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  • Le Sailor Starlights ci fanno una pippa (MD)
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  • Botte e Saffismo sul Titanic del Trash. (Azrael)
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  • Solo uno (Frenz)
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  • 50 Shades of Kingdom-gelion (Ice_Varna)
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Prima edizione

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    Ok, forse sarete confusi. La prima parte è a cura di dama Rhae (la cui attuale identità su forumcommunity è celata nelle tenebre più fitte), la parte delle regole è... bhe, mia. A voi.

    Pulcre pulzelle e inutili portatori di cromosoma XY, adorabili overlord pelosi, quest’oggi siamo tutti riuniti adassistereall’avvincente giostra verbale combattuta tra ben sei nobili cavalieri, ognuno desideroso di accaparrarsi il favore della Meravigliosa Sottoscritta, Dama Rhaegar. Potreste aver udito il mio nome preceduto dall’apposizione “strega”, ma non prestate orecchio alle malelingue! Non sono cattiva quanto si dice. Forse. Ma bando alle ciance, sono certa non stiate nella pelle di celebrare i baldi giovani disposti a sottoporsi a una simile, terrificante impresa!
    Sì, ok, so che ve lo state domandando: il nostro beneamato founder è proprio il ragazzone il cui maglione rosa reca ricamato un imbarazzante, gigattesco “MICIO”. Mi chiedo chi possa averglielo amorevolmente lavorato all’uncinetto – perché di certo ha l’aria di qualcosa ricamato molto amorevolmente.
    Un certo Detective Misterioso, graziose mutandine femminili usate a mo’ di stendardo, lucida il suo scintillante spadon– nah, non mi pagano abbastanza per scrivere simili porcate.
    Sir Azrael regge affettuosamente tra le mani uno dei Nostri Signori Felini,replicando l’intro di un ben noto lungometraggio animato. Mi sembra abbia appena detto… “Praise the cat”?
    Anima artistica, il Maestro siede meditabondo, la mentre di certo proiettata verso un prossimo, magnifico capolavoro; pensate che,pur di impedirgli di tracciare compulsivamente cerchi perfetti sulla sabbia, lo staff è stato costretto a sedarlo! Ergo non fate caso allo sguardo trasognato e agli occasionali “Johj” da lui emessi.
    San – wait, San chi?
    Scudiero Pagos sembra confuso, ma in fondo, gentile pubblico, sappiamo tutti che il più tenero Pagossino di sempre non ha alcuna possibilità se sbattuto in compagnia dei suddetti rudi guerrieri. La sua preoccupazione è più che giustificata!
    Ma ora sedetevi comodi e recuperate popcorn e bevande: la sfida sta per cominciare! Chi tra questi temibili avventurieri avrà la meglio nel contest più folle a cui il KHN abbia mai assistito?

    Le regole del gioco sono semplici: ogni partecipante della goliardica serata ha scritto tre personaggi, due luoghi e due "situazioni" in dei... "bigliettini elettronici". Il giudice ha quindi preso questi "bigliettini" e li ha mischiati, tenendo i vari gruppi separati. I partecipanti hanno quindi "pescato", a turno, due personaggi, un luogo e una situazione. Lo scopo, ovviamente, era quello di creare una fan fiction con queste basi, senza limiti di tematiche, rating e parole; solo mezz'ora di tempo entro la quale consegnare.
    Signori e signore, quetsi sono i risultati. Troverete, in ordine, il titolo, l'autore, il testo e, in coda, i personaggi, il luogo e la situazione pescati da ogni singolo autore.
    Posto tutto ciò in questa sede perché: a) Sono fottutamente stupende, dalla prima all'ultima e b) Vogliamo anche il parere del pubblico. Vogliamo sapere quale vi è piaciuta di più, aggiungendo così il "voto del pubblico" al già espresso "voto del giudice" (la discussione è, appunto, impostata come sondaggio, per chi volesse partecipare e dirci la sua). Ma, principalmente, è soltanto per condivider col mondo una serata di follia e risate.

    Botte e Saffismo sul Titanic del Trash. (Azrael)

    13 Gennaio 2012. Ore 23 e 12 minuti. 40 km dall'Isola del Giglio. La nostra storia si svolge sulla leggendaria nave da crociera, ora rimasta negli annali della tragica storia di quel paese abbandonato da Giancarlo Magalli che è l'Italia.
    Eppure, in mezzo ai report, alle storie strappalacrime, alle lacrime strappastorie, ed ai plastici di Porta a Porta, qualcosa è rimasto nascosto. Una vicenda mai rivelata al pubblico, qualcosa che doveva rimanere dentro alle cabine metalliche della Costa Concordia.
    Tra portelli e oblò, ci spostiamo all'interno della stiva, nella quale troviamo due figure intrappolate al suo interno. Due belve, due pantere, due veneri. Una non poteva essere descritta in nessun modo se non come: “meravigliosa”. Una donna sulla trentina che SBAM!

