Monkey Business: La mano nera

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    L'ora che Norrington temeva sarebbe arrivata, arrivò con la precisione di un orologio, a suo dire, e la cosa stupì anche Sheil'heit. In tutta sincerità non si aspettava di "iniziare" così presto; forse in mattinata, dopo una serata di riposo, ma senza nemmeno dargli il tempo di avere spiegazioni? Le poche spiegazioni che il commodoro aveva dato erano persino state poco chiare... Mentre quest'ultimo parlava con il soldato che era venuto a dargli la grama notizia, Sheil non poté fare a meno che sentirsi un po' in ansia, e dispiaciuta per il Commodoro.
    Poteva capire come si sentisse, avere coloro sotto la propria protezione non così al sicuro come si vorrebbe... Ci era passata molte volte anche lei con il suo plotone. Certo, non era al livello di una intera città, ma era sicura che le sensazioni fossero quantomento simili.
    Il fatto che le creature arrivassero con una precisione perfetta, poi, faceva presupporre che non fossero semplici creature che razziavano una volta e per sbaglio. La metodicità indicava sopratutto una cosa, che non erano loro i capi di se stessi.
    Approfittò della piccola pausa per studiare meglio i suoi futuri compagni. Tranne che per l'ubriacone da porto, tutti - bambina compresa - le davano una buona impressione. E la bambina le dava pure i brividi, per qualche ragione. Forse l'uomo avrebe dovuto farsi due domande sulla sua credibilità.
    Pensò poi anche che sarebbe stato il caso di presentarsi, prima o poi. Non avevano avuto l'opportunità di farlo prima...

    -E magari anche un tè- commentò il suo compagno, roteando impercettibilmente gli occhi -... con i biscottini.-
    -Senti...- Iniziò la ragazza, prima di essere interrotta da Norrigton.

    «Avrei preferito che la situazione fosse meno... grave di così, ma dovrò chiedervi di mettervi al lavoro immediatamente. Come probabilmente avrete sentito da quel soldato, i vostri obiettivi sono prevalentemente in due zone. Il "gentiluomo", la ragazza dai capelli scarlatti e la signorina col drago...» Lo spregio che aveva sentito mentre Norrington definitva il barbone come "gentiluomo" era stata fin troppo palese. «... Voi andrete nel distretto degli artigiani. Si trova parallelo alla costa, e se avete difficoltà a trovare la strada per le vie della cittadina, cercate delle colonne di fumo, così vi dirigerete verso le botteghe dei fabbri. Dovrebbe essere il modo più semplice per orientarvi.»

    Vide la ragazza interpellata girarsi verso la direzione indicata, e seguì anche lei con lo sguardo. Si intravedevano senza troppi problemi le colonne di fumo di quelli che avrebbero dovuto essere i fabbri. Non sarebbe stato affatto difficile trovare la strada, sopratutto se avrebbero incontrato degli Hearthless-scimmie che a dire di Norrington si comportavano in maniera distruttiva.

    «La signorina più giovane e quella con la sciarpa andranno verso la zona nobiliare, la troverete in cima alla collina, tutto ciò che dovete fare è cercare le strade che si arrampicano verso l'alto. Ora andate, abbiamo tutti il nostro dovere da compiere... Cercate solo di tornare per il vostro compenso. Avrò bisogno dei vostri nomi per ringraziarvi, in caso di successo.»

    Sheil annuì, osservando l'altro gruppo designato dal Commodoro. Non fece domande. Erano passati i giorni in cui era lei a dare ordini.
    Suoni di tacchi sulla pietra la fecero voltare, per trovarsi quasi faccia a faccia con la ragazza del suo gruppo che le tendeva una mano.

    «Sembra che staremo nello stesso gruppo.»
    «Già...» le rispose con un abbozzo di sorriso, tendendo la mano anch'essa.
    «Felice di conoscer-» l'esitazione delle sue parole fecero apparire un sorriso sincero sulle labbra di Sheil. Non era la prima volta che le persone erano confuse dal suo compagno. Alcune lo ignoravano -beccandosi un ruggito e a volte dei morsi- altri lo accettavano come presenza, trattandolo a tutti gli effetti come una persona.
    La ragazza, che si presentò come Ayleia, optò per un diplomatico e semplice conoscer'vi'.

    Stringendo la mano dell'altra, rispose con gentilezza:

    «Piacere mio, io sono Sheil'heit e lui-»
    -Roth'ra~ku. Incantato-

    La voce cavernosa del drago risuonò nuovamente nella mente dei presenti. Al contrario di Sheil'heit, il cui tono era comprensivo e gentile, quello di Roth'raku suonò sarcasticamente canzonatorio. Se avesse fatto il gesto di parlare con la zampa, il teatrino dei poveri sarebbe stato perfettamente orchestrato in una presa in giro.
    La ragazza si passò nuovamente la mano destra sul viso, esasperata, intenzionata a scusarsi, quando il barbone puzzolente le passò accanto, presentandosi con ben poco garbo.

    «Il mio nome è Skorr'lathyem, chiamatemi Skorr.»

    Sheil'heit inarcò un sopracciglio, seguendo con lo sguardo quel bruto che camminava baldanzoso, sorvolando vagamente la sua mente in cerca di cosa ci fosse di così tanto sbagliato in "Skorr'lathyem-chiamatemi-Skorr", sentendo solo echi di Fartless e insulti a tali creature.

    -L'idiozia di questo tipo mi fa rizzare i peli sulla nuca, finirà che si farà ammazzare dai "Fartless"- commentò ironica a sé stessa e a Roth'raku -E magari farà ammazzare noi.-
    -Lascialo fare, spaventerà gli animaletti con il suo fetore- rispose il drago con un grugnito disgustato. Persino per lui, che aveva mangiato ben di peggio che un ubriacone puzzolente, l'odore di vomito e piscio che emanava Skorr risultava orribile.

    Sheil ponderò relativamente a lungo se istruirlo dicendogli che le creature non erano Fartless ma Hearthless, ma optò di lasciarlo nella sua ignoranza. Dopotutto dubitava anche che gli sarebbe importato...
    Cercando di dissimulare al meglio il suo sguardo atterrito e mezzo disgustato, si rivolse ad Ayleia.

    «Sarà meglio muoversi. A detta del Commodoro le creature sono già qui, cerchiamo di evitare danni ai civili, per quanto possibile.»

    Si incamminò poi verso le colonne di fumo, seguendo il consiglio di Norrington.
     
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    III


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    L’arrivo del soldato portò realizzazione. “Gli Heartless sono tornati”, aveva balbettato tra incertezza e paura. E da un momento all’altro era il momento.
    Egeria si isolò come chi ha bisogno di ricordare a se stessa il perché di una scelta azzardata. E lo era davvero – una scelta azzardata. Presentarsi per un lavoro che richiedeva esperienza, coraggio, prendere le difese di soldati che avevano combattuto per tutta la vita. Si strinse tra le spalle. Lei quanto aveva combattuto? Non abbastanza. Forse l’episodio alle Isole era stato un unicum, forse non sarebbe stata così fortunata una seconda volta. Forse la sua già scarsa confidenza poggiava su basi di cenere.
    Arricciò il naso, passivamente infastidita dalla pungente puzza di pesce portata da una carezza di vento marino. Quante volte aveva indugiato su quei pensieri prima di alzarsi dalla camera d’albergo e decidersi a prendere la nave per Crescentia? Quante volte aveva pensato a conseguenze, rischi, fini? Troppe. Eppure nell’imminenza del pericolo le ovvietà le ridondavano nella testa come rischi appena partoriti da una nuova paranoia. Cercò di scacciarle: respirò, chiuse gli occhi, guardò il mare, guardò l’ultimo spicchio di sole tra il blu ricettivo dell’acqua e quello induttivo della notte in arrivo, ma non servì. La voce del soldato continuava a fare da sottofondo alle sue visioni – statiche o mentali che fossero.
    Lontano da lei, fuori da quel mondo di distrazioni e solipsismo, Norrington parlava. Snocciolava informazioni, istruzioni che Egeria riusciva a identificare come tali senza davvero coglierne il contenuto informativo. I suoi occhi vinaccia erano vuoti, la sua espressione piatta. Continuava a ripetersi che dovesse farlo. Sapere di più sugli Heartless, raccogliere informazioni empiriche. Ma soprattutto uscire: uscire dal guscio chitinoso che era diventata quella stanza d’albergo nella Città di Mezzo. Aveva procrastinato fin troppo nella conveniente scusa di un recupero mentale e fisico: chiedere alla gente del luogo e leggere libri non era più sufficiente. Forse non lo era mai stato.

    Dovrai cominciare a uscire da sola. Ho bisogno che tu sbrighi delle faccende per me.

    La consapevolezza tornò gradualmente: le parole di Norrington, prima vuoti accostamenti di fonemi, riacquisirono contesto e significato. Stava dando direttive. Li stava dividendo in gruppi.
    «La signorina più giovane e quella con la sciarpa andranno verso la zona nobiliare, la troverete in cima alla collina. Tutto ciò che dovete fare è cercare le strade che si arrampicano verso l'alto. Ora andate, abbiamo tutti il nostro dovere da compiere.»
    La zona nobiliare, in cima alla collina. Cercare le strade che vanno verso l’alto. Subito il capo viaggiò, gli occhi che percorrevano come una rapida avanguardia il percorso indicato dal commodoro. Sì, sì, aveva capito. Non aveva bisogno di chiedergli di ripetersi. Ma – quasi impercettibilmente il viso ruotò verso “la signorina più giovane” – quello era il minore dei problemi.
    La bambina la stava fissando. I lineamenti di porcellana e rubino erano di nuovo arrangiati in un’estraniante maschera di innocente divertimento. Sorrideva. Si leccava le labbra. Impenetrabile nella sua candida ovvietà.
    Egeria non era mai stata in grado di leggere le persone. Sua madre glielo diceva spesso: era ingenua, isolata, priva delle più basilari competenze empatiche. Ma quella bambina – pensò dopo l’ennesima occhiata sfuggevole –, quella bambina avrebbe messo in difficoltà chiunque. Poteva sentirlo chiaramente: il pericolo figlio di un disagio inspiegabile.
    Qualche metro più in là, gli altri tre mercenari si stavano presentando. Le avevano già lasciate sole, pronti a dirigersi verso il luogo indicato loro da Norrington. Sospirò con espressione neutra, costringendosi a voltarsi ufficialmente verso la “compagna”.
    Solo allora si rese conto di non averla mai guardata davvero. Da quando erano saliti sulla nave, il disagio che quel sorriso e quella candidezza surreale le avevano trasmesso l’avevano obbligata a limitarsi a occhiate fugaci e superficiali. Non aveva ancora avuto occasione di osservare le sue “ali”: escrescenze nere, membranacee, che le uscivano dalla schiena come contorti rami necrotici. Appese a questi, sedici gemme di colori sgargianti.
    «Mi chiamo Egeria.» osò, impassibile nel volto ma esitante nella voce.
    Il sorriso dell’altra non vacillò. «Flan» rispose allegra, continuando a fissarla.
    Egeria si costrinse a sostenere il suo sguardo.
    «Ti avviso che normalmente io mangio le persone».
    Aggrottò le sopracciglia. Cosa?
    «Vedrò di aggiungerti alla lista delle eccezioni».
    Estemporanea stasi. Nel pronunciare quelle parole l’allegrezza della bambina non si era incrinata di un centimetro. Era una situazione così assurda che non riusciva a pensare razionalmente. «Mh... grazie?»
    Miriadi di ipotesi si accalcavano oltre il suo sguardo asettico, nessuna delle quali le sembrava plausibile. Ironia? Verità distorta? Effettiva -possibile?- verità?
    Passi in lontananza le annunciarono che l’altro gruppo aveva cominciato a muoversi. Decise che per il momento la risposta era irrilevante.
    «Dovremmo sbrigarci», suggerì fredda.
    “Flan” si stiracchiò sorridente. «Si si, andiamo».

     
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    Tizio a caso sbucò da in fondo ad una via, correndo come un disperato, trascinandosi sulle gambe come uno zoppo che si riscopre maratoneta. Ecco, nonostante l’arma da fuoco in mano, quella sarebbe stata sì, una facile preda. Un po’ scemo, barcollante, stordito, preoccupato, agitato quel tanto che bastava per non rendersi conto che lei, più che un’alleata alla loro causa, era lì solo per riempirsi la pancia e fare un po’ di casino. Sempre con un contorno di Pommodoro fresco fresco di serata. Aveva fame, accidenti. Più fame di quella che fosse consapevole di avere. Si lasciò andare a un verso d’impazienza. Stavano solo perdendo tempo, perché non erano ancora chissà dove in quelle vie ad ammazzare gente, a buttare giù palazzi, ad appiccare il fuoco alle navi? Perché erano ancora lì. Le era sempre stato fatto notare –da Sakuya, principalmente- quanto la pazienza fosse una gran virtù, ma se avesse portato anche solo un minuto in più di pazienza sarebbe morta di fame.
    «Co... Commodoro Norrington, signore! Gli Heartless sono tornati!»
    Aspetta aspetta aspetta, Heartless? Uoh! La cosa si faceva interessante. Non per il suo stomaco, ma sicuramente per il suo divertimento. Non avevano sapore e la cosa era quantomeno deprimente, ma se non altro poteva demolire tutto ciò che si presentasse sul suo cammino senza farsi troppi problemi. E quello era decisamente un guadagno. Si guardò intorno, guardò i suoi “compagni”. Poi guardò il mare. Annegarli tutti, tirarli fuori salati e poi cuocerli a fiamma alta. Scosse il capo. Non doveva pensarci. Era uno dei bisogni primari, ma, al momento, sarebbe stato meglio lasciarlo da parte e concentrarsi sul soddisfarlo senza attaccare nessuno dei suoi potenziali alleati.
    Norrington aveva ricominciato a parlare e tutti, più o meno, sembravano ascoltare con moderata, parziale, inesistente attenzione le baggianate che diceva. Plotone, zona predetta, guarnigione, sostegno, noia, altra noia, cose già nominate, altri Heartless. Che strazio.
    Poi annusò. Allargò le narici. C’era un profumino che fino a pochi attimi prima non era riuscita a sentire, o che, molto più probabilmente, non c’era. Leggero leggero, si mescolava bene con l’odore del pesce, la puzza di schifo del filosofo del gruppo, i singoli effluvi delle altre e, più in generale, con l’odore misto di Port Royal. Ma da dove veniva? Flandre sondò con lo sguardo tutto intorno a sé, facendosi guidare dal suo naso, cercando di individuare da dove provenisse. Era soffice, soffuso, appena accennato. L’aveva già sentito prima, molte altre volte, sottofondo di qualcosa di più intenso. Li squadrò tutti, annusando piano l’aria. Era buono. Era qualcosa che le piaceva. Poi lo vide, l’unico uomo del gruppo, mentre si tamponava il naso con un… foglio? Non importava. Era da lui che veniva il profumino. Flandre si leccò flemmatica le labbra, come se riuscisse già ad assaporarne la meraviglia. Bisogno primario. I bisogni sono fatti per essere soddisfatti, altrimenti si muore. E Flandre moriva dalla voglia di mangiare qualcosa. E quello era odore di sangue. Lei e lui, aspettava solo che fossero solo loro due. Lo vide voltarsi e irrigidirsi non appena incrociò il suo guardo. Non c’era neanche bisogno di nasconderlo. Gli occhi rubino dardeggiavano accesi e impazienti nella sua direzione, mentre ragionava da che parte del suo corpo partire. Era carne marcia, ma poteva sanguinare, quindi era per lei ancora perfettamente commestibile. Si ricordò solo allora dell’ultimo arrivato, dell’uomo con il cappello da ebete. Non Norrington, l’altro. Lui o la guardia? Giocare con chi già conosceva il proprio destino, oppure godersi la preda ignara? Hm, scelta difficile.
    «Il "gentiluomo", la ragazza dai capelli scarlatti e la signorina col drago... Voi andrete nel distretto degli artigiani.»
    Oh, il Pommodoro aveva già scelto per lei. Peccato. La sua espressione si disfece immediatamente in una smorfia di disappunto, le labbra arricciate in un “ti è andata bene, per questa volta”, mentre l’uomo le voltava le spalle, probabilmente ringraziando cielo e terra. Quindi se lui andava con altre due ragazze, a lei toccava la terza. Spostò silenziosamente gli occhi verso l’ultima rimasta, in piedi, ancora voltata verso Norrington. Egeria, no? Qualcosa del genere, l’aveva detto prima parlando con l’altra ragazza sulla nave. Ayleia e Egeria. Troppo lungo. Gigia, meglio.
    Rimase a fissarla con un sorriso interessato e allegro, la lingua che si affacciava appena sulle labbra, mentre pregustava di passare un po’ di tempo da sola con lei. Studiò la sua postura, la corporatura, la sicurezza, annusò l’aria alla ricerca di odori specifici, osservò i lineamenti, mettendosi alla prova alla ricerca di uno stato d’animo. Dopo qualche secondo, decise che non ne valeva la pena. Non le ispirava chissà che appetito, nonostante, in quel momento, anche un bidone della spazzatura sarebbe sembrato allettante. C’era un piccolo problemino nell’interesse che il brontolio basso del suo languorino rivolgeva alla sua “compagna”. Non aveva di certo dimenticato la sua conversazione con l’altro bocconcino dai capelli estremamente stupidi: magia. La magia rendeva sempre tutto più complicato. Le riusciva ancora difficile affrontarla. Al contrario del corpo a corpo era imprevedibile, a volte invisibile, nella maggior parte dei casi estremamente pericolosa. E con tutta la fame che aveva, tutto ciò che desiderava era un pasto semplice, senza condimenti indesiderati. Batté appena le palpebre, senza smettere di sorriderle. Forse sarebbe morta mentre andavano verso la meta. Forse no. Nel migliore dei casi, le avrebbe dato degna sepoltura nella sua pancia.
    «Mi chiamo Egeria.»
    Lo so già”, avrebbe voluto risponderle. “Ma tu non sai con chi hai a che fare, Egeria.
    «Flan,» rispose semplicemente, allargando appena le braccia e bilanciandosi sulle punte, il sorriso impenetrabile che veleggiava ancora fiero sulle sue labbra. Incrociò appena il suo sguardo, chiaramente a disagio. Flandre decise di essere schietta.
    «Ti avviso che normalmente io mangio le persone,» asserì con noncuranza e con uno schiocco della lingua contro il palato, il buon umore chiaramente visibile sul suo viso. Non l’avrebbe attaccata. Almeno, finché non fosse diventato indispensabile soddisfare i suoi bisogni. «Vedrò di aggiungerti alla lista delle eccezioni».
    Gigia ricambiò il suo sguardo allegro con perplessità. «Mh... grazie?»
    Flandre annuì, un “ma ti pare?” inteso perfettamente in quel gesto noncurante. Assaggiò l’aria, osservò con la coda dell’occhio gli altri tre imboccare una stradina a risalire. In quella battaglia aveva un’alleata. In più, Norrington aveva promesso un pagamento e sperava bene che questo compenso consistesse in cibo. Poteva fare la brava bambina per un po’.
    «Dovremmo sbrigarci.»
    Flandre allungò le braccia al cielo, le punte delle dita della destra ad incontrarsi con le punte della sinistra, in equilibrio sugli avampiedi. Soffocò uno sbadiglio di noia, arricciando il viso in un sorrisino compiaciuto, piacevolmente solleticata dalla contrazione dei muscoli delle spalle. «Si si, andiamo», disse solo.


    CITAZIONE

    Un giorno imparerò a gestire i miei account. Lo prometto.


     
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    Gli era quasi servito più tempo per convincere i suoi soldati a resistere ancora una notte, a dimenticare gli orrori che avevano visto nei giorni passati ancora per qualche ora, piuttosto che per radunarli tutti alla balconata del bastione. Codardi, li avrebbe chiamati qualcuno, mammolette, così li avrebbero insultati gli individui più crudi; in realtà erano solo persone che temevano per la propria vita, proprio come le persone rinchiuse nelle proprie case per il coprifuoco. L'unica cosa che li distingueva era ciò che avevano promesso: difendere quella cittadina, la corona della Britannia, e quella poca pace che rimaneva nei "mondi". Piccoli eroi senza nome, che dovevano rimanere indietro a guardare, mentre i nuovi sottoposti del Commodoro andavano ad affrontare la prima ondata di ombre. Ma, allo stesso tempo, serviva altrettanto coraggio per rimanere a guardia delle uscite del porto, con il rischio di venire assaliti da un Heartless sfuggito a quelle spade a pagamento.
    Il suo solo rimpianto fu che, a breve, anche i mercenari che avevano risposto alla sua richiesta avrebbero visto le stesse scene che avevano tormentato i suoi uomini e gli abitanti di Port Royal. Non c'era un modo per difendersi efficacemente da quegli assalti, non si aspettava di superare la notte senza sacrifici, ormai lo aveva accettato. Eppure, allo stesso tempo, Norrington non si aspettava neanche di sentire una voce spiacevolmente familiare alle proprie spalle, unita al rumore dei moschetti dei soldati rimasti a proteggere la guarnigione che venivano armati e puntati verso un ospite indesiderato.


