La volontà di un piccolo essere umano

Quest Autoconclusiva

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  1. misterious detective
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    Shinan soffriva. Quel dolore, così odiato e così dolce, quella nostalgia di un passato felice l'aveva accompagnata lungo tutto il suo errare e ancora la sottometteva con le sue pesanti catene. Per quanto la bambina crescesse, i ricordi continuavano a perseguitarla, a tormentare le sue notti. Ella però era cambiata: rimpiangeva quanto era accaduto, ancora si sentiva colpevole della morte dei suoi compagni, ma aveva compreso la futilità del maledire quel fato, il destino che, anche se crudele, le aveva dato per la prima volta un obiettivo nella vita; le catene non erano più pesanti ferri ad obbligarla al terreno, ma briglie che la spingevano lungo l'unico percorso possibile. La solitudine era la sola arma con cui poteva combattere le tenebre, non un siero da cui dipendere, nel quale soffocare ogni emozione e perdere se stessa e le sue croci.
    L'erica fermò il suo passo sul marciapiede di pietra, lasciando che la gente tutto intorno a lei le passasse affianco senza minimamente curarsi di loro. Portò una mano al pettò, laddove non aveva mai sentito nulla battere, quindi sospirò affranta. Quella sensazione, quel fremito di dolore che aveva pervaso ogni sua cellula, che l'aveva sconfitta spingendola a terra in preda alle convulsioni... tutto ciò lo percepiva ancora vivido e reale sulla sua pelle. Si era risvegliata poche ore prima nel centro della piazza dove si era scontrata con l'assassina dei suoi compagni, Charlotte.
    Il buio della notte abbracciava ancora il mondo, sedando gli spiriti delle persone; non erano passati che pochi minuti. La nesciens, però, ricordava ancora ogni dettaglio di quel mondo onirico: l'amorevole sguardo di Evelyne era qualcosa che non avrebbe mai dimenticato. Il calore delle sue mani, dell'abbraccio con cui l'aveva sollevata dalla polvere e della sconfitta. Ogni sua parola d'insegnamento, i complimenti dolci quando ella si rialzava, le scuse addolorate per ciò che la giudice eracostretta a fare, non una parola era sfuggita all'erica, che conservava tutto al sicuro dentro di sé. Ella ancora non comprendeva la dimensione di quell'esperienza, né riusciva a distinguere quanto di ciò che aveva sperimentato su di sé fosse reale; qualcosa però le sussurrava che mai più lei e la principessa si sarebbero incontrate.
    “Grazie ,grazie di tutto.”
    Una madre e una maestra, un'amica e un giudice: Shinan non avrebbe mai scordato nulla dilei. Oramai le tenebre cominciavano a fuggire nel cielo, nascondendosi al sole che minacciava all'orizzonte, giungendo da oriente. C'era ancora freddo, la stella nascente era pallida e debole su quell'aura di morte e oblio che aleggiava nella città addormentata. Dopo essersi svegliata, Shinan era rimasta immobile per interminabili ore, trascinatosasi con la schiena contro il marmo freddo della grande fontana, simbolo della città. Aveva atteso a lungo che il dolore si sedasse: la sofferebza provocata dalla principessa soltanto un sogno lontano, ormai, ma le ferite del suo vero, mortale combattimento non erano scomparse.
    -Charlotte...- più volte aveva mormorato quel nome, ma dall'oscurità che la circondava nemica non era giunta risposta.
    Aveva dovuto riprendere fiato, aspettare che il suo corpo minuto smettesse di tremare e rispondesse ai suoi ordini, che la nebbia nella sua mente si dissipasse e tornasse limpido quale fosse il luogo in cui si trovava e quale sarebbe stato il suo passo successivo. Aveva perso contro Charlotte, i suoi poteri non erano stati sufficienti ad eliminare un emissario dell'oscurità, l'unica persona che fosse capace di deviare la sua mente dal cammino prefissato, perché fonte di un rancore incontenibile per la piccola. Era stata sconfitta per la seconda volta, ma per la seconda volta risparmiata. La donna Heartless aveva visto in lei una capacità, un destino nel quale Shinan aveva smesso di sperare veramente. Mentre nelle sue membra tornava la vità, però, fissando il cielo carico di stelle sopra di lei cominciò ad intuire il senso di quella profezia. La bambina credeva nel destino, ma era anche certa che non fosse determinato e definitivo, o non si sarebbe mai nemmeno messa in viaggio. Il suo destino era raggiungere Kingdom Hearts e il suo obiettivo non morire lungo la strada, spingersi fino ai confini di quella realtà crudele e ridare la vita a chi l'aveva persa per lei. Il primo passo, però, era diventare più forte.
    Allora capì il vero significato del Deep Dive, una prova che andava ben oltre allo scoprire la forza di una persona. Grazie ad Evelyne, ella era mutata, il bocciolo si era schiuso in una timida pianta dai petali violetti, era sbocciato il fiore dell'erica.
    Affrancata, Shinan si era quindi alzata in piedi, reggendosi con ferma volontà sulle sue gambe: il mondo teatro del suo ultimo duello non era collassato su se stesso, non vi era alcuna differenza da quanto era impresso nella sua memoria. L'oscurità non lo aveva divorato, la ragazza ancora percepiva il flusso vitale del pianeta scorrere sotto ai suoi piedi e tutto intorno a lei.
    In quel momento, stringendo gli occhi e scrutando il cielo attraverso gli strati di tetti e camini, aveva realizzato che l'alba era ormai prossima.
    “Bene.” si disse, annuendo e affilando la sua decisione. Era scappata fino ad allora, aveva sempre saputo come agire, ma la paura di scoprirsi non al altezza, il terrore di trovarsi davanti alla realtà che no, il suo sogno non era realizzabile, l'aveva sempre frenata. Si era dimostrata debole, aveva perso sia contro l'ombra che contro la principessa, ma aveva capito di poter migliorare, di poter diventare più forte e, un giorno, riscattarsi.
    Forse non avrebbe trovato subito quella persona, ma non aveva intenzione di perdere tempo a vagare per la città: ciò che più le premeva era confermare con i fatti quanto provava nel suo cuore.