    Chi cazzo sta scrivendo sta merda? Donna sulla trentina? Meravigliosa? Fatemi riprendere le redini di questo racconto. Dicevo.
    C'è una donna. Vecchia. Forse esteticamente appetibile se dobbiamo andare a rivederci i canoni di cosa è veramente bello o cosa non lo è, ma andiamo al dunque. Pelle scura, olivastra, vagamente mediorientale, con tratti delicati e femminei, che contornano un paio di grandi, espressivi occhi... gialli? Beh se questo non è inquietante. I lunghi capelli biondo platino erano tenuti in una treccia che sembrava non finire mai, a cadere su un vestito del color del ghiaccio, stretto in maniera tale da non lasciare molto all'immaginazione, riguardo alle curve.
    Questa donna era legata su una sedia, fianco contro fianco con l'altra ragazza, anch'essa legata. Questa era... beh, più appetibile, senza dubbio. Non più alta del metro e sessanta, lunghi, liscissimi capelli corvini tenuti in due code, un volto dai tratti asiatici, quasi da bimba, con due occhi neri ed espressivi. Un vestito da marinaretta ed uno zaino più grande del dovuto, il quale veniva schiacciato sulla sedia di metallo. Ma come potevano essersi ritrovate in una situazione tale queste due figure?

    La vicenda inizia, quindi tenetevi stretti ai braccioli della sedia.
    Una figura esce dalle tenebre, accompagnata da una risata diabolica. Ed eccolo là! Il cattivo generico! Un completo elegante con smoking e pantaloni gessati, una giacca lunga con mantella, un cilindro, un monocolo, capelli lunghi, neri ed oleosi tenuti in un codino, e l'immancabile paio di baffetti lisci e maligni, come due serpenti pronti a mordere una preda dopo averla legata alle rotaie prima del passaggio del treno.
    -MUAHAHAHAHAHAH!-
    Esclamò il Signor Cattivoni, lisciandosi i suoi eleganti baffi.
    -E così sei arrivata qui, mia nemesi, XELSANORT!-
    Disse rivolto alla donna vecchia. Il disprezzo negli occhi del malvagio era più che evidente, ma la donna non abbassò lo sguardo. I suoi occhi gialli si infilarono con arroganza in quelli di Cattivoni, facendolo sobbalzare un attimo. Era legata da corde magiche, ma era comunque un nemico potente.
    -Questo non mi fermerà, Cattivoni! Schettino e questa ragazza qui sono la chiave per ottenere l'X-Blade, e le tue risibili elucubrazioni non si metteranno nuovamente in mezzo ai miei piani!-
    Esclamò con foga Xelsanort, ma senza far notare sofferenza di sorta. La ragazza, intanto, continuava a dimenarsi inutilmente, inconsapevole dell'inutilità del suo gesto, e di quanti panty shot lasciava disponibili.
    -Inutile, Xelsanort! Questa nave affonderà, ho distratto io Schettino, grazie alla mia Stand, e tu andrai a dormire nella cassa di Davy Jones! Meheheheheheh!-
    Xelsanort sorrise, convinta di avere la vittoria in pugno.
    -Tentativo patetico, Cattivoni. Sappiamo entrambi che Schettino è un capitano eccezionale, è impossibile che si faccia distrarre dalla tua stand!-
    -Sottovaluti dunque la mia Stand, “Cabaret Anni 30'”, capace di evocare due cabarettisti ed un pianoforte? Le sue capacità di intrattenimento sono eccezionali! Imbattibili! NO WEAKNESS!-
    Era questa la fine per Xelsanort? No, aveva già un altro asso nella manica, ne aveva troppi, tanti. Come poteva avere tanti assi nella manica? Non vi sembra ingiusto? Beh, inutile lamentarsi con una persona dotata del potere di avere multipli corpi. TUTTI FATTI DI GHIACCIO.
    Due altre Xelsanort sfondarono le casse con un'esplosione gelida, prima di avventarsi brutalmente su Cattivoni, riempiendolo di calci, pugni, mozzichi e discorsi noiosi su Kingdom Hearts.
    -No, maledizione Xelsanort! Come hai fatto?-
    -EH! Non sei degno di una risposta, you never even bothered me aaaanyway!-
    Disse Xelsanort prima di far tagliare la corda ad uno dei suoi corpi, afferrare la giovane donna orientale, e schizzare via dalla nave ormai inabissata, trasportata da un'ondata di gelo.

