Lo spettro e il bambino

Scena riservata

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    La via puzzava di piscio e vomito.
    Pirati della peggior feccia ne infestavano ogni angolo: ubriaconi che cantavano, barcollavano e crollavano; puttane silenziose, sporche e racchie, cacciate fuori anche dal più insulso dei bordelli; e poi mendicanti, vecchi, vecchi mendicanti. Gente senza futuro, senza la più opaca prospettiva di una vita migliore.
    Almeno per il momento.
    A Port Royal lo guardavano tutti come un fantasma; quando Kevan Raynolds passava, con la sua scintillante armatura medievale e il mantello blu al vento, sembrava il più nobile dei cavalieri, il più coraggioso e forte degli eroi.
    Ma poi notavano il suo volto. Ancora scavato, ancora tormentato dalla grigia barba incolta e dalle occhiaie, il viso una volta giovane e bello ora trasmetteva solo oblio, desolazione e automatismo.
    Uno spettro in armatura scintillante.

    kevan1

    Si era stupito nello scoprire come la compagna di una vecchia vita fosse ancora funzionante.
    Quando il suo amico Wren gli aveva amorevolmente consigliato di provare, provare a vedere se lo spallaccio magico rispondeva ancora ai comandi, aveva esitato.

    Non è possibile
    gli aveva detto il Keyblader, la bocca impastata.
    Non la uso da un decennio. La magia sarà già scomparsa del tutto”.

    Eppure, aveva fatto come Wren aveva detto. Gli riusciva così difficile, contraddirlo. Wren non solo era suo amico, era anche infallibile; e in tutto quel tempo in cui erano stati insieme, lo aveva a più riprese dimostrato.
    Quella volta non aveva fatto eccezione. Non appena il Keyblader dimenticato aveva poggiato la sua mano secca sullo spallaccio, questo si era illuminato. Un attimo e un lampo di luce dopo, l’armatura era al suo posto, più splendente e gloriosa che mai.
    Kevan ne era rimasto rapito: aveva dimenticato quanto fosse bella, e unica. Il resto dei Keyblader della Land of Departure avevano armature complete, formate da un unico, articolato pezzo di metallo. Quella di Kevan era più classica, ma molto più affascinante: spallacci, gambali e busto, niente elmo. Il grigio dell’acciaio era lasciato al suo stato naturale, ma le molte decorazioni rendevano la superficie tutt’altro che monotona. Tra tutte, svettava il volto di un lupo: posto sul petto, fungeva anche da fermaglio per il lungo mantello blu. Con quell'armatura addosso, si sentiva di nuovo importante. Di nuovo un Keyblader.
    Un lupo in armatura scintillante. Uno spettro dagli artigli di nuovo affilati.
    Di nuovo utile per qualcuno.


    "E non per una persona qualsiasi"
    si disse, evitando l'ennesima battona che aveva tentato di avvicinarlo
    "Ma per Wren. Per lui e il nostro scopo."

    Ricordava chiaramente le ultime parole dell'uomo col cappello: "Dobbiamo allargare la nostra famiglia, amico mio. Se vogliamo cambiare il mondo, due persone non possono bastare. Coloro che non la pensano come noi ci troverebbero, stanerebbero e ucciderebbero. È questa la natura dell'uomo: esso brama la lapidazione del salvatore, la desidera. E sai perché, Kevan? Il salvatore porta il cambiamento. E niente l'uomo teme più del cambiamento, niente è motivo più succoso di prendere in mano la prima pietra! Dobbiamo prepararci, amico mio. Trovare altre persone, altre anime da portare dalla nostra parte, amici che ci aiuterebbero nel bisogno. Non dobbiamo pretendere troppo, tuttavia. Non ci servono guerrieri leggendari, o maghi dai grandi poteri; cominceremo come ogni missione che si rispetti: dal basso. Cuori persi, Kevan, cuori senza futuro. Saremo noi a mostrar loro la via. La giusta via." A quel punto, però, era diventato triste "Purtroppo dovremo mentire, all'inizio. Persino le anime senza futuro sono troppo orgogliose per aprirsi al cambiamento. Dovremo promettere loro ricompense, doni che credano di poter ottenere da soli, non con l'aiuto di qualcuno. Lo so, è orribile il solo pensiero di un atto così crudele. ma è necessario, lo capisci?"
    Kevan aveva annuito senza esitare. Certo che lo capiva. Ogni mezzo era giustificato, per raggiungere quello scopo. Anche la bugia, anche l'inganno, che così tanto Wren sembrava odiare. Ed in fondo, non avrebbe fatto altro che il bene della persona, oltre che quello del loro scopo finale.
    Sì, ora era davvero di nuovo un Keyblader.
    Paladino del giusto, benefattore dei senza speranza.
    Uno spettro più in alto del bene e del male.