    Un sorriso mesto le apparve in volto, inarcando così le sue labbra scarlatte: non c'era un'insegna, non un segnale che indicasse l'esistenza di quel luogo, ma la bambina ricordava. Dei giorni trascorsi con i suoi cari compagni non aveva dimenticato nemmeno quel luogo, sempre avvolto da un alone di mistero e di polvere. C'era un paio di scalini che portava verso il basso, affondando nella terra tra gli altri edifici, due corrimani di ferro dipinti in nero aiutavano la discesa. Né sulla porta, né sulla vetrina erano presenti scritte o insegne. Dietro alla lastra opaa erano esposti numerosi tipi di pugnali e di piccoe armi dai molteplici usi, tutte curate e dai preziosi intarsi lungo le else, talvota anche sulle lame.
    Il campanello tintinnò, Shinan trovò un grosso e burbero uomo a tagliarle la strada. Sotto un lungo impermeabile nero celava un corpo enorme e muscoloso. Lo sconosciuto abbassò gli occhiali da sole piccoli e rotondi, per scrutarla meglio con i suoi occhi ner icome pece. Inquietata, la bambina notò la cicatrice che si estendeva per metà del suo viso e tutti gli altri piccoli segni di una vita tutt'altro che tranquilla. A fatica si trattenne dall'arretrare davanti a quella persona.
    Con una spinta insofferente, ella lo vide superarla ed andarsene con passo affrettato, come se non avesse alcun interesse in lei e preferisse allontanarsi da lei il prima possibile, ma alla bambina non sfuggì un rapido, quasi teso movimento della mano, che andò a nasconfdere un oggetto metallico nella tasca.
    “Una pistola” capì lei, guardando con diffidenza lo sconosciuto ormai distante. Quindi aprì la porta e il campanello risuonò di nuovo.
    -Il negozio è ancora chiuso, ritorna fra un paio d'ore!- la voce che la accolse fu brusca, annoiata. L'uomo corpulento che, uscito dal bancone, aveva appena impugnao una scopa di saggina non si era nemmeno voltato per scoprire a chi stesse parlando. Eppure, Shinan lo ricordava gentile, sotto la scorza rozza, e deglutendo mosse un altr opasso avanti. -Scusami, ma... speravo di poter pararti prima dell'apertura...-
    L'uomo fermò il movimento ripetuto delle braccia nell'agitare lo strumento di pulizia, ammutolito e incredulo. Prima di dire qualosa la cercò con lo sguardo, la scrutò con i suoi enormi occhi nocciola. -Oh signore... sei davvero tu, Ra...-
    Chiuse gli occhi e tentò di nascondere un leggero sorriso. Lo sapeva, sapeva sarebbe successo.
    -No, Jospeh. Non è più quello il mio nome.-
    L'uomo smise di parlare, rimase immobile qualche secondo, capace solo di grattarsi con aria confusa i folti capelli castani che gli arrivavano quasi fino alle spalle.
    -Non ho più usato quel nome da quel giorno.-
    “Il Rigattiere” sapeva sicuramente di cosa stava parlando. Era sempre stato un asso nel reperire informazioni e, dato che né Cihuai e gli altri né tanto meno lei gli facevano più visita da anni, la sorte che si era abbattuta su di loro era più che evidente.
    -Ora mi chiamo Shinan. Piacere di conoscerti.-
    L'uomo deglutì, parve mordersi un labbro, anche se la folta barba scura impediva alla bambina di vedere chiaramente.
    -Il piacere è mio, diamine!- esplose in una risata di puro cuore, qualcosa di estremamente stupido a sentirsi. La strinse con le sue grosse braccia, piene di peli, per un attimo la giovane temette di soffocare nella sua morsa e si permesse di ridere, di pregarlo di smettere con voce emozionata e allegra, come quella di una fanciulla.
    Non era stupita di una simile accoglienza, tuttavia: Joseph il rigattiere. Era un uomo capace di mantenere un profilo basso, senza far dilagare troppe informazioni sul suo conto, ma al contempo assicurandosi un sufficiente numero di clienti da mantenere proficua la sua attività. Contrabbandiere d'armi, informatore... molti erano i territori oscuri nei quali si addentrava, ed era un miracolo che riuscisse a mantenere una simile benevolenza ed integrità pur vivendo in mezzo al crimine.
    -Tu non hai idea di quanto sono stato male! Quando mi hanno detto che erano tutti morti, non riuscivo a crederci. Poi ho sentito che qualcuno abitava ancora nel loro vecchio rifugio...-
    Shinan abbassò lo sguardo, mentre dietro la schiena intrecciava le dita delle mani in modo nervoso. Si sentiva colpevole, temeva di avergli dato una grande delusione. Ma con che faccia poteva mai tornare da lui? L'avrebbe potuta accusare della morte dei suoi cari amici, e anche se non l'avesse odiata non era mai stata pronta a prendere veramente il posto che occupavano i suoi amici nel loro mestiere.
    Espresse quei pensieri a parole, mormorando sommessamente quella piccola, imbarazzante verità. Ciò che ricevette da Jospeh fu solamente un sorriso gentile e comprensivo.
    -Questo significa che...-
    La ragazza annuì. Un marcato rossore si era fatto largo nel suo pallido viso, chinando il capo ella provò quasi a nascondersi dietro i suoi lunghissimi capelli dorati, che in due trecce le incorniciavano il volto.
    -Perché? Perché proprio adesso?- aggiunse l'uomo con un sospiro, mentre a passo lento si allontanava dietro il bancone e cominciava a frugare tra i cassetti, concentrato.
    Shinan lo seguì in silenzio. Cercava le parole, ma davvero non sapeva cosa rispondere, non sapeva in che modo spiegare il conflitto che c'era stato in lei.
    -Perché... perché ho capito cosa avrei dovuto fare già da molto tempo.- sussurrò, poco convinta lei stessa. Appoggiò le mani sul lungo banco di legno, l'una sull'altra, distendendo così la seta scura del suo abito gotico.