    Ore 4.20. Xelsanort e la giovane donna osservavano da lontano la nave schiantarsi sullo scoglio, una lacrima gelida che scorre sul volto della seconda.
    -Shumi... vedi, inizialmente eri parte del mio ricettacolo per ottenere l'X-Blade... ma ora sei diventata molto di più per me. Amiamoci teneramente e dedichiamoci a sesso lesbico estremamente intenso.-
    Shumi la guardò, arrossendo imbarazzata. Dischiuse le due giovani, infantili labbra, tentando di dire qualcosa, ma si fermò. Riprovò, prese la forza, e finalmente parlò.
    -あなたが言う性交-

    PERSONAGGI
    -Xelsanorth
    -Studentessa omosessuale giapponese sedicenne
    LUOGO
    -Costa Concordia
    SITUAZIONE
    -Legata fianco a fianco ad una sedia da un cattivo




    50 Shades of Kingdom-gelion (Ice_Varna)

    Zucchero, cannella ed ogni cosa è bella. Questi furono gli ingredienti che il Professor Hazama utilizzò per dare vita alla sua più grande creazione: GODZILLAH!!
    Sfortunatamente per lui, però, la bestiola non solo andò male a scuola –basti pensare che la scriveva con la Q: sQuola- ma nemmeno ad un mese di vita cominciò a darsi al vandalismo! Distrusse tutte le maggiori opere architettoniche della città: il Colosseo, le Torri Gemelle, l’auto dell’ingegner Ugo Fantozzi, e riuscì persino nell’impresa di radere al suolo Ground Zero, che già era piatta di suo, ora era praticamente sottoterra.
    L’ira dei cittadini –almeno, dei pochi superstiti- non tardò ad arrivare e ben presto la loro ira riuscì ad evocare, direttamente dall’Inferno di Dragonball, l’unico vero uomo in grado di combattere testa a testa con un Godzilla: GendoIkari!
    Il prode Gendo si parò di fronte al vandalo inferocito e scatenò la sua aura potentissima per attirarne l’attenzione. Il lucertolone raccolse subito la provocazione e guardò dritto negli occhi il suo sfidante (o piuttosto si girò per chiedere a Gendo perché la gente ce l’avesse con lui, dato che non riusciva mai a parlare con nessuno perché scappavano tutti). Ikari, di tutta risposta, gli scatenò contro il colpo segreto dei cento pugni di Hokuto, eseguendolo con maestria tale che nemmeno KenShiro avrebbe fatto di meglio.
    La creazione del Professore, manco a dirlo, venne subito disintegrata, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di Hazama *insertScrubsSad Music here*

    Passò un po’ di tempo, Hazama e Gendo ebbero occasione di parlarsi e conoscersi meglio e il professore mise da parte il suo rancore perché in fondo Godzilla poteva rifarlo in qualsiasi momento, stando attento a non creare per errore le Superchicche, che avevano la stessa ricetta ma dosi diverse.
    “Gendo, vecchio mio, mi hai salvato dal linciaggio dei superstiti e mi hai fatto incassare l’assicurazione sulla vita di Godzilla, riuscirò mai a sdebitarmi con te?”Ikari guardò dritto negli occhi il suo interlocutore, qualcosa in lui si era acceso e non era di certo il bruciore di stomaco. “A dire il vero…” rispose Gendo. “Sì?” Lo scienziato lo incitò a continuare. “Ci sarebbe qualcosa che puoi fare… ma sei sicuro di essere all’altezza delle mie aspettative?” Ci fu un breve istante di silenzio, poi Hazama rispose, con tono deciso: “Farò qualunque cosa tu desideri.” A quelle parole Ikari si portò le mani di fronte alla bocca e sussurrò “I miei gusti sono molto… singolari”Hazama lo guardò male “Che cazzo mi citi 50 sfumature di grigio?” Ma Ikari aveva già lanciato una bomboletta di gas soporifero.

    Quando Hazama si risvegliò, si ritrovò in una camera da letto vittoriana, con un bel letto matrimoniale a baldacchino che ispira tante porcate.“Oh merda…” Solo allorasiaccorse di essere legato a qualcosa, con braccia e gambeaperte. Osservando meglio la stanza si potevano notare oggetti particolari e dal dubbio uso: dildo vibranti dipraticamente qualsiasi misura, fruste di cuoio spinate, manette di pelo rosa, fucsia e altre 50 sfumature, insomma, guardando bene l’uso di quegli oggetti non era poi così dubbio. Hazama cercò di divincolarsi, ma invano, le manette di pelo erano più resistenti del previsto (forse perché sotto il pelo c’è il ferro, duh!). Fu allora che una porta si aprì, lentamente, scricchiolando. Hazama deglutì, cominciando a sudare freddo. Quella fu la sua più lunga apertura di porta. Persino la porta sul Kingdom Hearts ci mise meno a spalancarsi.
    Ne uscì Gendo, in tutina da mistress rubata direttamente a Shinan. “Te l’avevo detto che i miei gusti sono molto singolari… Vedi, da oggi tu sarai il mio schiavo, in… più di un senso. Tuttavia, da bravo sadista, ti consiglierei di firmare questo contratto. Sai com’è, potrei involontariamente farti male e un’assicurazione ti aiuterebbe.”Gendo allungò un foglio con su scritto “Rinuncio ad ogni mio diritto e giuro fedeltà eterna a GendoIkari. “Che sciocco: non puoi firmare. Oh be’, firmo io al posto tuo!”Gendo falsificò perfettamente la firma di Hazama, ma tanto non sarebbe importato a nessuno, perché da quel giorno nessuno vide più il professore, ma c’è chi disse di sentire la sua voce urlare “ANNARASUMANARA!”