    .
    .
    .


    Arrivò nella piazza dopo una decina di minuti.
    Guardandola, Kevan notò tutte le caratteristiche che il luogo ideale descritto da Wren doveva avere: appartato, buio, lontano da troppe orecchie indiscrete. Un posto simile, gli aveva detto l'uomo col cappello, era perfetto per iniziare la sua opera di benefattore.
    All'incrocio di due vicoli bui e contorti, la "piazza" non era più grande della stanza di una casa. Le piastrelle che ne componevano il pavimento erano dissestate, a tratti mancanti, più sporche di qualsiasi superficie Kevan avesse mai visto: sale incrostato, resti di escrementi e di alcool...
    E il resto non era certo da meno. Le pareti delle case che facevano da perimetro alla piazza erano assalite dalla muffa , branchi di topi di tutte le dimensioni vi sgusciavano vicino, scomparendo in un battito di ciglia. C’era solo una fonte di luce: una lampada malandata, dalla struttura in ferro arrugginita; il vento intriso di odore del mare la faceva cigolare sinistramente.
    Il nuovo componente della loro famiglia era steso alla luce di quella lampada, il capo appoggiato alla parete muffosa di una casa. Non poteva avere meno di cinquant’anni; era grasso, e sporco. Kevan ne sentiva la puzza a già cinque metri di distanza. Ma non doveva farsi pregiudizi. Qualsiasi scarto della natura sarebbe andato bene: dopo avergli illustrato il loro scopo, sarebbe diventato degno esattamente come lui e Wren.
    Avanzò, osservandolo meglio: aveva gli occhi semichiusi, e una chiara espressione da sbornia; la causa si trovava nella sua mano destra, ed aveva la forma di una bottiglia di Rhum scadente. In effetti, ad una seconda occhiata, Kevan notò che l'amato liquido dei marinai aveva lasciato tracce su tutto il corpo del pirata: sul gilè strappato che gli lasciava scoperti la pancia e il ventre prominenti, sui larghi calzoni di stoffa rattoppati... persino sulla bandana che gli raccoglieva gli unti e lunghi capelli neri. Ma non doveva farsi pregiudizi. Avanzò di un altro passo, e finalmente l'ubriacone sembrò notarlo: drizzò all'improvviso la testa, sbiancando alla vista del Keyblader in armatura. Nel giro di qualche goffo secondo, era in piedi con la sciabola sguainata e l'equilibrio ridicolosamente precario.
    A quel punto, Kevan parlò.

    kevan2

    « Tranquillo, marinaio. »
    La voce dello spettro in armatura era eterea, flebile; ma sicura.
    « Non sono qui per farti del male. »
    In tutta risposta, il grassone ruttò.
    « Vvvattene via! »
    La voce dell'uomo era profonda, ma dannatamente ridicolizzata dall'influenza della sbornia.
    « Non voglio intrusi qui nel mio posto speciale! »
    Come a sottolineare il concetto, mulinò un fendente sbilenco della spada, a mo' di minaccia.
    « Veramente... io sono qui per proporti un affare... Marinaio. »
    Il grassone abbassò subito la spada, mostrando un'espressione sospettosa.
    « Che... » Un singhiozzo interruppe la sua frase « Che genere di affare? »
    Lo spettro incrinò le labbra, come a voler sorridere.

    .
    .
    .


    Quando ebbe terminato, il pirata aveva un'espressione estasiata; del resto, Kevan non si era risparmiato negli stratagemmi. Gli aveva detto che lavorava per un uomo ricco, né pirata né membro della compagnia delle indie. Un lord, con un castello così immenso -e questa non era una bugia- e così incredibile da far invidia anche al governatore. Quando gli aveva descritto gli umili e semplici servizi che avrebbe dovuto compiere come guardia del corpo e la lautissima paga in dobloni, l'uomo non era quasi riuscito a crederci.
    Così, tra un singhiozzo e l'altro, aveva accettato.
    E in quel momento, a Kevan, la puzza di merda che emanava il pirata era sembrato il più dolce aroma del mondo.



    CITAZIONE
    Note: Quel “In tutto il tempo in cui erano stati insieme” è ovviamente un brainwash di Olson: già nella scena “La polvere e la memoria” l’uomo col cappello aveva ingannato Kevan facendogli credere di conoscerlo da molto tempo.

    La scena è riservata a Strange. Si prega di non intervenire.


