciato all'idea ingenua di poter aiutare chiunque fosse in difficoltà. Il suo limite era ciò che aveva davanti agli occhi: non le importavano le conseguenze, ma nessun dolore fisico poteva essere comparato alla straziante sofferenza che la investiva nel vedere qualcuno perdere la speranza, nel scoprirsi inutile nel momento del bisogno.
    Eppure era cieca, perché quando un'altra Erica, quando un'altra Shinan penetrava il suo piccolo mondo utopico che si era costruita, allora non sapeva più cosa pensare.
    Colpito dai suoi poteri, dal sentimento sul quale lei stessa non aveva alcun controllo, l'uomo di fronte a lei si immobilizzò, trasportato in un mondo che Shinan non poteva immaginare, in una dimensione di dolore che la bambina conosceva bene, ma con la quale non sapeva relazionarsi in alcun modo.
    La vide, negli occhi dell'altra persona: quelle misteriose iridi rosse erano spente, sopraffatte da un'ombra triste, nella quale non esisteva più la speranza. La piccola abbassò il capo, colpevole; deglutì spaventata, pur sapendo che lo sconosciuto non era in grado di accorgersene. Non voleva costringerlo a vivere nel suo stesso mondo, non voleva mostrargli, attraverso immagini che non conosceva, la solitudine che la accompagnava giorno dopo giorno, il fardello di non avere nessuno a cui appoggiarsi, nessuno con cui condividere gioie e dolori, nessuno verso il quale provare affetto.
    Mormorò una parola di scuse, pentendosi per un breve istante della sua stessa esistenza, ma non ricevette alcuna risposta. La sua voce non lo raggiungeva, non era capace di varcare la parete traslucida del suo isolamento, la fredda barriera di cristallo che lo separava da ogni altra persona. Una barriera che Shinan conosceva fin troppo bene, un muro che fin dai suoi primi giorni di vita aveva lottato per abbattere, gridando e chiedendo aiuto, prendendolo a pugni, gettando tutto il suo corpo contro di esso; un muro che, ogni volta che riusciva ad abbatterlo, si innalzava di nuovo, sempre più spesso.
    Quello, tuttavia, non era che un assaggio della realtà a cui la giovane era ormai abituata e che aveva accettato come una parte di sé. La solitudine ormai era la sua arma più grande, la sua forza, una piaga così devastante da spingerla oltre ogni limite pur di liberarsene. Ma non apparteneva ad altri che a lei, e non era necessario che quell'uomo la conoscesse.



    La luce tornò nelle sue iridi e con essa un'espressione di stupore ed interesse rivolta a lei. Subito la piccola si sentì in imbarazzo, soggetto di attenzioni tanto insolite. Meglio di chiunque altro ella avesse mai incontrato, quella persona, così misteriosa da apparire quasi eterea, estranea a quel mondo, era riuscita a scorgere qualcosa dentro di lei, quel qualcosa che Shinan bramava di liberarsi con tutta se stessa. Come affascinato, si soffermò a studiarla, ammirarla quasi, ed ella si sentì imbarazzata, fuori posto. Non meritava tanta attenzione, non per qualcosa che sfuggiva al suo controllo, non per il potere che odiava, ma di cui aveva un disperato bisogno.
    Con voce sottile, un soffio che parlava al suo spirito, l'uomo le pose una domanda. Profonde, imperscrutabili, quelle poche parole turbarono la giovane, che portò preoccupata una mano al petto ed indugiò prima di rispondere. Non leggeva emozione in quegli occhi, erano gli occhi di un giudice, o forse di uno spettatore che aspetta di essere intrattenuto. Le ricordavano un po' quegli occhi, quelle iridi smeraldine di Charlotte, quello sguardo che aveva imparato ad odiare, giorno dopo giorno. Ma non c'era la stessa malizia, non lo stesso cuore colmo d'oscurità che batteva dentro il suo petto, e tanto bastò a tranquillizzare la piccola.
    Cionondimeno, ancora Shinan non sapeva cosa rispondere.
    -Io... Io...- sapeva cosa interessava all'uomo, egli voleva conoscerla come essere, non come individuo; e lei non era mai stata fiera di ciò che era. Sempre, sempre aveva invidiato la gioia degli altri, una gioia che le era dato solo assaporare fugacemente.
    -Io...- deglutì, decisa a non scappare da nulla, nemmeno da se stessa. -...Sono lo spirito della solitudine. Il mio nome è Shinan. Però...- un' le mani, intrecciò le dita. Imbarazzata, timorosa, non aveva idea di chi avesse di fronte, di quali forze nascondessero quegli occhi color del fuoco, color del sangue. -Posso... Posso sapere anche io il tuo nome?-