    -Woah, woah! Vi prego signori, un po' di contegno! Sono solo qui per aiutarvi.

    Il gentiluomo inglese si voltò leggermente verso la propria destra con un sospiro sconsolato, stringendo ulteriormente il proprio polso destro con la mancina, poste entrambe dietro la sua schiena. Voleva rimanere composto, mantenere quel poco di educazione che gli era rimasta dopo le reazioni ostili di metà dei suoi aiutanti, quel poco di contegno che gli rimaneva mentre si sforzava di trattenere lo stesso timore che fermentava nel cuore dei suoi sottoposti. E, invece, doveva arrivare anche lui, per girare un altro po' una daga nella ferita già aperta del suo orgoglio. Un disturbo meno pressante, ma altrettanto spiacevole.
    Le giubbe rosse sembrarono ignorare le richieste del loro ospite inatteso, continuando a puntare le baionette nella sua direzione, senza esitazioni. Solo dopo diversi attimi di silenzio uno dei soldati distolse il proprio sguardo, guardando il suo superiore con la coda dell'occhio in attesa di altri ordini.


    -Commodoro?

    "Cosa dobbiamo fare?"; una domanda sottointesa, ma che pesava sulla nuca di Norrington come un'incudine. In un primo momento, tutto ciò che l'uomo riuscì a fare fu chiudere gli occhi, cercando di ritrovare una certa regolarità nel proprio respiro per liberarsi dell'astio che stringeva la sua pelle, perché neanche lui era sicuro di che risposta dare a quell'incognita. Si trovava a dover scegliere tra due diversi doveri, quello verso la Corona e quello verso la cittadina che doveva difendere... e, purtroppo, le ultime parole di quel manigoldo avevano destato in lui una malsana curiosità. Se tre anni prima era riuscito a gestire anche una sola di quelle creature, allora il Commodoro non aveva ragioni per non sopportare ANCHE lui.

    -Non è il primo a disturbarmi, oggi. Mi dica un motivo per cui non debba mandarla al patibolo seduta stante, altrimenti avremo dei problemi.

    La voce dell'ufficiale uscì molto più fredda e carica di disprezzo del dovuto, ma fu abbastanza per convincere gli altri soldati ad abbassare le loro armi, lasciando all'intruso un attimo per prendere un respiro di sollievo. Sfortunatamente, quella pausa non fu abbastanza lunga per risparmiargli il suo passo claudicante e un'espressione strafottente nascosta a malapena da capelli e baffi, che finirono fin troppo vicini per i suoi gusti; meno del "gentiluomo" alle sue dipendenze, ma abbastanza da causargli un certo disagio. E, con un sorriso sornione, quell'uccello del malaugurio non perse tempo a dare ancora più motivi per essere ascoltato.

    -In breve? Sono qui per salvare le vostre reali chiappe britanniche da questi attacchi. O almeno, per aiutare nel processo.

    -... Sia breve.



    Se l'Heartless umanoide aveva intenzione di menare le mani contro i suoi simili, allora non avrebbe dovuto attendere a lungo. Al primo gruppo di mercenari venne dato giusto il tempo necessario per raggiungere il distretto degli artigiani, seguendo il consiglio di Norrington per orientarsi tra le strade tortuose della cittadina portuale; peccato che, più avanzavano verso il loro obiettivo, e più le colonne di fumo si facevano numerose. Una, due, ogni passo che facevano verso la loro destinazione era accompagnato dall'odore sempre più acre di legno e paglia che bruciavano, seguiti dalle grida strozzate di diverse persone. E, una volta raggiunto il primo spiazzo dopo quel labirinto di stradine claustrofibiche, i tre mercenari si sarebbero trovati di fronte alla causa di quel caos.
    Il rumore di una lanterna che si spezzava violentemente contro il terreno li accolse, mentre le fiamme che si espandevano dallo stoppino facevano da sfondo a uno spettacolo macabro: una decina di cadaveri di donne e uomini a terra, chi vecchi e chi giovani, riversi a terra o con gli occhi spalancati al cielo, con la pelle ricoperta di tagli. Altri, invece, sembravano essere stati bruciati vivi. Quei corpi decoravano macabramente il terreno ricoperto di pagliericcio e travi spezzate, che venivano dalla bottega del fabbro lì vicino, e tra le fiamme che alimentavano danzavano sadicamente i responsabili di quella distruzione. Quattro Heartless dall'aspetto di primati umanoidi, col pelo azzurrino e violaceo che veniva colorato del rosso nato dalle fiamme, e saltavano intorno ai cadaveri come se fossero stati estremamente soddisfatti del loro lavoro, come se stessero celebrando la loro vittoria. Tuttavia, il brusio dei loro passi e crepitare delle fiamme veniva interrotto sporadicamente da alcuni tonfi acuti, mani artigliate che si schiaffeggiavano, come per dare più ritmo ed euforia alle azioni dei primati minori: all'entrata della bottega, due Sciamani sembravano guidare l'inquietante danza dei Powerwild, mentre un terzo primate dal pelo scarlatto usciva dalla fucina con una strana ciotola in mano. Era come uno strano rituale, una sadica cerimonia verso chi abitava in quell'area, e l'ultimo arrivato in quella scena era arrivato per dare l'ultimo tocco a quella strage. L'Heartless mascherato intinse la propria mancina nella ciotola, colma di inchiostro nero come la notte, e con un colpo deciso lasciò l'impronta della propria mano sul muro alla destra dei mercenari, come se fosse stata la firma della sua piccola "tribù".
    Il gruppo di bestie sembrò non accorgersi dei tre malcapitati arruolati da Norrington per diversi secondi, finché uno dei primati violacei non si bloccò di colpo, fissando con i propri occhi dorati gli "intrusi" e battendo con forza i pugni chiusi a terra. Quel gesto sembrò allertare gli altri membri di quella piccola setta di primati, che non persero altro tempo prima di mettersi praticamente a difesa del disastro da loro creato, portandosi di fronte ai cadaveri e preparandosi ad affrontare i mercenari. Un Powerwild, uno Sciamano, un Powerwild; gli Heartless si misero in quella formazione, come per scimmiottare gli umanoidi che stavano per affrontare... e che intendevano aggiungere alla lista di cadaveri di quella notte.


    CITAZIONE
    Powerwild x6
    Stato Fisico: Illesi
    Stato Mentale: Aggressivi

    Statistiche:
    Corpo: 80 | Essenza: 30 | Mente: 40 | Concentrazione: 70 | Destrezza: 80 | Velocità: 70

    CITAZIONE
    Sciamano x3
    Stato Fisico: Illesi
    Stato Mentale: Aggressivi
    Equipaggiamento:

    Artigli - Le principali armi naturali di questo Heartless, un totale di quattordici artigli, quattro sulle mani e tre sui piedi, aventi una lunghezza massima di quattro centimetri ed estremamente affilati, capaci di graffiare profondamente le carni di qualsiasi vittima capiti letteralmente tra le mani dello Sciamano.
    Reliquia Sciamanica - L'oggetto più particolare posseduto da queste creature, si tratta di un piccolo bastone lungo settanta centimetri, tenuto stretto dalla coda del suo possessore. Il corpo principale di quest'arma è formata da un leggero metallo dorato, avente la forma di una specie di spina dorsale contorta, e sulla cima spicca una specie di teschio stilizzato, avente due piccole corna azzurre e due "occhi" formati da spirali gialle. Ironicamente, si direbbe quasi l'aspetto che ci si aspetterebbe di trovare sotto la maschera dello Sciamano...

    Statistiche:
    Corpo: 65 | Essenza: 105 | Mente: 75 | Concentrazione: 70 | Destrezza: 70 | Velocità: 65




    Dall'altra parte della città, intanto, la altre due giovani ragazze si ritrovarono in un ambiente inquietante per motivi ben diversi. Perché, a differenza del distretto degli artigiani, quello dedicato ai nobili, ai mercanti e i funzionari di Port Royal sembrava ormai privo di vita: le strade curate che congiungevano le villette erano deserte, riempite solo da pezzi di stoffa, macchie di sangue ormai secco, e cadaveri di barili e altro legname che venivano consumati da fiamme azzurre. Solo il crepitare di queste ultime riusciva a spezzare quel silenzio innaturale, accompagnati raramente da rumori che sembravano molto più lontani del previsto. Ma, sfortunatamente, anche quell'apparenza di pace venne distrutta pochi attimi dopo.
    Egeria e Flan si sarebbero ritrovate di fronte al cancello di una villa, separata dal resto della cittadina da un basso muro di pietre, sormontato da una recizione di vere e proprie lance completamente in ferro, che spiegavano senza bisogno di parole quanto gli ospiti fossero bene accolti tra quelle mura. Eppure, proprio sul limitare dell'entrata, sull'intonaco che copriva i mattoni dell'uscio, un particolare svettava sulla superficie candida: una singola mano nera con quattro dita, ancora fresca. E, all'improvviso, dalla villa in legno sarebbe arrivato il suono di quest'ultimo materiale che veniva spezzato, accompagnato dal tintinnare di vetri rotti. Da una delle gigantesche vetrate che si trovavano al piano terra dell'abitazione era uscita una creatura, un Heartless simile allo scheletro di un dinosauro privo di braccia, coperto da un pelo azzurro e accompagnato da una serie di Powerwild e Bouncywild, che uscivano dalla grossa crepa nel muro con gioielli, stoffe e altri oggetti di valore. Le quattro bestie dall'aspetto femminile sembravano quasi vanitose e orgogliose di quel bottino, indossando alcuni monili e bracciali come se fossero donne di alta classe, mentre i due "maschi" si portavano dei tappeti e delle stoffe in spalla, e sembravano in procinto di caricare gli Ossi Viventi come due muli, finché uno degli Heartless col fiocco rosso notò le due intruse, emettendo uno squittio spaventato e portandosi le mani al volto.
    La risposta degli altri membri del gruppo fu immediata: gettarono la referutiva a terra, portandosi ai lati della grossa fontana che decorava il centro del cortile, disponendosi in due gruppi uniformi. Un Powerwild in prima linea, un Osso Vivente che ruggiva contro alle ragazze subito dietro, e due Bouncywild nelle retrovie, seminascosti dagli angoli pieni di verde del giardino, che preparavano le loro fionde per attaccare le ragazze. Eppure, per quanto fosse strano vedere tutta quella organizzazione, se le giovani mercenarie si fossero concesse un attimo in più per analizzare i loro avversari, avrebbero potuto notare che, stranamente, nessuna di quelle "scimmie" aveva le mani sporche di inchiostro nero...


    CITAZIONE
    Powerwild x2
    Stato Fisico: Illesi
    Stato Mentale: Aggressivi

    Statistiche:
    Corpo: 80 | Essenza: 30 | Mente: 40 | Concentrazione: 70 | Destrezza: 80 | Velocità: 70

    CITAZIONE
    Bouncywild x4
    Stato Fisico: Illesi
    Stato Mentale: Aggressivi
    Equipaggiamento:
    Fionda- Una semplice fionda, che spara piccoli proiettili circolari del diametro di giusto due centimetri, quasi come se fossero delle biglie. Queste "pallottole" vengono create dall'energia magica del Bouncywild stesso, e sono riposte nella sacca che l'Heartless porta al fianco destro, consentendogli di avere sempre una riserva di munizioni a portata di mano. Gli attacchi portati con questo oggetto sono di natura Magica, e causano semplicemente danno da impatto, ma se il bersaglio del Bouncywild è abbastanza fragile, anche una sola biglia sparata da questa fionda potrebbe essere abbastanza per perforare una tempia umana.

    Statistiche:
    Corpo: 30 | Essenza: 70 | Mente: 40 | Concentrazione: 80 | Destrezza: 80 | Velocità: 70

    CITAZIONE
    Osso Vivente x2
    Stato Fisico: Illesi
    Stato Mentale: Aggressivi

    Abilità:

    Necroforza [Abilità Passiva Superiore] - Una delle caratteristiche peggiori di questa creatura è sicuramente il semplice fatto che non sia "viva". In altri termini, questo Heartless può essere considerato una massa di ossa animate dall'Oscurità, fattore che consente all'Osso Vivente di non sentire alcun dolore nonostante gli attacchi ricevuti, e anche se alcune parti del suo corpo verranno distrutte, continueranno ad attaccare con ciò che gli è rimasto. Spesso questo si riflette in creature di questa specie che girano per il campo di battaglia senza testa, ma nel caso la massa blu "principale" del suo corpo subisca una quantità di danni superiore al Critico, questo essere perderà completamente le forza che la tiene insieme, facendola collassare a terra e morire.

    Ride the Bones [Abilità Passiva Superiore] - Per un motivo ancora poco chiaro, gli Heartless di questa specie hanno un forte legame con gli Sciamani e i Necromanti. Infatti, quando uno qualsiasi di questi esseri si troverà in groppa all'Osso Vivente, gli occhi di quest'ultimo emetteranno delle inquietanti fiamme azzurre, insieme a conseguenze meno visibili. Perché, fino a quando uno degli Heartless nominati in precedenza cavalcherà questa creatura, le loro statistiche di Mente ed Essenza andranno ad aggiungersi a quelle della bestia scheletrica, aumentando esponenzialmente la sua pericolosità e resistenza. Inoltre, entrambe le creature potranno coordinare i loro attacchi, mantenendo due quantità di energia separate per lanciare le proprie tecniche verso i loro avversari. Tuttavia, questa abilità ha un punto debole: nel caso in cui il "cavaliere" di questa bestia venisse ucciso, tutti i bonus ottenuti verranno immediatamente annullati nel turno successivo all'uccisione dello Sciamano o Necromante.

    Statistiche:
    Corpo: 120 | Essenza: 60 | Mente: 50 | Concentrazione: 100 | Destrezza: 150 | Velocità: 120


    Note: Sì, ho cercato di togliermela un po' in fretta, ma anche perché volevo darvi quanto prima i dettagli per lo scontro autoconclusivo. Perché sì, questi Heartless faranno parte di ciò che ho appena descritto, e nel mio prossimo post vedremo di fare qualche effettivo progresso. In ogni caso, per aiutarvi a comprendere meglio la situazione, vi allego qui due mappe/schemini che mostrano la vostra situazione, uno per Skorr, Aileya e Sheil [click], e uno per Egeria e Flan [click]. Se vi servono altri dettagli o avete dubbi, sapete dove trovarmi, mentre se avete bisogno di partorire strategie per la quest sapete dove trovarvi, spero.

    Edited by AlexMockushin - 6/1/2017, 16:33
     
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    – Chissà che caccia astrusa dovremo fare per trovare quegli stronzi! – Eccoli lì. In bella mostra. Che danzavano intorno a un cazzo di falò, intonando quella che sembrava essere la versione scimmiesca del cazzo di Kumbaya. Così se ne andavano i sogni di gloria di Skorr'lathyem.
    Le stracazzo di scimmie videro i tre mercenari, i tre mercenari videro le stracazzo di scimmie. Se Skorr'lathyem non fosse stato uno stupido stronzo, quella situazione sarebbe potuta diventare una sfida a chi distoglieva lo sguardo per primo. Ma sappiamo tutti che razza di stupido stronzo è Skorr'lathyem.
    Fregandosene allegramente dei cadaveri mutilati e/o carbonizzati e/o probabilmente violentati, il buzzurro si chiuse nel suo mondo.
    Il batterista cominciò a scandire il tempo con un colpo di Tom e uno di Cassa, facendo allo stesso tempo piovere battiti sul Charleston.
    Tum. Tam. Tatatatatata.
    La chitarra partì con prepotenza, e con essa anche Skorr'lathyem, che oramai aveva abbandonato la sua solita forma ignobile, per una ben più cazzuta.
    Divenne un bestione di oltre due metri e mezzo, centosettantasette chili di muscoli, schiaffi, pessime maniere e rabbia. Il suo bel musetto di pelle stracciata e carne nera, si allungò, assumendo forme che ricordavano quelle di un porco. Intorno ad esso, venne a crearsi una sorta di elmo tondeggiante, dal quale spuntavano due enormi zanne da cinghiale, acuminate.
    A testa bassa, come un toro che vedeva qualcosa sventolare – Dato che la storia del rosso è tutta una leggenda. –, Skorr'lathyem si avventò sulle tre scimmie più vicine al muro.
    Con che criterio scelse quelle? Boh, gli stavano sulle palle. E poi erano le più vicine sia a Skorr'lathyem che a una superficie dura, ovverosia il muro alle loro spalle.
    Non era passato neanche un giro di chitarra, quando l'uomo raggiunse i tre primati.
    Le zanne s'impiantarono con violenza nelle clavicole della scimmietta arancio, quella che credeva di essere a una festa a tema hawaiano; le mani, completamente libere, afferrarono con violenza la testa degli altri due cretini blu al suo fianco, stringendole con la dolcezza con cui si stringe una bottiglia di ketchup. La sostanza nerastra che sembrava uscire dalle crepe nella loro testa ci assomigliava molto, al ketchup.
    Ora, la presenza di una superficie dura entrava in azione: frenare era diventato inutile. Skorr'lathyem aveva un piano geniale. Schiantarsi contro il muro. Senza sopravvissuti.
    Sentì molte ossa rompersi. Era dalla sera prima che non aveva un'erezione così violenta e improvvisa: l'Ubalda, la prima zozzona che aveva rimorchiato a Crescentia – Non la seconda, che si era malauguratamente rivelata essere un cartello di una zona scarico/carico merci – si era strappata di dosso un tanga leopardato, mostrando a Skorr'lathyem l'equivalente della Giungla Profonda.
    La puttanella arancio era ancora abbastanza viva, quanto bastava per far incazzare Skorr'lathyem ulteriormente. Nota, si sarebbe incazzato ulteriormente anche se fosse morta, non c'era modo per sfuggirne.
    Con le altre due rintronate e incassate nel muro come degli altarini votivi, decise di prendersi qualche secondo di tempo per fare qualcosa di veramente figo.
    Afferrò con la mano sinistra la zampa destra di quello stronzetto, con la destra la sinistra. Digrignando i denti e imprecando a bassa voce, cominciò a tirare e tirare e tirare, finché, abra kadabra, sim salabin, presto pronto, al posto di uno stronzetto intero, adesso c'erano due mezzi stronzetti!
    Sfortunatamente, il cadavere scomparve quasi subito in una nuvoletta di fumo nero – Chissà che sballo ti tira, inalarlo –, prima che Skorr'lathyem potesse usare le due parti come un'arma impropria contro gli altri due Fartless. Si sarebbe dovuto inventare qualcosa, per finire quel massacro in bellezza. Avventandosi sul minchione alla sua sinistra, che ancora stava lì bello incastrato, gli atterrò addosso con il ginocchio, cominciando a percuoterlo con un pezzo di calcinaccio che si era staccato dal muro dopo lo schianto di prima: anche quest'altra scimmia scomparve prima che Skorr'lathyem si fosse divertito abbastanza. Beh, ne rimaneva ancora una, questa se la sarebbe goduta.
    La coda penzolava, ipnotica. Skorr'lathyem l'afferrò. Skorr'lathyem la tirò. Skorr'lathyem cominciò a girare come un coglione su sé stesso, sbattendo quella scimmia più di un uovo. Era il momento, il clou. Facendo leva, la sbatté dritta davanti a sé, a pancia in su. Rapido, l'afferrò, stringendola con forza con entrambe le braccia, in una sorta di abbraccio; subito, si fece cadere all'indietro, arrivando a fare il ponte, sbattendo, nel processo, la scimmia a terra con molta violenza, impiantandola come un cazzo di chiodo.
    Lasciatala cadere a terra, in fin di vita, si risollevò e, alzando entrambe le braccia, urlò «C'È UN NUOVO CAMPIONE IN CITTÀ!» inspira «E IL SUO NOME È SKORR'LATHYEM!»
    Ding ding ding.


    Nome

    Skorr'lathyem

    Riserva Magica

    100%-24%=76%

    Stato Fisico

    Praticamente illeso, ha un paio di lividi sulle braccia e sul muso, a causa dello schianto.

    Stato Mentale

    In preda alla rabbia e alle manie di grandezza, con l'adrenalina che pompa e i muscoli che urlano.

    Abilità

  6. Broken, Beat & Scarred (Tenacia, Passiva Normale Razziale): Un riff che non si spegne, un assolo che continua e continua e continua, anche con le dita rotte, le mani piene di lacerazioni. Un acuto che non si placa, neanche quando la gola sanguina e i polmoni urlano pietà. Questo è lo stile di molte leggende: sprezzo di fronte al dolore, la stanchezza, le ferite. Mi tagli una mano? Suonerò con l'altra. Me le tagli ambedue, improvviserò coi denti. Nulla mi fermerà.