    PERSONAGGI
    -Gendo Ikari
    -Hazama
    LUOGO
    -In una camera da letto vittoriana, con un bel letto matrimoniale a baldacchino che ispira tante porcate.
    SITUAZIONE
    -Proposta di firmare un contratto




    Praise me Senpai (fugue)

    Passando per stalattiti e stalagmiti la voce dell'uomo dietro la cattedra rimbombava e si affievoliva, assumeva suoni sibilanti e poi si dilatava in una cacofonia di frasi che si mangiavano l'un l'altra, impedendo all'orecchio di cogliere il senso logico di ciò che usciva dalla bocca baffuta dell'esperto irriducibile, ignifugo, inderogabile.
    Il fatto che tutto ciò venisse attutito da uno strato spesso diversi millimetri di metallo non facilitava l'ascolto al cavaliere che prendeva appunti in ultima fila, per non attirare troppo l'attenzione, ma che faticava a comprendere cosa effettivamente stesse dicendo l'esperto, di quali argute dissertazioni fosse capace e quali perle di saggezza stesse dispensando ai suoi colleghi delle prime file- tutto ciò che riusciva a distinguere erano parole che risuonavano vagamente come 'Volitivo', 'Patria' e 'Duce'.
    La locuzione più complessa che era riuscito a carpire nel corso dell'intera conferenza era stata 'Stroncare le reni alla Grecia'- senza dubbio un rimando ai primissimi filosofi che chiunque avesse mai aperto un libro in materia aveva studiato. Probabilmente, in quel momento, messer D'Annunzio stava spiegando il legame tra filosofia moderna ed ellenica, probabilmente del parere di come la prima sorpassasse di gran lungo la seconda, in quabnto troppo irriducibile, sommergibile, ignifuga.
    Se avesse potuto togliersi l'elmo, Solaire si sarebbe grattato la nuca, in preda ad una confusione dovuta ad una vita passata più ad impugnare una spada che non a riflettere sui misteri dell'esistenza e del sapere, ma non poteva farlo. Non dopo che messer d'Annunzio l'aveva complimentato, paragonando il suo elmo ad un, testuali parole, 'volitivo ed irriducibile velo di Maya, che sacrificava qualsiasi opportunità della visione della verità in favore di un ristretto ma onorabile campo visivo che poteva portare la Patria alla gloria'.
    Non aveva capito del tutto cosa intendesse, ma il sorriso ebete con cui l'esperto l'aveva ludingato lo aveva estasiato e convinto a non togliersi più il pezzo d'equipaggiamento da sopra il capo.
    Nonostante, volendo essere razionale, dovesse ammettere come non fosse effettivamente il migliore dei capi d'abbigliamento, in una grotta poco illuminata e piena zeppa di varie imperfezioni del terreno da usare come trampolino di lancio per librarsi in fantasiose evoluzioni da sgambetto.
    Ad interrompere le sue considerazioni fu l'avventatezza di un collega, che diede voce a preoccupazioni non dissimili dalle sue:
    "Mi scusi, professore, sarebbe possibile migliorare l'illuminazione? Queste candele romantiche, nichilistiche e superuomiche creano atmsofera, ma farei fatica a prendere appunti..."
    L'affronto. L'offesa. L'onta.
    Tuttavia il d'Annunzio non si scompose. Irriducibile ed ignifugo, lanciò un'occhiata in tralice allo stolto che s'era permesso di pretendere infrastrutture da borghesotto anglico e rispose con sole tre parole- che no, non furono né cuore, né amore, né sole. E ciò fece rimanere non poco male Solaire, che per l'astro nutriva un affetto simile a quello proibito che legava i protagonisti di novelle visive, mezzo d'intrattenimento parecchio in voga nelle remote terre d'Oriente.
    "ME NE FREGO."
    Lapidario, l'esperto alzò il mento ( ora volitivo più che mai ) da cui fioriva il pizzetto caprino nel rispondere con spietatezza alla richiesta. Poi il braccio scattò verso il busto di Mussolini sulla cattedra: "Guardate il Duce! Si lamenta forse, lui?"
    Silenzio. Non una parola. Il volto rubicondo di bronzo mandava sinistri bagliori dorati, ad intimorire i presenti- e a ricordare Solaire del sole.
    "Appunto. Io ho scritto senza poter vedere- se tu non sei in grado di scrivere al lume di una candela, baloccati altrove."
    Solaire sentì un calore divampare per le membra ormai stanche.
    Ammirazione.
    O forse l'umidità aveva avuto il meglio del suo sistema immunitario.