    -Io non valgo la metà di loro, questo l'ho sempre saputo. Sono debole, impacciata, ho il terrore del futuro e allo stesso modo ho sempre fuggito il passato. Ero convinta che tutto questo fosse una colpa e che l'unica persona a cui imputare tale colpa fossi io stessa...-
    Si interruppe per un istante per alzare gli occhi dalle sue mani e osservare il Rigattiere, che aveva finito la sua ricerca e teneva un foglio tra le sue mani, piegato come per non permettere a Shinan di distinguere le parole impresse su di esso. Gli occhi dell'uomo sembarvano scrutare fino in fondo alla sua anima.
    -Pensavo che continuare il loro operato fosse sbagliato per una come me, che si è limitata a seguirne l'ombra per tutto il tempo. Che significato c'è nello sforzarsi se il destino è di fallire? Illudersi era più semplice, fingere di fare davvero qualcosa e morire in quel modo, senza aver compiuto davvero nulla, mi avrebbe risparmiato una grande fatica e mi avrebbe permesso di essere in pace con me stessa.-
    Sentì qualche mugolio di conferma dall'ascoltatore, seriamente interessato alle sue parole. Non commentò, però, perché sembrava aver intuito che la storia non era ancora alla sua conclusione. E non lo era, infatti, perché quella era la vecchia Shinan, la bambina di un tempo, la stessa che portava il suo altro nome, una persona infantile ed insignificante, che voleva dimenticare completamente.
    -Ma non era quello che desideravo veramente. Ci ho pensato a fondo, l'ho finalmente capito: essere debole non è una colpa, è solamente un punto di partenza. Da Cihuai, da Shanzha, da Yaluo e Tinji ho imparato molte cose, viaggiando, scrutando dentro di me, ho deciso che non voglio fermarmi qua, voglio continuare ad imparare e migliorarmi. Voglio essere degna di fare questo non solo per me e per i miei compagni, ma anche per molta altra gente.-
    -Capisco...- borbottò l'uomo, annuendo con il capo. La fissò profondamente con occhi severi: anche senza averle chiesto nulla, l'aveva già sottoposta alla sua imponenza, era pronto ad estrapolarle con ogni mezzo la risposta alle sue domande.
    -Quindi tu vuoi diventare una mercenaria?-
    Shinan deglutì. Esattamente, era quello il motivo per cui era venuta. Il mestiere che aveva sostentato la vita sua e dei suoi amici in passato, un compito crudele, ma diffuso, simbolo stesso dell'avventura per molti giovani sognatori.
    -Sì, è quello che voglio diventare.-
    -Capisci cosa significa? Ogni incontro sarà un combattimento. Rischierai la vita ad ogni missione, ti farai carico del rancore e dell'odio dei tuoi avversari, ti lascerai alle spalle la possibilità di vivere come una normale bambina.-
    Le accarezzò la testa con gentilezza paterna. Shinan lo vedeva, nei suoi occhi leggeva un grande dolore. Lui avrebbe voluto un suo ripensamento, avrebbe desiderato un altro destino per quel giovane fiore. Quella, però, era una scelta che spettava solo a lei, e che aveva presa da sola, nella speranza di un futuro in cui avrebbe avuto altre persone attorno.
    -È quello che desidero. Se serve a diventare più forte, allora combatterò ogni istante della mia vita. Quello che ho sofferto non voglio che diventi inutile. Penso... penso di essere stata vittima di tutto questo perché potessi imparare quanto male c'è al mondo e che con i miei mezzi posso fare qualcosa per alleviare le pene della gente. Se ho il diritto anche io di essere felice... forse potrò esserlo attraverso la gioia degli altri.-
    Per lunghi, interminabili secondi calò il silenzio. Shinan si chiedeva se le sue parole avessero raggiunto l'interlocutore, se la sua volontà non sembrasse solo un lamento infantile di una ragazzina troppo piccola per capire veramente cosa stesse dicendo. L'uomo guardava con occhi vacui il suo bancone, rigirando tra le mani il foglio che aveva preso.
    Sospirò, sembrava quasi sconsolato nei suoi gesti. Eppure Shinan lo notava, qualcosa di diverso nel suo sguardo: una serietà, una decisione quasi cinica che prima di allora aveva già visto, lo sguardo che riservava ad ognuno dei suoi clienti.
    -Questo è il compito migliore che posso offrirti.- affermò Joseph, porgendole la carta stropicciata. La bambina, con un po' di incertezza, ma mani salde, prese ciò che le venne offerto e si concentrò nella lettura: poche righe, scritte con una cura poetica. Era difficile cogliere quale significato profondo, quali disperati problemi affliggessero colui o colei che aveva composto quelle poche righe, ma ogni parola, ogni lettera gridava una disperata ricerca d'aiuto. Sul bordo del foglio, le indicazioni per approfittare di un trasporto gratuito fino al luogo.
    Garbatamente, ripiegò più volte il foglio su se stesso, fino a poterlo inserire in una piccola tasca del suo ampio abito, nascosta tra le numerose pieghe rosse e nere.
    -Io vado.- disse lapidaria. Decisione, desiderio di agire, mille erano i sentimenti che si accumulavano nelle iridi scarlatte della giovane, mille le volontà condensate in un'unica, incrollabile espressione.
    Il Rigattiere annuì, e non c'era nient'altro che potesse fare. Entrambi lo sapevano ormai, la Nesciens che si era recata fin nei bassifondi alla ricerca di un lavoro non era più una bambina spaurita, era un'adulta, anche migliore di molti altri: una donna che aveva sacrificato ogni cosa in nome di un unico, importante obiettivo. Aveva negato se stessa per gli altri e per quella sua speranza.
    -Prego che otterrai la felicità che insegui.-
    Ella non rispose. Gli dietre le spalle e, ringraziandolo con voce sommessa, se ne andrò attraverso l'entrata, lasciando che solo il campanello della porta portasse i suoi ultimi saluti a quell'uomo.
     