    Edited by Frenz; - 22/5/2013, 22:57
     
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    Sguardi increduli. Ovunque attorno a lui non poteva percepire che losche occhiate di sbieco, furtive sbirciate che svanivano leste non appena lui si voltava nella loro direzione. E poi mormorii; tanti, tantissimi mormorii che si sovrapponevano l'uno all'altro, creando un bizzarro ronzio altisonante come di mille mosche importune. Aster si guardò prima a destra e poi a sinistra, il mondo che attorno a lui andava ad assumere la consistenza fumosa di un paesaggio notturno, di pietre squadrate disposte con cura a terra, di carrozze che di tanto in tanto gli sfrecciavano accanto tremolando e schioccando sul suolo. E poi, sotto i lampioni la cui luce tremula proiettava a terra fasci giallastri, dame e cavalieri a passeggio, gli uni a braccetto delle altre mentre si dondolavano piacevolmente, godendosi la brezza marina che da Ovest esalava un leggero odore di sale.
    Era capitato in un posto davvero curioso, su questo non v'era alcun dubbio. Un luogo accogliente, quasi familiare constatò il giovane muovendosi come un'ombra laddove le fiammelle delle torce non riuscivano a dissipare del tutto le tenebre della sera, bruma fosca che oramai si imponeva con alterigia sul placido barbaglio del crepuscolo che ancora macchiava di tinte brune il limite ultimo fra cielo e terra - fra cielo e mare, in effetti.
    Paesaggi pittoreschi e ancor più pittoresche figure conferivano un che di magico a quell'atmosfera di attimo in attimo più leggera, sognante. Quasi che tutti loro non stessero null'altro che dormendo, la realtà tutt'attorno niente più che un'illusione proiettata dal Sogno vivido che li aveva colti durante la notte. Per un secondo, un solo tiepido istante, il Nessuno percepì quasi il desiderio di non svegliarsi più, la cordialità di quel luogo tanto simile alla sua terra natia che lo tentava al pari di un'oasi per chi si è smarrito nel deserto. Ma poi venne il gelo, il vento del Nord, musicale come un'orchestra e terribile come un coro infernale.

    E tutto si incrinò
    E tutto andò in pezzi.
    Oh, sciocco Aster.
    Povero, stolto, ingenuo Aster.
    Ancora t'inganni nelle memorie del passato?
    Ancora cerchi di aggrapparti a ciò che da tempo è sfuggito alla tua debole stretta?
    Non dimenticare ...
    Non dimenticare mai.
    Ricordati del sangue scuro che colava dalle tue labbra.
    Ricordati dell'incrinarsi del tuo corpo.
    Ma soprattutto ricordati del suo andare in pezzi.

    Tutto il resto, affogalo nella tua disperazione.

    Solo un lento scuotersi il suo; nulla più che un placido tremolare le sue membra, quasi che il giovane fosse stato colto da un brivido implacabile, insormontabile desiderio di cingere se stesso in un abbraccio. Ed urlare. E gridare. Qualcosa. Ma poi sul suo volto, eccolo riaffiorare, quel sorriso; eccolo risorgere, quello sbavo senziente, vezzo incantato. Ed è come se, all'improvviso, egli abbia mormorato a se stesso un 'non importa' e si appresti ad abbandonarsi alle parole dell'unico essere in grado di capirlo davvero ... e di amarlo nonostante tutto: lui stesso.
    Di fuoco allora il suo sguardo nell'ombra, di tenebra il suo incedere quasi militare, come se un intero plotone di soldati si stesse muovendo con lui, la Vergine Giustizia a vegliare sulle loro azioni come una bella madre altera e serena che se ne vada in giro affermando 'sono questi i miei gioielli'. Ed essi risaneranno quello che la perversità umana ha devastato. Ed essi guariranno il morbo di questa terra che cede, si disfa.

    " Si racconta sia sorto un nuovo sole fra le tenebre e l'immonda sporcizia di queste terre ... fiero e magnifico come l'alba fra i ghiacciai, lui è infine giunto alla nostra attenzione. "

    Le parole fluirono dalla sua bocca con calcolata e perfetta modulazione, come se fosse un automa a ripeterle. Così avevano detto, laggiù a Radiant Garden. Questo avevano giurato, il lezzo del loro tugurio che andava ad illanguidire l'aria rendendola irrespirabile.
    Nessuno li aveva uditi.
    Nessuno li aveva ascoltati.
    Non è certo lecito porgere l'orecchio a burloni e menzogneri.
    Cantafrottole.

    Ma non c'era falsità nel loro sguardo, non c'era esitazione nelle iridi ferme, statuarie ed illuminate per davvero da quell'alba fiera e magnifica che andavano decantando. E in un sogghigno, forse appena un poco meno lucido del previsto, avevano pronunciato due sole parole al piccolo fanciullo ch'era rimasto ipnotizzato dal loro mantra: 'Port Royal'. Lì lo avrebbe trovato.
    Ed eccolo là, ad inseguire quella che forse era solo una chimera, a rincorrere le sfuggenti parole di quelli che il senso comune additava come accattoni. Ma non l'avrebbe trovato nel luogo in cui sostava, ne era certo. Egli era stato notato muoversi come uno spettro per i quartieri più loschi, i bassifondi più reconditi ed ignoti del giardino radioso. Quasi come il un Salvatore.
    Avrebbe quindi dovuto cercarlo in quei medesimi luoghi.