  7. Hunting Humans - Insatiable (Cacciacuori, Passiva Inferiore Razziale): I fan sono una delle cose più importanti per un musicista. Sono ciò che lo spinge ad alzarsi ogni fottuta mattina per fare prove o comporre o pianificare concerti e quelle mille altre stronzate che una band deve fare. Per questo, io riesco a sentirli. Riesco ad avvertirne la presenza, sebbene non in maniera distinta. Certo, forse non tutti quelli che avverto sono miei fan, ma col tempo lo saranno!

  8. Walk Among Us (Passiva Normale, Personale): Essere riconosciuti per strada dai propri fan è una bella sensazione. Essere invece squadrati con disgusto e paura, causare un fuggifuggi generale e l'arrivo delle forze dell'ordine mentre stai cercando d'innocentemente comprare una cassa di birra, no. E diciamocelo, non ho il più raccomandabile degli aspetti. Credo sia principalmente per il mio labbro leporino... Ah, ma con chi voglio scherzare, non ce le ho nemmeno le labbra! La soluzione, però, è semplice semplice. Inconsciamente –credo sia qualche strano effetto secondario della mia possessione di questo corpo– creo intorno a me una sorta di aura che non solo impedisce alla gente di riconoscere le mie terrificanti fattezze –sono ben consapevole di non essere in lizza per Mister Crepuscopoli– ma fa in modo che non si accorgano nemmeno che c'è qualcosa che non va.

  9. Criminally Insane (Attiva Costo Alto Personale Fisica): La musica è forza. La musica è evoluzione. Beh, in questo caso la sto prendendo un po' troppo alla lettera, forse. Però, quando sento questo ritmo, beh, il mio povero corpo martoriato non riesce a restare fermo. E se pensavate mi riferissi al ballare o stronzate simili, vi sbagliate di grosso. Tutto il mio corpo si allunga, s'ingrandisce. Divento letteralmente un gigante, alto si e no due metri e mezzo, largo altrettanti, il che è un po' una rottura, perché devo comprare jeans nuovi ogni stramaledetta volta! Il mio bel giubbotto di pelle, però, scivola dentro di me e sbuca fuori sotto forma di elmetto, dalle forme vagamente suine, che richiude completamente la mia testa, facendo spuntare una coppia di zanne dall'aspetto poco raccomandabile... Per voi.

    Criminally Insane (Thrash Metal)
    StatisticaPunteggio InizialeEnergiaPunti QuestAltroTotale
    Corpo12030150
    Essenza2551040
    Mente30101555
    Concentrazione2551545
    Destrezza30102060
    Velocità7040110

  10. Link scheda: qui.

    Riassunto Post

    Skorr'lathyem si trasforma e attraversa i circa 8 metri che lo separano dai tre nemici (quelli più in basso, nella mappa), in poco meno di un secondo, senza dare loro neanche la possibilità di reagire. Infilza lo Sciamano con le zanne ed afferra la testa dei due Powerwild, continuando la sua folle corsa fino a schiantarsi contro il muro. I due Powerwild sono tramortiti e lo Sciamano viene strappato in due parti da uno Skorr'lathyem in preda a una rabbia crescente. Fortemente irritato dal fatto che il corpo dello Sciamano è subito scomparso in una nube di fumo nero, colpisce col ginocchio il Powerwild alla propria sinistra, per poi percuoterlo ripetutamente con un calcinaccio caduto dopo lo schianto contro il muro. L'altro Powerwild viene tenuto per la coda e fatto roteare e sbattere a destra e a manca, per poi essere steso violentemente a terra. Skorr'lathyem lo afferra a braccia aperte e gli pratica una Suplex, urlando mentre il corpo scompare.

    Modifiche


    1. Layout: alcuni pensieri di Skorr non erano stati messi in corsivo. (24/04/2016, 12:23)

    2. Layout: sostituito vecchio modello dell'iSkorr, con uno con la funzione per creare playlist! Offre la ditta. (04/06/2016, 14:53)



    Edited by Skorr'lathyem - 4/6/2016, 15:00
     
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    Una smorfia sul volto, spostò con la mano un lembo della manica davanti al naso, nel tentativo di proteggersi dall'odore acre che appestava l'aria, tentando di ignorare le urla strozzate che provenivano dalle strade che li circondavano e le goccioline di sudore che le scendevano lungo il collo di sicuro non a causa del clima umido. Il loro passo era costante, veloce, almeno secondo i suoi parametri, ma, senza che ne fosse troppo sorpresa, l'ansia che le attanagliava il petto era pesante, un grumo fastidioso che le stringeva la gola. Se lo sarebbe dovuto aspettare, ma quello sarebbe stato diverso dalle sporadiche scaramucce che aveva avuto con gli Heartless della Città di Mezzo. Improvvisamente, il dedalo di stradine in cui avevano vagato fino a quel momento finì, aprendosi su una piazza rettangolare, di dimensioni modeste. Un conato di vomito, presto controllato e rigettato in fondo allo stomaco, fece la sua comparsa di fronte allo spettacolo che si era appena rivelato loro: uomini e donne riversi a terra, tra frammenti di legno e paglia, gli occhi aperti, vuoti, la pelle ricoperta di graffi, le carni bruciate, annerite dal fuoco che scoppiettava felice, quasi come se si stesse rallegrando di quella visione, ai lati della piazza. Le dita strette attorno all'impugnatura della propria spada, come se stesse tentando di aggrapparsi o trarre conforto da questa, alzò lo sguardo, posandolo sugli esseri che danzavano di fronte al fuoco, gioendo del proprio operato. Scimmie, animali, alcune basse e tozze, altre leggermente più alte, gli arti scheletrici, il muso coperto da una maschera primitiva. Per un'istante, solo uno, osservò quello spettacolo, quasi ammaliata dall'orrore, incapace di staccare il proprio sguardo, rabbrividendo di disgusto. Non esistevano parole per descrivere l'odio e la rabbia che avevano iniziato a turbinare in lei in quel momento, per quelle emozioni che stavano completamente annebbiando la paura e l'ansia, accendendo l'adrenalina, facendola scorrere nelle sue vene. Fu solo quando i suoi occhi si posarono su quelli di uno dei primati, solo quando questi si accorsero di loro, che si riscosse e tornò completamente alla realtà. Un gesto fluido e la sua spada fu estratta dal fodero, stretta saldamente tra le dita, rossa del riflesso dei fuochi che la circondavano. Il mondo scomparve, rimasero solo le tre scimmie che si trovavano davanti a lei.
    Scattò.
    Il volto rigido, gli occhi che guizzavano ai lati della scimmia più slanciata, osservando i due primati azzurri, si mosse per nemmeno mezza decina di metri, aspettando una reazione. Le fiamme guizzarono velocemente, colonne azzurre che uscivano dal terreno, avvicinandosi pericolosamente a lei. L'energia, la sua magia accorse subito, raggruppandosi dentro di lei, filamenti d'ossidiana che si scuotevano nel suo petto e che presto vennero liberati. Un gesto del braccio sinistro, le dita leggermente arcuate, accompagnarono il sorgere del vetro scuro che si estese fino all'altezza del suo bacino, partendo da sotto i suoi piedi, impedendo alle fiamme di avvolgerla. Velocemente controllò la posizione della coppia di Heartless. Vicini, troppo. Senza essersi fermata nemmeno un secondo, scattò verso la propria sinistra, il muro di fiamme che si stava velocemente estinguendo alla sua destra, mentre un urlo rabbioso usciva graffiante dalla sua gola, pregno, tuttavia, della sua magia. Per un secondo vide la scimmia tentennare, mentre quasi nello stesso istante i suoi movimenti iniziarono a rallentare visibilmente. Incapace di reagire in maniera adeguata, l'Heartless tentò di portare un attacco nella sua direzione, un semplice pugno che non arrivò mai, mentre la sua spada disegnava in arco basso, nel tentativo di finire l'essere oscuro. Con un tonfo sordo la testa del primate rotolò sulla paglia, prima di scomparire con un sibilo leggero. Senza aver nemmeno atteso che il capo del mostro avesse toccato terra, si mosse nuovamente in avanti, mantenendosi sulla destra della scimmia mascherata, controllando i movimenti della sua compagna azzurra. Un guizzo blu la fece tornare a concentrarsi su ciò che si trovava quasi di fronte a lei. Fuoco, di nuovo, due scie di fiamme si stavano estendendo sia davanti che al suo lato. Senza pensare, l'istinto che le ordinava di agire, rilasciò nuovamente la propria energia, accompagnandola, questa volta, con un movimento della spada; esattamente come prima, uno scudo di vetro si creò sotto di lei, proteggendola dal calore e dalle ustioni. Spingendo con la pianta del piede sulla superficie che aveva appena creato, saltò appena all'indietro, portandosi fuori dalla gittata delle fiamme, la scimmia mascherata a tre metri da lei. Scattò per la terza volta, la spada tesa di fronte a lei, adesso. Con un suono viscido la lama affondò quasi per metà della sua lunghezza nel corpo minuto dell'essere, spaccando le ossa che aveva incontrato lungo il suo cammino. Con uno spasmo ed una contrazione degli artigli, anche quell'Heartless si sciolse in polvere. Ancora tesa, all'erta, si voltò verso l'ultima scimmia rimasta, accorgendosi solo in quell'istante della sua carica. Con un gesto rigido, veloce, spostò la spada lungo il suo fianco, stringendola con entrambe le mani, mentre accumulava altra energia all'interno della sua gola. Un secondo urlo, roco, si propagò nell'aria attorno a lei, graffiandole la gola, mentre l'energia convogliata tramite esso si insinuava nelle carni del primate, rallentandolo esattamente come aveva fatto pochi istanti prima col gemello. Con un movimento fluido, spostò il proprio corpo di lato, esattamente nello stesso momento in cui il suo nemico si lanciava sul terreno, scivolandovi sopra, una delle zampe posteriori tesa davanti a lui. Non ebbe nemmeno il tempo di rialzarsi. Con un arco orizzontale, rapido, troppo perché la scimmia potesse reagire, la sua spada affondò nel fianco dell'essere, uccidendolo sul colpo, mentre un terzo sibilo ne accompagnava la morte.
    Per un secondo netto ci fu solo silenzio attorno a lei, subito spezzato dal crepitio delle fiamme che ancora stavano bruciando attorno a loro, implacabili. Stordita, leggermente affannata, si voltò verso i suoi compagni, sperando che non fossero rimasti feriti negli scontri.
    «C'È UN NUOVO CAMPIONE IN CITTÀ! E IL SUO NOME È SKORR'LATHYEM!»
    Con uno scatto all'indietro della gamba ed un silenzioso verso di sorpresa, accolse il nuovo aspetto dell'unico maschio del loro gruppo, ignorando completamente le ultime frasi uscite dalla sua bocca a causa dello stupore. Nervosa ingoiò la saliva, osservando il mostro, o, per meglio dire, la massa di muscoli, di più di due metri d'altezza e altrettanti di larghezza che aveva preso il posto dell'idiota, ringraziando silenziosamente il fatto di averlo come alleato e non come nemico.







    BFn3Rwl

    Corpo 80 | Essenza 30 | Mente 130 | Concentrazione 75 | Velocità 80 | Destrezza 70

    Stato fisico: Illesa

    Stato mentale: Tesa a causa della battaglia, preoccupata per lo stato fisico dei compagni.

    Energie: 100-[(10-3)-(5-3)-(5-3)-(10-3)]= 82%


    Equipaggiamento:

    Una spada semplice di all'incirca un metro di lunghezza, tipica del suo mondo e simile a quelle usate nello sport che praticava, l'arma bianca che Ayleia si porta appesa al fianco non è niente di particolare sia ad una prima occhiata che dopo: la guardia rotonda è poco decorata, unico ornamento è un portachiavi a forma di piccolo peluche dalle fattezze feline legato ad essa -un ricordo del suo mondo natale-, mentre l'impugnatura è discretamente lunga, circa una ventina di centimetri, abbastanza da permette di tenerla sia ad una che due mani. La lama è sottile, poco più spessa di conque millimetri nel punto più ampio, e larga a malapena quattro centimetri, e presenta una curvatura leggera. [Arma Magica]
    Restful Aria: Unica peculiarità di questa spada in stile orientale è la magia che Ayleia ha infuso al suo interno, rendendola adatta alle sue esigenze: con un consumo di energie adeguate, e sempre a patto che l'arma si trovi nelle immediate vicinanze della giovane, la giovane potrà usufruire del potere della spada che le permetterà, tramite l'uso della propria voce, di trasmettere al proprio bersaglio una sensazione di torpore dei muscoli, che tuttavia non sarà fastidiosa, bensì rilassante, come se ci si stesse liberando di una stanchezza accumulata nell'arco di molto tempo.
    [Illusoria di Debuff a Corpo; Costo Variabile]


    Abilità:

    Quiet Aria: Importante lezione imparata nel corso dei combattimenti è che non conta quanto qualcuno sia forte: se non riesce a colpire il proprio bersaglio può anche essere la persona più potente dell'universo, ma non potrà mai vincere. Questo semplice concetto è alla base dell'abilità della ragazza, abilità che le permetterà, incanalando la propria magia nella sua voce, di diminuire la velocità di un bersaglio da lei scelto al momento dell'attivazione della tecnica secondo un rapporto costante tra le energie da lei spese ed il danno che impartirà alla velocità al nemico. Nemico che improvvisamente si sentirà come se fosse stato immerso all'interno di un mare che impedisce il movimento dei suoi muscoli, rallentandolo e rendendolo più impacciato; anche in questo caso, naturalmente, esattamente come la magia con cui Ayleia ha permeato la propria arma, la sensazione che l'avversario proverà non sarà dolorosa, ma rilassante e gradevole, come se davvero si trovasse a bagno in un oceano caldo e calmo, l'odore della salsedine ad impregnare le narici ed il sole sulla pelle scoperta, privo di preoccupazioni e timori. [Illusione di Debuff di Elemento Oscurità; Costo Variabile Basso; Medio.]

    Obsidian Flower: Abilità estremamente importante presente all'interno dell'arsenale della giovane, nonché primo dei poteri da lei sviluppati, è questa, la capacità di erigere con la forza della propria mente una barriera quasi impenetrabile, capace di bloccare diverse offensive. Non le servirà nemmeno un secondo di concentrazione che un velo scuro violaceo, freddo e duro al tatto, simile a del vetro intarsiato da motivi floreali e venato da sfumature violacee, comparirà o di fronte o tutt'attorno a lei, uno scudo solido contro offensive fisiche, magiche o mentali, capace di donarle un momento di riposo dalla battaglia e di proteggerla, risparmiando al suo corpo dolore e ferite che, in casi estremi, si sarebbero potute rivelare anche letali. [Psionica difensiva di Elemento Oscurità; Costo Variabile Medio; Basso.]

    Note:

    Allora, Ayleia si occupa del gruppo di Heartless più a sinistra, quello vicino al "lato lungo" della piazza. Parte con uno scatto e riesce a muoversi per 3-4 metri, prima di fermarsi e parare con una media l'attacco medio dello Sciamano (Terreno Scottante). Partendo le colonne dal terreno ho fatto in modo che creasse una barriera sotto i suoi piedi (media) e davanti a sé. Standosi avvicinando i Powerwild, Ayleia scatta verso la propria sinistra, dando un debuff (basso) in velocità al Powerwild che si trova davanti a lei e riuscendo ad ucciderlo via decapitazione, senza che il Powerwild riesca a parare col proprio pugno o ad attaccarla sia per la differenza di stat in velocità, che per la differenza di portata delle offese di entrambi, avendo il Powerwild un braccio di un metro di lunghezza e Ayleia sia la spada che il proprio arto.
    Fatto ciò, Ayleia ha percorso in tutto sui 6-7 metri e, prima che possa avanzare ancora, deve proteggersi dall'attacco dello Sciamano (Terreno Scottante), questa volta non convogliato in una sola scia, ma diviso in due. Ayleia ne para una (basso) e indietreggia, attaccando immediatamente dopo lo Sciamano ed uccidendolo. Anche qui, la portata di Ayleia con la spada si aggira attorno al metro e mezzo di lunghezza (braccio+lama), quindi deve percorrere tre metri scarsi per colpire lo sciamano. Nel frattempo, l'altro Powerwild si sta avvicinando ad Ayleia da dietro (prima, quando para il primo attacco dello Sciamano, avevo scritto che l'avevano quasi raggiunta ed in seguito ho ipotizzato che un Powerwild tentasse di attaccarla da dietro, dopo che lei, leggermente ancora protetta dalla scia di fiamme dello sciamano, lo supera), al che la ragazza casta un debuff medio in velocità, il quale rende inutile lo Slide Kick del Powerwild e le permette di uccidere il nemico con enorme facilità grazie alla differenza di 55 punti in velocità.

    Potrei editare qualcosa, in caso trovassi errori grammaticali.

     
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    Dopo la breve "chiacchierata" con Ayleia, Sheil e gli altri non persero tempo, diretti nelle zone a loro rispettivamente designate. A passi veloci, se non a tratti di corsa, visto che gli altri sembravano avere le gambe lunghe, attraversarono in silenzio le strade della città deserta arrivando al famigerato distretto degli artigiani. Un vicolo dopo l'altro, tra le alte mura che li circondavano, arrivarono alla fonte del chaos.

    Come aveva precedentemente pensato, il fumo nero che si inalzava nel cielo non era solo dato dalle forge accese, ma anche da quelli che sembravano piccoli incendi intorno a loro. A terra giaceva una lampada in frantumi, dalla quale fuoriusciva olio che si era incendiato, senza un recipiente a contenerlo e a contatto con le fiamme vive.
    Ma non era quello ciò che aveva fatto storcere il naso e chiudere brevemente gli occhi a Sheil'heit, facendole mormorare sottovoce una preghiera agli Antichi: a terra c'erano vari cadaveri. Dalle ferite che poteva vedere da dove era, la ragazza poteva solo immaginare che le bestie che dovevano combattere avessero infilato i loro artigli nella carne, mirando a creare più sofferenza possibile nelle loro vittime. Altri ancora erano carbonizzati, ancora estendendo le braccia al cielo in cerca di una salvezza che per loro non era mai arrivata.

    La vista le ricordava i campi di battaglia di Aramay, dove soldati e a volte innocenti morivano e combattevano. Il solo pensiero le strinse il cuore, ripensando a tutti coloro che conosceva che con l'ultimo sguardo avevano visto solo morte e sangue. Nemmeno loro, però, erano stati vittime di una violenza così atroce. Erano morti per degli ideali, sì, ma non per il piacere di un altro.

    -Quelle persone non meritavano di morire.- un pensiero, un dato di fatto. Sentì che il suo compagno provava a consolarla con la sua mente, e lo ringraziò silenziosamente.

    La loro presenza fu ignorata dalle bestie che danzavano tra il macabro spettacolo, fino a quando uno non fece caso ai tre che stavano osservando inermi. Con delle urla e quelle che sembravano risate, quasi a schernirli e a invogliarli ad attaccare, le scimmie si misero a danzare, fiere di quanto avevano compiuto.
    Sheil'heit fissò con uno sguardo gelido il powerwild più a destra, e estese la mano sinistra. Tra le sue dita passò un vento fredo, e in pochi istanti si formò un enorme arco di metallo che la ragazza strinse forte fino a farsi sbiancare le nocche.

    Sentì alla sua destra Skorr caricare, ma non lo guardò nemmeno. Se era un alleato, non avrebbe fatto loro del male. Lo sentiva nei suoi pensieri, era un idiota, ma non li avrebbe uccisi.
    Sheil'heit incoccò una freccia: sulla sua superficie danzavano spire di vento simili a una tormenta. Il dardo volò rapido dritto contro lo sciamano, che la schivò muovendosi di lato senza troppe difficoltà. La scimmia si mise a ridere, battendo le mani sul pavimento, schernendo la sua avversaria che aveva mancato il colpo così miseramente. Non si accorse che, dietro di lui, la freccia non si era conficcata nel muro. Un piccolo, minuscolo portale ne aveva fatto cambiare la direzione. La freccia andò a penetrare direttamente la nuca dell'Heartless, facendogli fare un verso a metà tra un gorgoglio e un urlo. Si tastò incredulo il retro della testa, prima di dissolversi in una nube di polvere nera.

    Le altre due bestie si erano girate stupite verso quello che sembrava essere il loro capo, metabolizzando per appena qualche secondo la morte di quest'ultimo. Fu tutto ciò che servì. Una seconda freccia, questa volta non deviata da alcuna magia, colpì il powerwild alla destra dello sciamano che, come il suo compagno, si dissolse in polvere. La rimanente e ultima scimmia fece un verso di pura rabbia e iniziò a correre verso la ragazza, cercando di colmare i quasi quindici metri che li separavano il più velocemente possibile.
    Sheil'heit fece una smorfia contrariata e iniziò a correre per chiudere la distanza che la separava dal nemico gettandocisi addosso, provando a tagliarlo con la lama superiore del Windtalker. L'Heartlhess schivò senza troppi problemi il colpo spostandosi di mezzo metro a destra, facendo così fendere l'aria alla ragazza che colpì il terreno, dando la schiena al nemico.
    Il powerwild fece per buttarsi addosso alla sua preda, così facile da uccidere... Senza scomporsi, conscia che non era da sola, la soldatessa non parlò nemmeno. Bastò un pensiero, una scintilla.