    PERSONAGGI
    -Solaire
    -d'Annunzio
    LUOGO
    -Caverna sotterranea calcarea
    SITUAZIONE
    -Convegno di filosofia moderna




    Solo uno (Frenz)

    Non c'era stata bestia in grado di fermarlo. La città di Yarnham, divenuta famosa nei piani per la brutalità della piaga delle belve, si era rivelata poco più che un parco giochi, per il martello di Elton Johj. L'immensa arma era intrisa di sangue da capo a piedi, così come il volto austero del suo portatore: a dire il vero, i maestosi baffi color lillà, degni compagni della barba del medesimo colore, ne uscivano brillantemente valorizzati, brillando alla luce della luna in tutta la loro anacronistica bellezza.
    La caccia si avviava al termine. Elton Johj era ormai convinto di aver sterminato ogni belva presente su quel suolo, ed era, in realtà, piuttosto deluso.
    Il marziano sospirò pesantemente, cominciando a far pace con l'idea di rifarsi tutta al città fino al punto in cui aveva parcheggiato l'astronave color porpora.
    Quando, all'improvviso, la svolta. L'uomo nero e viola fece solo in tempi a sentire un barrito, che l'istante successivo un enorme proboscide color dell'oro l'aveva immobilizzato completamente, sollevandolo da terra. Quando riuscì a girare lo sguardo, stava già perdendo i sensi. Ma lo vide, Elton Johj: vide la sagoma gigante di un tapiro d'oro.
    ---
    Si risvegliò su un suolo di assi di legno, il sangue delle belve che ancora scivolava sui suoi vestiti. Non era ferito. L'immenso tapiro d'oro, dopo avergli fatto perdere i sensi, doveva averlo... trasportato. Da qualche altra parte, in qualche altro... universo. Lo sentiva, Johj. La sua natura di meme demenziale gli consentiva di percepire quando la sua posizione spazio-temporale mutava. Era in un altro mondo, ora. Un altro videogioco.
    La bocca, sepolta dal baffone lillà, si increspò in un sorriso: interessante.
    Era in una piccola stanza. Una stanza circolare, piena di gingilli da casa sparsi ovunque: libri, scope, tavoli. Sul rialzamento centrale, in pietra, c'erano una valigia e un cappello a punta, di un azzurro acceso.
    Elton Johj si sistemò gli occhiali, facendo correre la mano al suo martello. Il luogo sembrava tranquillo, ma doveva tenere alta la guardia: se era lì, era perché qualcuno voleva portarcelo.
    Poi, all'improvviso, lo squarcio. Un portale si aprì dall'altra parte della stanza, rivelando, poco a poco, la figura di un uomo di mezza età. Era vestito con un abito da sera, mediamente informale. Il suo viso, coperto da qualche ruga, era completato da dei capelli a punta, decisamente troppo giovanili per la sua età, e degli occhi castani furbi, canzonatori. Soddisfatti.
    «Allora sei giunto, Elton Johj.» la sua voce era confidente, quasi strafottente. L'adrenalina di Elton, percependo la sfida, saliva. «Quindi il mio fido tapiro d'oro è riuscito a trovarti.» Elton lo vide sorridere e scuotere la testa «Ovviamente. Trova sempre tutti, lui.»
    Bene. Bene, bene, gli piaceva. Sentiva profumo di sfida, doveva assolutamente renderlo partecipe della sua soddisfazione. Così, misurò bene le parole di risposta: «Johj.» proclamò, con convinzione.
    «Vedo che ti piace il trash talking. Comprensibile, da un meme inesperto e giovane come te. Ma ti avverto: il motivo per cui sei stato convocato qui è perché io, Ezio Greggio, sono anni luce avanti a te. Sono qui per darti una lezione, Elton. Una lezione fatta di tante riviste Hentai appiccicose sulle natiche.»
    Le mani di Elton Johj fremevano. Non vedeva l'ora di iniziare il combattimento. Non vedeva l'ora di continuare quel sofisticato, bilaterale, complesso scontro verbale. «JOHJ!» esclamò quindi, alzando le braccia al cielo.
    «Non fare il gradasso, Elton Johj. Quelle sono parole che il tuo intelletto non può nemmeno comprendere. Tuttavia...» Ezio greggio si fece pensieroso «Tuttavia il tuo fascino brutale li ha conquistati. In una sola sera, il tuo meme è stato ripetuto e storpiato all'infinito. Sai dove sono arrivati, con la lista dei Johj? A PARMAREJOHJ! PARMAREJOHJ, CAPISCI? Dove andremo a finire, di questo passo? Cosa vieta loro di creare una carta bianca su di te, cosa vieta loro...» Lo sguardo di Ezio si riempì di furore «Cosa vieta loro di giocarla come carta jolly al posto mio? Mio, Ezio Greggio's Hentai! Io, che sono un boss in un videogame! Io, che sono un meme da ben una paio di mesi in più di te! No... No, Johj, non lo posso permettere. Imbraccia il tuo martello, Johj. Questa notte, da questa casa, solo un meme uscirà vivo. Solo su uno San farà fanart.»
    Elton Johj sfoderò il martello, leccandosi le labbra. Finalmente. Finalmente qualcuno al suo livello. «Johj.» sussurrò. minaccioso.
    «Ben detto.» replicò Greggio «Ben detto, Johj. Questa sarà davvero una notte da ricordare.»
    Lo scontro di metallo e capelli ingellati ruppe il silenzio della notte.