    - O -

    Si sporse un poco in avanti sul parapetto, le dita esili che aderivano alla pietra come fili d'alabastro. Sotto di lui, illuminata da mille e più puntolini luminosi non così dissimili da empi occhi, si espandeva la periferia con la peggior reputazione della grande cittadina portuale, il bagordo che vi albergava talmente soverchiante da essere udibile perfino da lassù, da quel roccioso balcone che in una giornata di sole avrebbe certamente permesso d'ammirare uno splendido panorama marittimo, se si evitava di considerare lo stralcio di città sottostante. Eppure, per quanto il profilo della luna fosse accattivante come solo una dea del cielo avrebbe potuto essere, lo sguardo cremisi di Aster non si sposò con il latteo colore del giglio celeste, ma si portò in basso, a scrutare le profondità dell'abisso.
    Era là che doveva recarsi.

    Farsi strada attraverso la feccia fu più facile del previsto. Laggiù, almeno, non aveva nemmeno dovuto preoccuparsi di sprecare tempo ed energie ad occultare la propria presenza. Ben pochi badavano a lui, nonostante la sua contestualizzazione apparisse così sbagliata in quel luogo, e i pochi che avevano provato ad avvicinarlo erano stati ricacciati con un mero sguardo nell'antro dal quale erano fuoriusciti. Un leggero frinire dell'aria, un repentino distorcersi della realtà ed essi si allontanavano tossicchiando. 'Troppo rum', si sarebbero detti l'indomani del tutto dimentichi di lui.
    Non gli restava che trovare il "sole fra le tenebre" e scoprire se fosse davvero valsa la pena di cercarlo in un posto del genere. Trovarlo laggiù però non si prospettava affatto un impresa facil ...

    " U-un castello dici? "
    Tremolante, una voce fece eco nella notte, squarciando l'innaturale silenzio che tutto ad un tratto aveva soffocato il molesto vocio dei vicoli.

    " Ma certo. E non un castello qualsiasi te l'assicuro.
    Scoprirai meraviglie che mai avresti immaginato prima, una volta che ne avrai varcata la soglia, parola mia.
    Quasi ti dimenticherai di questa tua vecchia vita. "

    Dall'altro lato, la risposta era stata ben più sicura e disinvolta. Era la risposta di chi sapeva cosa dire, pronunciata al pari di un copione che dovesse essere declamato a teatro, centinaia di spettatori a godersi lo spettacolo.
    Poco importava che ora ci fosse solo Aster.

    " Avrai un alloggio tutto tuo e verrai naturalmente pagato.
    E non solo ... "

    Il discorso, fatto di tante e tante promesse, almeno quante erano le lusinghe - decisamente troppe in effetti -, andò avanti più di quanto Aster fosse abituato ad aspettare. Ma quella volta lo fece; quella volta attese come una pantera acquattata nel folto della vegetazione, pronta a balzare addosso alla propria preda nel momento più propizio. La situazione era particolare ed aveva finalmente agganciato il suo bersaglio; del quale, suo malgrado, non sapeva assolutamente nulla. Spericolarsi in avventatezze sarebbe stato davvero poco saggio. Fu però lo sguardo sognante che aveva assunto lo straccione terminata l'orazione del cavaliere a dargli il segnale che era giunto il momento di intervenire e porre fine a quella farsa.
    E mentre il Nessuno si faceva appena più vicino ai due, le ombre danzanti che oscillavano alla luce dei pochi bracieri lì attorno come a voler scandire i momenti di quel gesto, egli chiuse gli occhi. E parve che dal vicolo dietro di lui spirasse una dolce brezza salmastra, adorna di note che ben poco s'addicevano a quell'odore di merda, che all'improvviso andava ad apparire come il più dolce aroma del mondo.


    Uhm, mi sono fatto aspettare un po' troppo credo, ma alla fine eccomi qui ^__^ Nulla di particolare da segnalare, ho lasciato il post abbastanza semplice dal momento che si tratta di una scena che bene o male andrà letta dall'utenza. Ci sono un paio di riferimenti un po' oscuri che non sto qui a spiegare perché non è il momento. Nulla è però lasciato al caso, questo sappiatelo ù.ù
    Ah, Frenzi, ho cambiato un paio di piccoli dettagli rispetto a quanto avevamo detto, ma il succo della scena è lo stesso, quindi possiamo procedere senza inconvenienti di sorta ^__^
    Edit: scusate, era saltata l'immagine ... ora anche imgur fa i capricci °ç°


    Edited by .:Strange:. - 6/6/2013, 19:46
     
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