    Dalla sua schiena emerse Roth'raku: spalancando le fauci, il drago colse di sorpresa la bestia, chiudendo i suoi denti affilati direttamente sulla testa dell'Hearthless ormai indifeso. Il Difensore ebbe pochi attimi per assaggiare il liquido nero che constituiva il sangue del nemico, prima che quest'ultimo si trasformasse anch'esso in polvere. Anche dopo la morte di quest'ultimo, Sheil'heit poteva sentire il sapore dell'oscurità in bocca. Amaro, disgustoso.

    Si lasciò uscire un respiro che non sapeva di star trattenendo, e che uscì più simile a un rantolio. Dopo aver dato un ultimo triste sguardo alla distruzione davanti a sé, si girò per vedere come se la stessero cavando i suoi compagni.
    Notò che Ayleia era fortunatamente illesa e stava per voltarsi verso Skorr quando un urlo la fece girare di scatto verso quello che avrebbe dovuto essere il barbone, ma che dalla voce sembrava solo un altra creatura da abbattere.

    «C'È UN NUOVO CAMPIONE IN CITTÀ! E IL SUO NOME È SKORR'LATHYEM!»

    Al posto dell'innocuo barbone muscoloso, c'era un armadio di più di due metri di altezza con una testa di cinghiale. La ragazza fece cadere la mascella, totalmente stupita e incredula. Era indubbio che fosse Skorr'lathyem, come lui stesso aveva ammesso, ma quella trasformazione?! Gesticolò in maniera frantica indicando Skorr-gigante, guardando Ayleia, re-indicando Skorr e riguardando Ayleia in cerca di conferme.
    In tutta risposta Roth'raku emerse totalmente dalla schiena di Sheil, ergendosi per circa tre metri e mezzo in altezza e circa uno in lunghezza e lanciò un urlo spaccatimpani verso l'altro. Il suo orgoglio di drago aveva reso necessario questo confronto di poteri, e questa volta la ragazza era troppo poco lucida per dirgli che non era un comportamento civile...

    Dopo pochi attimi, diede una lieve sberla al corpo del drago, facendolo scendere verso terra e chiese con voce ancora incerta:

    «Ehm... State... State tutti... bene?»


    Sheil'heit

    Corpo 45 | Essenza 90 | Mente 40 | Concentrazione 75 | Velocità 80 | Destrezza 70

    Stato Fisico: Illesa
    Stato Mentale: Terribilmente incazzata verso gli Hearthless.
    Equipaggiamento:
    »Difensore Dragonico - Roth'raku
    »Windtalker (Evocato)
    »Dard Gauntlet
    »Armatura del vento

    Energia: 100-12-6-6 = 76%

    Tecniche Attive/Utilizzate:


    Serva del Vento Livello 2
    L'elemento con il quale Sheil'heit trovò di avere affinità fu il vento. Si è addestrata molto per riuscire a piegare la forza dei turbini e delle tempeste al suo volere, ma ancora non ha raggiunto l'apice delle sue capacità.
    In Game: Il personaggio potrà creare qualunque manifestazione dell'Elemento Vento per scopi Offensivi [Attiva Media].
    In particolare, ha ricoperto una freccia di energia magica.

    Translazione del dardo
    Un terzo effetto non propriamente voluto dalla ragazza, ma dato dai materiali dati al Moguri per incantare l'arco, è un'innata sete di sangue di quest'ultimo verso chi Sheil'heit reputa un nemico. Una volta scoccata una freccia, sarà possibile aprire un piccolissimo portale dimensionale che, come effetto, può portare la freccia scagliata a cambiare totalmente o parzialmente direzione.
    Questa abilità può essere usata solo per far "cambiare direzione" al dardo, e non è un traslazione dimensionale: una freccia inizierà e finirà nello stesso punto il suo "viaggio dimensionale", solo in direzioni diverse. In-GDR si vedrà quest'ultima come "spezzata", che parte in un punto e va in un altro, formando quasi delle V o L e tutti i gradi tra questi compresi e esclusi, con un unico punto di "giuntura" tra entrata e uscita. Non sarà possibile cambiare la direzione del singolo dardo più di una volta o si rischierebbe di romperlo o di perderlo nella dimensione alternativa, anche se si è liberi di provare. È comunque possibile farlo con più frecce, se si è così veloci da scoccarle insieme. [Attiva Bassa].

    Riassunto Post: Sheil'heit evoca il Windtalker, e dopo aver caricato di magia una freccia, la lancia contro lo Sciamano. Questo la schiva, ma con l'abilità del Windtalker ridireziona la freccia e colpisce il nemico dritto in testa. Dalla differenza di corpo/destrezza, più un'abilità di livello medio (alla testa!) è un headshot.
    Approfittando della distrazione causata dalla morte dello sciamano, riesce anche a uccidere un Powerwild.
    L'ultima bestia si getta addosso a lei, coprendo di corsa una mezza dozzina di metri mentre Sheil'heit percorre l'altra metà rimasta.
    Con un falso colpo di arco, fa finta di mettersi in una posizione di svantaggio e dopo aver fatto attaccare il powerwild Roth'raku finisce il lavoro.

    EDIT: Ho dimenticato la bassa di evocazione dell'arma. Ho aggiornato le statistiche con una spesa bassa in più.


    Edited by Dragona - 18/5/2016, 18:40
     
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    IV


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    Camminò rapida, quasi correndo, le suole degli stivaletti che battevano rumorosamente sul piastrellato sempre meno sudicio.
    Più si allontanavano dal mare, dai suoi odori e i suoi suoni, più le case sembravano acquistare dignità, stabilità e cura. Il legno marcio e incrostato di salsedine delle catapecchie che si affacciavano sui moli era stato sostituito da mattoni, pietra e tegole in cotto. Piccoli ma graziosi giardini intervallavano la serie sempre più regolare di villette nobiliari.
    Il frusciare delle onde era ormai a malapena distinguibile da quello delle fronde degli alberi.
    Egeria si guardava intorno con circospezione calcolata. Nonostante non fossero ancora giunte a destinazione, il silenzio che permeava le strade l’aveva immediatamente messa a disagio. Possibile che l’evacuazione fosse già terminata? Che nelle strade non fosse già rimasto nessuno?
    Dalla salita giunse una folata d’aria fetida. Egeria arricciò il naso, cercando di distinguere i diversi odori che per un solo istante avevano dominato le sue percezioni. Non c’era solo salsedine, pesce e sporcizia: un altro odore, più sottile e affilato, si nascondeva nel vento.
    Gettò uno sguardo alla sua destra, alla bambina che poco prima aveva candidamente dichiarato tendenze cannibalistiche. Sorrideva, con la bocca e con lo sguardo. Egeria rivolse immediatamente il capo, un brivido la costringeva a stringersi meglio nella giacca. Colpa del freddo, si disse.
    Il sole era ormai calato oltre la tavola blu che definiva l’orizzonte, e il calore di un pomeriggio di inizio primavera aveva lasciato spazio al rigore di una notte di fine inverno. La temperatura era scesa bruscamente.
    Ma certo, si ripeté: doveva essere il freddo.

    Dopo pochi minuti il silenzio si riempì di crepitii di fuoco. Fiamme di un azzurro innaturale bruciavano scoppiettando barili, travi e portici in legno, gettando sulla strada ombre danzanti e sinistre.
    Erano arrivate troppo tardi: quella zona era già stata completamente saccheggiata. Numerose macchie di sangue dipingevano le mura candide delle villette ormai deserte. Egeria si guardò attentamente intorno prima di avvicinarsi, e vide Flandre fare lo stesso. Quando la bambina si diresse verso una delle finestre, Egeria optò per la macchia di sangue più vicina. Era già secco. Che quell’area fosse rimasta deserta dall’ultimo attacco?
    Deglutì e distolse lo sguardo. Poco importava, in fondo. In quel momento, gli Heartless non erano lì: a loro non doveva importare altro.
    Concentrati, pensò stropicciandosi le palpebre. Focalizzati sul tuo obiettivo.
    Ma non ci riuscì. La vista della morte e della distruzione portata da quelle creature l’avevano turbata più di quanto pensasse. Provava disgusto, rabbia, ma anche paura e angoscia. E se Oriam avesse incontrato lo stesso destino?
    Prese un respiro profondo, chiuse gli occhi e si tormentò il volto con le mani. Concentrati. Focalizzati sul tuo obiettivo.

    –Sei distratta, Egeria. A cosa pensi?
    Sua madre la guardava con severità.
    –Scusa, mamma.
    –A cosa pensi? – incalzò.
    La bambina abbassò lo sguardo e restò in silenzio.
    Helena sospirò sconsolata. –Concentrati, per favore. Non voglio perdere tempo.


    Senza accorgersene aveva già ripreso a camminare. Seguendo Flan, le sue gambe l’avevano condotta all’ingresso di una villa. Egeria alzò lo sguardo quando riprese coscienza delle sue azioni: vide un basso muro di pietra, sovrastato da picche di ferro, che delimitava il perimetro della proprietà di fronte a loro. La ragazzina di porcellana si stava già avventurando oltre il muro: la seguì.
    La villa era forse la più grande della zona. Edificata in cima al promontorio che delimitava il distretto dei nobili, si presentava come un’armoniosa commistione di legno e mattoni intonacati di chiaro.
    Egeria esplorò la lunga facciata con lo sguardo. Una sola imperfezione, una macchia scura, spalmata rozzamente nei pressi dell’uscio, rompeva la monotonia bianca e marrone. Non ci dette peso: doveva anzitutto assicurarsi che il giardino fosse sicuro.
    Concentrati.
    Infrangersi di vetro, esplosione improvvisa. Il volto di Egeria scattò verso la fonte del rumore, i muscoli già in tensione, il Kervion già pronto a reagire. Li vide subito, diversi e numerosi: Heartless. Come una banda di criminali in fuga, erano usciti dalla villa rompendo una delle tante e ampie finestre, recando con sé sacchi e sacchi di refurtiva. Erano diversi dalle creature già affrontate alle Isole del Destino: i più piccoli avevano chiaramente un aspetto antropomorfo, primale; i due più grandi, invece, con il loro corpo imponente e largo e il loro volto allungato composto, all’apparenza, di ossa e nient’altro, si estraniavano con prepotenza a qualsiasi possibile categorizzazione.
    Solo per un istante Egeria si chiese il perché. Perché stavano rubando? Tutte le informazioni raccolte nella Città di Mezzo sembravano concordare su un punto in particolare: gli heartless agivano d’istinto. Erano cacciatori, guidati da un’insaziabile fame per i “cuori” delle persone e dei mondi. Cosa se ne facevano, dei predatori, di oro e tappeti?
    Le elucubrazioni furono interrotte dall’urgenza: gli Heartless le avevano notate; si stavano avvicinando, andamento altalenante ma aggressivo. Si erano fermati attorno alla fontana che dominava il centro del giardino.
    Egeria si voltò verso Flan, cercando di captare le reazioni della bambina. Di nuovo la vide sorridere; di nuovo le si accapponò la pelle. No, concluse; non era il freddo: era lei. Lei, la bambina. Lei e il suo ghigno felino, lei e quell’aspettativa di divertimento malsano che poteva leggerle negli occhi sanguigni. “Mi divertirò”, sembrava sottintendere mentre arretrava e si abbassava, come un animale, sulle quattro zampe. “Mi divertirò molto”.
    Distolse lo sguardo e strinse i pugni, cercando di ignorare l’istinto di allontanarsi e, forse, di fuggire. Avrebbe dovuto fidarsi. Gli Heartless erano in netta superiorità numerica, e la stazza di due di loro non prometteva uno scontro facile. Se si fosse preoccupata anche di guardarsi le spalle dalla sua alleata, non avrebbe avuto speranza.
    Il Kervion scivolò fluido fuori dalla tasca dello zaino, seguendo i movimenti spiraleggianti della sua mano destra.
    Subito dopo, gli Heartless caricarono.
    I due più grossi partirono quasi in contemporanea. Le loro zampe possenti sbattevano sempre più violentemente e velocemente sullo sterrato, alzando nuvole di polvere. Puntavano entrambe a lei, le ossa della testa che sbattevano e rumoreggiavano violentemente.
    Egeria cercò di mantenere la calma e di valutare i movimenti di tutti gli altri nemici: alcune delle scimmie stavano emulando la corsa delle bestie più grandi, pur faticando a tenere il passo; le scimmie rimanenti, che si differenziavano –Egeria lo notò solo allora– per colore, avevano tirato fuori delle piccole fionde.
    Allargò le gambe, cercando stabilità fisica e mentale. Il terreno tremava sotto i tacchi bassi.
    Inspirò un’ultima volta. Avrebbe schivato, per il momento. Non aveva modo di conoscere l’effettiva potenza della carica e di certo non avrebbe rischiato uno scontro di forza.
    Così attese: attese fino a quando la carica dei mostri fu troppo lanciata per essere arrestata. Le sembrò di vederli roteare su se stessi, come una trottola impazzita; non si lasciò impressionare e saltò. Saltò in alto, fuori portata, là dove il roteare impazzito dei mostri d’ossa non l’avrebbe mai raggiunta. All’apice del salto, il Kervion si mosse: si allargò, quasi senza far rumore, formando una larga piattaforma circolare sotto di lei, a mezz’aria.
    Come previsto, i due mostri si fermarono solo all’ultimo momento. Fu a quel punto che attaccò: entrambe le mani calarono con violenza sulla superficie piatta che la sosteneva in aria e, come un naturale prolungamento di quel colpo, una massa appuntita di Kervion, di forma conica, si abbatté fulminea sulla belva fermatasi sotto di lei, inchiodandola al suolo.
    Egeria si concesse un istante per valutare la situazione: l’Heartless non era morto. Nonostante l’attacco l’avesse trapassato dalla schiena alla pancia, sentiva chiaramente la belva dimenarsi e ruggire, implacabile. Strinse i denti, gettando uno sguardo alla sua sinistra: le scimmie con il fiocchetto in testa stavano tendendo le fionde, e non vedeva più quelle azzurrine.
    Fu solo grazie alla percezione del Kervion che riuscì ad evitare il peggio. Una delle due scimmie si era elevata fino alla sua piattaforma, rimanendo sempre fuori dal suo campo visivo, utilizzando l’immensa coda dell’alleato colpito per darsi slancio e saltare. Quando Egeria finalmente lo vide, l’Heartless stava dimenando furiosamente le braccia artigliate; mirava al suo volto. Ma Egeria era pronta: un flusso di Kervion si era già distaccato dalla piattaforma ed era andato a convogliarsi di fronte al suo braccio destro: da un istante all’altro, tra Egeria e gli artigli dell’Heartless c’era un piccolo scudo grigio, tondo e affilato, legato a lei da due fasce strette.
    Il rumore dell’impatto fu assordante, il contraccolpo sui suoi muscoli terribile. Eppure non esitò: approfittando del temporaneo stordimento del primate, menò un violento colpo con il bordo affilato dello scudo. L’Heartless non poté far nulla per reagire: la testa attraversata da un taglio nero, scomparve poco dopo in una nube di polvere.
    Un grido inumano squarciò l’aria. Acuto, ferale, furioso. Egeria spalancò gli occhi, paralizzata alla vista di chi l’aveva emesso: la bambina dai capelli biondi. Riconoscerla non fu semplice; della Flan con la quale aveva parlato erano rimasti solo i cristalli colorati, ora piantati sulla sua schiena nuda come grottesche escrescenze.
    La battaglia e l’adrenalina si congelarono, rallentando al ritmo freddo del terrore. Flan, in quel momento, era più terrificante di qualsiasi Heartless le due stessero combattendo: i capelli biondi ardevano come una torcia e la sua pelle nuda era nera e lucida, quasi raggrinzita attorno alle ossa appuntite a innaturalmente allungate.
    La vide avventarsi su uno dei due Heartless che le avevano caricate; la vide farlo a pezzi con una violenza e una foga che non credeva possibili, con il solo ausilio delle escrescenze ossee che dai suoi gomiti erano esplose come lunghe e contorte spade. Vide i suoi occhi mostruosi, nei quali la sclera si era fusa all’iride in un’unica, lucente pozza di sangue saettare furiosi verso l’altro, ancora bloccato dal Kervion. Vide il suo corpo allungato e affilato scattare; poi sparì dal suo raggio visivo, sotto la piattaforma.
    Nel giro di qualche istante, dominato da urla e squarci e spruzzi di sangue, i movimenti attorno al cono di Kervion cessarono: Flan aveva finito anche l’altra bestia. E lei, grazie alla percezione del Kervion, aveva “sentito” ogni cosa.
    Egeria aveva sempre avuto uno stomaco forte. Egeria si era sempre ritenuta una persona difficilmente impressionabile. Eppure, quando il conato di vomito salì, fu difficile rigettarlo indietro.
    Chi era, cos’era quella bambina? Dalle informazioni che aveva raccolto, non poteva essere un Heartless; i suoi occhi non erano dorati.
    Due dolori acuti e improvvisi la sorpresero al petto e alla guancia sinistra, costringendola ad abbandonare quei pensieri e a tornare alla realtà. Egeria capì subito: gli altri due Heartless avevano cominciato a sparare. Voltandosi verso di loro, vide che stavano già incoccando un secondo proiettile. Doveva occuparsene quanto prima: a Flan avrebbe pensato dopo.
    Saltò giù, ammortizzando la caduta con una capriola. I due cecchini si tenevano a distanza di sicurezza, una decina di metri che, tuttavia, Egeria colmò rapidamente. Un proiettile la colpì alla spalla sinistra, strappandole un grugnito di dolore, bruciando giacca e abito al di sotto, mentre l’altro fischiò vicino al suo orecchio destro.
    Stavano già caricando di nuovo; ma ormai li aveva raggiunti.
    Bastò un colpo, un tondo ben assestato; bastò che lo scudo si tramutasse rapidamente in una spada, a doppio filo, senza guardia, ed entrambi gli Heartless sparirono come il precedente.
    Egeria si voltò rapidamente, già in guardia: ma il campo di battaglia era deserto. Cercò di imporre ai muscoli di rilassarsi e abbassò la spada, che ridivenne liquida poco dopo. Aveva contato otto nemici, all’inizio di quella breve battaglia: lei ne aveva uccisi tre; Flan, nello stesso tempo, aveva massacrato gli altri cinque.
    Si era preparata alla vista della belva assetata di sangue di poco prima, ma Flan era già tornata alla sua ben più rassicurante –per quanto contradditoria– forma consueta. I vestiti, le ossa, i capelli: era tutto tornato al suo posto, come nulla fosse accaduto. Si dondolava, la ritrovata bambina, seduta, le gambe distese e le mani in grembo; piagnucolava e gridava: «Ho fameeeee!»
    Egeria non si mosse. Non riusciva a credere a nulla di quanto aveva appena visto e sentito. Il suo volto si rifiutava di arrangiarsi a qualsiasi espressione, la sua mente era bloccata in un ciclo paradossale di contrasti.
    La non troppo insospettabile bambina si era rivelata una furia omicida, in grado di fare a pezzi a mani nude dei mostri tre volte più grandi di lei, e di piagnucolare capricciosa subito dopo. Grottesco. Assurdo. Impossibile.
    L’istinto le urlava di fuggire. Di andarsene finché la bambina era distratta. Ma non lo fece. Dubitava che gli Heartless fossero finiti, e aveva bisogno di lei per portare avanti quella follia. E se davvero Flan, nonostante tutto, aveva la testa e la profondità di ragionamento di un bambino…
    Si avvicinò. Passi lenti, calcolati, attenta a non fare movimenti bruschi. Si tolse silenziosamente lo zaino dalle spalle, portandoselo al petto e sbloccando le cinghie che tenevano chiusa la tasca principale. Ne tirò fuori un piccolo involto luccicante: un panino, racchiuso in un sottile strato di carta stagnola e tovaglioli. Ne scartò la punta, rivelando il soffice pane bianco e il prosciutto racchiuso tra le due fette.
    «Io... ho con me qualcosa, se hai fame.» Tono basso, conciliante nella sua neutralità ostentata.
    Flan le rispose prima con l’espressione che con la parola: i suoi occhi sgranati sembravano davvero, forse per la prima volta, quelli di una bambina. Aveva la sua attenzione. Aveva la sua aspettativa e il suo interesse. «Davvero...?» mormorò, incredula. «Per me?»
    Egeria cercò di abbozzare un sorriso. Non le uscì troppo convincente. «Certo» disse. «Non è molto, ma se ti piace ne ho un altro». E le avvicinò ancora il panino mezzo scartato.
    Flan balzò in piedi e afferrò l’agognato oggetto del desiderio. Lo annusò: sembrò soddisfatta.
    Poi, l’ultima sorpresa; l’ultimo smacco al suo buon senso e alla sua logica: Flan la abbracciò. Un abbraccio improvviso, imprevisto e prorompente. «Grazie, Gigia!» le urlò la bimba nell’orecchio, solare, continuando a tenere in mano il panino.
    Egeria impietrì. Non aveva idea di come avesse ricavato quel soprannome da “Egeria”; ma in fondo –si disse ripensando con orrore agli eventi di poco prima– poco importava. Si era guadagnata la sua fiducia: era più che sufficiente.
    «Di nulla» riuscì solo a rispondere.