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    »La volontà di un piccolo essere umano
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    Scrittura: Direi che ormai io come valutatore abbia speso fin troppe centinaia di parole sul fatto che tu sia un bravo scrittore. Un bravo narratore, andando più nello specifico. Come al solito il racconto si presenta infatti lineare, piacevole alla lettura e con un andamento calibrato, studiato e realistico. Non c'è quasi mai un termine fuori posto, le frasi sono conformi all'idea generale di ritmo che permea dal contesto, le descrizioni (generalmente parlando) sono praticamente perfette.
    Però no, non prenderai nove :nuo:. Anzitutto, per la vergognosa quantità di errori, che, Cristo Santo, sarebbero potuti essere evitati solo scrivendo il testo su word o, ancora meglio, con una ricontrollata più accurata di quella che hai fatto. Volendo descrivere gli errori nello specifico, si parla perlopiù di errori di battitura (ultime lettere di una parola che vanno a finire all'inizio della parola successiva, lettere mancate o di troppo) ma che, nella somma delle loro piccole inezie, vanno a creare una situazione piuttosto... fastidiosa. Non credo tu ti renda conto di quanto sia irritante leggere un testo scorrevole come il tuo e rabbrividire per un "eracostretta" tutto attaccato, una formattazione errata della punteggiatura o, ancora peggio un errore di concordanza tra sostantivo e aggettivo.
    Per il resto... non ho molto altro di cui lamentarmi. Spero capirai, comunque, che non posso considerare come "inezie" l'insieme di errori che costellano tutto il testo. Sia per il loro valore complessivo, sia come manifestazione sintomatica del fatto che non ti fregava un tubo del testo, una volta persa l'occasione di postarlo per il contest.
    Questo testo si meritava di più da te, e tu l'hai deluso. Vergognati, vergognati nel più profondo del tuo cuore.
    è ovvio che stia esagerando, siamo comunque sopra l'8 x'D