    PERSONAGGI
    -Elton Johj
    -Ezio Greggio
    LUOGO
    -Casa di Mago Merlino (inclusi supellettili magici)
    SITUAZIONE
    -Una frattura nel continuum spazio-temporale




    Le Sailor Starlights ci fanno una pippa (MD)

    -No, non puoi dirmi una cosa del genere? Non adesso!-
    L'uomo si passò la mano tra i corti capelli scuri, cercando di asciugare con il palmo le prime gocce di sudore freddo che già cominciavano a mostrarsi sulla sua fronte. La destra stringeva febbrilmente il cellulare, tanto che lui stesso era convinto si sarebbe potuto rompere in qualsiasi istante.
    -Mi dispiace, Carlo, ma... febb... trentano...-
    Digrignò i denti e si sforzò solo di sopprimere un rantolo rabbioso che proveniva dal profondo della sua gola. La ricezione era pessima, ma anche in quel modo era estremamente chiaro cosa la donna dall'altra parte stesse cercando di dirgli. Si guardò febbrilmente attorno, gettando occhiate agli attori, ai costumisti, a tutta la gente che gli stava attorno. Fortunatamente, la luce fioca dei neon nascondeva le sue gote che, poteva immaginarlo, dovevano essere mutate dal color cioccolato al paonazzo.
    -Ti rendi conto di quanto sia grave tutto ciò? Non è mai successo nella storia di Sanremo qualcosa di simile, rischiamo di generare il flop peggiore della storia della tv italiana! E la mia carriera come conduttore sarà rovinata!- pose particolare enfasi sull'ultima frase ed un brivido freddo scosse la sua schiena e lo fece rizzare in punta di piedi dalla tensione. Già poteva leggere i titoli di tutti i giornali: la Rai recide ogni contratto con Carlo Conti.
    -Mi dispiace, ma...- colpi di tosse fortissimi, l'uomo allontanò il cellulare dall'orecchio nel timore di rimanere assordato. Poteva pure immaginarsela, l'attrice mente sputava le tonsille.
    -Non ha importanza.- concluse, sistemandosi la cravatta. Si sentiva in disordine, ma per quanto giocherellasse con i suoi vestiti nulla riusciva a farlo stare meglio. Si sforzò comunque di mantenere un tono quanto più neutro e spontaneo. -Troveremo un'alternativa. Lo spettacolo teatrale d'apertura non può essere assolutamente annullato.-
    Chiuse la chiamata prima ancora di sentire le scuse o qualsiasi altra cosa l'attrice principale avrebbe voluto dirgli. Si diede un'ultima occhiata attorno, mordendosi il labbro dall'ansia: non bastava il guasto tecnico che aveva costretto tutta la troupe ad allontanarsi dal palco per qualche ora, rinchiudendoli nel parcheggio del teatro, l'attrice protagonista dello spettacolo iniziale doveva pure finire con l'ammalarsi il giorno in cui si andava in scena. Assicuratosi che nessuno potesse notarlo, sgattaiolò lontano, spostandosi in un'altra zona del parcheggio, dove nessuno potesse vedere lo stato pietoso in cui versava.
    -Dannazione!- sbatté la testa contro una colonna di cemento, il freddo alleviò solo un poco il fuoco folle che faceva razzia della sua ragione.
    -Cosa faccio... Cosa faccio... Cosa posso fare adesso? Ci vorrebbe una magia... un miracolo...-
    Strinse le palpebre per un momento, si massaggiò la radice del naso con pollice e indice, sospirò esausto. Quando riaprì gli occhi, il mondo attorno a lui era cambiato.
    Il suo primo istinto fu di gridare. Poi, a bocca aperta, gli occhi scuri di Carlo Conti si mossero, assieme a tutto il suo corpo, per carpire lo spettacolo incredibile che si era mostrato attorno a lui. Dove fino ad un istante prima c'era un parcheggio, ora c'era un mondo deforme, le colonne spoglie si erano riempite di ghirigori e decorazioni, foglie d'acanto e creature mitologiche, ma anche personaggi stilizzati e figure sciocche, pezzi di pietra che si rincorrevano l'uno addosso all'altro. Statue greche si assalivano l'un l'altra disordinatamente, le pareti erano percorsi da bassorilievi e da scritte in lingue incomprensibili. E migliaia di puntini gialli e rossi, migliaia di piccoli occhi lo spiavano dall'interno del marmo, predatori pronti ad accerchiarlo ed assalirlo.