    Riassunto di battaglia:

    art-swd3e2-devushki-paren_1
    Cr: 130 | Es: 155 | Mt: 65 | Conc: 75 | Vel: 90 | Dex: 75



    Status fisico: Tre lievi bruciature da proiettile. Lieve dolore ai muscoli del braccio destro.
    Status mentale: Disagio, sull'attenti.
    Energia: 61%


    KERVION
    Oggetto magico, 180 AP

    kervion_6


    Il campione di Kervion attualmente in mano ad Egeria è una sfera perfetta di soli venti centimetri di diametro. Al tatto, la superficie risulta leggermente ruvida, ma non scanalata. Ha un colore grigio-scuro uniforme, e pesa dieci chilogrammi esatti.

    L’unica caratteristica certa del Kervion, prima degli studi pioneristici di Helena, era che qualunque agglomerato del metallo tornasse alla forma sferica dopo aver subito qualsiasi tipo di trasformazione o danno. Non si tratta di vera e propria indistruttibilità, in quanto il Kervion, quando non si trova nella sua forma base, ha una resistenza anche inferiore a quella dell’acciaio; tuttavia, qualora un pezzo si staccasse dal “corpo” principale, andrebbe a riattaccarsi ad esso quasi subito dopo. [In termini di gioco, questa è una Passiva Superiore (25 AP) di indistruttibilità parziale, che giustifica narrativamente anche il “ritornare” dei pezzi del Kervion alla sfera principale quando Egeria lo manipola tramite le sue abilità variabili –descritte di seguito- o di altro tipo. È importante dunque sottolineare che il Kervion è indistruttibile soltanto nella sua forma sferica e non nelle sue manifestazioni, le quali entità saranno legate al consumo speso per crearle.]

    Le ricerche di Helena andarono molto oltre la semplice osservazione dei comportamenti del Kervion: riuscirono a comprenderne le intricate cause, scientifiche e magiche, aprendo così la strada all’utilizzo del metallo stesso per i più svariati scopi. Un dominatore del Kervion, dunque, non è solo un abile mago; in primis, dev’essere uno studioso brillante e instancabile, in quanto è impossibile raggiungere il controllo completo del metallo tramite la sola magia. Helena e, dopo anni e anni di studi, Egeria, furono le uniche a riuscire nell’impresa; nonché le uniche ad essere state in grado di stabilire con il metallo quella che le ricerche di Helena battezzarono “connessione di campo”: una sorta di connessione infrangibile tra Kervion e dominatore, una forza di carattere quasi magnetico che, una volta stabilita, impedisce ai due elementi della “coppia” di non essere allontanati. [In termini di gioco, ciò si traduce in una Passiva inferiore (15 AP) che impedisce a chiunque che non sia Egeria di influenzare in alcun modo il Kervion, o di alterare, a meno che non sia Egeria a permetterlo, la sua struttura sferica “base”. Sarà inoltre praticamente impossibile “rubare” il Kervion tramite mezzi convenzionali, in quanto la passiva gli impedisce di allontanarsi di più di 50 metri da Egeria.]

    Le proprietà del Kervion non dipendono soltanto dal materiale in sé; ne esiste infatti una in particolare che dipende, in gran parte, dal manipolatore. È stata una delle più importanti e sensazionali scoperte di Helena durante i primi studi con e su Egeria: il Kervion, anche se in minima parte, ha delle proprietà simbiotiche in continua evoluzione; più un singolo manipolatore vive a stretto contatto con il materiale, più facile sarà per lui controllarlo. Non si tratta di semplice adattamento, quanto di vera e propria sinergia, che si traduce anche in un tuttora inspiegabile potenziamento delle facoltà fisiche, magiche e persino mentali dell'utilizzatore del metallo. [Questo si traduce in una Passiva Superiore (25 AP) che concede ad Egeria il 4% di sconto su qualsiasi manifestazione magica che coinvolga il Kervion. Come da regolamento, nessun consumo potrà scendere oltre l'1% dopo l'applicazione di quest'abilità; lo sconto, inoltre, non sarà comulabile con altri sconti di alcun tipo.
    Inoltre, finché anche solo una minima parte della forma base del Kervion si trova nei pressi di Egeria, quest'ultima vedrà le proprie statistiche aumentare di 115 punti complessivi, la cui distribuzione è indicata nella tabella statistiche alla fine di questo post. (115 AP)
    ]



    Abilità passive


    L'affinità di Egeria con il Kervion le ha col tempo permesso di sviluppare dei "trucchi" non del tutto dipendenti dalle principali proprietà del metallo. Anni e anni di utilizzo e "convivenza" per i più vari scopi, hanno concesso ad Egeria la capacità di "percepire" attraverso il Kervion, di considerarlo come un'estensione del suo corpo. Ciò è reso possibile da una particolare onda emessa dalle vibrazioni e gli spostamenti del Kervion: con un po' di concentrazione, la giovane è in grado di percepire il percorso di quelle onde e di valutare, di conseguenza, le distanze percorse da esse prima di trovare ostacoli e tornare indietro. Una sorta di sonar rudimentale. [In termini di gioco, questa capacità si traduce in una Passiva inferiore (0 AP), che permette ad Egeria di utilizzare il Kervion come un'estensione della sua percezione spaziale. Le onde emesse dal Kervion viaggiano costantemente, da qualsiasi emanazione del metallo, per circa 3 metri in ogni direzione: entro quella distanza, dunque, Egeria può avere un'idea generale della posizione di persone o oggetti che la sola vista non le concederebbe di vedere. Per usufruire di questo effetto, i pezzi di Kervion che emettono le onde non devono essere a più di un metro da Egeria.]

    Manipolare il Kervion può risultare logorante. Nel tempo, Egeria ha tentato di utilizzarlo in modi e quantità che hanno l'hanno spesso portata sull'orlo dello sfinimento. In realtà, inizialmente anche solo spostare il Kervion nella sua forma base, mantenerlo in aria, le risultava complesso e fisicamente drenante. Ora, quest'ultimo caso non rappresenta più una problematica: mantenere in levitazione il Kervion nella sua forma base o nelle sue trasformazioni non istantanee non le richiede più sforzo, né tantomeno un'eccessiva concentrazione. [In termini di gioco, questa capacità si traduce in una Passiva inferiore (0 AP) che concede ad Egeria di far levitare il Kervion senza alcun consumo, a patto che esso si trovi a non più di 2 metri di distanza da lei. Nel caso in cui Egeria decida di far levitare in questo modo un'arma creata dal Kervion (o qualsiasi altro oggetto "non istantaneo"), questa non potrà essere mossa in modo da arrecare alcun tipo di danno all'avversario.]


    Abilità attivate


    Il dominio di Egeria sul Kervion è pressoché totale. Con dei rapidi movimenti delle braccia, la giovane può far sì che il metallo si pieghi, estenda, separi, formi proiettili, lame volanti e cupole difensive. Al contrario di molti altri metalli, la struttura unica del Kervion consente a chiunque lo sappia dominare una varietà di scelte nella forma, la consistenza e la duttilità limitata unicamente dall’inventiva, l’energia magica spesa e, soprattutto, la quantità di Kervion a disposizione. Per quanto infatti il Kervion possa facilmente cambiare di densità sotto il controllo di Egeria, non può aumentare di massa. [In termini di gioco, il controllo totale di Egeria sul Kervion le concede due Attive variabili (70 AP), una offensiva e una difensiva (in grado di bloccare anche mezzi di trasmissione psionici). La potenza, la velocità e ogni altra caratteristica delle emanazioni create dal Kervion sono da intendersi basate sulla statistica Essenza di Egeria; in fase di difesa, tuttavia, eventuali danni si ripercuoteranno sul Corpo dell’avversario, in quanto il Kervion rimane comunque un metallo e come tale è in grado di infliggere unicamente danni da taglio, impatto e perforazione a seconda dei casi.]

    Nello specifico, ho utilizzato una difensiva con accezione di supporto (la piattaforma) a costo Basso (1% grazie alla passiva superiore) e un'offensiva (il "cono" con il quale ho impalato il Bone) a costo alto (16% grazie alla passiva).

    Far sì che il Kervion mantenga una forma distinta per più di qualche istante non è impresa da poco. È stata una delle ultime possibilità perfezionate da Egeria, e tutt'ora la giovane preferisce usare il suo potere per creare manifestazioni temporanee, che non richiedano una concentrazione continuata nel tempo. Ciò non toglie, tuttavia, che Egeria sia in grado di dare forme definite e durature al Kervion; forme che, se necessario, possano essere usati come strumenti; o come armi.
    Ad Egeria non piace lottare, tantomeno all'arma bianca. Ciò non toglie che non sia in grado di farlo. Per quanto ammetterlo a se stessa le causi disturbo e tristezza, la sua formazione ha coinvolto anche questo: sua madre non voleva lasciare nulla fuori dalla sua ricerca, specialmente considerando la segretezza con la quale il governo trattava il prezioso metallo. Cosa nascondeva davvero? Le sue potenzialità belliche erano davvero così pericolose? Helena doveva sapere: ed Egeria, volente o nolente, era l'unica in grado di darle una risposta. [In termini di gioco, quest'abilità è una Attiva variabile (35 AP) di creazione armi, mantenibile (10 AP). Il consumo speso determinerà "l'entità" (e quindi la resistenza e l'efficacia) dell'arma creata, che sarà abbassata di un grado nel caso in cui sia fatta espressa indicazione che la durata di base sarà di due turni. Trascorsi gli eventuali due turni, si applicheranno normalmente le regole del mantenimento. Si noti bene che, una volta creata l'arma, la statistica a cui faranno riferimento i colpi portati con essa sarà quella normalmente associata al tipo di equipaggiamento creato (forza per un martello e destrezza per un pugnale, per fare degli esempi). Per ragioni di lealtà e rispetto del regolamento, il Kervion usato per creare le armi in questo modo sarà utilizzabile tramite le due attive variabili soprastanti se e soltanto se sarà ancora in mano ad Egeria o nelle sue immediate vicinanze. Le armi possono tornare al nucleo base di Kervion in qualsiasi momento, senza costo.]

    Nello specifico, ho creato uno scudo di entità bassa (consumo Medio, 6%) e una spada di entità non-tecnica (consumo basso, 1%).

    Ah, è ho usato gransalto all'inizio, che sapete tutti cosa fa. 5%.



    Riassunto e Note: Credo sia tutto piuttosto chiaro, il master mi contatti pure se ha dubbi di sorta °ç°/




    Edited by Frenz; - 17/5/2016, 11:39
     
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    Non le sembrava poi così male. Era normale amministrazione. Certo, capiva perché Norrington fosse così preoccupato, così di cattivo umore, così in allarme. Ma niente di tutto ciò la toccava minimamente. Tracce di sangue? Niente di che. Silenzio tombale? Meglio così. Città vuota? Peccato, niente cibo. Camminava tranquilla, le braccia dietro la schiena, le guance gonfie, le labbra leggermente sporte in avanti, annoiata da tutta quella situazione. Il divario tra il suo modo di pensare e quello di tutti gli altri, che sembravano essere tutti proiettati verso il “dobbiamo salvare i cittadini da attacchi Heartless”, la rendeva estranea a qualunque altro sentimento al di fuori di noia e fame. Sperava solo di non dover aspettare a lungo. Prima avessero finito, prima avrebbe ottenuto il suo pagamento, prima si sarebbe riempita la pancia.
    Coraggio Flan, comportati bene. Ce la puoi fare.
    Gettò uno sguardo alla sua sinistra, alla ricerca di un segno da parte di Egeria. Raccoglieva informazioni con gli occhi, assimilava informazioni sul territorio. Guardò su, poi giù, a destra, a sinistra. Flandre abbassò il capo con lei. Pavimento in pietra. Alzò il capo con lei. Il cielo non era di sua competenza, non ancora almeno. Si guardò intorno, una fiammella magica ogni tanto. Si affacciò ad una finestra, osservò dentro. Buio. Nulla. Alzò le spalle con sufficienza. Continuò a camminare, stavolta al suo passo, nella direzione indicata loro da Norrington Ogni tanto le compariva un sorrisetto sulle labbra, ogni volta che una zaffata profumata raggiungeva le sue narici; e ogni volta rimaneva delusa. Odore di sangue, ma nessun cadavere in giro. Era una gran presa in giro. Non c’era altra spiegazione. Era colpa del Pommodoro, ci avrebbe messo la mano sul fuoco: non voleva che lei se ne andasse prima di aver completato la missione e fatto quello che lui voleva, così da dover dipendere dal suo premio, pagamento, quello che era. Ingiusto. Subdolo. O le capitava qualcosa di interessante tra le mani nel giro di poco, oppure qualcuno ne avrebbe pagato le conseguenze.
    Lanciò qualche sguardo dietro di sé: Egeria fissava avanti, verso il basso, poco interessata e poco interessante. Se il gusto della sua pelle pareggiava il calore dell’espressione, allora no, Flandre non l’avrebbe assaggiata: i piatti freddi non andavano poi così tanto incontro ai suoi gusti.
    Saltellò in avanti, cercando di divertirsi con quel nulla che aveva e di accontentarsi di poggiare interamente il piede sul mattone del selciato e di non toccare le righe, come forma di intrattenimento. Uno dopo l’altro macinò metri, un paio di minuti finché, oh, la pavimentazione non si concretizzò in un lastrone unico e in una striscia di ghiaia e terra più avanti. Sollevò i sorridenti occhi insanguinati. Una villa? Cos’aveva detto Norrington? “Stradine che si arrampicano verso l’alto”, “zona nobiliare”. Senza dubbio quello era un posto da ricconi. Bene. Erano arrivate. Si fermò all’entrata del cancello, Egeria poco dietro si allineò alla sua sinistra. Puntò i palmi sui fianchi e si imbronciò. E ora? Scorse annoiata lo spiazzo larghissimo, fontana, un po’ di verde, la vill-, hey! Magari sarebbe riuscita a trovarci del cibo. Ricconi uguale soldi, soldi uguale tante cose da mangiare, tante cose da mangiare più casa abbandonata uguale tanto cibo sprecato. Tanto cibo sprecato equivaleva ad una Flandre molto triste, soprattutto se questa aveva la pancia vuota. E a Flandre non piaceva né essere triste, né avere la pancia vuota. Forse poteva riconsiderare le sue idee sulla compagna di squadra.
    Magia,” si ricordò. “Meglio di no”.
    Annusò l’aria. L’odore del sangue lì era meno intenso. Rumore dell’acqua. Brontolio del suo stomaco. Un vetro si infranse, Flandre voltò il capo di scatto, in direzione del suono.
    Fece un passo indietro, mentre un sorriso sottile si colorava lentamente sul suo viso bambino. Erano nel posto giusto. Heartless. Alcuni grossi, alcuni mezze cartucce. Fece un altro passo indietro, leccandosi le labbra. Cibo. Pasto. Buttarli giù, uno dopo l’altro. Premio. Cibo. Pasto. Piegò leggermente le ginocchia, continuando ad arretrare, appoggiò in avanti anche le mani, spostando il peso sulla parte anteriore dei piedi. Le ali si piegarono morbidamente contro la sua schiena, bloccate e rigide. Nessun rumore. Nessun suono. Nessuna luce. Invisibile. Si confuse con le ombre, il debole chiarore dei fuochi lontani a gettare bagliori insospettabili sui suoi cristalli. Divenne opaca, color buio, soffio di fuliggine nella cenere. Concentrò la sua forza, un respiro profondo, la voglia di uccidere, di massacrare, la fame, l’odio, il disprezzo; tutto ciò che il suo piccolo corpo, nel bene e nel male, si era sforzato di contenere divenne energia liquida in una corsa di forza e adrenalina nelle sue vene. Gli Heartless scattarono verso di loro, Flandre si mosse di lato, scivolando sull’erba, sui mattoni, muovendosi furtiva; l’energia che continuava a fluire dentro di lei guizzò all’esterno. “Mi dispiace Gigia”, pensò. Se le cose fossero andate male, le avrebbe dato degna sepoltura nella sua pancia.
    La ragione si annebbiò. Rimase solo l’istinto da predatore, la volontà di cacciare, di vincere, di dominare. Di diventare una belva. Di pareggiarsi a tutti loro. Obiettivo: i due sgorbi più piccoli, poi i pesci grossi. Gambe e braccia furono le prime parti a deformarsi, la corsa prese un ritmo completamente diverso. Il corpo si allungò, la mascella si allargò. Le fiamme divamparono sul suo capo.
    Si gioca.
    Il fuoco emise uno stridio, Flandre ghignò, divorando il terreno ad ampie falcate. Le due scimmie marroni si voltarono di scatto, proiettili magici già incoccati. Trattenne un ruggito di sfida quando le sfere tiepide le colpirono il viso. Solo un ringhio basso fuoriuscì dalle sue labbra spaccate: si avventò con un balzò su di loro, le braccia large, gli artigli sguainati. Raccolse i loro crani nell’incavo della mano, strinse la presa e li schiantò a terra con forza, uno squittio come ultimo desiderio. Polvere nera grattò le sue braccia, mentre la sua corsa continuava e la carica ricominciava. Prossima preda. Uno alla volta. Prossima scimmia.
    Si scagliò in avanti. Niente salti. Carica. Corsa. “Ti prendo,” si leccò le labbra, “ti uccido”. Il Powerwild nemmeno si accorse dell’attacco. Flandre gli si avventò contro mentre seguiva gli altri due, più grossi, più veloci. Lei poteva tenere il passo. Lei poteva raggiungerli. Lo afferrò con la destra, tirandogli la coda, strattonandolo indietro. La sinistra scattò in un fendente; trapassò l’oscurità, trapassò le ombre, tranciò pelo e qualcosa di simile alla carne. Polvere. Corsa. Correre. Corri. Distruggili tutti.
    Si ritrovò sorridente. E non smise di sorridere neanche quando la coda di una di quelle bestie la prese in pieno. Non la spostò, tuttavia, non di molto. Nonostante la mole, nonostante il peso. Ruotava su se stesso. L’aver colpito lei l’aveva fatto deviare leggermente in avanti. Flandre si fermò, si piegò sulle gambe. Aveva voglia di giocare? Voleva un compagno di giochi? Come osava? Come si permetteva.
    Prese fiato. Urlò. Gridò. Ruggì, rozzamente elevata sulle zampe posteriori. Si issò con gli artigli, con le gambe, la sua rabbia, il suo odio, il suo divertimento esplosi in un grido di furore.
    Sfidatemi, scarti di buio.
    Raggiunse la schiena, affondò prima gli artigli, poi la punta della spada ossea sulla destra. Premette, affondò. Poi la sinistra. Con foga, furore. Un fendente, un affondo, due, tre. “Muori. Muori!
    Rise dentro di sé e ruggì ancora fuori, infervorata da quello scontro. Il corpo si dimenava sotto di lei, ma Flandre era rapida, letale, concentrata. Se non avesse già avuto modo di affrontare qualche Heartless e di scoprire, con sommo rammarico, che quella che li componeva non era nel modo più assoluto carne, avrebbe goduto nel morderlo e fare a pezzi quel corpo anche solo a morsi. Almeno avrebbe calmato la fame.
    Fame.
    Cibo.
    Realizzò ancora una volta il bisogno e il bisogno si fece istantaneamente più impellente. Si guardò intorno febbrile, mentre le unghie e le spade continuavano ad affondare, a grattare. Vide la struttura di metallo, l’altra di quelle bestie bloccata sotto di essa, la mole della belva che si contorceva nel tentativo di liberarsi. La figura di Egeria balenò nella visuale distorta dei suoi occhi scarlatti. Deglutì saliva e si sforzò di contenere la fame. “Magia”, si ricordò. “Uccidi”, sussurrarono gli istinti. Saltò giù dal corpo, picchiando, con le mani strette tra di loro, il cranio osseo in discesa. Le abbatté come un maglio sotto di sé e si dette la spinta per superare il corpo che scompariva in polvere. Soffocò tutti i suoni e i sussurri subdoli nella sua testa con l’ennesimo urlo di guerra; si spinse sulle quattro zampe, saltò, salì, rapida e felina, sull’ultimo, colossale Heartless, trascinando la sua intera forma affusolata verso l’alto, usando gli artigli come rampini in una scalata. Più affondavano, più il suo nemico si lamentava. Con uno slancio e uno sforzo addominale, si issò all’insù. Puntò gli avampiedi, artigliò anche con quelli e si lanciò, lama ossea rivolta verso il basso, verso l’attaccatura di quella struttura in metallo, là dove affondava nel buio. La incastrò tra carne e asta solida, ruotò il braccio e forzò verso il basso. Uno strattone, un altro, il peso della trasformazione che la trascinava verso il basso, verso le enormi zampe che battevano sui mattoni. Lo avrebbe ucciso, avrebbe smesso di scalciare prima che lei avesse raggiunto terra. Si arpionò anche con l’altra lama, punto i piedi e saltò verso il basso, dimenandosi per imprimere più forza ad ogni strattone. A poco meno di un metro da terra, le due armi scivolarono con più facilità, prima di incontrare solo aria e nulla. Il nemico si dissolse in polvere.
    Flandre si lasciò andare ad un ringhio di scherno e divertimento, riaccucciandosi lentamente sulle quattro zampe. Si rese conto di respirare a fatica, di aver chiesto tanto, in così poco tempo, a se stessa. Se non altro avevano giocato. E lei aveva vinto. Si lasciò cadere all’indietro, seduta sui mattoni. La reversione dell’incantesimo fu praticamente istantanea. La sua pelle riassorbì il sangue sulla sua schiena, la pelle coriacea si ritirò e risbucarono due gambette bambine e il vestitino di pizzo. Le fiamme furono annientate e la corona di capelli biondi ritornò ad oscillare pacifica solleticata dall’aria a volte gelida, a volte tiepida di Port Royal, nascosta sotto al cappellino.
    Scoprì i denti in un sorriso di compiacimento. Nel giro di poco, lo stesso sorriso si smaterializzò in un broncio, seguito a ruota dal brontolio imperioso della sua pancia. Strinse le mani sullo stomaco, stropicciando la stoffa del vestitino. Annusò l’aria; doveva trovare cibo e doveva trovarlo in fretta. Aveva detto ad Egeria che non l’avrebbe mangiata, ma senza pappa non avrebbe potuto mantenere ancora per molto quella promessa. Sembrava l’unica cosa commestibile e mediamente soddisfacente nei paraggi. Però non voleva finire impalata anche lei.
    Reclinò il capo all’indietro e scalciò con rabbia, stringendo gli occhi e le labbra. Non c’era soluzione! Perché? Perché non c’era soluzione? Passò qualche istante e da un semplice, per quanto forte fastidio, la necessità di mangiare virò al dolore, ai crampi allo stomaco.
    «Ho fameeeeeeeee!» si lamentò, forse fin troppo rumorosa.
    Ecco, sarebbe morta lì, di fame. Oppure non sarebbe morta, si sarebbe fatta condizionare dalla fame e si sarebbe messa a mangiare pietre e sassi per cercare di riempire il buco. Dov’era Norry con il suo premio? Aveva detto che avrebbe fatto la brava bambina, aveva deciso di fare la mercenaria. Ma non aveva accettato di morire di fame. E poi, cacciare in una città vuota non doveva essere poi tanto proficuo. Emise un suono di disappunto. Poteva cercare nella villa. Poteva sperare di trovarci ancora qualcosa.
    «Io... ho con me qualcosa, se hai fame.»
    Flandre rialzò il viso, gli occhi spalancati, la boccuccia semi chiusa. Osservò prima il pacchetto di carta argentata che le stava porgendo, poi Egeria. Fissò lo sguardo su di lei, le labbra che tremavano. Arrivava un profumino…
    «Davvero...?» sussurrò, stupita da quel gesto amichevole. «Per me?», aggiunse, indicandosi appena con la sinistra. Arrivava da quell’involucro, quel profumino? O arrivava da Egeria?
    «Certo. Non è molto, ma se ti piace ne ho un altro.»
    Sì, sì, sì! Cibo! Scattò in piedi, chiudendo entrambe le piccole mani su quel panino. Ci affondò il naso dentro. Era quello, era quello a profumare. Gigia aveva un futuro come tizia che fa i panini!
    Flandre strinse il cibo nella destra e saltò in avanti, in un impeto di gratitudine e felicità che la fece avvinghiare stretta stretta alla sua compagna. Aveva fatto bene a decidere di non mangiarla.
    «Grazie, Gigia!» esclamò eccitata, dimenandosi contro di lei allegra come poche volte era stata.
    La lasciò andare senza troppe cerimonie e si abbandonò all’indietro, finendo seduta sui mattoni con un tonfo sordo. Morse il panino all’istante, portandosi via, oltre che pane e prosciutto, anche un pezzo di stagnola. Era buono, un buono diverso da quando prendeva le cose con la forza. E poi era un panino fatto da Gigia, da qualcuno, con cose messe dentro con cura; al contrario delle strane cose che si preparava lei quando moriva di fame.
    «Sono... felice che ti piaccia». Flandre rialzò il viso sulla compagna, gli occhi ancora sgranati per la felicità. Morse ancora il suo panino, morse persino la stagnola cercando di catturare ogni briciolina e ogni rimasuglio di sapore. «Come dicevo: ne ho altri, se hai ancora fame.»
    «Nah, tienilo per dopo. Per adesso è sufficiente questo.»
    Si rialzò in piedi, stringendo la carta di alluminio tra i palmi piccoli. Si dondolò avanti e indietro, le labbra strette, guardando Egeria dal basso in alto. «Grazie ancora, Gigia.»
    Egeria la guardò perplessa, forse imbarazzata. Poi divenne inespressiva. Il viso di Flandre non mutò la sua allegrezza. La vide sorridere e la vampira oscillò un po’ di più sulle piante dei piedi. «Di nulla, davvero.»