    »Voto: 8.2/10

    Interpretazione: Visto e considerato che in questo campo non ci sono da considerare gli errori di battitura, andiamo molto meglio. Come al solito il personaggio di Shinan riesce a trasparire senza problemi, e tu riesci a darne un quadro di rappresentazione lineare e conforme a ciò che finora hai costruito. Ci sono momento -pochi, ma ce ne sono- in cui riesci quasi a commuovere, cosa davvero rara tra dei "nabbi" come noi xD Ma la particolare nota di merito va al dinamismo; la capacità, cioè, di far trasparire Shinan come un personaggio che cresce. E ciò è bello, perché sarebbe impossibile interpretare un Nesciens senza concentrarsi su questo processo di evoluzione/dinamismo: sai che palle se l'erica non avesse fatto altro che piangere ad ogni singola ruolata. Bhe, tu non hai commesso questo errore: Shina è viva, Shinan è plausibile, Shinan ha un'evoluzione degna di un vero essere umano.
    Chapau, vecchio mio. Stai facendo davvero un bel lavoro con la tua bambinetta.

    »Voto: 8.6/10

    »Media: 8.4
    »Premi Ricevuti
    » AP: 8(Media)
    » Munny: 420
    » Fama: ///


    Per qualsiasi dubbio o domanda, sai dove trovarmi

    Per la correzione mi becco 5 AP e 300 Munny, al solito.
    Alla prossima^^
     
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1 replies since 3/11/2012, 23:27   136 views
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