    -Ma... Ma...-
    Bofonchiò confuso, si tolse gli occhiali dal viso e si massaggiò gli occhi, ma quando tornò a guardare nulla era cambiato.
    -Che stregoneria è mai questa...?- mormorò incredulo.
    -Non c'è termine più adeguato a descrivere tutto ciò.- una voce lontana parlò alla sua mente, limpida ed acuta. Il conduttore televisivo si voltò, guardò alle sue spalle e davanti a sé, eppure non trovò nulla.
    -Dopotutto, ci troviamo dentro alla barriera di una strega.-
    Sentì qualcosa sfregare contro la sua gamba, Carlo chinò il capo e scattò indietro. Ai suoi piedi scoprì un animale strano, di come non ne aveva mai visti prima: grande come un gattino, dal pelo completamente bianco. Le sue lunghe orecchie erano decorate da due anelli dorati che sembravano fluttuare attorno ad esse, i suoi occhi erano rotondi rubini privi di espressione, la sua bocca una semplice W a riempire il volto altrimenti vuoto.
    -Questa non è la più comune delle misure, ma come temevo non ci resta altra possibilità: nel tuo sconforto, senza rendertene conto, sei caduto nella tana di una strega e, purtroppo, qui in Italia non sono molte le maghe presenti. Quando ho scoperto che una strega stava per nascere in questa zona, non ho avuto il tempo di contattare nessuna delle ragazze.-
    L'uomo osservava quasi senza fiato. Non capiva chi fosse quella creatura strana che gli rivolgeva la parola senza nemmeno muovere la bocca, non capiva cosa intendesse questi per una “barriera”, non capiva nulla!
    -Sarò molto breve: a breve, quei famigli e la strega stessa ti attaccheranno, ora come ora è impossibile che tu riesca ad uscirne vivo. Tuttavia, per quanto poco convenzionale, ti permetterò di stipulare un contratto con me e diventare una ragazza magica. In cambio, avrai la possibilità di esprimere un desiderio qualunque, senza quasi alcuna restrizione!-
    Carlo indietreggiò di mezzo passo a quelle parole ed inarcò la schiena all'indietro, portando le mani di fronte a sé in maniera piuttosto teatrale. Le sue orecchie, tuttavia, si rizzarono ad una parola particolare. -Hai detto... Ragazza?- ripeté, soppesando con gusto quella parola.
    -Beh, in questo caso si tratterebbe di un ragazzo, anzi, di un uomo magico, ma...-
    -Saresti in grado di trasformarmi in una ragazza?-
    Era perfetto, semplicemente perfetto: nessuno conosceva il copione dello spettacolo meglio di lui, che aveva preso parte ad ogni prova, ammonendo tutti gli attori e coordinando ogni minimo dettaglio.
    -Beh... Questo rientra senza dubbio nei limiti dei miei poteri.-
    -Allora accetto di stipulare il contratto! Diventerò una maga, combatterò la strega, ma ti prego: ho bisogno che, anche solo per qualche ora, tu mi trasformi in una ragazza!-
    L'effetto fu immediato: le orecchie della creatura penetrarono nel suo petto, l'uomo non percepì nulla, ma quando abbassò lo sguardo davanti a lui c'era un gioiello color della terra. Il suo corpo fu avvolto da una potentissima luce, i suoi vestiti si dissolsero in mille frammenti di vetro. Tacchi neri calzarono i suoi piedi, fattisi di colpo più affusolati e femminili. Guanti scuri si infilarono nelle sue dita lunghe e affusolate, un corsetto scuro si allacciò al suo ventre stretto, mentre il suo grosso seno era nascosto da un abito candido sottostante, privo di maniche. I suoi lineamenti si fecero dolci, i capelli crebbero fino a raggiungere la fine della sua schiena nuda, che disegnava un sensuale arco, là dove si trovavano le natiche piene ed erotiche. Stretto nella sua mano destra, un enorme microfono rosa, simile ad una clava. Nella sinistra, una lampada, simbolo di ciò che era stato e di ciò che Carlo Conti sempre sarà.
    -Per prima cosa, stenderò la strega. E subito dopo, stenderò tutti gli spettatori di quest'edizione di Sanremo!-