    Energia: 100 - (Shadow Step, 4 -3, sconto abilità Fisiche) 1 - (Potenziamento Alto) - 16 - (Trasformazione critica, 32 - 3, sconto abilità Fisiche) 29 = 100 - 46 = 54 + 30 (Usata spezia blu, +30%) = 84


    BaseBlu P.Q. A&OTotale
    Corpo75+45+0+110230
    Essenza50+40+10±30130
    Mente35+15+0±3080
    Velocità50+50+0+50150
    Destrezza50±50+0±30130
    Concentrazione40+15+0±3085




    Equipaggiamento: Silver Cross: Collanina con un pendente a forma di croce d'argento che Flan nasconde sotto l'abito. (+ 20 Ap Corpo; + 20 Ap Velocità)




    Freaks will be coming
    I’m gonna burn it down

    È tuttavia importante dire, anzitutto, che insieme ai suoi nuovi poteri in Flan vennero istillati anche i concetti stessi di “luce” e “oscurità”, di pari passo ai presunti “valori” che questi si portano dietro. Per la prima volta, Flan ha cominciato a far suoi concetti come “giusto” e “sbagliato”, solo per provare ancora più piacere nel constatare che i suoi comportamenti erano più facilmente accostabili al secondo. Ma insieme alla consapevolezza che quasi tutti gli esseri hanno, arrivò anche qualcosa di ben più straordinario. La sua capacità di “percepire” se un determinato comportamento o azione fosse più accostabile all’una o all’altra entità regolatrice dell’universo divenne in breve così elevata da poter riconoscere, praticamente al primo sguardo, “l’orientamento” di qualunque interlocutore -sostantivo di pura formalità, parlando di una come Flan- la vampira si trovi davanti. Non che a lei interessi troppo in ogni caso. Buone o cattive, nel giusto o nel torto, le persone sanguinano tutte allo stesso modo. E Flan adora a prescindere vederle farlo (Passiva razziale - Perspicacia).

    Born in pain
    Born stubborn

    Se c’è una cosa che a Flan non è mai mancata, questa è la determinazione. Perfino durante i più bui giorni nelle segrete, quando ogni altro essere sulla terra avrebbe perso la speranza e si sarebbe lasciato morire, Flan non ha mai smesso di tessere tele di vendetta e riscatto. È piuttosto difficile, invero, immaginare un esserino più cocciuto; e con l’arrivo dell’oscurità dentro di lei, il tutto non ha fatto altro che aumentare. “Peggiorare”, potrebbero dire alcuni. Perché se una volta, durante il periodo di detenzione, pensieri più accomodanti come “fare la brava bambina per un po’” potevano sorgere alla sua mente, con l’arrivo dell’oscurità la determinazione è diventata quasi esclusivamente un’ostinazione ferale. E in fondo come darle torto? Non c’è praticamente nulla che la bambina non possa ottenere con la sua forza. Nulla che non possa ottenere con la sua Laevateinn in mano. Nulla che possa anche solo farle pensare di cambiare idea. (Passiva razziale - Ostinazione)

    You can not leave me
    I'll be part of your soul

    Flandre può accarezzare l’Oscurità, giocare con l’Oscurità, vecchia amica e compagna. Ancor più del normale se l’Oscurità in questione è quella che Flandre ha accolto amorevolmente nel suo cuore e di cui si prende cura come una mamma. Cucciolo bisognoso, certo, ma al momento del bisogno è pronto ad aiutare la sua padrona. Grazie al suo semplice desiderio e alla comunione di due potenze in una –la più che discutibile capacità comunicativa di Flandre e la docilità affettuosa del buio dentro di lei- ogni abilità magica di tipo Tenebra potrà essere usata con naturalezza e scioltezza dalla bambina. In termini di gioco, questo permette uno sconto del 3% su tutte le tecniche magiche di elemento Tenebra o Buio utilizzate. (Passiva razziale - Nucleo Oscuro)

    Run through this game
    Before my body is dry

    Flan conosce alla perfezione il suo corpo, in particolare quando si tratta di battaglie. Ciò le permette di minimizzare lo sforzo ed ottenere il massimo risultato quando decide di colpire. In termini di gioco quest’abilità concede a Flan uno sconto del 3% su tutte le abilità basate sulla statistica Corpo. (Passiva Superiore)

    Nothing can stop our rage, our revenge
    Don't try to hold down...

    Flan è sempre stata un tipetto piuttosto vendicativo. Si potrebbe comodamente dire che mai, nella sua lunga vita, un torto fattole sia rimasto impunito in modo più o meno brutale, direttamente o indirettamente. E ciò è particolarmente applicabile in combattimento: mentre infatti “torti” psicologici e subdoli siano più stancanti e “noiosi” da ripagare, i “torti” fatti in combattimento sono ben più rapidi e gratificanti, specie per il suo essere violento e assetato -letteralmente- di sangue. Ed è proprio questo suo desiderio, questo suo gusto nel ripagare immediatamente ogni insulto portato al suo esile corpo in una lotta, che il “contrattacco” è uno degli aspetti in cui Flan è più terrificante e pericolosa. In un miscuglio di furore ed eccitazione, ogni colpo che l’avversario assesterà (sia esso fisico o magico) renderà Flan in grado di potenziare il suo prossimo assalto della medesima entità del danno appena subito, un po’ come a voler onorare un perverso, sadico “occhio per occhio”. Proverbio che il piccolo Demonio sembra a dir poco gradire (Attiva a costo Nullo Razziale – Ripicca).

    The scales beneath your skin are showing off today
    There's evil in your heart

    Nonostante la sua Laevateinn sia indubbiamente l’arma preferita della vampira, Flandre è da sempre stata affascinata anche dal combattimento corpo a corpo. Dotata di una forza a dir poco fuori dal comune, la “bambina” adora torcere colli, spezzare arti, frantumare ossa; e adora le urla che ne conseguono. Il tutto è reso ancor più strabiliante se si pensa al fatto che assai raramente, quando a Flandre “viene voglia” di combattere a mani nude, avversari dotati di armi riescono a ferirla. Ciò è dovuto, principalmente, alla sua natura di vampira: dotati di una pelle con una resistenza fuori dal comune, gli esponenti della sua razza non si fanno troppi problemi a bloccare assalti di arma bianca solo attraverso l’utilizzo degli arti nudi; e questa caratteristica, in Flandre, è sempre stata a dir poco ammirevole. Se poi si pensa quanto lei stessa adori ammirare il volto dell’avversario riempirsi di terrore quando questo consta di non poterla ferire con la spada, si comprende come questa sia una tra le caratteristiche da lei più esercitate e perfezionate.
    In termini di regolamento, tale passiva permette a Flandre di considerare il suo corpo resistente come qualsiasi arma in acciaio; da ciò ne deriva che colpi semplici portati con armi da taglio difficilmente scalfiranno la sua pelle, ma causeranno comunque danno da impatto. Colpi semplici portati con statistiche in corpo molto superiori al suo o con un qualsiasi consumo di energia colpiranno invece normalmente, tagliando come di consueto.
    (Passiva Normale)

    Young perfection, so clean, so damn irritating
    and I keep on quivering

    Se c’è una cosa che Flan ha imparato nei suoi lunghi anni di detenzione, questa è il Controllo. Prima di allora, tale concetto le era quasi totalmente estraneo: non c’era moderazione, non c’erano vie di mezzo. In ogni cosa che faceva, la Vampira dava il massimo. Se la sua volontà le comandava di prendere qualcosa, lo prendeva, non importava come. E spesso, in tutto questo, c’entrava la Forza. Inarrestabile, indomabile, Flan non la sapeva controllare; probabilmente, se gliel’avessero permesso, il collo di Remillia l’avrebbe fatto esplodere, non l’avrebbe soltanto torto. Dopo la detenzione, però, le cose sono cambiate. E Flan, per quanto non ai livelli di una persona definibile normale, ha iniziato a imparare cosa significhi “controllo” e ha cominciato a “contenere” la sua forza fisica. In condizioni “normali”, dunque, la vampira fa in modo che il suo vero potenziale resti celato, sopito nei meandri più reconditi del suo Io; ma ciò non significa che, in caso di necessità, non sia in grado di recuperarlo: un consumo di energia magica per riportarlo a galla, e Flan sarà fisicamente pericolosa al massimo delle sue impressionanti, terribili capacità.
    In termini regolamentari, l’abilità non è nient’altro che un potenziamento in Corpo a costo Alto non mantenibile.
    (Attiva a costo Alto).


    Shadows can't be seen in the dark
    Blackened is the void within when all else dies

    La caccia, ah, l’attività preferita di tutti i predatori. E nessun predatore è più pericoloso dell’animale silenzioso, che si acquatta, si nasconde, si confonde con il buio, con l’ambiente, subdolo e paziente. I cacciatori come quelli di un tempo, grandi strateghi, panificatori di attacchi alle spalle, ormai non esistono più. L’importante è la forza. Ebbene, perché dunque non combinare una forza innata con un corpo piccolo e snello e una buona capacità di camuffarsi tra le tenebre? Flandre ha fatto sua questa possibilità, probabilmente più per istinto che per vera e propria strategia applicativa. Sarà in grado di diventare opaca, di nascondersi nell’ombra e nella penombra e di sfuggire e giocare con grande facilità nemici ignari, avversari distratti e, ovviamente, le più generiche prede ignare. (Fisica Razziale – Shadow Step - Basso)

    Every bone seeks all it missed
    Burning darkness creeps inside of me

    Flandre ricorda perfettamente come abbia voluto risvegliare la belva sopita dentro di sé durante lo scontro con la sorella e l’esserci riuscita solo in parte. La sua forza e la sua potenza erano rimaste sigillate nel corpo della bambina, lasciando uscire solo uno sprazzo della follia e dell’istinto che guidano i gesti dell’animale che ruggisce durante ogni battaglia nel suo animo. Ebbene, ha imparato come fare. Le basterà lasciarsi andare alla rabbia, alla furia, al desiderio di distruzione per far aprire gli occhi al diavolo che ha trovato un piacevole rifugio nel suo cuore, già nero in partenza a causa di ciò che la vampira ha dovuto patire. Il corpo alato spezzerà le sue forme dolci e diventerà una sagoma spigolosa la cui schiena è ricoperta di acuminati cristalli rossi; le ali ispessiranno la loro struttura mentre le gemme scintilleranno di luce propria grondando sangue e assorbendone così il colore; il viso si farà più affusolato e meno infantile, crepato in più punti a causa dello sforzo di non distruggere interamente l’ospitante; le iridi cremisi divoreranno il bianco e il nero, trasformando gli occhi in specchi sporchi e opachi; i canini già pronunciati diverranno lunghe zanne animalesche e la mandibola avrà un'apertura maggiore rispetto a quella normale. I capelli s’incendieranno assumendo l’aspetto di fiamme ardenti che bruciano e allungano le loro lingue di fuoco verso il cielo; tutta la pelle si farà raggrinzita e lucida, opalescente come ossidiana, donando forza e resistenza al corpo bambino cresciuto di dimensioni che avrà raggiunto l’altezza di un metro e settanta; infine la dita, le mani e i piedi manterranno fisicità umana, modificando però la loro struttura e la lo forma in sagome sottili artigliate e acuminate, dalle unghie estremamente lunghe e pronunciate, taglienti come coltelli. Strutture ossee faranno il loro ingresso lacerando la carne sugli avambracci, lame di un bianco sporco nate dalla deformazione del fisico della bambina, lunghe all'incirca quanto il braccio stesso e sprogenti all'esterno di una ventina di centimetri. Perfettamente affilate e arcuate, come vere e proprie sciabole, sono resistenti come vere e proprie spade e possono essere usate tranquillamente come tali. Sporgono in avanti in una curva secca, superando tutto l'artiglio per poi incurvarsi nuovamente all'indietro. Flandre è letale e la sua esperienza con la Laevateinn, nonostante qualunque parvenza di umanità se ne sia andata, resta viva e vegeta nei meandri della sua memoria. Se era pericolosa prima con una spada fiammeggiante, ora che il suo intero corpo si è tramutato in un'arma, la vampira non teme avversari. (Razziale Magica – Devil Within - Costo Critico, Due Turni)
    Nel frattempo, riassumo un po' quello che fa Flan:
    1) Shadow Step, così le bestie che non sono ste gran genie di concentrazione spostano la loro attenzione su Gigia, in più Flandre è arretrata dietro di lei -che se non sa Flan come si comportano degli animali, allora non saprei chi -
    2) Potenziamento Alto in corpo mentre si muove e si sposta dietro alle bestie e solo dopo Trasformazione Critica, che le dà un +30 in tutte le stat e le permette di usare solo razziali;
    3) I due Bouncywild la colpiscono con attacchi Normali, che vista la differenza di Stat (per allora Flan ha 130 in essenza) non le fanno danno, un altro proiettile la manca perché gli salta addosso e li falcia sbattendogli la testa contro il selciato (230 in corpo)
    4) il Powerwild viene tranciato di netto e preso alle spalle, non credo ci sia granché da spiegare, Kek
    5) Flan viene colpita da una Media "Spin to Win" -aka Necroimpatto- del Bone che non ha attaccato Gigia, il danno scala a... meno di basso, I guess (120 di differenza in statistiche), e Flan, agevolata da Ripicca, guadagna un 45 in corpo, e con tre-quattro attacchi senza consumo sulla schiena (il primo con 275), con tanto di mazzolata finale sul cranio dovrebbero essere più che sufficienti a finirlo.
    6) infine, Flan attacca -e finisce- l'ultimo Bone rimasto, sempre montandogli sulla schiena e cercando di tranciarlo vivo, con due attacchi senza consumo con le spade (sempre il discorso di 230 in corpo). Il Bone tenta di scrollarsela di dosso usando un Necroimpatto medio, mentre Flan sta scendendo, ma complice il danno subito in precedenza dall'attacco di Egeria e quello attuale fatto da Flan, l'ho fatto sciopare prima °3°
    7) la scena del panino, epicness at its highest level. L'espediente del panino è per usare la Spezia in dotazione a Flan, che ricarica il 30% dell'energia (con un calcolo totale dovrei aver consumato un 46-30 = 16, circa, -rifarò bene il conto con il riassunto completo). Ho giustificato il non sentire la stanchezza per l'alto consumo con le passive di Flan durante la trasformazione, e le ho fatto sentire fame e stanchezza tutte insieme in una volta, terminata quella. Notare, Flan sostanzialmente è soddisfatta me è per terra, perché abbastanza finita, si prende il suo minutino/due per riprendersi e rifocillarsi, quindi poi è di nuovo pronta a saltare, accoppare e divertirsi °3°

    Ci si vede tra qualche giorno con il riassunto completo. I wuv u ♥
    E, ah sì, odio avere 2 account.[/size]


    Edited by Elation - 12/6/2016, 19:22
     
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    Tre danze tra le fiamme, ciascuna al ritmo unico dei mercenari coinvolti in quello scontro, ma che portarono tutti a risultati simili. L'Heartless si abbatté sui suoi simili come una tempesta, abbattendo i tre primati con una violenza selvaggia quanto le loro forme, e celebrando la sua vittoria con lo stesso fragore con cui aveva sfracellato i suoi avversari contro un muro. Non che ci fossero persone da infastidire con delle grida, anzi: considerando come l'uomo di tenebra non si era curato dei cadaveri stesi a terra, probabilmente non si sarebbe fatto problemi anche nel caso il suo pubblico fosse stato vivo e attento alle sue azioni.
    Tuttavia, le sue compagne di squadra preferirono un approccio più "delicato": la giovane dai capelli scarlatti si limitò a un massacro veloce, efficiente, facendo sibilare la propria lama tra le carni oscure degli assassini scimmieschi; la soldatessa dai capelli corvini, invece, fu decisamente più pragmatica. Frecce e zanne unirono le forze per annientare le creature rimaste, lasciando sul campo di battaglia soltanto i mercenari, i cadaveri e le fiamme selvagge che illuminavano quello spiazzo. Giusto il ruggito di Roth'raku e la domanda di Sheil'heit ai suoi compagni spezzarono la monotonia fornita dal crepitio di quelle lingue di fuoco, il silenzio che si era formato dopo il grido di esultanza dell'unico membro maschile di quella spedizione. L'unico di aspetto umano, almeno.
    Eppure, indipendentemente dalle risposte che i suoi compagni le avrebbero potuto fornire, la domanda della donna venne seguita da un verso molto più sinistro, anche più del grido di sfida del suo compagno draconico. Un gemito, un continuo rantolio che quasi si confondeva tra lo scoppiettare del fuoco, ma che sembrava farsi più forte proprio per una singola certezza: c'era qualcun altro in quel luogo, e non solo gli Heartless o quei cadaveri. Se i mercenari vi avessero dato ascolto, il rumore li avrebbe guidati all'interno della bottega, tra le braci stese per terra e tizzoni ormai freddi. E, forse, quella sarebbe stata l'unica occasione che avrebbbero avuto per rispondere a una domanda che molti si ponevano, quella notte: perché tutta quella violenza?