     
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  5. Swirl of the Will
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    « Sono lo spirito della solitudine. Il mio nome è Shinan. »
    Un nome ha molteplici scopi e significati: primo fra tutti il compito di assegnare all'individuo una identità stabile, attraverso la combinazione tra quello assegnato dai genitori e l'epiteto del nucleo familiare ereditato. Da questo dunque si costruisce un io personale attuando una differenziazione dagli esterni, aventi nome differente. Auto affermazione della propria individualità, dunque, che in assenza di una origine materiale ci si assegna volutamente. Non tutti emettono il primo grido da infanti, spesso razze peculiari vedono l'età adulta al primo istante successivo alla nascita.
    « Shinan » una pausa. « Shinan della Solitudine » assapora quasi quelle brevi parole, imprimendole nella sua mente. Prima offre attenzione al semplice nome proprio, prima di estendere l'analisi al retaggio esistenziale che si propone. È particolare, Shinan, una combinazione fonetica che all'udire gli provoca un tenue sorriso. Un suono dolce che permea e si insinua nell'animo, e lì rimane per alcuni istanti. Brevi battiti del suo cuore, pari alle volte in cui le labbra si inumidiscono pronunciandone le sillabe. Tutto però si ferma al silenzio, anche il ripetersi pare inefficace, forse strozzato dal titolo che la ragazza voleva attribuirsi. Pareva troppo grande, ai suoi occhi, superbo persino ad uno come lui. Abbassò lo sguardo, chiudendo le palpebre nel tempo di due attimi, parve pensare. La visione che prima aveva avuto, lo spegnersi della realtà in seguito all'opera dell'antica nemesi, ed ora quella parola. Solitudine.
    Dando luce al suo sguardo, che poteva così tornare verso la ragazza, l'empatia lo coglie, prova a comprenderla. La debolezza del tono, l'apparente timore, non poteva che essere dovuta alla condizione che si imponeva. Nel riflesso del suo spirito la ragazza non si vedeva sola, bensì portatrice di solitudine. Attribuiva a se stessa il male di una così sventurata situazione, o almeno così era ordinariamente considerata. Un tormento apparente che poteva avvertire anche senza indagare nel suo spirito, lasciando chiusa la reale empatia per puro rispetto, o meglio preservazione. L'avrebbe ferita, se avesse scelto di liberare tale dote, ma non voleva. Non poteva.
    « Avesta » l'epiteto della rivelazione del velo. « dei Sogni, dello Spirito e del Mondo » muove il mantello e si esibisce in un inchino, piegando la schiena e poggiando una mano sul petto. La chioma cade verso il basso, catturata dalla gravità, per poi tornare al suo posto dopo una rapida ascesa. Un colpo di collo e si sistema una ciocca di capelli con la mano destra, mentre torna a guardarla. Le sue parole possono essere criptiche o enigmatiche, ma si limita a seguire una risposta simile alla tua. Il nome e poi il titolo, quella parola che da significato al suo luogo di nascita. Alla sua essenza.



    Un'altra roba così e mi ritiro dai pbf, giuro.
     
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4 replies since 22/8/2013, 06:24   240 views
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