    PERSONAGGI
    -Kyubei
    -Carlo Conti
    LUOGO
    -Parcheggio sotterraneo
    SITUAZIONE
    -Recital




    Gioco (Pagos)

    Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, c'era una belliffima princispessa, chiamata Solid Snake. Questa belliffima bambina, pompata a causa degli steroidi, con la leggerezza di una vecchia vittima di epilessia ed una benda da pirata su un occhio, aveva le ascelle puzzolentissime a causa del fatto che vi risiedevano svariate colonie di ostriche che non volevano staccarsi mai (grazie Verga), viveva in uno scivolo a forma di serpente otturato dai cadaveri dei bambini che vi erano rimasti incastrati. Per questo veniva chiamata Snake. Il perché di Solid nessuno lo scoprì, né lo scoprirà mai. Era pallida, tanto pallida, ma così pallida che, quando Master Xehanort (ovvero Mastro Lindo invecchiato) la vide, si suicidò. Snake veniva spesso derisa dai suoi amici immaginari, tranne uno, un piccolo esserino aggraziato, simile ad un elfo con un'ossessione per il bianco e per le principesse del cuore. Oltre che per i Keyblade. E per l'ammmmmmmore. E un anello. Il suo nome era Devon ed era sempre, per ovvie ragioni dettate dall'astinenza e dalla solitudine della piccola, inevitabilmente nudo.
    Ora, la piccolina (che tanto piccola non era, in effetti) adorava andare in giro per il parco giochi dove viveva, cercando di farsi qualche amico, ma nessuno le si voleva mai avvicinare: la sua brutta abitudine di andarsene in giro trascinando uno dei bambini morti nello scivolo faceva sempre scappare tutti, e quindi lei si sentiva sempre sola e piangeva, piangeva, piangeva, finché non arrivava il suo amichetto Devon che le dava un bel pugno in bocca, strappandole anche i denti (ricrescevano sempre, quindi non c'era pericolo che finissero) e… Beh, facendo quello che di solito fa Octa con gli animali. Tutte cose adatte ai bambini, dunque!
    In ogni caso, la piccola viveva così le sue giornate, ingoiando bambini morti e… Altro.
    Un giorno, il principe del parco divertimenti (no, non si trattava di una repubblica parlamentare), dette una festa nella stanza dello spirito e del tempo. Tutte le ragazze più belle del regno andarono alla festa con addosso quanta meno roba possibile, ma Snake, che, poverina, aveva solo un abito monacale da suora rubato ad un prete di passaggio, non poteva andare alla festa con così tanti stracci addosso, e, poiché aveva un QI di 20 (pari a quello del topo morto che ancora danzava nel suo stomaco dopo l'ultimo pasto, per intenderci), non sapeva come fare. E fu lì che i suoi altri amichetti, questa volta veri, intervennero.
    Gli acari giganti carnivori mangiatrici di donne e sterminatori di umani, suoi compagni di vita ed avventure si avvicinarono lentamente a lei.
    «Johj?» Domandarono.
    «johj...» La poverina rispose. Eppure gli acari non si persero d'animo.
    Poverini, così soli anche loro, eppure così amichevoli…
    «Johj, jo, joho johojo johj jhhoj hjoh? Johjoo jojhjoj!»
    La piccola Snake sorrise tutta felice di fronte alla proposta dei suoi amici!
    «Hjoj!»
    Con uno scatto fulmineo gli esserini le si fiondarono addosso strappandole l'abito monacale e togliendole anche qualche brandello di carne.
    Snake (e soprattutto Devon) osservò gioiosa il suo nuovo abito. PIU' SUCCINTO DI QUELLO DI NU12! PIU' ARDITO DEI COSTUMINI SEXY DI JOAN! PIU' MIGLIORE DI QUELLI CHE INDOSSA OLSON DI FRONTE A DARAEG! PIU' PRIVO DI CARNE DI QUELLI DEGLI ESPERIMENTI FALLITI DI PROMESTEIN! Insomma, più di tutto.
    Felice, la piccola baciò gli acari ancora lordi del suo sangue e, tenendo al guinzaglio Devon, si diresse verso la stanza dello spirito e del tempo.
    Non appena arrivò al ballo ed entrò nel stanza, la folla si aprì in due ali per lasciarla passare e tutti dissero: «MA CHE PUZZA DI CONCETTO DELL'OSTRICA (GRAZIE VERGA)!!!».
    Il principe la annusò da lontano e, dopo aver visto con quanto poco era vestita, le corse incontro «Come ti chiami, 'a bella pupa?»
    Snake, troppo timido per parlare al ragazzino arrapato di ben venti centimetri più basso di lei, rispose con un verso strano: -HODOR!»
    Il bel principe coi denti da topo sorrise, genuinamente ammaliato dai capezzoli scintillanti, ed ignaro di Gollum, err, Devon che stava tentando di staccargli a morsi un “dito” urlando: «GOLLU- err, KINGDOM HEARTS!!!!»
    Con delicatezza, e mugulando lentamente con un Devon attaccato a...Qualche parte del principe, il colosso ed il brufoloso arrapato iniziarono a danzare.
    Eppure la loro felicità non durò a lungo. Improvvisamente, da sotto degli stracci e dei pezzi di carne buttati in testa presi da chissà dove (già, chissà), gli acari comparvero in mezzo alla folla, iniziando a divorare tutti. Ma Snake era troppo persa nei suoi sogni, ed il principe dai capezzoli luccicosi della ragazza per poter notare qualcosa. E mentre i due si baciavano e la folla morente esclamava «OOOOH, che coppia di coglioni insensibbbbbbili…» e gli acar «JOHOHOHOHOHOHJJHOJ» il lampadario appena comparso in sala cadde su di tutti uccidendo l'intera massa col suo peso (era un candelabro molto grande) e distruggendo il regno. Ed i morti vissero per sempre felici e contenti. 'Spetta…

    PERSONAGGI
    -Solid Snake
    -Devon nudo
    LUOGO
    -STanza dello spirito e del tempo
    SITUAZIONE
    -Invasione di acari giganti
     
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