    Nel distretto nobiliare, intanto, la domanda di Egeria sembrava echeggiare silenziosamente tra il caos rimasto dallo scontro in cui si era ritrovata coinvolta: era Flandre il mostro più pericoloso, e non gli Heartless, in quella cittadina? Perché, laddove la ragazza dai capelli corvini aveva annientato i suoi bersagli col freddo metallo sotto il suo controllo, la forma ferale della vampira dai capelli dorati era stato tutt'altro che piacevole agli occhi. Un massacro, una carneficina, un'esecuzione sommaria di creature colpevoli, ma che sembravano aver trovato un loro pari. E, forse, la giovane donna non sapeva quanto si fosse salvata la vita offrendo un pasto alla sua compagna, in quel momento.
    La gratitudine della bambina sembrò sedare il quesito e l'orrore che ne era derivato, ma quella domanda, rimasta sospesa nell'aria, avrebbe ricevuto un'involontaria risposta entro pochi attimi. Quel breve attimo di amicizia, se così si poteva definire, tra le due ragazze fu bruscamente interrotto dal rumore di una porta scardinata, che impattò con violenza contro il terreno, seguita da una donna di mezza età vestita solo con il minimo indispensabile. Mutandoni, calze e corsetto spuntavano tra i drappi strappati di un abito che, in origine, sembrava chiaramente di ottima fattura, ma la persona a cui erano legati sembrava aver visto tempi migliori. E non solo metaforicamente. La sua espressione era segnata dall'orrore, tutto ciò che usciva dalle sue labbra mentre capitolava in fondo alle scale e si trascinava via dalla sua dimora, purtroppo, era una massa di parole incomprensibili, cariche di paura, mentre i suoi occhi viaggiavano verso l'uscio che aveva appena varcato. Una sagoma scimmiesca con due grossi occhi gialli fece capolino per un attimo, come se si stesse preparando a continuare l'inseguimento, ma non appena vide le due improbabili mercenarie, non esitò a tornare dentro alla casa, come se fosse stata allarmata da qualcosa. Peccato che per la sua vittima non sembrasse esserci sollievo...




    Ormai solo la debole luce della luna illuminava lo studio, con i mobili in legno pregiato praticamente distrutti, i quadri deturpati, e il padrone dell'abitazione tremante a terra, coperto di graffi. Il suo sguardo era fisso su una figura alta, coperta da un mantello che faceva intravedere ben poco delle fattezze del suo aguzzino, ma anche in quell'oscurità una cosa era certa: stava sorridendo, un sorriso sadico e compiaciuto di tutto ciò che aveva fatto.
    L'incappucciato abbozzò un inchino, tenendo gli occhi fissi sulla patetica forma di uomo che si trovava di fronte a lui, parlando con un tono che voleva sembrare affabile, ma che in realtà era palesemente beffardo.


    -Dunque, spero che abbiate compreso il messaggio. Siete uno dei miei migliori clienti, sarebbe un peccato perdervi così per...

    Il discorso dell'uomo venne interrotto dal rumore della porta d'accesso che si apriva con forza, lasciando entrare un Heartless dall'aspetto scimmiesco che gesticolava nervosamente verso l'atrio. Entrambi i presenti sobbalzarono a quella vista, ma solo uno di loro sapeva cosa significassero quei versi, quelle movenze erratiche: avrebbe preferito portare a termine il suo affare, ma non poteva permettersi di rimanere lì ancora a lungo. Alla fine, aveva raggiunto il suo scopo. Bastava questo.

    -Non ho tempo per dei terzi incomodi. Occupatevene voi.



    Note: Sì, in questo post accadono COSE. COSE a cui voi dovrete reagire. La smetterò di essere misterioso e balle varie, e vi dirò subito che avrò bisogno delle azioni dei vostri personaggi nella discussione di confronto, così che io possa darvi le risposte necessarie per il vostro post, così che possiate andare più a fondo nella tana del coniglio che vi siete trovati tra le mani. A voi la mossa, e ci rivediamo nella discussione di confronto.
     
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    «Ehm... State... State tutti... bene?» la domanda era arrivata così, dal nulla, giusto leggermente puntualizzata da un cazzo di ruggito spaccatimpani da parte del lucertolone tutto denti e simpatia.
    Certo che stava bene, con chi diavolo credevano di avere a che fare? Per mettere i piedi in testa a Skorr'lathyem ci volevano ben più di qualche stronzetto peloso che balla la Macarena intorno a un falò!
    «Tutto a posto.» si limitò a rispondere, nel tono più neutro possibile, mentre la canzone che gli risuonava in testa andava piano piano scemando.
    Quando anche l'ultima eco si era smorzata nei meandri della sua scatola cranica, la trasformazione si sciolse, lasciando Skorr'lathyem quasi completamente nudo, se non per la propria giacca di pelle e una striscia di jeans che gli copriva, in maniera tattica, l'Inflessibile.
    «Sì, tranquilla, tutto ok» anche Rossa Malpela rispose quietamente alla domanda di Bombe Girl, ma mentre Skorr'lathyem l'aveva fatto per darsi un'aria di mistero e mostrarsi distaccato, nel caso della rossiccia si trattava sicuramente di una qualche fisima da tipica ragazzina di primo sangue! Oh, quanto adorava quella dolce e melliflua misoginia che la società odierna, prettamente patriarcale e sciovinista, gli aveva inculcato fin dal giorno in cui aveva ottenuto un corpo.
    Qualcosa non andava, qualcosa che l'orecchio fine di un musicista percepì quasi subito. Un rumorino strano proveniva dall'interno della bottega dalla quale prima erano uscite alcune di quelle scimmie. Taluni maldicenti avrebbero potuto dire «Ma Skorr, è soltanto un rumorino!», ma aveva detto la stessa cosa il capitano del Titanic, «Ma no, ma no, è solo un rumorino... da niente!» e sappiamo tutti com'è andata a finire, tra scene di sesso in un auto, gente che viene dipinta nuda e Celine Dion che corrode i testicoli.
    «Tanto vale.» sputò.
    A lunghe falcate s'avvicinò alla bottega e, con la stessa dolcezza con cui si schiaffano 100 munny tra le chiappe di una madre single ventitreenne che fa poledancing in uno strip club di quintultimo ordine per potersi permettere eroina e pannolini, Skorr'lathyem ne scardinò a calci la porta. L'unico rumore che ne accompagnò la caduta, oltre all'ovvio casino che fa una porta di legno che cozza contro la dura terra, era un borbottio infastidito alle sue spalle. Dieci a uno era la rossa.
    Ah ha! Ecco la fonte del fantomatico rumorino, un povero cristo rimasto incastrato sotto le macerie.
    Non che gliene fregasse molto, ma quel lamento gli dava non poco fastidio. Bu hu hu, sono intrappolato qui sotto, bu hu hu, qualcuno mi aiuti. Allora, stronzo, o ne esci da solo, o stai zitto e aspetti che la morte sopraggiunga, è così che funziona il mondo. I lamenti erano tutti uguali: Oh, sono troppo giovane per morire; Oh, non ho ancora fatto questo; Oh, ma perché proprio ora che potevo fare quest'altro; Oh, qualcuno mi salvi che non ce la faccio da solo.
    Sempre la stessa egoistica canzone.
    Che valore ha, salvarsi, se è in virtù di qualcun altro? Se l'unico modo che hai di sopravvivere è attraverso l'aiuto di qualcun altro, se questo qualcun altro non esistesse, tu saresti morto. In conclusione, la tua esistenza mantiene il suo significato solo in funzione di questo qualcun altro. Ergo, è come se in realtà, tu fossi già morto.
    Skorr'lathyem non accettava questo tipo di compromessi. Se stava per morire di fame, rubava, mentiva. Non si faceva dare le cose, se le prendeva, con la violenza se necessario. Per questo, lui continuava a vivere. Perché la sua esistenza era resa possibile non da un qualcosa di esterno a sé, ma da sé stesso medesimo. Anzi, privando gli altri del loro sostentamento, Skorr'lathyem sentiva di vivere ancora più intensamente, come se stesse vivendo anche la loro parte di vita.
    Toh, un braccio spuntava, la mano era chiusa a pugno.
    Il tizio era morente, enormi quantità di calcinacci e travi l'avevano schiacciato ben bene come una focaccina. Quindi, non sarebbe dispiaciuto a nessuno, se Skorr'lathyem gli avesse aperto una mano e si fosse intascato qualsiasi cosa ci fosse al suo interno, no?
    Il tizio cominciò a stringere come un disperato.
    «Ah, quindi le forze per stringere sta cazzo di mano le hai, ma per tirarti fuori da lì no?» digrignò sommessamente. Intanto, una cantilena cominciò a risuonare da sotto quel cumulo di detriti.
    «Non ho creduto... Io... Non ho creduto.»

    A cosa non aveva creduto? Quali misteriosi intrighi e colpi di scena attendevano i nostri eroi e quel pezzo di merda di Skorr'lathyem? Skorr'lathyem riuscirà a sopravvivere e, possibilmente, sbronzarsi? Questi e molti altri quesiti... dovranno aspettare.


    24-05-2016, 19:06 - Aggiunto finale
    04-06-2016, 12:48 - Aggiunto iSkorr.
    04-06-2016, 14:54 - Sostituito vecchio modello dell'iSkorr, con uno con la funzione per creare playlist! Offre la ditta.


    Edited by Skorr'lathyem - 4/6/2016, 14:55
     
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    Il ruggito la raggiunse, violento, profondo, capace di far tremare i vetri degli edifici che li circondavano, non fosse stato che erano già stati tutti distrutti. Una smorfia dipinta sul volto, strinse gli occhi, sopportando in silenzio quel rumore in apparenza abbastanza potente da spaccarle i timpani. Capiva la gioia per la vittoria, ma sarebbe stato da stupidi credere che avrebbero combattuto solo quel spaurito gruppo di primati, quella notte: era presto per esultare.
    «Ehm... State... State tutti... bene?»
    La corvina, esaurito l'entusiasmo del suo bluastro compare, si rivolse a loro, la voce tinta da una nota di incertezza. Nessuna ferita, per quanto la riguardava. Forse solo un leggero senso di spossatezza per l'energia che la magia le aveva richiesto, ma per il resto tutto bene.
    «Tutto a posto.»
    Voce atona, priva di una qualunque nota di esultanza o di emozione, Skorr'lathyem rispose, tornando lentamente al suo aspetto più “normale”. Era un po' tardi per cercare di darsi un contegno o fare il misterioso, sopratutto quando si era vestiti solo di una giacca in pelle e un fascia di tessuto a coprire l'inguine. Una seconda smorfia accompagnò l'abbassarsi delle sue palpebre, mentre si voltava ad osservare qualunque cosa non fosse l'uomo.
    «Sì, tranquilla, tutto ok.»
    Con tono gentile, rispose anche lei alla domanda della compagna, la smorfia trasformata in un sorriso d'occasione che sperava riuscisse a far capire che la domanda e la preoccupazione a loro riservate erano state gradite. Non sarebbe stato male conoscerla meglio, una volta finita la missione… Al contrario di Egeria, lei sembrava più aperta e disponibile a una conversazione. Presa dai suoi pensieri, la osservò meglio per un secondo, esaminando, tentando di non farsi notare, la sua tenuta e il compagno che l'accompagnava, concentrandosi unicamente su di esse. Indubbiamente sembrava la più esperta del gruppo, se si doveva parlare di combattimenti, anche se, in fatto di pura potenza, probabilmente era l'uomo il più forte tra loro. Tutto sommato, se doveva dare un giudizio inerente solo l'efficienza nel combattere, poteva dirsi più che soddisfatta. Erano buoni compagni, sul campo di battaglia. Il fatto che fossero usciti incolumi da quel primo scontro ne era la dimostrazione.
    «Tanto vale.»
    Perplessa, riportata alla realtà, si voltò verso l'uomo. “Tanto vale” cosa? Ampie falcate, il fermarsi davanti a una delle porte da cui erano usciti gli Heartless, uno schianto. Con un calcio Skorr'lathyem aveva abbattuto la porta che si trovava di fronte a lui, entrando nell'edificio. Un borbottio, un qualcosa a metà tra l'esasperato e l'indignato, uscì dalla sua bocca. Non voleva saccheggiare quel luogo, vero?
    La mano sull'elsa della spada e la voce già pronta, ignorando i resti dei corpi bruciati sparsi per la piazza, lo seguì all'interno del locale. Non voleva affrontarlo, non dopo averlo visto in quell'altra forma, non dopo averlo visto combattere, non quando sapeva avrebbero dovuto affrontare altri nemici, ma non avrebbe accettato nemmeno di restarsene ferma a osservare quel lurido essere privare i sopravvissuti di quel poco che si era salvato dalle fiamme.
    Lo vide immediatamente, appena entrata, chino sulle macerie, chino sull'uomo intrappolato sotto di esse. Lo stava… liberando? Piena di vergogna lasciò la presa sull'elsa, abbassando il capo mortificata. Che stupida. Si era fatta influenzare troppo dai pregiudizi e dalle prime impressioni. Certo, era volgare, rozzo, totalmente privo del concetto di igiene personale e più simile a un mostro che a un umano, quando combatteva, ma, forse, il marcio si trovava solo fuori, incrostato sui vestiti.
    Un mugugno, un rantolo di disperazione e dolore; proveniva dall'uomo incastrato sotto i detriti.
    «Ah, quindi le forze per stringere sta cazzo di mano le hai, ma per tirarti fuori da lì no?»
    Con un borbottio infastidito la voce di Skorr la raggiunse. Che stupida. Cosa stava facendo ancora lì ferma, impalata poco oltre il vano della porta? Avrebbe dovuto aiutare i due. I muscoli irrigiditi, i passi veloci e la mortificazione palese sul volto, si avvicinò.
    «Non ho creduto... Io... Non ho creduto.»
    Un rantolo, una cantilena disperata uscì dalle labbra dell'uomo. Era anziano, le labbra screpolate, spaccate in più punti, facevano capolino sotto una barba riccia, folta, striata di grigio e bianco.
    Non importava cosa avrebbero fatto: era palese che non aveva alcuna speranza. Un leggero senso di nausea a stringerle lo stomaco, bloccando i suoi movimenti, impedendole di fare alcunché. Presto sarebbe morto e loro erano le ultime facce che avrebbe visto prima di passare oltre. Non il conforto di un parente o di un amico. Solo una ragazzina, un uomo svestito ed una donna in armatura. Senza nemmeno realizzare quello che stava facendo, si inginocchiò sul terreno, stringendo con delicatezza la mano chiusa dell'uomo. Era callosa, ruvida, segnata da cicatrici e calli che solo un duro lavoro manuale poteva aver causato.
    «Stia tranquillo, non importa: andrà tutto bene.»
    Un sorriso tremulo sul volto, esattamente come la sua voce, tentativo, miseramente fallito, di essere rassicurante, si rivolse all'uomo. Patetico. Non sapeva quello che stava facendo. Il suo corpo era rigido, completamente privo di sicurezza e i suoi movimenti erano impacciati, privi di sicurezza. Patetico e stupido. Sapeva che, se fosse stata nella situazione dell'altro avrebbe voluto qualcuno vicino, prima di morire, qualcuno che le desse un qualche sostegno di fronte alla paura del vuoto e di qualunque cosa ci fosse dopo. Temeva lei la morte? Sì.
    «Non ho creduto... Il padre...»
    La gola era secca e le parole non uscivano. Non era lei la persona più adatta ad aiutare qualcuno in punto di morte. Con una punta di ansia nello sguardo, si voltò un secondo verso i suoi compagni, cercando consiglio. Senza attendere una risposta, si girò nuovamente verso l'uomo.
    «Il padre...»
    La sua voce si spezzò. Non conosceva il credo di quell'uomo, non conosceva quell'uomo. Non conosceva la sua vita, la sua cultura, se aveva famiglia, amici o se era solo come un cane. Come poteva rassicurarlo in una situazione simile? Era stupido e si stava solo facendo del male.
    «Dal sangue... nero...»
    Un ultimo rantolo, una goccia di sangue che usciva dall'angolo della labbra e poi il silenzio. Le dita persero forza, aprendosi, rivelando l'amuleto che avevano stretto fino a quel momento. In silenzio, lasciò la mano dell'uomo.
    Il capo chino, si alzò in piedi.


    Urgh, scusate per il post un po' di merda. Nei prossimi giorni potrei modificare qualcosa.
     
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    Alle risposte, più o meno comprensibili, dei compagni Sheil si rassicurò. A quanto pareva tutti sapevano difendersi con successo.
    Sempre tenendo il Windtalker stretto tra le mani, lo sguardo le si posò nuovamente sui corpi carbonizzati dei cittadini e, poggiandosi l'indice e il medio della mano destra sul petto, raccomandò silenziosamente le loro anime agli Antichi perché riposassero in pace.

    Roth'raku, d'altro canto, si era voltato e fissava intensamente un edificio lì vicino con le zanne scoperte e un debole ringhio che gli saliva dalla gola.

    -C'è qualcosa là dentro.-

    Prima che la ragazza potesse replicare con un "Non ho sentito nulla", Skorr si diresse a gran falcate verso la porta di legno che ancora miracolosamente restava in piedi, tirandola giù con un calcio.
    Sheil fissò per un secondo a occhi aperti il moncone che ora era la porta, incredula. Quanta violenza aveva in corpo quello?
    Ayleia non aveva invece perso tempo. Mano sulla spada, aveva subito seguito Skorr, cosa che Sheil e Roth'raku si affrettarono a fare.

    All'interno, come era prevedibile, tutto era stato ridotto a macerie fumanti dagli Hearthless. Una figura, però, era distesa sotto ai resti di quello che doveva essere una bottega o una casa. L'uomo era prossimo alla morte, e solo un rantolio continuo e incessante usciva dalle sue labbra.

    «Ah, quindi le forze per stringere sta cazzo di mano le hai, ma per tirarti fuori da lì no?»

    Perché si sarebbe dovuta stupire, ormai? Quel bestione aveva il tatto di un elefante al galoppo, era risaputo. Al contrario delle sue parole, le sue azioni furono di più grande aiuto: mise a buon uso la sua forza, e cercò di liberare il poveretto da dove era rimasto incastrato.
    Ayleia si era inginocchiata davanti all'uomo e cercava di consolarlo.

    «Stia tranquillo, non importa: andrà tutto bene.»

    Parole vuote. Certo che importava, certo che non sarebbe andato tutto bene.
    Non volendo affollare troppo l'area intorno al morente, Sheil si limitò a avvicinarsi con la mente, inviando sentimenti di calma che le parole non avrebbero potuto trasmettere. Nel frattempo cercò di raccimolare quante più informazioni dai ricordi del fabbro, frugando come possibile in cerca di qualche indizio su cosa potesse essere successo.

    Tra sentimenti di paura, dolore e disperazione solo un'immagine era abbastanza chiara da esserle visibile. Fiamme, fiamme ovunque. Ma non fiamme qualunque, fiamme magiche, dal tono azzurro che avvolgevano tutto. Altri Hearthless completavano il tutto, danzanti e ghignanti.
    Unica figura di spicco, tra fuoco e distruzione, era un uomo incappucciato ma con gli inconfondibili occhi dorati tipici delle creature delle tenebre.

    -Humpf, ecco il capobranco- parole dette con disprezzo dal drago.
    -Già... Ovviamente, creature animalesche come sono queste non si sarebbero mosse senza una mente superiore a guidarle...-

    «Non ho creduto... Il padre...»

    Sheil'heit era quantomeno confusa, a quel punto. Il padre era forse quell'uomo che aveva visto nei ricordi del fabbro? Forse lo aveva minacciato e, imprudentemente, non gli aveva creduto? Non aveva creduto alla sua esistenza?

    «Dal sangue... nero...»

    Il padre dal sangue nero? Si trattava di un Hearthless allora?
    Le parole si spensero con un rantolio, e Sheil'heit raccomandò anche questa nuova anima alle cure di Ras'on con movimenti lenti e tristi, per poi uscire dall'edificio senza una parola e senza notare il pendente che aveva avuto tra le mani il morto.
     
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    Lo sbattere improvviso di legno su roccia ruppe la quiete surreale. Egeria alzò di scatto il capo, allarmata: la porta della villa era stata scardinata con violenza e giaceva ora, spezzata, sul pavimento. Miriadi di schegge bianche avevano invaso il giardino già sfigurato dall'infuriare della battaglia.
    Una donna era uscita dall'edificio. Sulla cinquantina, terrorizzata; correva incespicando, come stesse scappando da qualcosa. I suoi abiti erano stati strappati e solo pochi lembi chiari aleggiavano ora sopra al corsetto di fattura raffinata. Si guardò indietro più volte, come a volersi accertare di aver seminato il suo inseguitore.
    Solo allora, seguendo lo sguardo della donna, Egeria lo vide: l'ennesimo heartless primate. Si era bloccato poco prima dell'uscio, gli occhi gialli rilucenti nella penombra.
    Il pensiero di Egeria corse subito al Kervion, sulla difensiva. La sfera grigia vibrò e rumoreggiò accanto alla sua testa mentre prendeva una forma appuntita, pronta a scattare. Ma l'heartless aveva già notato lei e Flan e, forse intimidito, rifuggì all'interno.
    Egeria corse verso la donna, ormai a terra. Balbettava parole che non riusciva a comprendere, forse distorte dal terrore. Senza pensare alla situazione e alle conseguenze, Egeria fece per tendere le mani verso di lei. Voleva aiutarla, farle capire che fosse fuori pericolo.
    Ma la donna si ritrasse di scatto, come se a toccarla fosse stato un fantasma. Egeria, di riflesso, fece lo stesso, quasi spaventata dal terrore profondo che, in un istante di scontro di sguardi, aveva letto negli occhi scuri della nobile.
    «No...» biascicò lei a fatica, «no, per favore, non fatemi del male anche voi!»
    Egeria cercò di imporre lucidità ai suoi ragionamenti e alle sue reazioni. Calma: La donna era chiaramente sotto shock. Non poteva pretendere che si fidasse di lei incondizionatamente dopo tutto ciò che aveva vissuto. «Non vogliamo farle del male» rispose quindi, simulando una sicurezza che, certo, non dovettero trasmettere il tono incerto e lo sguardo atono. «Siamo qui per uccidere gli Heartless». La verità e niente di più. Forse sarebbe bastata a calmarla.
    Ma il volto di lei si colorò d'esitazione. «Heartless... no... mio marito... quell'uomo è da mio marito!» terminò gridando.
    Egeria spostò lo sguardo da lei alla villa, alle sue numerose finestre opache; non vide movimenti, né udì suoni. «Suo marito? È ancora all'interno?»
    Flan le aveva raggiunte. Egeria la guardò di sottecchi, seria in volto: doveva assicurarsi che non facesse nulla di azzardato. Nell'istante in cui lo pensò, vide un'enorme spada comparire nella mano destra della bambina: un enorme, affusolato pezzo di ferro rosso, là dove prima non c'era altro che aria.
    Servì tutto il suo autocontrollo per evitarle di reagire in modo istintuale e, probabilmente, ostile. Aveva paura di Flan: negarlo era infantile, ormai. Un gesto simile, senza preavviso, poteva presagire tutto.
    Ma Flan si limitò a sbuffare e ad appoggiare l'enorme spada sulla spalla. I muscoli di Egeria si rilassarono, il Kervion, di nuovo in allarme, smise di vibrare.
    «Beh, io vado ad ammazzare quella scimmia». E detto ciò, senza attendere conferme o approvazioni, sia avviò verso l'uscio. «SCIMMIAAA STO VENENDO A PRENDERTI!»
    Egeria la seguì con lo sguardo, incapace di fare altro. Lasciare che Flan andasse in giro da sola poteva essere molto, troppo pericoloso. Specialmente se il marito di quella donna era davvero ancora all'interno dell'edificio. Eppure non la fermò. Dopo pochi secondi, la bambina era sparita oltre la prima rampa di scale, il vestitino che rimbalzava allegro ai ritmi della camminata spedita.
    Un respiro che precede la parola attirò altrove l'attenzione di Egeria: la donna stava per parlare, pugni stretti, come in preda a un attacco di rimorso misto a rabbia. «Non abbiamo pagato il nostro debito... non pensavamo che sarebbe tornato a riscattarlo così!»
    Le urla della donna non facevano altro che aumentare il disagio di Egeria: non aveva idea di come dovesse comportarsi in una situazione simile, e i rumori forti laceravano la sua già effimera freddezza decisionale. Mille pensieri si accavallavano nella sua mente, ma nessuno riusciva a prevalere sugli altri. Le sue mani iniziavano movimenti nervosi per poi interromperli a mezz'aria, le sue sopracciglia si alzavano e abbassavano, la sua bocca si schiudeva, illusa di poter dire qualcosa, solo per richiudersi l'istante successivo.
    Rumore dall’alto di una finestra che si apre. Egeria non fece neanche in tempo ad alzare lo sguardo che una voce familiare, urlante, totalizzò la sua attenzione. «ATTENTI DI SOTTO!»
    Non fece in tempo a chiedersi a cosa si riferisse. Vide solo un lampo rosso cadere da una finestra in lontananza: Flan aveva gettato la spada; e questa, cadendo a velocità disumana, spaccò il piastrellato conficcandosi nel terreno.
    Alzò lo sguardo, sempre più confusa da quanto la bambina avesse fatto e stesse per fare; ma la massa di capelli biondi e il cappellino erano già spariti nel buio lontano della stanza.
    Ormai rassegata di fronte all’assurdità degli eventi, Egeria sospirò. Doveva almeno tentare di calmare la donna; o, se non altro, di capire cosa stesse succedendo dentro quella villa. «L'uomo con il quale avevate questo debito è ancora qui? Chi è?»
    La donna cominciò a piangere e a balbettare. «Il padre dal sangue nero... non dovevamo immischiarci in quel genere di stregoneria!»
    Il Padre del sangue nero? Stregoneria? Egeria si massaggiò l’interno dei palmi con le dita. Quindi c’era davvero un essere umano, dietro l’assalto degli Heartless. Quelle scimmie non stavano razziando la casa per loro interesse; stavano seguendo gli ordini di qualcuno. E a giudicare dall’affermazione precedente della donna, l’ordine era quello di riscuotere un debito.
    Passi di scarpette sul legno. Flan era già riscesa. Egeria si voltò verso di lei, pronta a chiederle cosa avesse trovato; ma quello che vide le bastò.
    «Parlate troppo per i miei gusti» stava intanto sbottando la bambina, come se l’uomo adulto che si stava portando in spalla non fosse poi così fondamentale ai fini della situazione. «E non dite niente di importante».
    Per un istante, Egeria credette che fosse morto. Tuttavia, quando Flan lo poggiò a terra, l’uomo respirava ancora. Le sembrò di vedere qualcosa di luminoso scivolargli dalla tasca, ma decise di badarci più tardi.
    La donna non fu sollevata alla vista del marito: ancor prima che la bambina lo mettesse giù, era già scoppiata nel pianto.
    Flan la guardò dall’alto in basso. «Si piange solo quando si muore. E quando si è morti non si può piangere. Quindi non si piange». Lo disse quasi con rassegnazione, un tono che Egeria non riuscì a interpretare. Di nuovo, Flan si mostrava una figura ben al di là delle sue capacità di lettura caratteriale: tratti infantili e adulti si alternavano in lei con una sequenza che aveva del caotico.
    Decise di allontanarsi dalla donna. Non sembrava in grado di rispondere a nessun’altra domanda, e ogni tentativo di approccio sembrava futile. Nonostante i vestiti strappati, non sembrava ferita: quando il marito si sarebbe svegliato avrebbero trovato il modo di cavarsela.
    Decise di spostare la sua attenzione all’oggetto caduto poco fa. Lo individuò, lo raccolse e se lo rigirò tra le dita: era una piccola riproduzione di un teschio umano, adornato da piccole piume azzurre. Che fosse legato al “padre del sangue nero”? Se lo mise nella tasca della giacca, riproponendosi di esaminarlo meglio in seguito o, se non altro, di mostrarlo al commodoro.
    Al momento, non avevano tempo da perdere. Potevano esserci altri Heartless nei dintorni, nonché altre persone da soccorrere. Si voltò verso Flan, seria in volto, e si alzò. «A parte l’uomo, la casa era deserta? La scimmia che hai inseguito era già sparita?» chiese, attenta a non mostrare esitazioni.
    Flan alzò le spalle e annuì, emettendo un suono acuto di sufficienza.
    Egeria le rispose con una smorfia appena accennata e strinse l’amuleto nella tasca. Sopra di loro, la luna cominciava a velare d’azzurro una notte ormai nera.

     
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  20. Elation
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    Tonf. Girò il capo, giocando con un pezzo di carta stagnola che aveva, per sbaglio, masticato. La porta era saltata. Avrebbe voluto farla saltare lei, mannaggia. Una donna si scapicollò fuori dall’apertura, inciampando nei suoi stessi piedi. “Cibo!” pensò la vampira, saltando in piedi. Poi guardò Egeria; “no, niente cibo”. Gonfiò appena le guance, delusa, e morse ancora il pezzettino di stagnola, posizionandoselo sulle labbra con la lingua, facendoselo scivolare giù sul mento, a mo’ di pizzetto. Poi vide la scimmia. I suoi occhi brillarono. Sì, bello, bellissimo! Poteva ammazzare lei! Al diavolo la donna, poteva comunque trovare il tempo per divertirsi. Si leccò le labbra, il suo pizzetto improvvisato volò via dalla sua posizione. Pronti? V-
    La scimmia, così com’era apparsa, stava tornando dentro. Sentiva i suoi piedini ridicoli percorrere gli scalini. Spostò lo sguardo annoiato sulla compagna di squadra, ora unico elemento degno della sua attenzione. La guardò avvicinarsi in fretta alla donna, Flandre la seguì con le mani dietro la testa, roteando gli occhi, ciondolando svogliata.
    «No… no, per favore, non fatemi del male anche voi!»
    «Sei fortunata che non ho più tutta la fame che avevo prima,» borbottò la bambina. Spostò gli occhi da loro due alla villa. Hm. La scimmia era lì dentro e chissà con quante altre. Avrebbe potuto buttare giù la villa; nessun Heartless sarebbe sopravvissuto ad un crollo di quelle dimensioni. Ancora meglio se a far crollare il tutto fosse stato un incendio.
    «Non vogliamo farle del male,» oh davvero? “Parla per te, Gigia”. «Siamo qui per uccidere gli Heartless».
    Sì e se ci fosse scappato qualche morto dotato di carne e pelle attaccate alle ossa, sicuramente Flandre non avrebbe disdegnato. Stava morendo troppa poca gente, per i suoi gusti. Stare lì a perdere tempo non era esattamente la sua attività preferita; quella donna piagnucolava, Gigia sembrava più interessata a lei che non al vero obiettivo della missione e chissà quanto altro sterminio e distruzione avrebbe potuto portare avanti se solo si fossero allontanate da quella villa.
    «Heartless... no... mio marito... quell'uomo è da mio marito!»
    E allora? Alzò un sopracciglio e corrucciò le labbra, poco interessata.
    «Suo marito? È ancora all'interno?»
    Era così importante? Gettò un’occhiata di sufficienza alla sua compagna: faceva proprio schifo, come cremenaria. Solo lei, lì dentro, sapeva come cermenarizzare. Oh be’, probabilmente era meglio così.
    Disegnò un arco a mezz’aria con la destra, in un lampo di luce la Laevateinn si materializzò amichevolmente pesante nel suo palmo. Se l’appoggiò sulla spalla corrispondente, dondolandola un po’, giocando con le dita sull’impugnatura. Sbuffò annoiata. Doveva fare tutto lei, come sempre.
    «Beh, io vado ad ammazzare quella scimmia», dichiarò, incamminandosi verso la porta. Erano lì per uccidere gli Heartless, quanti più Heartless avesse ucciso, più grande sarebbe stato il suo premio, aveva deciso. Quindi, perché perdere tempo così? Superò l’uscio. «SCIMMIAAA STO VENENDO A PRENDERTI!»
    Un passetto alla volta, inforcò la scalinata, lasciandosi Egeria alle spalle. Aveva urlato appositamente da dentro; nel caso ci fosse stato qualcuno al piano terra, avrebbe sentito dei suoni, una risposta. Le sue orecchie non captarono nulla, se non il picchiettare delle sue scarpette rosse sul legno e l’oscillare della sua spada sulle spalle. Gli scalini scricchiolavano. Non c’erano respiri pesanti, non c’erano fruscii, non c’era scalpiccio, nonostante avesse chiaramente visto quell’Heartless entrare e non uscire. Sentiva chiaro e tondo la donna che parlava da fuori, unico suono. Che se ne fosse andato? Che fosse scomparso? “Quell’uomo è con mio marito”. Doveva aspettarsi qualcun altro, senza dubbio. Arrivata in cima alla scalinata, si accucciò sulle quattro zampe, una mano fissa sull’impugnatura della Laevateinn, sempre salda sulla sua spalla. Il suo avanzare si fece silenzioso, ovattato. Tese le orecchie, annusò l’aria. Niente di particolare attirò la sua attenzione. Quella gente era piena di soldi, non era strano che sentisse acqua di colonia e puzza di damerino, lì dentro. Ma non… non c’era nulla ad attirare la sua attenzione.
    Con la sinistra diede un colpo strategico contro il pavimento, un tonfo di avvertimento mentre si muoveva silenziosamente. Aspettò, ascoltò. Nessuna reazione. In quel luogo non c’era nessuno, decise. Si rialzò in piedi, prendendo un lungo respiro, frustrata che nessuna delle sue aspettative fosse stata soddisfatta. Tutto ciò era ridicolo. Cominciò a passeggiare per il corridoio, affacciandosi ad ogni stanza, alla ricerca, se non altro, del marito che la donna aveva detto essere rimasto dentro. Credenze, tappeti, tavoli rovesciati, sedie. Poco altro. Inforcò l’ultimo uscio, una biblioteca in legno, qualche libro precipitato, aperto sul pavimento e un uomo disteso con la faccia riversa sul legno. Si voltò di scatto, entrambe le mani sull’elsa della spada, aspettandosi un attacco alle spalle, nonostante avesse appurato, già in precedenza, quanto fosse vuota quella casa. Abbassò immediatamente l’arma. Qualche quadro, un divanetto, tavolini bassi. Di fronte a lei, una fila di finestre.
    Sospirò ancora, seccata. Si accucciò vicino all’uomo, appoggiando a terra la Laevateinn, sistemandosi il vestitino nella piega delle ginocchia e appoggiando entrambe le mani su di esse. Mandò giù un grumo di saliva e fece schioccare la lingua contro il palato.
    «Senti,» cominciò, rivolta all’uomo a terra. «Io ti tiro fuori di qui, ma tu ti fai dare un morsetto e non fai storie,» propose, soppesando l’offerta, fin troppo vantaggiosa per lui e troppo poco per lei. Ma anche quello rientrava nel suo nuovo lavoro di cremenaria.
    Non ricevette nessuna risposta. Che fosse morto? Si avvicinò con il viso al suo, appoggiando le mani sul pavimento. Sentiva il respiro, lento, regolare. No, era vivo. Svenuto.
    «Be’, sai com’è. Chi tace acconsente.»
    Avvicinò un braccio, si leccò le labbra. Spalancò le fauci con lentezza, apprezzando persino la distanza tra lei e il suo pasto. Si fermò poco prima di affondarvi i denti. Sì, e poi come l’avrebbe spiegato ad Egeria, che l’avrebbe attaccata con la sua maledetta magia? Non voleva finire impalata. Però la situazione era così perfetta, l’occasione del secolo. Stava facendo del bene E poteva mangiare nel mentre. Quando le sarebbe ricapitato?
    Combattuta, ringhiò a se stessa. Si rimise in piedi con uno sbuffo, recuperando la sua spada e trascinandola sul legno, la punta che grattava a tracciava il suo percorso; pestò verso una delle tante finestre e aprì le imposte. Guardò giù. Bene, Gigia e signora semi nuda erano distanti da lei. Decentemente distanti. Salì sul davanzale della finestra.
    «ATTENTI DI SOTTO!»
    Tenendosi salda al riquadro della finestra, ruotò la spada e la scagliò giù, in picchiata perfetta verso le pietre del cortile. Fece un passo indietro, smontando dalla sua posizione. Guardò l’uomo e si diede una strofinata alle mani.
    «Sarà meglio che ringrazi Gigia, se quando ti risveglierai avrai ancora tutte e due le braccia.»
    Se lo caricò in spalla dopo un “Ohh issa!” e inforcò la scala. Non era tanto il peso di quell’uomo, a darle fastidio, quando il fatto che i suoi maledetti piedi continuassero a grattare contro il legno e a sbatacchiare ad ogni gradino. Tonk, tonk. Si sentì persino sollevata quando arrivò in fondo alla rampa. Nel frattempo, cercando di distrarsi, aveva ascoltando la donna che piagnucolava fuori. Quegli umani non sapevano fare altro che frignare. Come quella bambina e sua sorella a Radiant Garden. Come quei marmocchi rimasti soli dopo gli attacchi alla città. Ma shh, nessuno doveva sapere da che parte aveva combattuto lei, in quell’occasione. Inforcò la porta. Egeria la guardava. “Ciao, Gigia”, fu tentata di salutarla, ancora, come se non si fossero viste da un po’, ma quel continuo frignare le stava rovinando l’umore e, piuttosto che ringhiare involontariamente in direzione della sua compagna, decise di sfogare il suo fastidio in un sospiro spazientito.
    «Parlate troppo per i miei gusti,» brontolò, issandosi meglio sulle spalle il peso morto dell’uomo svenuto; «E non dite niente di importante.»
    Scese la breve scalinata e si liberò di quel carico cercando di essere delicata. In fondo, era pur sempre un pezzo di quella sua missione, una prova, immaginò. Non le interessava minimamente che quel tizio si salvasse, le interessava solo ricevere il suo premio. Allo stesso tempo, sperava che non mancasse molto. Tutta quella situazione stava mettendo a dura prova la sua poca, pochissima pazienza.
    La donna scoppiò in un pianto a dirotto, non appena gettò lo sguardo sul marito. Come volevasi dimostrare: volevano distruggerla, la sua pazienza. La bambina si accigliò e assunse un’espressione di disprezzo.
    «Si piange solo quando si muore. E quando si è morti non si può piangere.» commentò, atona. “Ma guarda te se devo insegnare io a ‘sta gente come funziona il mondo”. «Quindi non si piange.»
    Piangere era per i deboli, ancor più piangere in pubblico. Osservò Egeria chinarsi su un gingillo caduto sul pavimento. “Pacchianissimo”, giudicò. Piume azzurre, un teschio umano a tenerle fisse. Sembrava guardarle. Prima di raccogliere la sfida di quello sguardo vuoto e spaccare il gioiello dopo averlo rubato dalle mani della compagna, Egeria decise di metterselo in tasca, senza troppe cerimonie. Meglio. Flandre si incamminò verso la sua spada, piantata perfettamente verticale tra due dei tanti mattoncini grigi del viottolo. Aveva fatto un ottimo lavoro. La sbloccò e la impugnò nuovamente.
    «A parte l’uomo, la casa era deserta? La scimmia che hai inseguito era già sparita?»
    Si voltò a guardare Egeria. Curiosa, eh? Alzò le spalle con noncuranza, annuì ed emise uno sbuffo acuto, disinteressata. Poteva aspettarselo, in fondo. Sarebbe stato troppo facile, altrimenti.


    Mi scalo quei quattro AP dell'evocazione, non preoccupatevi. Ora vado anche a farle il coso stat del post prima, Totally forgot.

    Energia Totale: 84 - 4 = 80%


    Edited by Elation - 12/6/2016, 19:23
     
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